Un anno fa, la Lega si affacciava al 2020 con oltre 11 punti di vantaggio sul Pd. Ora quel vantaggio si è ridotto a 3 punti, dopo una discesa inesorabile iniziata durante il lockdown di marzo e arginata in parte – non a caso – soltanto nei mesi estivi. È questo l’aspetto più vistoso dello storico dei sondaggi di quest’anno, che nel grafico a fianco mettiamo in correlazione con i più importanti eventi del 2020.
Basta il colpo d’occhio alle curve dei partiti – basate sui dati della Supermedia Youtrend – per capire che in un anno i rapporti di forza sono profondamente cambiati. Nel frattempo, la popolarità del governo Conte ha visto percentuali del tutto anomale per i precedenti governi, complice soprattutto la gestione della prima ondata. Come ben mostrano i dati di Demos, a inizio 2020 la fiducia nell’esecutivo era poco sopra il 40 (si intende che 40 intervistati su 100 assegnavano almeno la sufficienza al governo), ovvero su percentuali ben più basse rispetto al Conte 1, oscillanti tra il 50 e il 60, e in linea con l’ultima parte del governo Renzi e col governo Gentiloni. Poi, a marzo, ecco l’improvviso balzo: nell’emergenza gli italiani si stringono intorno a Conte e ai suoi ministri, che raggiungono una popolarità del 71 per cento (+27 per cento in un mese). Da lì in avanti il consenso diminuisce, restando però su percentuali più alte rispetto a quelle pre-Covid. Poi, nell’ultimo mese, dopo le ultime decisioni sulla seconda ondata, una nuova inversione di tendenza verso l’alto: dal 55% di ottobre al 57% di dicembre.
Salvini flop, Meloni vola. Nella prima rilevazione del 2020, la Lega ha il 30,8 per cento. La discesa fino al 23,7 di oggi ci dice che la fiducia nel Carroccio ha seguito – per contrasto – l’andamento dell’emergenza Covid. La Lega arriva alla scoperta del “paziente 1” – 20 febbraio – ancora sopra il 30 per cento, ma da marzo la dura opposizione al governo non paga e il partito scende di oltre un punto al mese. A fine marzo la Lega è al 28,9; a fine aprile al 27,2 e a fine maggio, quando si torna alla normalità, è al 26,4 per cento.
In estate la Lega tiene, tant’è vero che il 3 settembre, ultima Supermedia prima delle Regionali e del referendum sul taglio dei parlamentari, torna al 25,2. Poi, con la batosta in Toscana e la seconda ondata, il trend cambia. Alle prime restrizioni di ottobre la Lega è al 24,3, ma quando l’Italia viene divisa in zone (3 novembre) e le misure iniziano a dare risultati (26 novembre) Salvini tocca il punto più basso (23,4).
Ben diverso è il percorso di Fratelli d’Italia. Il partito di Giorgia Meloni cresce da inizio a fine anno, salendo dal 10,7 di gennaio al 16,2 attuale, che vale il sorpasso nei confronti del M5S. Sono 5 punti e mezzo e i dati, come ci spiega il fondatore di Youtrend Lorenzo Pregliasco, indicano che si tratta in gran parte di leghisti delusi: “Dalle Europee a oggi c’è un travaso di circa un leghista su sette in favore della Meloni, dunque siamo intorno a un 5 per cento”. Eppure FdI, durante l’emergenza, ha avuto toni simili a quelli della Lega: “Una possibile spiegazione è che Salvini fosse più esposto rispetto alla Meloni, anche in quanto leader della coalizione”. Negli ultimi due mesi il boom di FdI si è stabilizzato: dall’8 ottobre al 17 dicembre il partito oscilla tra il 16 e il 16,2.
Meno netta è invece la risalita di Forza Italia, che nel 2020 rimane più o meno stabile – dal 6,6 di inizio anno al 7 per cento finale – ma che ha buoni motivi per esultare, se si pensa che nel 2018 e nel 2019 aveva perso 5 e 3 punti. L’emorragia si è fermata forse proprio grazie ai continui distinguo rispetto all’alleato Salvini, come ci indica il fatto che il punto più basso per FI – 6 per cento – arriva la settimana prima del lockdown di marzo e da lì in poi il partito recupera. Non molto, ma abbastanza per sopravvivere: “Non credo possa ambire a molto di più – riflette Pregliasco – ma mantenere un 6 o 7 per cento consente a B. di essere ancora decisivo”.
M5S: Pesano le divisioni interne. L’anno del Movimento non è certo esaltante. Dopo aver iniziato la legislatura con ampio margine su tutti gli altri partiti, oggi il M5S è la quarta forza, ferma al 14,8 – a inizio 2020 era al 15,7 – e un punto e mezzo dietro FdI. La curva ci dice che il Movimento ha avuto una buona risalita durante il primo lockdown, iniziato poco sopra il 14 per cento e finito al 16. Una tendenza stabile in estate e che forse poteva portare a una ripresa. E invece, da settembre in poi, la curva si inverte e i 5 Stelle crollano di nuovo perdendo un paio di punti nonostante il successo al referendum sul taglio dei parlamentari. Sono le settimane in cui si esaspera lo scontro interno tra i governisti e i “duri e puri”, con tanto di lite sul ruolo di Rousseau. Neanche il buon apprezzamento per Conte, secondo Pregliasco, aiuterà il M5S a risollevarsi: “In un nostro sondaggio estivo era emerso come il premier fosse ormai percepito quasi come equidistante tra Pd e M5S”.
Il Pd tiene, il bluff Renzi. Pregliasco definisce il Pd come “il partito di gran lunga più stabile negli ultimi due anni e mezzo”. Guardando al 2020, i dem passano dal 19,3 iniziale a un 20,6 finale, oscillando per dodici mesi tra il 20 e il 21 per cento. Pur restando immobile – un merito, da un certo punto di vista – il calo della Lega giustifica i brindisi: un anno fa il distacco era di 11 punti, oggi di 3. A pesare, oltre alla segreteria conciliante di Zingaretti, c’è uno zoccolo duro che non ha abbandonato la Ditta neanche nel momento peggiore, dopo le elezioni del 2018.
Chi invece ha poco di cui festeggiare è Matteo Renzi. Ambiva “alla doppia cifra”, ma finora sondaggi e urne sono impietosi: partita dal 4,4 per cento di inizio anno, Italia Viva adesso è al 3,2. Secondo Pregliasco, il trend non migliorerà: “I dati delle Regionali dimostrano che Iv ha poco margine. Il caso della Toscana è emblematico, il fatto che lì Renzi sia al 4,4 dà l’idea di un progetto con poco appeal”. Nelle ultime settimane Iv è finita dietro ad Azione e Leu.
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