Si moltiplicano gli appelli nazionali e internazionali affinché l’Italia sottoscriva un prestito del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) di supporto alla crisi pandemica. L’ultimo, con un’intervista al Corsera del 4 luglio, è di Valdis Dombrovskis, vice presidente della Commissione.
Chiariamo subito che il Mes è vincolato al rispetto di una rigorosa condizionalità (art. 136(3) del trattato europeo). Occorre inoltre considerare gli effetti del regolamento comunitario 472/2013, che prevede che un paese che accede a un finanziamento Mes è sottoposto a “sorveglianza rafforzata”, e che nel corso di essa il Consiglio possa decidere, a maggioranza qualificata, che siano necessarie misure più drastiche, compreso un programma di aggiustamento macroeconomico (articolo 3(7) del regolamento). Il 7 maggio scorso una lettera dei commissari Dombrovskis e Gentiloni ha sospeso l’applicazione di alcune parti del regolamento, tra cui l’art. 3(7). Tuttavia, il regolamento non è stato emendato. Non sorprende dunque che alcuni stati membri, tra cui l’Italia, abbiano il timore che accendendo un prestito Mes possano ritrovarsi la troika in casa.
Dando per scontata la buona fede dei commissari, potrebbe verificarsi la cosa seguente: l’Italia entra nel Mes pandemico, e incassa i 36 miliardi. Non ci sono condizionalità immediate, salvo l’uso dei fondi per rispondere alla crisi sanitaria. Nel corso di una missione post-programma, o nell’ambito della procedura del semestre europeo, la Commissione scopre che le condizioni italiane si sono aggravate ed è necessario un intervento ben più consistente per far fronte alla crisi finanziaria imminente o in atto. Non costringe l’Italia a entrare in un programma di aggiustamento macroeconomico, come previsto dall’articolo 14(4) del regolamento, dato che la lettera Dombrovskis-Gentiloni ha disattivato questo comma, ma consiglia caldamente l’ingresso in un programma Mes di dimensioni maggiori. In tali circostanze la pressione politica diverrebbe molto forte, si moltiplicherebbero gli appelli “a fare presto”, e sarebbe molto difficile per il governo italiano, vecchio o nuovo che sia, ignorare l’invito.
È noto che la situazione finanziaria italiana si deteriorerà sensibilmente nel corso del 2020. Il debito pubblico è destinato ad aumentare del 20% del Pil secondo le previsioni più favorevoli. I fondi del Recovery Fund in corso di negoziazione, che l’Istituto Bruegel stima ottimisticamente in 86 miliardi di contributi, saranno molto inferiori al deficit pubblico, stimato da Eurostat all’11% del Pil, 180 miliardi solo nel 2020. Soprattutto, negli ultimi 25 anni il tasso di crescita italiano è stato quasi sempre al di sotto del tasso di interesse.
In queste condizioni, il debito pubblico italiano è sostenibile solo se i tassi di interesse rimangono molto bassi, ovvero fin quando continua il programma di acquisto di debito della Bce. Questo però ha grossi problemi di congruenza con la lettera e lo spirito dei trattati europei, come evidenziato dalla recente sentenza della corte costituzionale tedesca.
Nel futuro più o meno prossimo la politica monetaria della Bce dovrà normalizzarsi. All’inizio della crisi la Presidente Lagarde dichiarò che il compito della Bce non è quello di chiudere gli spread, e aveva ragione di dirlo. Inoltre, le regole fiscali europee (patto di stabilità e crescita, Fiscal Compact), per ora sospese, verranno reintrodotte.
È probabile, dunque, che l’Italia necessiti di un aggiustamento strutturale nel futuro prossimo. Molti attori nazionali e internazionali hanno interesse a far sì che tale aggiustamento, potenzialmente devastante, sia inquadrato nelle regole esistenti in modo da minimizzare i rischi per la zona euro. Tali regole prevedono: negoziazione di un Memorandum of Understanding con relativa condizionalità; accesso a un programma Mes di dimensioni ben più consistenti di quello pandemico; intervento successivo della Bce con il programma di acquisti OMT.
Dunque, mi sembra che dietro all’invito pressante ad accettare i fondi del Mes ci sia il tentativo di incanalare la crisi italiana entro binari consolidati prima che essa si manifesti in tutta la sua gravità, approfittando della presenza di un governo amico (per lo meno in una sua componente). Tuttavia, come tutti i piani che si proiettano in un futuro incerto, molte cose possono deviare dal corso previsto. Per esempio, l’opinione pubblica italiana è fortemente ostile a nuovi programmi di austerità, come evidenziato da due survey experiments del Max Planck Institute. Inoltre, se le cose dovessero davvero andare come descritto sopra, la tenuta delle forze “responsabili” nel panorama politico italiano non è affatto scontata.
*Direttore del Max Planck Institute di Colonia.
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