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lunedì 6 settembre 2021

Smart working nel mondo: l’Europa «vince» tra controlli e disconnessione. - Aldo Bottini, Valentina Melis e Ornella Patané

 

I temi chiave sono controlli in remoto, reperibilità e disconnessione. Nella Ue conta la privacy, meno in Cina, Russia e Brasile.

Controlli a distanza dei lavoratori, fasce di reperibilità, diritto alla disconnessione dagli strumenti informatici. Sono tre punti cardine emersi durante la sperimentazione globale dell’home working dovuta alla pandemia di Covid-19. Ma anche i tre nodi degli accordi che le aziende stanno mettendo a punto per disegnare il lavoro “ibrido” dei prossimi mesi, composto in molti casi da un mix tra lavoro in ufficio e lavoro da remoto.

Il mix potrebbe essere fortemente ribilanciato per i dipendenti della Pubblica amministrazione a favore del lavoro in presenza, se - come prospettato dal ministro Renato Brunetta - il rientro negli uffici sarà organizzato prima del 31 dicembre, data di scadenza dello stato di emergenza sanitaria e del regime semplificato dello smart working (cioè senza accordi individuali), sia per il pubblico, sia per il privato.

Le strade percorse dai Paesi.

La globalizzazione del virus Covid-19 ha fatto sorgere problemi globali: ovunque, infatti, la pandemia ha forzato tutti a lavorare da remoto, mettendo alla prova le organizzazioni aziendali e le norme locali relative al rapporto di lavoro “tradizionale”. Tutti i datori si sono dovuti, quindi, confrontare con gli stessi problemi di gestione dei lavoratori a distanza.

Tra questi, come emerge da un’indagine condotta all’interno di Ius laboris, alleanza globale di studi specializzati in diritto del lavoro, c’è il controllo a distanza dei dipendenti. In nessun Paese è stata introdotta una legislazione ad hoc per la pandemia e in quasi tutti l’esercizio del potere di controllo è di norma subordinato a una informativa dei dipendenti e al rispetto delle norme sulla protezione dei dati personali.

Francia.

In Francia, il Governo insieme al Garante della privacy locale ha pubblicato linee guida per chiarire che l’esercizio del potere di controllo non cambia in caso di lavoro da remoto, con ciò precisando che in tali circostanze è da escludere che il controllo possa essere svolto in maniera pedissequa e costante e che telefonate o video call possano comportare un’eccessiva e invadente sorveglianza.

Germania.

In Germania, durante la pandemia, sono cambiati gli strumenti tramite i quali esercitare il potere di controllo (strumenti digitali di monitoraggio di email e chat o keyloggers, non sempre ritenuti legittimi) ma non le regole.

Cina e Russia.

La relativa uniformità di regole sui controlli nei Paesi europei si spiega ovviamente con la disciplina comune dettata dalle direttive e dai regolamenti comunitari, primo tra questi ultimi il Gdpr, sulla protezione dei dati personali. Nei Paesi extra europei talvolta la sensibilità su questi temi è diversa. In Cina, ad esempio, è possibile installare lecitamente sistemi di controllo della prestazione lavorativa negli strumenti digitali assegnati ai dipendenti, con l’unico limite del rispetto della disciplina locale sulla protezione dei dati personali.

Allo stesso modo, in Russia, è considerato vietato il controllo fisico presso le abitazioni dei dipendenti, ma consentiti tutti gli strumenti di controllo a distanza, a condizione di avere preventivamente informato i dipendenti e avere ricevuto il loro consenso.

Il diritto alla disconnessione.

Un ulteriore tema affrontato durante la pandemia è il diritto alla disconnessione, con lo speculare obbligo di reperibilità del lavoratore: dopo la risoluzione del Parlamento Europeo del 21 gennaio 2021, in ambito Ue è sempre più sentita la necessità di adottare misure di sensibilizzazione e formazione sui luoghi di lavoro per prevenire i rischi legati a quella che il Parlamento Europeo ha definito «cultura del sempre connesso».

La necessità di assicurare questo diritto in caso di lavoro da remoto, sorge proprio in quei Paesi, inclusa l’Italia, in cui il dipendente che lavora in smart working può gestire autonomamente il tempo di lavoro, non essendo vincolato a rispettare i normali orari di lavoro, ma potendo, per accordo individuale, essere tenuto a rispettare determinati periodi di reperibilità.

Dopo la risoluzione europea, l’Italia, prima fra gli altri, ha rafforzato in maniera significativa, con il Dl 30/2021, il diritto alla disconnessione, già presente nella legge sul lavoro agile (la 81/2017). Oggi tale diritto è riconosciuto al lavoratore che svolge l’attività in modalità agile «nel rispetto degli accordi individuali e degli eventuali periodi di reperibilità in essi stabiliti». È espressamente previsto che l’esercizio del diritto alla disconnessione non possa avere per il lavoratore rispercussioni negative.

Nei Paesi (come Cina, Giappone e Argentina) in cui è previsto che anche da remoto si osservi il normale orario di lavoro, periodo nel quale il dipendente deve rimanere connesso e operativo, la disconnessione è possibile solo dopo la fine dell’orario di lavoro.

La strada degli accordi aziendali.

Intanto, gli accordi aziendali cominciano a tracciare una serie di comportamenti pratici, perché sia garantito il diritto alla disconnessione: l’intesa siglata dal gruppo Generali con i sindacati il 27 luglio per il post emergenza prevede che la pianificazione delle riunioni o video conference avvenga di norma dalle 9 alle 18, fatto salvo l’intervallo dalle 13 alle 14. Si raccomanda ai lavoratori l’uso dell’opzione di ritardata consegna se si inviano comunicazioni con sistemi informatici aziendali fuori dall’orario di lavoro. Infine, l’accordo precisa che la ricezione di comunicazioni aziendali fuori dall’orario di lavoro e nei momenti legittimi di assenza non vincola i lavoratori ad attivarsi prima della ripresa dell’attività.

Illustrazione di Giorgio De Marinis.

Il Sole 24 Ore

martedì 21 aprile 2020

Scoperto a 800 anni luce dalla Terra un pianeta gigante roccioso che non dovrebbe esistere, eppure c'è. - Enzo Vitale

Una rappresentazione artistica del pianeta e la sua stella

Un cuore caldo e un corpo freddo, anzi roccioso, se poi aggiungiamo che ha una massa 40 volte più grande del nostro pianeta, allora c'è qualcosa che non torna. Almeno secondo  le nostre attuali conoscenze.
Il mostro ha un nome degno della sua particolarità: TOI-849b ed è distante quasi 800 anni luce dalla Terra.
Nel nostro Sistema Solare “corpi” di queste dimensioni sono lontani dalla stella intorno alla quale orbitano, hanno tutt'altro aspetto e sono gassosi. Vedi i "nostri" giganti Giove, Saturno, Urano e Nettuno.
E allora perchè questo singolare mostro che orbita intorno a una stella simile al nostro Sole, che ha una dimensione di poco inferiore a Nettuno, ha questo particolare e singolare aspetto? In un lontanissimo futuro diventeranno così anche i nostri quattro  giganti gassosi?

LE DOMANDE.
Potrebbe essere il nucleo rimasto di un gigantesco pianeta gassoso?  Per ora il mistero è fitto, ma a spiegare il perchè della sua esistenza ci ha provato un team di ricercatori guidato da David J.Armstrong dell'Università di Warwick in Gran Bretagna. Il team internazionale, composto da ben 120 scienziati, ha firmato lo studio che è stato pubblicato lo scorso 23 marzo.  
Secondo gli studiosi «Anche l''interno dei pianeti giganti del nostro Sistema solare rimane poco conosciuto. Le difficoltà di osservazione portano a grandi incertezze nelle proprietà. Ecco perché gli esopianeti che hanno vissuto strani percorsi evolutivi possono fornirci una nuova strada per comprendere i loro nuclei».
LE IPOTESI.
Per adesso le ipotesi che più di altre si fanno strada sono essenzialmente due: la prima è che la parte gassosa di  TOI-849b sia stata letteralmente strappata via dalla vicina stella intorno alla quale orbita, mentre la seconda riguarda uno scontro titanico tra due pianeti giganti. Il tremendo urto tra i due avrebbe appunto “tirato" via tutta la parte gassosa del pianeta lasciandolo nella sua nudità rocciosa. I ricercatori, però, azzardano anche l'ipotesi dell'evoluzione temporale del suo disco protoplanetario. Certo è che queste stranezze osservate in un oggetto così distante da noi potrebbero chiarire la composizione e la stessa evoluzione dei nuclei rocciosi dei quattro pianeti giganti gassosi del nostro Sistema Solare.
LA SCOPERTA.
TOI-849b è stato scoperto dal gruppo di astronomi coordinato da David J.Armstrong attraverso Tess (Transit Exoplanet Study Satellite), il telescopio spaziale della Nasa lanciato  nell’aprile 2018. Oltre agli esopianeti, in poco più di due mesi, Tess ha anche osservato eventi come supernove in galassie lontane che sono state in seguito osservate da telescopi a terra.
(Il telescopio spaziale Tess durante la sua realizzazione a terra)
IL COORDINATORE DEL TEAM.
«In effetti, fino ad ora -è stato il commento di Armstrong-, non abbiamo mai visto pianeti di quella densità di queste dimensioni. Un mondo roccioso così enorme dovrebbe aver costruito una spessa e densa atmosfera intorno ad esso, diventando un gigante gassoso simile a Giove. Ad ogni modo -conclude- l'unica cosa chiara è che questo pianeta non ha seguito i normali modelli di evoluzione planetaria. E' strano non solo in confronto ai pianeti del nostro Sistema Solare, ma anche agli altri 4.000 e più esopianeti che abbiamo scoperto».
Fino a quando gli scienziati non ne capiranno di più, sembra proprio che TOI-849b sia la mosca bianca dei pianeti.