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venerdì 9 gennaio 2015

Ismett: arriva la scure dei tagli botta e risposta Crocetta-Faraone. - Paolo Patania



I timori di chi difende il centro trapianti che opera in collaborazione con l’università di Pittsburgh è che le cesoie del governo regionale non risparmino neanche questa struttura sanitaria, che costa 94 milioni all’anno, ed è considerata un’eccellenza. Il sottosegretario renziano: ”No alla normalizzazione di un centro tra i più avanzati”. Ma Crocetta lo zittisce: ”E’ viceministro all’istruzione, è logico che non sappia cosa fa il ministro alla Salute”.

E' polemica sull’Ismett, il centro trapianti che opera a Palermo in collaborazione con l’università di Pittsburgh. La vicenda si trascina da qualche mese e, nei prossimi giorni, quando l’Ars inizierà a discutere le riforme – che in buona parte saranno tagli in tutti i settori dell’Amministrazione regionale – dovrebbe entrare nel vivo. Su questo tema, da qualche giorno, va in scena un batti e ribatti tra il presidente della Regione, Rosario Crocetta, e il sottosegretario alla Pubblica istruzione Davide Faraone, molto vicino a Renzi.
I timori di chi, da sempre, difende l’Ismett - e tra questi c’è Faraone – è che i tagli non risparmino neanche questa struttura sanitaria, considerata un’eccellenza. I numeri sono noti. Per l’Ismett la Regione siciliana, ogni anno, stanzia 94 milioni di euro. Di questi, meno di 40 milioni di euro vengono impiegati come Drg (acronimo che sta per Diagnosis related groups, ovvero Raggruppamenti omogenei di diagnosi), che è il sistema di retribuzione che le pubbliche amministrazioni pagano nel nostro Paese ai soggetti privati che operano nella sanità in base alle prestazioni effettuate. Mentre con il resto dei fondi – regionali – si occupa di sperimentazione gestionale.
“L’Ismett non è una Asp – ha detto Faraone – Sono preoccupato da come si sta gestendo la vicenda Ismett in Sicilia. Avverto sintomi di ‘normalizzazione’ di un’istituzione di rilevanza nazionale che in quindici anni ha ottenuto risultati straordinari grazie all’innovativo partenariato pubblico-privato con UPMC, una delle organizzazioni sanitarie più avanzate nel mondo” (Upmc è l’acronimo di University of Pittsburgh Medical Center, cioè l’università di Pittsburgh).
Pronta la replica di Crocetta: “Probabilmente il sottosegretario Faraone non conosce la vicenda Ismett di Palermo, d’altro canto è sottosegretario all’Istruzione e capisco che non sa cosa faccia il ministro della Salute”. La convenzione tra Regione e Università di Pittsburgh è scaduta lo scorso 31 dicembre. “Quella convenzione – dice Crocetta all’Adnkronos – trovava ragione sulla base della sperimentazione. La condizione affinché l’Ismett potesse essere riconosciuto come centro di cura per la ricerca scientifica era che venisse incardinata nel sistema sanitario. E il percorso è stato concordato con il Ministero della Salute e dell’Economia”. Non è in discussione il rapporto con gli Usa, aggiunge il presidente della Regione. Ma l’Ismett non dovrà più trasferire tutti gli utili, “come ha fatto con la vecchia convenzione, a Pittsburgh. Da questo momento – conclude Crocetta – comincia un altro percorso. L’università di Pittsburgh non può essere padrona dell’Ismett che è pagato dalla Regione”.
Faraone, da parte sua, ricorda i due commi contenuti nella legge di Stabilità nazionale. Sono i commi 607 e 608, voluti, tra gli altri, dal senatore siciliano del Nuovo centrodestra del ministro di Angelino Alfano, Marcello Gualdani, con i quali “al fine di agevolare la prosecuzione dell’investimento straniero nell’Istituto mediterraneo per i trapianti e terapie ad alta specializzazione di Palermo… la Regione siciliana è autorizzata fino al 31 dicembre 2017 ad incrementare la valorizzazione tariffaria dell’attività sanitaria del predetto Istituto” (sembra del 7 per cento).
Si profila una diversità di vedute, se non uno scontro, tra il governo nazionale – appoggiato dal centrodestra – che vorrebbe addirittura aumentare i fondi pubblici all’Ismett (a spese della Regione siciliana), addirittura “con riferimento agli anni 2013 e 2014” (quindi pure con gli arretrati!) e la Regione che invece sembra avere altre idee. Quali? Qualche tempo fa le ha sintetizzate il presidente della commissione Sanità dell’Ars, Pippo Di Giacomo, esponente del Pd. Che non ha mai parlato di tagli all’Ismett, ma ha soltanto detto che se l’Istituto per i trapiani vorrà continuare a percepire dalla Regione 94 milioni di euro all’anno, dovrà assicurare 94 milioni di prestazioni sanitarie ogni anno.
Insomma, non è possibile che l’Ismett continui a introitare oltre 50 milioni di euro di fondi regionali per sperimentazione gestionale. Dice Renato Costa, segretario regionale della Cgil medici: “La storia è sempre la stessa: l’Ismett è o non è un servizio sanitario regionale? Se è un servizio sanitario regionale deve rispettare le regole che rispettano tutti gli altri. Non ci possono essere tariffe diverse. Questa storia della sperimentazione gestionale sarebbe dovuta durare sei anni. Poi è stata prorogata per altri tre anni. Ora siamo arrivati a quindici anni. Non è possibile continuare così”.
Nei giorni scorsi in difesa dell’Ismett è intervenuto il professore Luigi Pagliaro, tra i sostenitori, nella seconda metà degli anni ’90, di questa ‘Piattaforma trapiantologica”.

Oggi, però, molte strutture sanitarie pubbliche della Sicilia sono in affanno. E’ giusto continuare a mantenere la “sperimentazione gestionale” dell’Ismett con i Pronto Soccorsi dell’Isola al collasso a causa dei tagli dei posti letto voluti per risanare il settore?

giovedì 3 gennaio 2013

Negli ambulatori del Parlamento 60 camici bianchi a 2 milioni di euro all’anno. - Thomas Mackinson


Aula Senato


Con una nuova delibera datata 18 dicembre, Palazzo Madama punta a rafforzare ulteriormente il presidio di cardiologi e infermieri interni: aperte le selezioni per altri cinque cardiologi e altrettanti tra anestesisti e rianimatori.

La via crucis del ri-candidato si fa più stretta e incerta che mai. Una corsa al cardiopalma, roba da rimanerci secchi. Sarà per questo che il presidente del Senato, Renato Schifani ha deciso di rafforzare il presidio di cardiologi e infermieri presso l’Ambulatorio di Palazzo Madama. Sotto l’albero di Natale, il 18 dicembre, è arrivata una delibera dell’ufficio di presidenza che apre ufficialmente le selezioni per cinque specialisti in cardiologia e cinque in anestesia e rianimazione. Non tirocinanti di primo pelo ma laureati con almeno 105/110 ed esperienza professionale minima di cinque anni per i medici e di quattro per gli infermieri.
Quello del Senato, del resto, è un ambulatorio di tutto rispetto: aperto tutto l’anno, 24 ore su 24, gratuito e a uso esclusivo degli inquilini del palazzo. E lì per legge da ben 27 anni: in origine, spiegano da Palazzo Madama, doveva garantire ai senatori non residenti a Roma l’assistenza sanitaria dei loro colleghi della Capitale, ma col tempo il mini-ambulatorio è diventato maxi. La platea dei pazienti si è infatti allargata a deputati, ex parlamentari, dipendenti del Senato e dei gruppi, mentre il personale conta oggi un medico e quattro infermieri in pianta stabile, più altri 26 camici bianchi retribuiti a prestazione per assicurare i turni h24. E così sono lievitati i anche i costi: nel 2011, ultimo dato disponibile, sono arrivati a 650mila euro. Non è difficile crederlo, visto che per quasi trent’anni il presidio è stato aperto anche quando il palazzo era semideserto e gli inquilini in vacanza, nei week end, perfino a Natale e ad agosto.
Solo qualche mese fa il Consiglio di Presidenza ha deciso di chiuderlo dalle 13 di sabato alle 8 del lunedì, durante i festivi infrasettimanali e nei giorni di ferie con un risparmio di circa 240mila euro. Ma niente panico. Quando l’ambulatorio è chiuso l’assistenza medica è assicurata da una società esterna (Medical Care) a un costo di 20 mila euro l’anno. A Palazzo Madama spiegano che non sono soldi buttati perché nel presidio medico si lavora a pieno regime: in un anno si effettuano 13mila prestazioni, più 700 soccorsi, in maggioranza di tipo cardiologico. Un dato sorprendente se rapportato al numero dei senatori e alla platea dei potenziali marcatori di visita. In un giorno di normale attività parlamentare al Senato, infatti, entrano più o meno 2.500 persone. Forse lavorare in Parlamento è più usurante di quanto si pensi e questo potrebbe spiegare anche quei 7,7 milioni di euro chiesti da senatori (e parenti) per prestazioni sanitarie integrative.
I deputati non sono da meno. I servizi sanitari d’emergenza alla Camera sono assicurati da un ambulatorio con personale medico-infermieristico rinforzato da un servizio distaccato dall’Asl di Roma e da una convenzione diretta con il Policlinico Gemelli. Un presidio che conta su una trentina di camici bianchi tra interni ed esterni che costa 1,4 milioni di euro l’anno. La convenzione per i presidi di palazzo Montecitorio e dei palazzi Marini, in corso dal 2007, conta quattro medici dirigenti e due unità di personale infermieristico che prestano servizio per 36 ore la settimana. Tutti ben retribuiti. Un medico alla Camera costa 60 euro lordi l’ora che diventano 90 dopo le 22, il sabato e nei giorni festivi.
A fine anno il camice bianco a Montecitorio porta a casa 90-100 mila euro. E sono in quattro. Gli infermieri, prendono 44 mila euro l’anno più maggiorazioni e sono in due. Ma vanno poi aggiunti i turnisti esterni e i 435mila euro per la convenzione con il Policlinico. Il conto finale è così salato da spiazzare gli stessi beneficiari del servizio (che in teoria dovrebbero godere di ottima salute, visti i 10 milioni di rimborsi sanitari dello scorso anno). Rita Bernardini (Pd), ad esempio, il 12 ottobre scorso ha chiesto al Collegio dei Questori di optare per uno dei due servizi. Il parere è stato accolto e protocollato ma non si sa se sortirà qualche effetto. L’emergenza sanitaria in Parlamento, a quanto pare, continua.