Il nuovo piano su modelli e stabilimenti verrà il 30 ottobre. La Fiom: è grave, Marchionne vuole mani libere
ROMA - La Fiat archivia il piano "Fabbrica Italia" con cui due anni fa aveva promesso 20 miliardi di investimenti in cinque anni nellaPenisola e l'ad Sergio Marchionne, insieme al presidente John Elkann, finisce sotto attacco del patron di Tod's Diego della Valle: «Il vero problema della Fiat non sono i lavoratori, l'Italia o la crisi (che sicuramente esiste): il vero problema sono i suoi azionisti di riferimento e il suo amministratore delegato. Sono loro che stanno facendo le scelte sbagliate».
L'attacco. In una nota il patron Della Tod's interviene sulla vicenda Fabbrica Italia, cogliendo l'occasione per togliersi qualche sassolino della scarpa, dopo lo scontro che lo aveva visto contrapposto, la scorsa primavera, al presidente di Fiat, John Elkann, nel rinnovo dei vertici di Rcs, il gruppo che controlla il Corriere della Sera. «Continua questo ridicolo e purtroppo tragico teatrino degli annunci ad effetto da parte della Fiat, del suo inadeguato Amministratore Delegato e in subordine del Presidente. Assistiamo infatti da alcuni anni a frequentissime conferenze stampa nelle quali, da parte di questi Signori, viene detto tutto e poi il contrario di tutto, purché sia garantito l'effetto mediatico, che sembra essere la cosa più importante da ottenere, al di là della qualità e della coerenza delle cose che si dicono», afferma Della Valle.
«Parole pesanti». «Con il comunicato rilasciato ai giornalisti oggi, Marchionne e Company - prosegue - hanno superato ogni aspettativa riuscendo, con alcune righe, a cancellare importanti impegni che avevano preso nelle sedi opportune nei confronti dei loro dipendenti, del Governo e quindi del Paese». «Ma si rendono conto questi supponenti Signori dello stato d'animo che possono avere oggi le migliaia di lavoratori della Fiat e i loro familiari di fronte alle pesanti parole da loro pronunciate e alle prospettive che queste fanno presagire?»
«Furbetti cosmopoliti». Fanno «le scelte più convenienti per loro e i loro obiettivi, senza minimamente curarsi degli interessi e delle necessità del Paese. Paese che alla Fiat ha dato tanto, tantissimo, sicuramente troppo. Pertanto - aggiunge - non cerchino nessun capro espiatorio, perché sarà solo loro la responsabilità di quello che faranno e di tutte le conseguenze che ne deriveranno». «E' bene comunque che questi «furbetti cosmopoliti» sappiano che gli imprenditori italiani seri, che vivono veramente di concorrenza e competitività, che rispettano i propri lavoratori e sono orgogliosi di essere italiani, non vogliono in nessun modo essere accomunati a persone come loro», conclude l'imprenditore marchigiano.
L'attacco. In una nota il patron Della Tod's interviene sulla vicenda Fabbrica Italia, cogliendo l'occasione per togliersi qualche sassolino della scarpa, dopo lo scontro che lo aveva visto contrapposto, la scorsa primavera, al presidente di Fiat, John Elkann, nel rinnovo dei vertici di Rcs, il gruppo che controlla il Corriere della Sera. «Continua questo ridicolo e purtroppo tragico teatrino degli annunci ad effetto da parte della Fiat, del suo inadeguato Amministratore Delegato e in subordine del Presidente. Assistiamo infatti da alcuni anni a frequentissime conferenze stampa nelle quali, da parte di questi Signori, viene detto tutto e poi il contrario di tutto, purché sia garantito l'effetto mediatico, che sembra essere la cosa più importante da ottenere, al di là della qualità e della coerenza delle cose che si dicono», afferma Della Valle.
«Parole pesanti». «Con il comunicato rilasciato ai giornalisti oggi, Marchionne e Company - prosegue - hanno superato ogni aspettativa riuscendo, con alcune righe, a cancellare importanti impegni che avevano preso nelle sedi opportune nei confronti dei loro dipendenti, del Governo e quindi del Paese». «Ma si rendono conto questi supponenti Signori dello stato d'animo che possono avere oggi le migliaia di lavoratori della Fiat e i loro familiari di fronte alle pesanti parole da loro pronunciate e alle prospettive che queste fanno presagire?»
«Furbetti cosmopoliti». Fanno «le scelte più convenienti per loro e i loro obiettivi, senza minimamente curarsi degli interessi e delle necessità del Paese. Paese che alla Fiat ha dato tanto, tantissimo, sicuramente troppo. Pertanto - aggiunge - non cerchino nessun capro espiatorio, perché sarà solo loro la responsabilità di quello che faranno e di tutte le conseguenze che ne deriveranno». «E' bene comunque che questi «furbetti cosmopoliti» sappiano che gli imprenditori italiani seri, che vivono veramente di concorrenza e competitività, che rispettano i propri lavoratori e sono orgogliosi di essere italiani, non vogliono in nessun modo essere accomunati a persone come loro», conclude l'imprenditore marchigiano.
Il comunicato della Fiat. Il Lingotto, si legge in una nota diffusa oggi, ha sottolineato che è impossibile fare riferimento a un progetto nato due anni e mezzo fa». Il gruppo guidato da Sergio Marchionne ha poi aggiunto di aver deciso «di gestire le sue scelte in modo responsabile» e che «continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa».
Fiat nella nota diffusa per rispondere ai timori sul futuro di Fabbrica Italia espressi da alcuni esponenti del mondo politico e sindacale ricorda che il 27 ottobre 2011 aveva annunciato in un comunicato che non avrebbe più utilizzato la dizione "Fabbrica Italia" perché «molti l'avevano interpretata come un impegno assoluto dell'azienda mentre invece si trattava di una iniziativa del tutto autonoma che non prevedeva tra l'altro alcun incentivo pubblico». «Da quando Fabbrica Italia è stata annunciata nell'aprile 2010 - spiega il Lingotto nella nota - le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa è entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. È quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. È necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati».
L'azienda ricorda di avere ribadito ai sindacati nell'incontro del primo agosto a Torino che «la delicatezza di questo periodo, di cui è impossibile prevedere l'evoluzione, impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti. Informazioni sul piano prodotti e stabilimenti saranno comunicate in occasione della presentazione dei risultati del terzo trimestre 2012», prevista per il 30 ottobre prossimo.
«Vale la pena di sottolineare - conclude il Lingotto - che la Fiat con la Chrysler è oggi una multinazionale e quindi, come ogni azienda in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale e in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa».
La Fiom: problema serio. «Se dalla nota della Fiat emerge che il famoso piano Fabbrica Italia rischia di non esserci più siamo di fronte ad un problema molto serio», ha detto il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. «Non aver fatto gli investimenti - ha aggiunto - ha determinato che la Fiat venda meno di altri perché non ha i modelli e in più c'è il rischio che in Italia un sistema industriale dell'auto, non solo Fiat e componentistica, salti. Quindi - conclude - la discussione nel governo e nella politica di questo Paese dovrebbe essere di come si fa ad evitare che il sistema imploda, salti e si perdano altri posti di lavoro».
«Mi sembra che la Fiat voglia le mani libere in Italia, non vuole vincoli. Con questa dichiarazione si straccia l'ultimo velo di ipocrisia di un piano Fabbrica Italia che non è mai decollato lasciando i lavoratori nella cassa integrazione e nell'incertezza», ha sottolineato Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom. «Anche a Pomigliano - ha proseguito Airaudo - metà dei lavoratori non sono rientrati. Cadono le illusioni di chi pensava che lasciando dieci minuti di pausa o dando disponibilità agli straordinari comandati arrivassero gli investimenti. Dovrebbero riflettere tutti quelli che hanno firmato le intese. Tutto ciò accade con la complicità irresponsabile di una classe dirigente che ha lasciato da soli i lavoratori e in qualche misura la stessa Fiat».
«È davvero triste veder riconosciuta la fondatezza degli allarmi inascoltati degli ultimi anni sull'inaffidabilità del vertice della Fiat nell'assumere gli impegni per le realtà produttive nel nostro Paese. La Fiat ha utilizzato propagandisticamente il mito di Fabbrica Italia mentre concretamente cancellava i diritti dei propri lavoratori, isolava e tentava di annichilire il movimento sindacale», afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà. Forse in queste ore è arrivato il tempo anche per il governo di cominciare a fare qualcosa: ad esempio convochi immediatamente i vertici della Fiat».
«Ieri la Fiat era una realtà imprenditoriale, oggi è una realtà finanziaria. Ieri la Fiat produceva lavoro, occupazione e reddito, oggi fa interventi in borsa, oggi opera in un sistema finanziario lobbistico internazionale. Non so neanche se l'ad va chiamato ancora Marchionne o Marchion, perché ormai di italiano ha solo il nome, non certo gli interessi», ha dichiarato Antonio Di Pietro, leader dell'Idv.
Fiat nella nota diffusa per rispondere ai timori sul futuro di Fabbrica Italia espressi da alcuni esponenti del mondo politico e sindacale ricorda che il 27 ottobre 2011 aveva annunciato in un comunicato che non avrebbe più utilizzato la dizione "Fabbrica Italia" perché «molti l'avevano interpretata come un impegno assoluto dell'azienda mentre invece si trattava di una iniziativa del tutto autonoma che non prevedeva tra l'altro alcun incentivo pubblico». «Da quando Fabbrica Italia è stata annunciata nell'aprile 2010 - spiega il Lingotto nella nota - le cose sono profondamente cambiate. Il mercato dell'auto in Europa è entrato in una grave crisi e quello italiano è crollato ai livelli degli anni settanta. È quindi impossibile fare riferimento ad un progetto nato due anni e mezzo fa. È necessario infatti che il piano prodotti e i relativi investimenti siano oggetto di costante revisione per adeguarli all'andamento dei mercati».
L'azienda ricorda di avere ribadito ai sindacati nell'incontro del primo agosto a Torino che «la delicatezza di questo periodo, di cui è impossibile prevedere l'evoluzione, impone a tutti la massima cautela nella programmazione degli investimenti. Informazioni sul piano prodotti e stabilimenti saranno comunicate in occasione della presentazione dei risultati del terzo trimestre 2012», prevista per il 30 ottobre prossimo.
«Vale la pena di sottolineare - conclude il Lingotto - che la Fiat con la Chrysler è oggi una multinazionale e quindi, come ogni azienda in ogni parte del mondo, ha il diritto e il dovere di compiere scelte industriali in modo razionale e in piena autonomia, pensando in primo luogo a crescere e a diventare più competitiva. La Fiat ha scelto di gestire questa libertà in modo responsabile e continuerà a farlo per non compromettere il proprio futuro, senza dimenticare l'importanza dell'Italia e dell'Europa».
La Fiom: problema serio. «Se dalla nota della Fiat emerge che il famoso piano Fabbrica Italia rischia di non esserci più siamo di fronte ad un problema molto serio», ha detto il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. «Non aver fatto gli investimenti - ha aggiunto - ha determinato che la Fiat venda meno di altri perché non ha i modelli e in più c'è il rischio che in Italia un sistema industriale dell'auto, non solo Fiat e componentistica, salti. Quindi - conclude - la discussione nel governo e nella politica di questo Paese dovrebbe essere di come si fa ad evitare che il sistema imploda, salti e si perdano altri posti di lavoro».
«Mi sembra che la Fiat voglia le mani libere in Italia, non vuole vincoli. Con questa dichiarazione si straccia l'ultimo velo di ipocrisia di un piano Fabbrica Italia che non è mai decollato lasciando i lavoratori nella cassa integrazione e nell'incertezza», ha sottolineato Giorgio Airaudo, responsabile Auto della Fiom. «Anche a Pomigliano - ha proseguito Airaudo - metà dei lavoratori non sono rientrati. Cadono le illusioni di chi pensava che lasciando dieci minuti di pausa o dando disponibilità agli straordinari comandati arrivassero gli investimenti. Dovrebbero riflettere tutti quelli che hanno firmato le intese. Tutto ciò accade con la complicità irresponsabile di una classe dirigente che ha lasciato da soli i lavoratori e in qualche misura la stessa Fiat».
«È davvero triste veder riconosciuta la fondatezza degli allarmi inascoltati degli ultimi anni sull'inaffidabilità del vertice della Fiat nell'assumere gli impegni per le realtà produttive nel nostro Paese. La Fiat ha utilizzato propagandisticamente il mito di Fabbrica Italia mentre concretamente cancellava i diritti dei propri lavoratori, isolava e tentava di annichilire il movimento sindacale», afferma Nichi Vendola, presidente di Sinistra Ecologia Libertà. Forse in queste ore è arrivato il tempo anche per il governo di cominciare a fare qualcosa: ad esempio convochi immediatamente i vertici della Fiat».
«Ieri la Fiat era una realtà imprenditoriale, oggi è una realtà finanziaria. Ieri la Fiat produceva lavoro, occupazione e reddito, oggi fa interventi in borsa, oggi opera in un sistema finanziario lobbistico internazionale. Non so neanche se l'ad va chiamato ancora Marchionne o Marchion, perché ormai di italiano ha solo il nome, non certo gli interessi», ha dichiarato Antonio Di Pietro, leader dell'Idv.
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