venerdì 7 febbraio 2020

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo. - Antonio Padellaro

Iowa, Sardine e Renzi: la sinistra fa autogol nell’universo mondo

Stanco di soffrire a causa delle molteplici delusioni cagionategli dalla sinistra, l’autore di questo diario prova a lenire le pene ricorrendo all’atarassia che (trascrivo da Wikipedia) è il termine già usato da Democrito che designa “la perfetta pace dell’anima che nasce dalla liberazione dalle passioni”.
Gli autogol delle Sardine. Soltanto pochi giorni fa avevo (avevamo) gioito all’annuncio della vittoria dell’alleanza sinistra più Sardine in Emilia-Romagna (e goduto come ricci per la sconfitta di Matteo Salvini): oh giornate del nostro riscatto! Ma, tutti assorti nel novo destino, non potevamo presagire che di lì a poco ci saremmo ritrovati con le photo opportunity dai Benetton, con le successive, dolenti prese di distanza (Jasmine Cristallo), con le velenose autoespulsioni (Stephan Ogongo). E, più in generale, con una sindrome troppo banale per essere vera: il successo di quattro ragazzi che dà loro alla testa. Infatti il saggio dice: ci sono soltanto due uomini perfetti, uno è morto e l’altro non è mai nato. E dunque se le imperfezioni dei piccoli leader saranno perdonate, le prossime piazze saranno ancora piene. Altrimenti, resteranno desolatamente vuote. In tal caso ai ragazzi diremo grazie per quanto fatto. Poi, con qualche rimpianto, ce ne faremo una ragione.
Suicidi assistiti. Matteo Renzi che minaccia di affondare lo stop alla prescrizione (un tempo da lui auspicato) insieme al governo Conte è lo scorpione che nella favola di Esopo punge a morte la rana che lo sta portando in salvo (“È la mia natura!”). Pensavamo di averla fatta franca, che fallita la spallata salviniana in Emilia il governo si fosse messo al riparo, almeno per il tempo necessario a programmare qualcosa di utile per il Paese e a salvarci dall’uomo del mojito. Non è così. Ma se la “natura” renziana dovesse provocare un demenziale omicidio-suicidio (stando ai sondaggi alle successive elezioni Italia Viva partorirebbe Italia Morta) cosa mai potremmo farci noi persone di elementare buon senso? Nulla. Infatti il saggio dice: se c’è un rimedio perché te la prendi? E se non c’è un rimedio, perché te la prendi?
Disastro in Iowa. La figuraccia delle primarie dem negli Stati Uniti conferma che grande è la confusione sotto il cielo liberal dove troppi candidati si contendono la nomination, tutti però al momento troppo deboli per spuntarla su Donald Trump. Il quale prospera allegramente sugli errori dei rivali, soprattutto la sconsiderata procedura di impeachment che bocciata dal Senato accresce la fama del presidente invincibile. E amen.
Infatti dice il saggio: non sono le stelle troppo lontane, sono le scale per raggiungerle troppo corte.
E Brexit fu. Il nostro amore per l’Europa unita ci aveva fatto sperare che alla fine un rimedio sarebbe stato trovato per impedire che l’uscita della Gran Bretagna non desse un duro colpo alla solidità dell’Unione. Eravamo convinti che al momento opportuno Jeremy Corbyn avrebbe schierato il Partito laburista armi e bagagli a difesa del Remain. Purtroppo, davanti alla cinica determinazione di Boris “boria” Johnson, quella un tempo gloriosa sinistra ha dato di sé una grigia immagine di latitanza e inconcludenza. Infatti dice il saggio: colui che chiede è sciocco per cinque minuti, ma colui che non chiede rimane sciocco per sempre.
Vergogniamoci per lui. Di Oliviero Toscani abbiamo sempre apprezzato la genialità e la passione con cui ha sposato le cause dei più deboli e dei più discriminati. Ma la sua frase: “A chi interessa se casca un ponte?”, pronunciata a proposito della visita delle Sardine da Benetton, fa ribollire il sangue. Per i 43 morti di Genova e per la disumanità, speriamo involontaria, che esprime. In questo caso un rimedio esiste: chiedere scusa.
Con questi sommari esempi, il diario ha cercato di rendere il senso di inadeguatezza che troppo spesso promana da quella bandiera politica convinta di rappresentare, per definizione, la parte buona e giusta dell’universo mondo. Esauriti, tuttavia, fatalismo e rassegnazione per chi alle virtù della sinistra ci ha creduto e ci crede ancora, non resterebbe che il “metodo Ninetta”. Quella barzelletta cioè dove all’esame di casellante ferroviario si chiede al candidato cosa fare per evitare l’impatto tra due treni lanciati a folle velocità sullo stesso binario. Poiché ogni possibile rimedio viene bocciato dai commissari, il nostro chiama in causa Ninetta. E alla domanda chi sia risponde serafico: è mia moglie, la chiamo e le dico amore vieni a vedere che botto.

giovedì 6 febbraio 2020

Incidente Frecciarossa: morti due macchinisti. 31 feriti. Procura indaga per omicidio colposo plurimo: “Scambio era in posizione sbagliata.”

Incidente Frecciarossa: morti due macchinisti. 31 feriti. Procura indaga per omicidio colposo plurimo: “Scambio era in posizione sbagliata” (FOTO E VIDEO)

Le vittime sono Giuseppe Cicciù e Mario Di Cuonzo. Intorno alle 5.35 la motrice del treno Av 9595 è uscita dalle rotaie finendo prima contro un carrello e poi contro una palazzina delle ferrovie. Il prefetto: "Poteva essere una carneficina". Il procuratore Chiaro: il treno è "deragliato all’altezza di uno scambio che doveva essere posto in una certa posizione e così non era". Nella notte in quel punto erano stati fatti dei lavori di manutenzione, eseguiti internamente dai dipendenti di Rfi.

Due macchinisti sono morti e 31 persone – su 33 che erano a bordo – sono rimaste lievemente ferite nel deragliamento del treno Frecciarossa Av 9595 partito da Milano Centrale alle 5.10 e diretto a Salerno. L’incidente – il primo in 15 anni sulla linea dell’Alta velocità – è avvenuto intorno alle 5.35 a Ospedaletto Lodigiano, in aperta campagna a circa 30 chilometri da Piacenza. Il treno, arrivato a Milano Rogoredo alle 5:17, era ripartito alle 5:20. Le vittime sono Giuseppe Cicciù, 52enne nato a Reggio Calabria, e Mario Di Cuonzo, 59 anni, di Capua. I loro corpi sono stati sbalzati a circa 50 metri da dove è finita la corsa del treno. “I macchinisti li abbiamo trovati per terra, già deceduti. Il primo era vicino al fabbricato e l’altro a una cinquantina di metri”, ha detto Giuseppe Di Maria, comandante provinciale dei vigili del fuoco di Lodi. Come anticipato dalla ricostruzione del fattoquotidiano.it, il procuratore di Lodi, Domenico Chiaro, ha spiegato che il treno è “deragliato all’altezza di uno scambio che doveva essere posto in una certa posizione e così non era“. Scambio sul quale, nella notte, erano stati effettuati dei lavori di manutenzione, eseguiti internamente dai dipendenti di Rete ferroviaria italiana. La procura ha aperto un’inchiesta per disastro ferroviario, omicidio colposo plurimo e lesioni colpose plurime. Anche Ferrovie dello Stato, con Rfi, ha avviato un’indagine interna. La linea è stata sospesa e tutti i treni, in entrambe le direzioni, sono stati instradati sulla linea convenzionale Milano-Piacenza con ritardi fino a 60 minuti. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso cordoglio per “due nuove vittime del lavoro”, e spera si faccia presto luce sulla dinamica dell’incidente. I sindacati hanno definito l’incidente “inaccettabile” e proclamato uno sciopero di due ore per venerdì.

Le indagini sui lavori di manutenzione. – A rovesciarsi, oltre alla motrice, il primo vagone, mentre il resto del convoglio è rimasto pressoché intatto. “Poteva essere una carneficina”, ha detto il prefetto di Lodi Marcello Cardona. Sulla linea nella notte erano stati fatti dei lavori di manutenzione ordinaria ciclica: un tipo di intervento che viene fatto internamente dai dipendenti di Rete ferroviaria italiana. L’intervento è avvenuto proprio nel punto in cui è sviato il treno. Ilfattoquotidiano.it ha potuto documentare come alle 4.45, al termine dei lavori, sia arrivato il via libera alla circolazione. La prima ipotesi a farsi largo tra gli uomini della Polfer che indagano sul disastro riguardo uno scambio lasciato in “falsa posizione” proprio al termine dei lavori: un intervento non eseguito correttamente su un deviatoio oleodinamico. A confermare che le indagini vanno in questa direzione è stato lo stesso procuratore Chiaro in conferenza stampa: “Sapete che ci sono state attività di manutenzione in quel tratto, stiamo cercando di capire quali attività sono state svolte e che tipo di nesso ci sia tra questa attività e il verificarsi del disastro. Quel treno è il primo che passava dal luogo dove sono avvenute le attività di riparazione”.

“I lavori di manutenzione vengono fatti perché qualcosa si è rotto, se no non c’è motivo per essere lì alle 4 e mezza del mattino”, ha detto sempre il procuratore. “Se lo scambio fosse stato dritto per dritto – ha aggiunto Chiaro – il treno non sarebbe deragliato, non è difficile da capire. Non era nella posizione che doveva garantire la libera percorrenza del treno”, ha ribadito. Chiaro ha precisato che “era una parte dello scambio interessato dai lavori di manutenzione”. Quindi, si sta “verificando l’ipotesi dell’errore umano” legato ai lavori di manutenzione. Lavori che sono tutti registrati e annotati “in modo dettagliato”, ha aggiunto Chiaro. “Non so se è un servizio assegnato all’esterno, mi pare che fosse personale di Rfi“, ha precisato il procuratore di Lodi. Chiaro poi ha anche precisato che il locomotore “si è staccato dal resto del convoglio” che viaggiava “a 300 chilometri all’ora“. “Faremo le cose con la massima rapidità possibile e l’accertamento delle responsabilità in un Paese democratico si fa seguendo le regole“, ha concluso il procuratore.

La dinamica dell’incidente. – Secondo le forze dell’ordine la motrice del convoglio, dopo essere sviata dai binari per cause ancora da chiarire, sarebbe uscita completamente dalle rotaie finendo prima contro un carrello che si trovava su un binario parallelo, e poi contro una casa cantonale delle ferrovie, dove ha terminato la sua corsa, ribaltando anche la sua direzione, con la testa rivolta verso Nord (e non verso sud, direttrice del treno). La motrice è stata scagliata a una cinquantina di metri, dove ha sfiorato una postazione tecnologica, edificio che contiene gli apparati tecnici. Non appena è avvenuto il deragliamento del treno Frecciarossa sono scattati tutti i sistemi di sicurezza dell’alta velocità, bloccando i treni che stavano viaggiando in quel momento. I binari dell’alta velocità sono dotati di sensori di passaggio: nel caso non si liberino nel tempo previsto dal passaggio delle carrozze, inviano un segnale di allarme che automaticamente blocca il traffico. Ed è quando avvenuto questa mattina.

I feriti – A bordo del treno c’erano 33 persone. Era infatti il primo treno della giornata, meno affollato rispetto ai Frecciarossa che partono più tardi. Trentuno i feriti, che sono portati in ospedale: il più grave è un addetto alle pulizie che ha riportato fratture multiple al femore. Quattro sono stati ricoverati in codice giallo a Lodi (2), Cremona e Pavia, mentre 27 in codice verde negli ospedali di Lodi (8), Melegnano (4), Crema (3), Humanitas (3), Codogno (2), Piacenza (3) e Castel San Giovanni (4). Sul posto sono arrivate ambulanze, carabinieri, vigili del fuoco e il prefetto di Lodi Marcello Maria Orione Cardona che ai microfoni di SkyTg24 ha parlato di “mezzo miracolo” e ha ricordato che nel primo vagone c’era un passeggero, due nel secondo e uno nel terzo. “Un dato numerico che ha limitato la tragedia”, ha aggiunto, specificando che ”i soccorsi sono arrivati nei tempi giusti, tenendo conto che siamo in aperta campagna. I vigili del fuoco hanno fatto un lavoro straordinario“. Sul posto sono arrivati 100 soccorritori e due elicotteri del 118 attrezzati per il volo notturno provenienti da Brescia e da Como e con 12 ambulanze, alle quali se ne sono poi aggiunte altre. I due feriti in codice giallo sono stati trasportati a Cremona in elicottero e a Lodi, mentre gli altri feriti in codice verde sono stati portati negli ospedali vicini.

Digifema – Si chiama Digifema ed è la Direzione generale per le investigazioni ferroviarie e marittime del ministero delle Infrastrutture e Trasporti che ha l’obbligo di svolgere indagini a seguito di incidenti gravi per fornire raccomandazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza ferroviaria e alla prevenzione di incidenti. Nel settore ferroviario, tutti gli eventi sottoposti ad investigazione da parte della DigifeMa, nella sua qualità di Nib- National Investigation Body, sono soggetti ad obbligo di notifica di apertura indagine all’Agenzia Europea Ferroviaria (Era) con l’inserimento delle informazioni nella banca dati Erail (European Railway Accident Information Links).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/06/incidente-frecciarossa-morti-due-macchinisti-31-feriti-procura-indaga-per-omicidio-colposo-plurimo-scambio-era-in-posizione-sbagliata-foto-e-video/5697241/

Ecco a chi serve la prescrizione.



















Prescrizioni già ottenute da Berlusconi:
-1) Lodo Mondadori
Corruzione semplice.
- 2) All Iberian 1
Finanziamento illecito ai partiti.
- 3) Consolidato Fininvest
Falso in bilancio.
- 4) Bilanci Fininvest 1988-1992
Falso in bilancio e appropriazione indebita.
- 5) Processo Lentini
Falso in bilancio.
- 6) Corruzione dell'avvocato David Mills[1]
Presunta corruzione dell'avvocato David Mills per indurlo a compiere una falsa testimonianza nei processi All Iberian e -Arces.
- 7) Unipol
Rivelazione di segreto d'ufficio.
- 8) Corruzione del senatore De Gregorio
Concorso in corruzione.

Naturalmente, poichè ha altri svariati procedimenti ancora pendenti ed è in grado di pagare profumatamente molti azzeccagarbugli, ambisce a mantenere la prescrizione.
Inoltre, se l'unica condanna definitiva comminatagli riguardava frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita, tutti reati commessi contro le istituzioni del paese che dovrebbe difendere in parlamento, come mai non è stato interdetto definitivamente da ogni incarico pubblico?
Troppi gli interrogativi per i quali non avremo mai risposte riguardo questo tristo individuo, ma è la storia del nostro martoriato paese.
C.
PS. elenco prescrizioni - wikipedia

La mossa del cavallo… - Alessandro Robecchi

Spiazzante, sorprendente, imprevedibile. La mossa del cavallo, con quel suo balzo irregolare a forma di L, la possibilità di saltare gli avversari è, negli scacchi, a saperlo giocare, un vero colpo gobbo. Sarà anche il titolo del prossimo libro di Matteo Renzi, che presenterà entrambi (sia il libro che la mossa) durante un tour di cento tappe, in camper, che batterà le regioni in campagna elettorale. Come dire: siete avvertiti, poi non venite a lamentarvi.
Renzi non ci dice in cosa consista ‘sta famosa mossa a sorpresa, che, come ci tiene a precisare, “non è quella di agosto, ma la prossima”, quindi si capisce la popolazione mondiale con il fiato sospeso, i primi segnali di panico, la tensione, le mascherine a 300 euro il pacco. Devo dire la verità: mi aspetto di tutto, da Renzi, perché è l’unico politico italiano veramente palindromo, cioè leggibile sia da sinistra a destra che al contrario. Non c’è cosa che Renzi abbia detto negli ultimi due anni di cui non abbia detto l’esatto contrario prima. La prescrizione (che voleva abolire), la Brexit (che non ci sarebbe stata, fidatevi), il potere di veto dei “partitini”, contro cui oggi non tuona più, essendo partitino lui stesso, ed esercitando il suo potere di veto e di ricatto, fino all’annuncio di votare con l’opposizione contro la sua maggioranza.
Ora in attesa di vedere questa mossa annunciata che mischierà promozione editoriale, propaganda politica, comizi, camper e tutto il circo che si sa, siamo nel campo delle ipotesi, e una l’ha già fatta Brunetta: perché non immaginare una maggioranza di volenterosi con Salvini, Meloni, Silvio Buonanima e gli italiavivaisti? Sarebbe una buona mossa del cavallo (naturalmente smentita con sdegno, ma coi palindromi non si sa mai). In attesa che si disveli il mistero, portiamoci avanti col lavoro, e suggeriamo le prossime mosse a sorpresa dell’imprevedibile statista.
LA MOSSA DELL’OPOSSUM. Felicemente sperimentata in Emilia-Romagna, consiste nel fingersi morti durante la battaglia, poi alzarsi come se niente fosse e gioire della vittoria (oppure criticare i vinti per la sconfitta col ditino alzato). Potrebbe tornare di moda alle elezioni in Toscana, dove la popolazione, vedendo Renzi sulla scheda, potrebbe avere reazioni imprevedibili.
LA MOSSA XYLELLA. Sganciare Teresa Bellanova sulla Puglia con un attacco diretto al governatore Emiliano, come già annunciato, è una mossa dirompente. Riassumendo, avremmo una ministra che ha giurato da ministra col Pd, è passata a un altro partito dopo due minuti, e nemmeno un anno dopo contribuisce alla sconfitta di un candidato del Pd, suo alleato di governo. Consigliato: xamamina compresse.
LA MOSSA DI MACRON. Dimenticata e abbandonata da tempo, era una mossa interessante di quando Macron andava di moda e faceva fico sentirsi dire “Macron italiano”. Ora che il Macron vero sta messo maluccio con i suoi cittadini, la sua polizia che mena parecchio, anche i pompieri, e la stella pare offuscata, la mossa Macron non va più di moda, ma anche qui, non si sa mai.
LA MOSSA DI SATURNO. Ci sono momenti in cui, annoiato dal dibattito corrente, Matteo Renzi si lancia verso le stelle. Dice che qui ci si annoia, mentre tutto il mondo parla di intelligenza artificiale, futuro, ricerca ecc. ecc. Una mossa davvero dirompente per la politica italiana sarebbe l’intuizione che su Saturno Italia Viva sarebbe senza dubbio il primo partito, e dunque l’annuncio che si prepara una spedizione sarebbe politicamente coerente.
LA MOSSA TONY BLAIR. Un sempreverde. Quando festeggia per la sconfitta di qualche sinistra in giro per il mondo, ecco Renzi tessere le lodi di Tony Blair, che è un po’ come se uno si ostinasse a portare come esempio un re merovingio, o un antico condottiero delle fiabe nordiche. Un “se c’era lui…” che fa un po’ tenerezza, perché suona come un “Ci sarei anch’io”.

Vi toglieranno tutto. Anche l’anima. - Giuseppe Palma



Il capitalismo non è più borghese, col quale ciascuno poteva trattare. Fino agli Anni Novanta lo guardavi in faccia, sapevi con chi avevi a che fare. Era un capitalismo umano e tutti potevano ambire, attraverso il lavoro, a detenere le leve del capitale urbano (il cosiddetto ceto-medio).
Oggi il capitale è cosmopolita, senza volto. Non è più possibile trattare con chi lo detiene soprattutto per due motivi: 1) viaggia troppo velocemente ed è sovranazionale, quindi dei tuoi diritti non gliene frega nulla perché sono di ostacolo al contenimento dei prezzi, quindi alla competitività del servizio o del prodotto all’interno di un sistema globalizzato; 2) la deindustrializzazione (avvenuta per fare gli interessi stranieri) ha reso l’Italia un Paese di servizi, cioè con preminenza del settore terziario su quello industriale e agricolo. La maggior parte dei servizi sono ormai nelle mani di grosse multinazionali (capitalismo apolide e transnazionale) con le quali il capitalismo borghese – ammesso che esista ancora – non può più competere, quindi è evidente che i tuoi diritti fondamentali cedano il passo alle ambizioni di profitto senza freni.
A coadiuvare questo sistema le folli regole di bilancio della Ue (che costringono gli Stati a consegnare al capitale apolide i servizi che loro non possono più garantire a causa dei vincoli di bilancio) e il regime dei cambi fissi (l’euro), che scarica il peso della competitività su lavoro, salari e diritti. In tutto questo, la politica avrebbe dovuto fare da diga contro il dilagare degli indicibili scopi del capitale sovranazionale, soprattutto per tutelare i diritti fondamentali come lavoro, salari e salute. E invece ha abdicato, rendendosi la migliore alleata del capitale e il peggior nemico del popolo.
Ovviamente di tutto ciò non avete capito nulla, o peggio ancora vi rifiutate di capire, e continuate a strillare contro l’inesistente e aleatorio pericolo fascista oppure contro gli inconsistenti fantasmi del razzismo, puntando il dito – e la rabbia – verso questioni superflue o problemi del tutto secondari.
Mentre perdete il vostro tempo ad abbaiare contro il sovranismo (che del resto è una dottrina politica di pace per il ripristino della preminenza degli Stati nazionali sulle antidemocratiche strutture sovranazionali), il capitale transnazionale vi divorerà la dignità.
Vi toglieranno tutto. Anche l’anima.

A chi interessa se cascano i Benetton? - Tommaso Merlo



A nessuno. Se i Benetton fallissero domani mattina non fregherebbe nulla a nessuno. Anzi, ci sarebbero manifestazioni di giubilo per le strade di tutta Italia. I Benetton ormai sono il simbolo del lobbysmo avido e cinico che tanto male ha fatto al nostro paese. Sono l’emblema di potentati che grazie ad una politica stracciona e venduta, si è arricchito a dismisura sulle spalle dei poveri cristi. Sono state queste lobby a comandare in Italia per decenni. Comprandosi la politica e i media e quindi il consenso. La tragedia del ponte Morandi è solo uno dei tanti esempi di quello che genera quel sistema sostanzialmente mafioso in cui interessi egoistici s’impongono su quelli collettivi e perfino sulla legalità. Un sistema che ha prosperato anche grazie ad una etica pubblica da uomini delle caverne. Dopo mesi dal crollo del Morandi, ormai l’unica cosa che sorprende è la faccia tosta dei Benetton, è constatare che invece di vergognarsi e di sparire dalla circolazione, fanno ancora di tutto per non mollare l’osso delle concessioni e per rifarsi una verginità. Davvero impressionante. Glaciali. A momenti non chiedevano nemmeno scusa dopo il crollo e da subito si sono arroccati per difendersi. Scaricando le responsabilità su altri, sguinzagliando eserciti di avvocati, mandando lettere di supplica ai giornali e spingendosi perfino a strumentalizzare i quattro ragazzini delle sardine finiti penosamente nella loro rete. Come se i Benetton fossero certi che tra cavilli e prescrizioni tutto finirà legalmente in nulla, come se sapessero che l’Italia ha la memoria corta e se tengono duro ben presto “a nessuno interesserà più che sia cascato un ponte”.  Del resto in Italia ha sempre funzionato così. Del resto i sistemi culturalmente mafiosi funzionano così. Poveri cristi per strada a gridare e piangere i loro cari con qualche cartello in mano, Lorsignori a sguazzare nell’oro e nell’impunità e nei loro grotteschi sogni di gloria. Anche il comportamento dei vecchi partiti dopo il crollo è stato un classico. Dopo decine di morti, una politica sana avrebbe reagito compatta per cacciare a calci i Benetton ed invece in Italia sono iniziati i soliti distinguo e le palle in tribuna. A far reagire compatta la politica non sono serviti nemmeno gli scandali emersi dopo la tragedia, nemmeno il profondo sconcerto e dolore che ha attraversato il paese, nemmeno la semplice constatazione che il concessionario autostradale ha dimostrato di non essere in grado di svolgere adeguatamente un lavoro per cui si è arricchito vergognosamente. Mafiosità del sistema. Etica pubblica delle caverne e lo spietato egoismo che sta devastando il mondo. I Benetton sono una famiglia dal patrimonio miliardario. Si tratta di gente che problemi di soldi non ne avrà per generazioni. Gente che non sa neanche più come spenderli i soldi. E allora perché non si levano dai piedi? Perché? L’avidità non ha limiti ma le ragioni della loro agghiacciante resistenza devono essere più profonde. Hanno paura. Paura di vedere il loro impero di cartone finire in frantumi e con esso l’immagine che hanno di se stessi. Paura di scoprire il nulla che c’è dietro al loro patrimonio, al loro status, ai loro deliri esistenziali. Paura. Paura di dover ammettere di aver sbagliato e non solo a gestire quelle dannate autostrade ma a spendere la propria vita ad accumulare soldi e potere alimentando un disgustoso sistema. Paura di scoprire chi sono veramente e di finire per non piacersi affatto guardandosi allo specchio. Paura di rendersi conto che in Italia non frega niente a nessuno se cascano i Benetton. Anzi, ci sarebbero manifestazioni di giubilo per tutto il paese.

Milena Gabanelli - «Giustizia, ogni anno in fumo 130.000 processi. Cosa fare?» - 18/11/2018