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mercoledì 19 luglio 2017

Nuove ipotesi sull’ibridazione tra uomo e Neanderthal. - Dario Iori

Nuove ipotesi sull’ibridazione tra uomo e Neanderthal

Risultati di analisi effettuate sul DNA mitocondriale appartenente ad alcune specie di Homo fanno supporre che un gruppo di antenati dell’uomo moderno migrò dall’Africa all’Europa incrociandosi con i Neanderthal molto prima di quanto si supponesse in precedenza, contribuendo a fare luce sui loro complicati rapporti.

Alcuni ominidi, presumibilmente appartenenti alla specie Homo sapiens, circa 270.000 anni fa si spostarono dall’Africa all’Europa e si incrociarono con i Neanderthal. Ad affermarlo sono alcuni scienziati del Max Planck Institute for the Science of Human History di Lipsia e dell’Università di Tübingen (entrambe in Germania), che hanno pubblicato i risultati della loro ricerca su Nature communication. Le loro conclusioni derivano dall’analisi del DNA mitocondriale ottenuto dal femore di un neanderthaliano, rinvenuto nel 1937 all’interno della grotta di Hohlenstein- Stadel (HST) in Germania sud-occidentale. Tali resti, secondo le stime risalgono a 124.000 anni fa, ben prima dell’arrivo precedentemente stimato di Homo sapiens (45.000 anni fa) sul continente europeo.

In passato, alcune indagini bastate sul confronto del DNA nucleare di Homo neanderthaensis e di Homo sapiens avevano portato i ricercatori a stimare che la separazione tra i due avvenne tra i 765.000 e i 550.000 anni fa, e a concludere che i Neanderthal fossero strettamente imparentati con l’uomo di Denisova, specie ancora poco nota, i cui resti furono rinvenuti per la prima volta nel 2008 all’interno della Grotta di Denisova in Siberia (Pikaia ne ha già parlato qui). In questo scenario, i Denisoviani costituirebbero il sister group dei Neanderthal, a seguito della separazione dal gruppo che avrebbe portato all’uomo moderno.

Ma il DNA nucleare non è l’unico portatore di materiale genetico presente all’interno della cellula: tralasciando l’RNA, c’è anche il DNA contenuto nei mitocondri, che viene a ragione definito DNA mitocondriale (mtDNA). Tale componente del patrimonio genetico è di eredità esclusivamente materna e può essere un utile strumento per ricostruire il lignaggio materno e, utilizzando come riferimento il tasso di mutazione ( ovvero il numero medio di mutazioni che avvengono per unità di tempo), stimare il lasso di tempo intercorso dal momento in cui due individui hanno condiviso un progenitore comune.

Ebbene, il mtDNA racconta un’altra storia: gli studi effettuati su di esso indicano infatti che i Neanderthal e l’uomo moderno si separarono all’incirca 400.000 anni fa, molto più recentemente quindi rispetto ai risultati ottenuti dall’analisi del DNA nucleare. Il DNA mitocondriale di Homo neanderthalensis inoltre risulta molto più simile a quello di Homo sapiens che a quello appartenente ai Denisoviani. Come è possibile che le analisi del DNA nucleare e di quello mitocondriale diano risultati così diversi? In un certo momento della storia, i due gruppi devono essere venuti a contatto mescolando i propri corredi genetici. Ciò in realtà è già stato ampiamente dimostrato ed è risaputo che abbiano avuto luogo eventi di ibridazione tra la nostra specie ed i Neanderthal (Pikaia ne ha già parlato qui qui ad esempio). Tale incontro però sarebbe stato di molto antecedente rispetto a quelli già noti agli scienziati.

Per verificare questa ipotesi, i ricercatori del Max Planck Institute,guidati da Johannes Krause, hanno confrontato il mtDNA proveniente dal femore di HST con quello di altri 17 esemplari di Neanderthal più antichi, 3 denisoviani e 54 uomini moderni. I risultati ottenuti mostrano che il DNA mitocondriale proveniente da Hohlenstein- Stadel è decisamente molto diverso rispetto a quello dei primi neandertaliani presenti in Europa 430.000 anni fa.

Gli scienziati hanno dunque ipotizzato che un gruppo di primitivi H. sapiens uscì dall’Africa tra 470.000 e 220.000 anni fa (ben prima quindi di quanto precedentemente ipotizzato), introducendo il proprio DNA mitocondriale nella popolazione europea dei Neanderthal. Il gruppo non doveva essere sufficientemente numeroso per avere un profondo impatto sul DNA nucleare, ma abbastanza ampio per rimpiazzare il DNA mitocondriale dei cugini europei.

I risultati della ricerca non sono definitivi, e sarà necessario analizzare i DNA nucleari e mitocondriali di altri Neanderthal, provenienti da Hohlenstein- Stadel e da altri siti, per avere maggiori informazioni riguardo la storia delle popolazioni neanderthaliane europee. Ciò che è certo però è che la storia del genere umano è una vicenda complessa, fatta di migrazioni, incroci e vicende ancora ampiamente da chiarire.


Riferimento:Cosimo Posth, Christoph Wißing, Keiko Kitagawa, Luca Pagani, Laura van Holstein, Fernando Racimo, Kurt Wehrberger, Nicholas J. Conard, Claus Joachim Kind, Hervé Bocherens, Johannes Krause. Deeply divergent archaic mitochondrial genome provides lower time boundary for African gene flow into NeanderthalsNature Communications, 2017; 8: 16046 DOI:10.1038/NCOMMS16046
Immagine da Wikimedia Commons


http://pikaia.eu/luomo-migro-dallafrica-incrociandosi-con-i-neanderthal-270-000-anni-fa/

martedì 3 settembre 2013

Dna, più antico quello delle donne. Viviano Domenici

Ricercatori Usa: il codice genetico «completato» 84 mila anni prima di quello maschile

Le diverse caratteristiche messe a punto in epoche differenti. 
Ma la data di «nascita» resta comune. Dna, più antico quello delle donne. Ricercatori Usa: il codice genetico «completato» 84 mila anni prima di quello maschile.
MILANO - Il codice genetico delle donne ha trovato il suo assetto attuale circa 143 mila anni fa, quello dell' uomo solo 59 mila anni fa. Come dire che, dal punto di vista evolutivo, l' uomo ha adottato l' «ultimo modello» 84 mila anni dopo le femmine. Il tutto avvenne quando i due «prototipi» della moderna umanità vivevano ancora in Africa. 
Queste - semplificando molto - sono le conclusioni di uno studio internazionale coordinato dall' università di Stanford (Usa) e diretto da Peter Underhill, pubblicato sul numero di novembre di «Nature Genetics». I ricercatori hanno preso in esame la discendenza per via paterna di 1000 individui di 22 diverse aree geografiche e hanno appuntato la loro attenzione sul cromosoma sessuale Y (presente solo nei maschi) e sul Dna mitocondriale (che si eredita solo per via materna), per ripercorrere a ritroso la strada che ci ha permesso di arrivare fino ad oggi. Risultato di questa escursione nel passato è stato appunto la scoperta che il Dna mitocondriale trovò il suo assetto attuale circa 143 mila anni fa mentre il cromosoma sessuale maschile Y (che determina il sesso maschile) trovò le sue catteristiche moderne 59 mila anni fa. Questo non vuol dire, ovviamente, che prima di quelle date non vi fossero maschi o femmine con un patrimonio genetico adeguato ai loro ruoli, ma piuttosto che le diverse caratteristiche del patrimonio genetico dell' umanità attuale sono state messe a punto in momenti diversi. 
Evidentemente, prima delle date suddette vi erano in Africa diverse popolazioni umane con differenti sequenze di Dna mitocondriale, ma una in particolare (quella presente nell' umanità attuale) si rivelò vantaggiosa a livello evolutivo e finì per affermarsi a scapito delle altre. Questo avvenne 143 mila anni fa. Stesso meccanismo selettivo intervenne sulle differenti varianti di cromosoma maschile Y e dalla «competizione» emerse la versione arrivata fino a oggi, mentre i portatori degli altri «modelli» non ebbero discendenza. La scoperta non significa neppure - come qualcuno ha scritto - che Adamo è 84 mila anni più giovane di Eva. 
Maschi e femmine hanno evidentemente la stessa età e la loro origine va ricercata attorno ai 2 milioni e mezzo di anni fa, quando in Africa comparve la specie Homo abilis e lentamente cominciarono ad estinguersi gli Australopitechi. 
Lo studio coordinato dalla Stanford University non ha preso in esame il cromosoma sessuale femminile X, la cui forma attuale sembra essersi originata in epoca ancora più antica. Secondo i ricercatori, i risultati di questa ricerca potrebbero aiutarci a capire le alterazioni responsabili dell' aumento dell' infertilità maschile. 
Dal punto di vista dell' evoluzione umana è interessante notare come le date indicate dallo studio americano coincidano in maniera quasi perfetta con due momenti significativi della nostra storia evolutiva. Studi di genetica realizzati qualche anno fa indicarono una data compresa tra i 200 e i 100 mila anni fa come quella della comparsa, in Africa, della donna anatomicamente moderna (la famosa «Eva africana»); una data attorno ai 60 mila anni è invece indicata dagli antropologi come quella dell' espansione della nostra specie in Asia, Oceania e Europa. Sarebbe certamente azzardato vedere nelle variazioni cromosomiche ora individuate la causa del salto evolutivo e culturale del Sapiens sapiens e la sua affermazione nel pianeta, ma è anche indiscutibile che gli uomini e le donne che realizzarono l' impresa erano già identici a noi in tutto e per tutto.