La corsa per creare vaccini contro il Covid-19 accelera grazie agli iter privilegiati concessi dalle autorità sanitarie, spinte dalla necessità di frenare la seconda ondata della pandemia. Con la fretta, però, aumentano i pericoli che eventuali effetti indesiderati emergano solo dopo la distribuzione di massa. Intanto, grazie al suo enorme potere negoziale, Big Pharma prima si è fatta finanziare la ricerca dai contribuenti e poi di fatto ha scaricato i rischi sui governi.
Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, al 2 ottobre erano 42 i vaccini candidati in fase di valutazione clinica. Di questi, 9 sono al terzo e ultimo stadio dei test, già in prevendita a molti Paesi. Uno viene sviluppato da AstraZeneca in collaborazione con l’Università di Oxford e la Irbm di Pomezia (Roma). Tre arrivano dalle società Usa Johnson & Johnson, Moderna, Pfizer insieme alla tedesca BioNTech. Quattro sono elaborati in Cina da Sinovac, CanSino e Sinopharm, che ne ha due. L’ultimo è della russa Gamaleya. Altri 151 prodotti sono in fase di valutazione pre-clinica.
I produttori rischiano ben poco. Dal punto di vista industriale, molti governi li stanno finanziando a piene mani. Gli Usa hanno già distribuito a una quarantina di aziende più di 9,35 miliardi di euro dell’Operazione Warp Speed, l’iniziativa voluta dal presidente Donald Trump per accelerare lo sviluppo di vaccini, sistemi diagnostici e terapie contro il Covid. Al medesimo scopo la Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen ha già versato 1,01 miliardi, impegnandone per il futuro altri 3,41, 1,56 miliardi in proprio e 1,85 tramite la Banca europea degli investimenti. Il solo vaccino di AstraZeneca ha raccolto fondi pubblici per 1,35 miliardi dagli Usa e dalla fondazione sanitaria globale Cepi.
A livello commerciale, Bruxelles ha già firmato due contratti commerciali con Sanofi-Gsk e AstraZeneca, alla quale Italia, Francia, Germania e Olanda hanno assegnato una commessa per 400 milioni di dosi. Inoltre altri colloqui esplorativi si sono chiusi in modo positivo tra la Ue e Johnson & Johnson, CureVac, Moderna e BioNTech. Ma i contenuti legali di tutti gli accordi, come spiega Bruxelles, resteranno segreti. Sul fronte dei prezzi, la stessa AstraZeneca si è impegnata a vendere il suo futuro vaccino a prezzo di costo sino a quando la pandemia non sarà “finita”: ma, in base a un documento esaminato dal Financial Times, si è riservata in esclusiva il diritto di dichiarare finita l’epidemia già dal primo luglio 2021. Da quella data potrebbe vendere le dosi a prezzi di mercato, con profitti immensi.
Non basta. Nei mesi scorsi la lobby Vaccines Europe ha fatto pressione su Bruxelles perché i suoi prodotti fossero esentati dal rispetto della direttiva sui diritti dei consumatori, cancellando i rischi legali. Il 24 settembre la Commissione Ue ha sì ribadito che i vaccini non saranno esentati, ma ha passato il cerino ai governi nazionali. In base agli accordi di acquisto comunitari, se i cittadini faranno causa per chiedere i danni dovuti a eventuali reazioni avverse, i produttori potranno girare il conto ai singoli Paesi.
Così la fiducia dell’opinione pubblica, già traballante, è sempre più scossa. Negli Stati Uniti, che viaggiano verso gli 8 milioni di casi di Covid con oltre 200mila vittime, un sondaggio Axios/Ipsos del 22 settembre ha rivelato che sei intervistati su 10 preferiranno aspettare di prendere il vaccino da qualche settimana a un anno invece di assumerlo appena sarà disponibile. Ad agosto il dato era al 53%. C’è poi un 23% che non intende affatto vaccinarsi. Il rischio reale è che non si raggiunga l’immunità di gregge, facendo fallire l’obiettivo della campagna vaccinale. L’effetto paradossale garantirebbe a Big Pharma di continuare a incassare profitti per anni dai vaccini anti-Covid.
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