giovedì 7 giugno 2018

Vitalizi, Di Maio: 'Li tagliamo, la delibera è pronta'.

Luigi Di Maio a Marina di Ragusa © ANSA
Luigi Di Maio a Marina di Ragusa

"Toglieremo privilegi a ex parlamentari, facciano pure ricorso".

"Cambierò i vertici dei miei ministeri. E' giusto che ci sia lo spoil system perché dopo 5 anni si creano delle incrostazioni. Magari qualcuno in qualche casella del ministero resterà ma il cambiamento parte anche dalla macchina burocratica": così Luigi Di Maio parlando a Marina di Ragusa in piazza Malta in un comizio a sostegno della candidatura di Antonio Tringali a sindaco della città. "C'è una grande voglia di far bene - ha aggiunto - e dopo il rinnovamento nella squadra di governo anche la macchina burocratica va adeguata".
"Via i vitalizi. La delibera è già pronta ed è sul tavolo del presidente della Camera dei Deputati Roberto Fico". "Lo abbiamo promesso in campagna elettorale e lo faremo subito togliendo i privilegi agli ex parlamentari - ha aggiunto il vice premier - Poi loro facciano tutti i ricorsi che vogliono ma il provvedimento verrà fatto e Fico ci lavora già da due mesi".
"Faremo dei provvedimenti per aiutare i cittadini che sono in povertà - ha detto ancora Di Maio - e pertanto non possiamo prescindere dal reddito di cittadinanza e dalla pensione di cittadinanza. Saranno i due provvedimenti che porterò al più presto all'esame del Parlamento".

Governo, dalle pensioni alla pace fiscale ai centri per l’impiego: ecco i primi provvedimenti estivi. - Marco Mobili e Marco Rogari

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Resta alto il pressing della maggioranza per varare subito un primo pacchetto di misure urgenti. Ma il cantiere del possibile decreto legge di mezza estate non potrà aprire i battenti prima che non sia stata completamente dipanata l’intricata matassa dei viceministri e sottosegretari e quella, non meno complessa, delle deleghe da assegnare ai vari ministeri. Con il trascorrere delle ore l’ipotesi di un provvedimento da varare già a fine giugno, circolata nei giorni scorsi, sta perdendo quota in favore di un’operazione da far scattare attorno alla metà di luglio, quando tutti i ministri avranno approfondito i dossier.

Due gli interventi in rampa di lancio: la cosiddetta pace fiscale, cara alla Lega, e la riforma dei centri per l’impiego, prima tappa del percorso per arrivare al reddito di cittadinanza, su cui punta forte il Movimento Cinque stelle. Probabile anche un capitolo immigrazione, con un primo parziale restyling del piano Minniti: più centri per i rimpatri e le espulsioni.Dovranno essere sciolti due nodi: l’inserimento nel decreto di un primo assaggio di misure previdenziali (ripristino “opzione donna” e eventuale stop all’Ape social) per aprire la strada al superamento, con la manovra autunnale, della legge Fornero; l’introduzione di un meccanismo per arginare il fenomeno della delocalizzazione delle imprese.
A premere sulla pace fiscale è Matteo Salvini. I tecnici sono già al lavoro. Anche perché il percorso non si presenta affatto in discesa. Anzitutto per la necessità di garantire una parte delle risorse necessarie per l’estensione della flat tax alle partite Iva. Tutta da verificare poi la compatibilità della nuova maxi-rottamazione dei ruoli con le definizioni agevolate delle cartelle ex Equitalia ancora in corso.
Quasi certo è l’avvio della riforma dei centri per l’impiego che, secondo i calcoli dei Cinquestelle, a regime costerà 2,1 miliardi. Nella prima fase sarebbero però sufficienti alcune centinaia di milioni che verrebbero pescate nelle pieghe del bilancio 2018 (da uno dei maxi-fondi ancora non a secco). In autunno con la legge di bilancio scatterebbe il rafforzamento della dote del reddito di inclusione da trasformare in reddito di cittadinanza.
Sempre la manovra dovrebbe provvedere alla sterilizzazione delle “clausole fiscali”. Questo obiettivo sarà indicato chiaramente nelle risoluzioni M5S-Lega al Def che saranno votate dalle Aule delle Camere il 20 giugno. La nuova tabella di marcia sarà ufficializzata oggi dalle Conferenze dei capigruppo di Camera e Senato. Anche in questo caso la maggioranza gialloverde potrebbe trovarsi a scegliere tra due opzioni: risoluzione “light” o maggiormente articolata con i punti principali del “contratto” (al momento è l’ipotesi più gettonata).
Non prima della prossima settimana dovrebbe essere trovata la quadratura del cerchio sulle nomine di viceministri e sottosegretari. Già nel Consiglio di oggi, invece, potrebbe essere affrontata la questione delle deleghe di alcuni ministeri, con l’attribuzione del made in Italy all’Agricoltura e l’assegnazione di quella sulle Riforme oltre a servizi segreti e Tlc.
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Delrio a casa di De Benedetti.

mercoledì 6 giugno 2018

Taglio indennità parlamentari, alla Camera via libera al testo unificato: da 5.000 euro netti a 5.000 lordi al mese. - Antonio Pitoni

Taglio indennità parlamentari, alla Camera via libera al testo unificato: da 5.000 euro netti a 5.000 lordi al mese

In commissione Affari costituzionali adottata la proposta della relatrice Roberta Lombardi (M5S). Prevista una sforbiciata anche ai rimborsi di soggiorno nella capitale. Che non saranno più corrisposti ai parlamentari residenti a Roma. Tutte le spese, da quelle di viaggio a quelle per l’esercizio del mandato, dovranno essere documentate. Previste nuove norme per la trasparenza. Il provvedimento dovrebbe arrivare in Aula entro ottobre. La deputata M5S: “L’abolizione dei privilegi della Casta torna al centro del dibattito”.


Riduzione dell’indennità parlamentare, sforbiciata ai rimborsi per le spese di alloggio (la cosiddetta diaria), di viaggio e per l’esercizio del mandato. Persino una stretta sul Tfr di onorevoli e senatori. Sono i temi affrontati dal testo unificato (relatrice Roberta Lombardi del M5S) adottato alla Camera in commissione Affari costituzionali, con i soli voti del Movimento 5 Stelle (tutti gli altri si sono astenuti), per riscrivere le norme che regolano il trattamento economico dei rappresentanti del popolo. Un provvedimento, atteso in Aula entro ottobre, che ha dovuto fare i conti con l’ostacolo insormontabile della Costituzione. Per la precisione con l’articolo 69: “I membri del Parlamento ricevono una indennità stabilita dalla legge”. Con il risultato che, delle varie voci e relativi ammennicoli che concorrono a formare la retribuzione complessiva di deputati e senatori, solo l’indennità parlamentare (in pratica lo stipendio base) e le spettanze ad essa collegate possono essere oggetto di modifica legislativa.

AUTODICHIA OFF LIMIT – Su tutto il resto, invece, la legge non può intervenire. In base al principio dell’autodichia, vale a dire l’autonomia del Parlamento da qualsiasi ingerenza esterna, ulteriori modifiche possono essere introdotte solo dalle due Camere nell’esercizio del loro potere autoregolamentare. Una situazione della quale l’Ufficio di presidenza della commissione Affari costituzionali di Montecitorio, guidata da Andrea Mazziotti di Scelta civica, non ha potuto che prendere atto. Invitando, la settimana scorsa, i proponenti delle diverse proposte di legge a riformulare i rispettivi testi, limitandone i contenuti alla sola materia delle indennità parlamentari, alla diaria – la somma riconosciuta a deputati e senatori a titolo di rimborso delle spese di soggiorno nella capitale – e al relativo trattamento fiscale. E ieri, sempre in commissione, con i soli voti del Movimento 5 Stelle (tutti gli altri gruppi si sono astenuti) è stato approvato il testo unificato della relatrice Roberta Lombardi. La deputata pentastellata era stata la prima a presentare una pdl sulla materia, cui erano poi seguite quelle di Guglielmo Vaccaro(gruppo Misto), Donata Lenzi e Sesa Amici (Partito democratico), Roberto Capelli (Democrazia solidale-Centro democratico) e Paolo Vitelli (Scelta civica).

AVANTI SI TAGLIA – Ma cosa prevede il nuovo impianto normativo che, conclusi i lavori della commissione, dovrebbe arrivare entro ottobre all’esame dell’Aula di Montecitorio? Innanzitutto la riduzione dell’indennità parlamentare a 5.000 euro lordi al mese. Una sforbiciata consistente rispetto ai circa 5.000 euro netti (pari a un lordo di 10.435 euro) che intascano attualmente deputati e senatori. Ai membri del Parlamento è, inoltre, riconosciuto “un rimborso delle spese documentate di soggiorno (la diaria, ndre di viaggio entro il limite massimo di euro 3.500 mensili”. Una voce considerevolmente ridotta rispetto alle attuali spettanze se si considera che, ad oggi, ad ogni rappresentante del popolo spettano 3.500 euro solo a titolo di diaria. Mentre le spese di viaggio sono conteggiate a parte: altri3.323,70 euro a trimestre, per il deputato che deve percorrere fino a 100 chilometri per raggiungere l’aeroporto più vicino al luogo di residenza, che salgono a 3.995,10 euro se la distanza da percorrere è superiore. Ma non è tutto. “Il rimborso delle spese di alloggio non è riconosciuto”, a differenza di quanto avviene oggi, “ai membri del Parlamento che risiedono nel comune di Roma”. Confermata, invece, la “decurtazione” della diaria, la cui entità deve essere determinata dagli Uffici di presidenza delle due Camere, “per ogni giorno di assenza del parlamentare dalle sedute dell’Assemblea, delle Giunte o delle Commissioni in cui si siano svolte votazioni”. Poi ci sono i rimborsi delle spese sostenute per l’esercizio del mandato che il testo unificato della Lombardi fissa a 3.690 euro mensili. Estendendo, in pratica, l’attuale limite previsto a Montecitorio anche a Palazzo Madama dove, invece, si può arrivare ad un massimo di 4.180 euro al mese. Cifre, in entrambe le Camere, oggi forfettarie per il 50% e soggette a rendicontazione periodica solo per il restante 50%.

BENEDETTA TRASPARENZA – Poi c’è l’indennità di fine mandato. Il testo unificato prevede che ai membri del Parlamento non rieletti spetti un assegno “il cui importo è commisurato” all’indennità parlamentare (5.000 euro lordi al mese) e “alla durata complessiva del mandato”, calcolato “secondo la disciplina prevista dall’articolo 2120 del codice civile”. Quello che regola, cioè, il trattamento di fine rapporto per i comuni lavoratori. In pratica, mentre la disciplina vigente ne fissa l’importo, tanto alla Camera che al Senato, nella misura dell’80% dell’indennità lorda per ogni anno di mandato effettivo (o frazione non inferiore a sei mesi), con la nuova normativa verrebbe calcolato dividendo per 13,5 la retribuzione lorda annua e moltiplicando la cifra ottenuta per il numero degli anni di mandato. Infine, la trasparenza. Il testo messo a punto dalla Lombardi prevede che gli Uffici di presidenza delle due Camere assicurino la pubblicazione di tutte le indennità riconosciute al singolo parlamentare; del “numero dei giorni per i quali il membro del Parlamento è risultato presente alle sedute dell’Assemblea e delle Commissioni e ha ottenuto il riconoscimento del rimborso delle spese di soggiorno e di viaggio”; la “rendicontazione” di tutte le spese rimborsate (viaggio, soggiorno ed esercizio del mandato).

PRIVILEGI NEL MIRINO – “Il testo unificato ha fatto propri due principi che, sul trattamento economico dei Parlamentari, il M5S considera irrinunciabili – spiega a ilfattoquotidiano.it la relatrice Roberta Lombardi –. Primo: abbassare l’importo dell’indennità. Secondo: rendere più incisivi gli obblighi di trasparenza imponendo la rendicontazione su tutte le spese i cui rimborsi cessano di essere, come avviene con l’attuale disciplina, almeno in parte forfetari”. Altra questione, invece, concerne la concreta possibilità di arrivare all’approvazione della legge. “Quel che è certo è che noi non arretreremo di un centimetro – conclude la deputata del M5S –. E consideriamo già un successo aver rimesso al centro del dibattito parlamentare il tema dell’abolizione dei privilegi della Casta”.

domenica 3 giugno 2018

Germania, Merkel presenta riforma per l'Ue. Sui migranti Italia lasciata sola -



In un'intervista parla di sicurezza delle frontiere, migranti e politiche di asilo e dice: "Sono la vera questione esistenziale per l'Europa". Presentata, per la prima volta una proposta di riforma dell'Unione.

03 giugno 2018 La Cancelliera tedesca Angela Merkel fa il punto sull'Unione Europea e in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung parla di sicurezza delle frontiere, di migranti e politiche di asilo e dice: "Sono la vera questione esistenziale per l'Europa" affermando che serve unificare il sistema, e sottolineando che parte dell'insicurezza in Italia sia nata dalla solitudine nell'emergenza profughi. 

"Parte dell'insicurezza in Italia ha la sua origine proprio dal fatto che gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli, nel compito di accogliere così tanti migranti". La Cancelliera ha, inoltre, presentato per la prima volta la sua proposta di riforma dell'Unione europea in cui si prevede una quota di bilancio per gli  investimenti da diversi miliardi di euro per compensare le differenze fra le economie dei paesi della zona euro, una quota introdotta gradualmente e con una valutazione puntuale dei risultati, un fondo per il credito, e forze militari di intervento. 

Nell'intervista, la cancelliera non ha precisato se la quota destinata agli investimenti farà parte del normale bilancio dell'Ue o, come chiede il presidente francese Emmanuel Macron, sarà invece uno strumento in mano ai ministri delle Finanze dell'Eurozona.  Nella stessa intervista "La sicurezza delle frontiere, la politica di asilo comune e la lotta alle ragioni dell'esodo dei migranti sono la vera questione esistenziale per l'Europa". Lo dice Angela Merkel alla Fas, affermando che serve unificare il sistema, e sottolineando che parte dell'insicurezza in Italia sia nata dalla solitudine nell'emergenza profughi. 

"Parte dell'insicurezza in Italia ha la sua origine proprio dal fatto che gli italiani, dopo il crollo della Libia, si sono sentiti lasciati soli, nel compito di accogliere così tanti migranti". Secondo la cancelliera tedesca, il Fondo monetario europeo dovrebbe nascere dal Meccanismo di stabilità creato durante la crisi, che dovrà aiutare con crediti a breve i paesi in difficoltà, "in cambio di restrizioni naturalmente, in quantità limitata e con un rimborso completo". 

Quanto alla proposta per il bilancio Ue 2021-2027, Merkel sottolinea l'importanza di definirlo prima delle elezioni per il Parlamento Ue del 2019. 

La proposta di Angela Merkel, dovuta da tempo al presidente Macron, arriva a ridosso dell'insediamento del nuovo governo italiano Lega-M5S.  "Abbiamo bisogno di una maggiore convergenza economica fra paesi membri in seno alla zona euro", ha affermato Merkel, dicendosi "favorevole" a un bilancio per gli investimenti. Ma "la solidarietà fra partner della zona euro non dovrà mai portare a una unione dell'indebitamento", ha aggiunto. "Vogliamo renderci un po' più indipendenti dal Fmi. 

Se l'eurozona è in pericolo, deve poter erogare crediti di lungo periodo per aiutare i paesi", continua Merkel nell'intervista. "Si tratta di crediti della durata di 30 anni, collegati a riforme strutturali - precisa -. Inoltre posso immaginare una linea di credito che abbia una durata più breve, ad esempio 5 anni. Così si potrebbe andare in soccorso a Paesi che, per cause esterne, finiscono in difficoltà". In cambio, i paesi interessati devono accettare che tale Fondo abbia diritto di controllo e di intervento nelle politiche nazionali, come oggi il Fondo monetario impone misure di austerità in cambio dei prestiti. Il Fondo europeo avrà il compito di "valutare la solvibilità degli Stati membri" e l'uso di "strumenti adeguati" per "ripristinare" questa solvibilità, qualora non fosse assicurata. La cancelliera parla inoltre di un budget dell'eurozona per gli investimenti, che potrebbe ammontare ad una "somma miliardaria a due cifre", non è ancora chiaro, aggiunge accennando al lavoro in corso con Macron, se debba essere incluso nel budget Ue oppure no. Infine, Merkel ha nuovamente escluso "una Unione del debito" nella zona euro. 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Germania-Merkel-presenta-la-sua-proposta-di-riforma-per-Ue-45c1db25-54b0-4c74-bfbd-6a4d89e4b9e1.html

Cosa dice Standard and Poor’s del nuovo governo.

Cosa dice Standard and Poor’s del nuovo governo

"Manca ancora visibilità su strategia economica e fiscale"

Roma, 2 giu. (askanews) – Il nuovo governo M5S e Lega “non dovrebbe avere un effetto immediato” sul rating dell’Italia. Lo ha detto l’agenzia Standard and Poor’s, che sul nostro Paese ha un giudizio pari a BBB con outlook stabile. In una nota diffusa alla fine della giornata in cui il governo Conte ha giurato al Quirinale, gli esperti hanno spiegato di credere che sia “molto probabile” che il governo ottenga la fiducia del Parlamento la settima prossima. “Secondo noi, tuttavia, attualmente c’è una mancanza di visibilità sui dettagli della strategia del nuovo governo in termini di politica economica e fiscale”. Per l’agenzia, la strategia del governo “continuerà a essere l’elemento determinante della tenuta creditizia dell’Italia, specialmente in termini di approccio del governo alle finanze pubbliche (caratterizzate da un indebitamento del governo molto alto) e alle riforme economiche strutturali”.

In questo contesto, come spiegato nel rapporto del 27 aprile scorso con cui aveva confermato il suo rating per l’Italia, l’agenzia di rating ha ricordato che “l’attuale outlook stabile bilancia il potenziale per una crescita economica forte contro incertezze politiche persistenti e le loro implicazioni potenzialmente avverse per la performance economica e dei conti pubblici”.

Per il nostro Paese ci sarà una bocciatura se l’economia “rallenta notevolmente, portando la sua performance ancora una volta al di sotto dei rating di nazioni con livelli simili di sviluppo”. Un taglio del rating potrebbe scattare anche con uno stop del consolidamento fiscale, “specialmente se il nuovo governo abbandona la strada intrapresa del consolidamento o se ribalta le riforme strutturali”. Perché – è la tesi – il risultato sarebbe un indebolimento delle finanze pubbliche e delle prospettive economiche.
Fgl/Int2

Pazzo spread, cos’è successo ai rendimenti dei BTp negli ultimi giorni ? - Giuseppe Timpone

La crisi dello spread spiegata in breve e il paradosso di un'inversione a U dei rendimenti nell'ultima settimana. Che cosa è successo davvero?

La crisi dello spread spiegata in breve e il paradosso di un'inversione a U dei rendimenti nell'ultima settimana. Che cosa è successo davvero?

E’ stato complicato scrivere su spread e rendimenti italiani negli ultimi giorni. Nemmeno il tempo di completare un articolo, che i numeri su cui avevamo scritto sembravano avere perso di significato. Uno dei dati più clamorosi è stato offerto dai bond a 2 anni, esplosi dai rendimenti negativi a cui viaggiavano ancora fino alla metà di maggio fino al 2,43% di martedì, ovvero non solo ai massimi da oltre 5 anni e mezzo, ma pericolosamente vicini ai livelli decennali, che a loro volta si sono portati fino a un apice del 3,33%. Ieri, invece, a fine seduta risultavano crollati rispettivamente all’1% e al 2,77%. E lo spread BTp-Bund a 10 anni scendeva sotto i 240 punti base dagli oltre 303 bp di 3 sedute prima.
Cos’è accaduto di preciso? La narrazione di quanto abbiamo toccato con mano nei giorni scorsi ha del paradossale. Dalla metà di maggio, i rendimenti sovrani italiani iniziano velocemente a lievitare sulle preoccupazioni dei mercati per il contenuto del programma di governo tra Lega e Movimento 5 Stelle, il quale non solo contiene una lunga lista di misure costose per i conti pubblici e sprovviste di coperture, ma nella bozza iniziale contemplava persino l’ipotesi di richiesta di condono alla BCE dei 250 miliardi di euro di debito pubblico detenuto complessivamente tramite gli acquisti realizzati con il “quantitative easing”. Gli investitori vi hanno letto due cose in questa richiesta strampalata: la ricerca di una possibile ristrutturazione del debito tricolore e uno scontro senza precedenti tra Roma e Bruxelles, nonché con Francoforte.
Le vendite sono diventate ancora più copiose quando è emerso che il ministro dell’Economia proposto dal leader leghista Matteo Salvini fosse Paolo Savona, economista illustre, con un curriculum eccellente e di assoluto riguardo, ma che negli ultimi anni si è fatto una fama di “euro-scettico”, propugnando la dotazione di un piano B per l’uscita dall’euro dell’Italia come arma negoziale da utilizzare nei confronti della UE a trazione tedesca. Senza una via di uscita credibile, sostiene l’ex ministro del governo Ciampi e oggi agli Affari europei, nessuna possibilità reale di ottenere concessioni dall’Europa. I mercati hanno fatto due più due e iniziato a scontare che davvero il governo giallo-verde stesse preparando l’uscita dell’Italia dall’Eurozona.

Cosa è successo questa settimana?


Fin qui, la narrazione appare lineare. Non così sembra d’ora in avanti. Sì, perché nel drammatico fine settimana scorso, accade che il presidente Sergio Mattarella accetti tutta la squadra dei ministri presentata dal premier incaricato Giuseppe Conte, tranne proprio il nome di Savona, al fine di non scatenare paure ingiustificate sui mercati e per segnalare la nostra collocazione ferma in Europa. Lega e 5 Stelle non cedono, Conte è costretto a rinunciare all’incarico, Mattarella pronuncia un discorso accorato con il quale comunica agli italiani di volere preservare i loro risparmi e che nominerà premier una figura super partes, quella di Carlo Cottarelli, dirigente del Fondo Monetario Internazionale e noto con l’appellativo di “uomo-forbice” per la sua linea di tagli alla spesa pubblica. Tutto avviene a mercati chiusi.
Il dramma finanziario si consuma alla riapertura di lunedì 28 maggio, quando contrariamente alle attese, non solo gli investitori non tornano a comprare BTp, ma finiscono per venderli come non vi fosse più un domani. Il giorno seguente, si tocca con mano una situazione di vero panico, con i rendimenti schizzati ai livelli sopra indicati. Ma come, scampato il pericolo euro-scettico e con la prospettiva di un governo a guida fortemente rassicurante, la crisi di fiducia verso l’Italia precipita? Eppure è così, tanto che lo stesso Quirinale si trova costretto a mettere in stand-by il nuovo premier incaricato Cottarelli per riaprire clamorosamente le trattative tra Lega e 5 Stelle sul governo, senza Savona all’Economia. Il dirigente FMI non avrebbe goduto, infatti, di alcun voto di fiducia (il PD stesso annunciava l’astensione) e, anzi, avrebbe rischiato di ricevere in Parlamento 0 voti a favore, scatenando persino una crisi istituzionale, oltre che rendendo certe le elezioni anticipate. Così, i mercati iniziano a sperare nella nascita di un governo giallo-verde, lo stesso che fino al venerdì precedente sembrava loro la peste bubbonica. Il tentativo del presidente riesce e venerdì, quando Conte e i ministri giurano al Quirinale, in borsa è festa e lo spread crolla insieme ai nostri rendimenti sovrani.
Vi chiederete se non siamo dinnanzi a un caso di schizofrenia di massa. In realtà, quanto successo troverebbe spiegazione nella paura ancora più grande dei mercati che l’Italia potesse andare ad elezioni super-anticipate già da fine luglio, alle quali con ogni probabilità, sondaggi alla mano, Lega e M5S avrebbero trionfato conquistando fino ai due terzi dei seggi parlamentari, se si fossero presentati insieme. E anche separatamente, i loro consensi avrebbero toccato il 60% a una tornata, che agli occhi del mondo sarebbe stata vissuta come un referendum sulla permanenza dell’Italia nell’euro. Insomma, meglio tenersi il governo “populista” alle condizioni attuali, anziché rischiare di ritrovarsene uno molto più forte nei numeri tra qualche mese. E, dunque, per la stessa ragione per la quale i BTp crollavano fino alla settimana scorsa, adesso si rafforzano. Il mercato ragionano così: trovategli un’alternativa ancora peggiore e vedrete che inizierà ad apprezzare anche lo scenario che oggi ritiene essere il demonio. P.S.: Esiste una spiegazione “complottista” non suffragata da alcuna prova e che, pertanto, vi proponiamo a mò di storiella, ossia che la BCE avrebbe staccato la spina ai BTp con la prospettiva concreta di un governo giallo-verde, salvo tornare agli acquisti quando avrebbe temuto il precipitare dell’Italia verso elezioni anticipate.