martedì 3 agosto 2021

Lavoro, dagli ingegneri agli esperti «green»: ecco i profili introvabili in Ue. - Cristina Casadei



 














(Illustrazione di Giorgio De Marinis / Il Sole 24 Ore)

In Francia l’88% delle imprese non trova le competenze di cui ha bisogno, in Italia l’85%, in Germania l’82%. In Cina e Stati Uniti la carenza esiste ma è ridotta al 28% e al 32%. L’evoluzione tecnologica allontana domanda e offerta di lavoro.

Vicino alla città di Crolles, a quasi 20 chilometri da Grenoble, nel sud est della Francia, c’è una fabbrica che produce microscopici manufatti, considerati l’oro dei nostri giorni: sono quelle piastrine di silicio, i chip, che troviamo nei sensori delle auto, negli oggetti quotidiani dell’internet of things e negli smartphone.
Fa parte del gruppo ST, leader nel mondo nella produzione di componenti elettronici. Dopo gli ampliamenti del passato, oggi ci lavorano 2.400 tecnici e 2mila ingegneri. Anche loro considerati l’oro del nostro tempo. Molto ricercati, ma introvabili e contesi. In un paese, dove, «secondo la Banca di Francia, quasi un’impresa su due non trova risposta alle sue offerte di lavoro», ha sottolineato il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, nel suo discorso alla nazione del 12 luglio. Macron ha da sempre nella sua agenda politica gli interventi per risolvere il mismatch domanda-offerta di lavoro. Un tema ancora più urgente adesso che «la nostra priorità è ritrovare non solo il livello di occupazione antecedente alla pandemia, ma di inserirci nella traiettoria del pieno impiego».

I DATORI DI LAVORO CHE HANNO DIFFICOLTÀ A TROVARE I PROFILI PER I POSTI VACANTI

Il confronto internazionale. Dato 2021, in % - Nota: Indagine Talent shortage di Manpowergroup su 42mila datori di lavoro

I DATORI DI LAVORO CHE HANNO DIFFICOLTÀ A TROVARE I PROFILI PER I POSTI VACANTI

I 22 milioni di europei verso il mercato del lavoro.

In Europa nel post pandemia ci sono «22 milioni di persone che dovranno ritrovare la strada del mercato del lavoro - spiega Stefano Scarpetta, direttore dell’area lavoro dell’Ocse. - Ci sono 8 milioni di disoccupati in più rispetto al periodo precrisi e 14 milioni di inattivi. Il disallineamento delle competenze è una tendenza di lungo periodo che si è accentuata con la pandemia in tutti i paesi».
La carenza dei talenti, di cui parliamo sempre per l’Italia, è un’emergenza internazionale e proprio per questo ancor più difficile da risolvere.
Nell’indagine Talent shortage, della multinazionale dei servizi per il lavoro ManpowerGroup, su 42mila datori di lavoro nel mondo, la percentuale di chi ha difficoltà a trovare lavoratori con le giuste competenze, nel 2021, è ai massimi da 15 anni: parliamo di quasi 7 datori di lavoro su 10. Stefano Scabbio, presidente del Sud Europa di ManpowerGroup, spiega che «in un mondo in cui i modelli di business delle aziende si stanno trasformando con grande rapidità e che ha registrato tassi di disoccupazione sempre più alti a causa della pandemia, il talent shortage si afferma con sempre maggiore forza. In Italia, quest’anno, ha raggiunto l’85%, il dato più alto di sempre, quasi raddoppiato negli ultimi 3 anni. Ma il fenomeno non è solo italiano: in Europa le aziende che riscontrano carenza di talenti sono in aumento in quasi tutti i paesi, con picchi in Francia dove raggiunge l’88%, Svizzera e Belgio con l’83%, Germania con l’82%». Diverso il discorso al di fuori dell’Europa. Nelle grandi economie, oggi trainanti, questo fenomeno è praticamente dimezzato con la Cina al 28%, gli Stati Uniti al 32% e l’India al 43%.

Gli ingegneri introvabili.

Da Crolles percorrendo 400 chilometri verso est si sconfina in Brianza dove, ad Agrate, c’è un’altra fabbrica di ST, recentemente ampliata con uno stabilimento di 65mila metri quadrati su più piani. Caratteristica dell’impianto è la lavorazione di fette di silicio da 300 mm, o dodici pollici, di diametro. È il primo impianto per fette così grandi in Italia. Qui lavorano 2mila tecnici e 2.550 ingegneri.
Preziosissimi, introvabili tanto quanto in Francia. «Per grandi realtà produttive come Agrate e Crolles le competenze più critiche da reperire sono legate alle discipline Stem - ci racconta Gualtiero Mago, group vice President human resources di ST Italia - In assoluto le posizioni più difficili sono quelle di maintenance ed equipment engineer o tecnico di manutenzione, specialisti che operano su macchinari estremamente complessi. Solo ad Agrate ne abbiamo più di 30 aperte».
Difficili da trovare? Molto, perché «purtroppo mancano percorsi formativi specifici per una professionalità in così rapida evoluzione e che evolverà ancora». ST, ad Agrate come a Crolles, ha piani di sviluppo che prevedono molti inserimenti. Per evitare che la mancanza di determinati profili e competenze possa rallentare i piani sono state avviate iniziative specifiche in Italia e in Francia per avvicinare i mondi del sapere e del fare.
Tra queste, in Italia, la collaborazione con la Fondazione ITS Lombardia Meccatronica, gli ITS, IFTS e le Università, in particolare l’università di Catania per il Master di primo livello in Smart Manufacturing Production Engineering and predictive maintenance.

La transizione green e digitale.

Per ricostruire il quadro abbiamo cercato il presidente della World Employment Confederation-Europe, Herman Nijns che, a una vista globale, ne affianca una specifica su Belgio e Lussemburgo, dove è ceo di Randstad. Nijns spiega che «i disallineamenti di competenze sono una preoccupazione crescente in molti paesi europei. Dai dati Ocse, ad esempio, Austria, Belgio, Francia, Germania e Italia. Prima della pandemia, la carenza di competenze era già ai massimi storici e recenti ricerche evidenziano che il problema non è scomparso». Anche per questo, continua Nijns «il 42% delle aziende sta dando maggiore importanza agli sforzi di riqualificazione e miglioramento delle competenze dopo l’epidemia di Coronavirus». Nell’interpretazione che ne dà Nijns «le esigenze e le discrepanze di competenze sono fortemente guidate dallo sviluppo economico e dalla struttura delle economie in Europa. Guardando ai paesi della Ue, la maggior parte sta attualmente attraversando una doppia transizione, quella verde e quella digitale. Sia la transizione digitale che quella verde richiedono nuove competenze e hanno aumentato la domanda in alcuni settori, come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione e le energie rinnovabili».

L’informatizzazione del paese a rischio.

Secondo i datori di lavoro, la carenza è particolarmente acuta in ambito digitale. Lo sa bene Rinaldo Ocleppo, il presidente del gruppo di servizi It, Dylog. Sulla crescita della società e dei progetti incombe la fatica «a trovare persone skillate sui framework più nuovi, web cloud e reti – dice Ocleppo. - L’arrivo delle ingenti risorse del Pnrr, non essendoci le persone, rischia di generare un aumento dei salari ma non delle attività di informatizzazione del paese, se non si fa un percorso efficace di formazione e orientamento dei giovani».
Al punto che il gruppo si trova a dover «rinunciare a portare avanti determinati progetti». Un esempio? «Proprio nelle scorse settimane - racconta Ocleppo - stavamo cercando 15 persone per creare un gruppo di lavoro per riscrivere un prodotto in cloud. Ne abbiamo trovate 2 a Torino, 2 a Catania, 2 a Bari, ma la realtà è che se lei vuole costruire un gruppo di lavoro di 20 persone con le competenze su web, reti e cloud a Torino non le trova». Anche perché cresce «il fenomeno di multinazionali inglesi o tedesche che assumono talenti nel nostro paese e li lasciano a lavorare in smart working in Italia, con stipendi molto più alti dei nostri».

L’invecchiamento della popolazione.

A determinare le dinamiche del mercato del lavoro non sono solo la transizione digitale e quella green, ma «anche l’invecchiamento delle società che porta ad un aumento della domanda nel settore sanitario e dell’assistenza agli anziani, professioni che sono state al centro dell’attenzione durante la pandemia di Covid-19 - dice Nijns -.Oltre a questo, vediamo molti posti vacanti per persone poco qualificate che sono anche difficili da riempire. Ciò significa che le politiche attive in molti paesi europei non sono ancora pienamente efficienti».

La formazione strategica.

Se i dati Ocse ci dicono che nel post pandemia ci sono 22 milioni di persone che dovranno reinserirsi nel mondo del lavoro, «ammesso che non tutti coloro che hanno perso il lavoro dovranno trovarne uno diverso da quello che facevano, è evidente che questa crisi ha accelerato un cambiamento già in atto: saranno creati nuovi posti e molti non esisteranno più. In questo quadro la formazione gioca un ruolo essenziale - interpreta Scarpetta -. Bisogna agire attraverso il profilaggio delle persone e delle opportunità, rivolgendosi agli intermediari come le agenzie del lavoro che conoscendo bene il mercato possono aiutare l’incrocio domanda offerta, riformando i centri per l’impiego e lavorando per mettere in relazione mondo della scuola e del lavoro. C’è molto da fare, soprattutto in un paese come l’Italia, ma la buona notizia è che forse stavolta ci sono ingenti risorse che il Pnrr ha messo a disposizione di tutti i paesi, che, seppure in maniera diversa, sono tutti coinvolti dal tema del mismatch. Queste risorse sono molto preziose e vanno investite in modo oculato».

La competizione internazionale.

In questa fase St che, secondo i dati 2020 ha un giro d’affari di 10,22 miliardi e un utile netto di 1,11 e dà lavoro a 46mila persone nel mondo, sta crescendo fortemente e deve rispettare ritmi di consegna molto sostenuti a causa della ingente richiesta mondiale di chip. Impresa non facile con posizioni aperte su diversi ruoli, soprattutto legati alla manutenzione e la fame mondiale che c’è nell’It di tecnici e ingegneri. Quello che raccontano dalla società si può considerare un po’ l’eco del sentimento espresso da migliaia e migliaia di datori di lavoro che stanno combattendo per portarsi in casa le competenze che servono in uno scenario internazionale. Scarpetta dice che stiamo parlando di tendenze che «valgono per tutti i paesi. Non c’è una specificità italiana, europea o americana. Ci sono delle tendenze di lungo periodo, iniziate già da tempo e che con la crisi pandemica si sono accentuate, con la forte pressione che c’è oggi sulle competenze digitali che si applicano a tante professioni, anche le più tradizionali. Poi è vero che ci sono anche elementi più specifici per ciascun paese».

Le risposte.

Trovare le risposte però non è semplice. «La prima poteva essere quella di affrontare il tema attraverso i flussi migratori ma è difficile farlo nel breve periodo, a maggior ragione adesso che con la crisi pandemica i flussi migratori si sono ridotti - continua Scarpetta -. La migrazione può essere una variabile di aggiustamento che può aiutare squilibri tra domanda e offerta ma il problema è che oggi tutti i paesi sono in una situazione simile. L’Italia forse è messa un po’ peggio in termini di competitività perché offre salari più bassi rispetto ad altri paesi e ha un tema di integrazione dei migranti».
Quindi? «Bisogna fare un enorme sforzo sulla formazione dei giovani e anche degli adulti per far sì che possano acquisire le competenze chieste dal mercato. L’Italia è molto indietro sulla formazione continua degli adulti - aggiunge Scarpetta -, ma, come hanno spiegato i dati Invalsi, lo è anche su una fetta significativa di giovani che rischiano di essere analfabeti funzionali che non hanno le competenze che dovrebbero avere alla loro età. Il Governo italiano sembra però aver colto questa urgenza».
Il tema è così rilevante da essere stato messo nell’agenda di governanti, a partire dal presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron e dal presidente del Consiglio italiano Mario Draghi. Tutti uniti dalla comune volontà di portare i propri paesi verso tassi di disoccupazione più bassi e stimolare un allineamento delle competenze che possa supportare la crescita generata anche grazie ai finanziamenti del Pnrr.

IlSole24Ore

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