lunedì 25 gennaio 2021

SOGNO O SON DESTO. - Rino Ingarozza

 

<<Stanotte ho fatto un sogno. Era da un po' che non sognavo più. È stato un sogno bellissimo, sembrava vero.

Ho sognato di vivere in un Paese dove tutto era normale. Nulla di eccezionale ma tutto, meravigliosamente, normale.
Ho sognato un Paese dove l'informazione era libera e non di "libero", dove i giornalisti erano pagati dai giornali e non da "il giornale". Che la RAI fosse "servizio pubblico" e non "a servizio". Una RAI dei Talk show degli incensurati e di gente perbene e non di condannati che ti dicono quello che si deve fare, di condannati per aver sperperato o, peggio, rubato soldi pubblici, che danno ricette su come spendere i soldi pubblici.
Ho sognato che i capi di partito e i politici tutti, non potevano fare gli editori.
Ho sognato un Paese dove i condannati erano in carcere e non in Parlamento. Dove chi frodava lo Stato veniva messo alla gogna mediatica, se non in galera, galera evitata, magari, per raggiunti limiti di età, in quanto ladro ai danni della collettività e non indicato come candidato a futuro Presidente della Repubblica.
Ho sognato che un partito che rubava dei soldi alla "Patria" non poteva candidarsi a guidare la "Patria" e non perché fosse vietato ma perché il popolo lo aveva cancellato dal panorama politico, con il voto.
Ho sognato una regione dello stivale (da Roma in giù), offesa e indicata come "il male di tutto", per decenni, che non credeva ad una redenzione truffaldina di un partito canaglia.
Ho sognato un Paese solidale verso i poveri. Ricchi imprenditori che facevano campagne di sensibilizzazione verso questo annoso problema e non imprenditori che fanno campagne di "togli a loro e dai a noi".
E anche l'intero mondo politico che si impegnava per lenire le loro sofferenze e non maledirli ad ogni intervista.
Ho sognato un Paese in cui il suo Presidente del consiglio veniva rispettato, in quanto rappresentante dell'Italia (insieme al Capo dello Stato) in Patria e all'estero e perché amato dalla maggior parte del popolo e non denigrato e additato come "criminale"
Ho sognato un Paese dove il Governo faceva le sue proposte e l'opposizione ne faceva delle altre e, nel caso in cui combaciassero, venivano votate da entrambi, senza votare contro, a prescindere. Sempre nel rispetto dei ruoli.
Ho sognato un paese che ripudiava il fascismo, non solo sulla carta ma anche nella sostanza. Che si sentisse offeso se ci fosse ancora qualche nostalgico. Nostalgico di una dittatura assassina, omofoba, razzista e perseguitrice di idee.
E, peggio ancora, non ripudiarlo e andare a braccetto con i nostalgici, perché, evidentemente, nostalgici anch'essi.
Ho sognato un Paese dove il popolo era disgustato da tutto ciò. Un popolo che si ribellava alle menzogne e all'ingiustizia.
Un popolo che sceglieva di vivere un sogno e non desiderasse di ritornare a vivere in un incubo.>>


Allarme Senato, pressing su Conte-ter e apertura a Iv. - Giovanni Innamorati

 

Boccia: 'Sì al confronto ma no ai ricatti'. Di Maio: 'Mercoledì voto sul governo'.


Come nelle partite di poker i giocatori alzano la posta per intimorire gli avversari, così in questa crisi di governo latente gli attori in campo drammatizzano lo scontro per spingere gli altri a cedere. La domenica si è infatti segnalata da una parte per la pressione su Conte a riaprire il dialogo con Iv, passando per le dimissioni al Quirinale; dall'altra Luigi Di Maio ha paventato il voto anticipato in caso di bocciatura mercoledì della relazione sulla giustizia del ministro Bonafede alle Camere, dando 48 ore di tempo ai "volenterosi" per uscire allo scoperto.

I potenziali responsabili sembrano resistere allo spauracchio delle urne ma la pressione su parlamentari di Iv e centristi resta forte e la tensione sembra alzarsi, nelle ore in cui Palazzo Chigi sceglie il silenzio.

A smuovere lo stallo in mattinata ci ha pensato il ministro Dem Francesco Boccia, uno dei più vicini a Conte, che lo ha invitato a riaprire il dialogo con Iv, rompendo quindi il mantra del "mai più con Renzi" finora ripetuto dai vertici del Pd. "In questa crisi irresponsabile aperta da Iv - sottolinea comunque il titolare degli Affari Regionali - non c'è alternativa a Conte Premier". Anche il capogruppo Dem alla Camera Graziano Delrio, che pure in Aula aveva attaccato Renzi, ha rivolto lo stesso invito a Conte, pur chiedendo al leader di Iv un "gesto" di ravvedimento, un "fatto" oltre alle parole ribadite in giornata da Ettore Rosato o Teresa Bellanova. Un gesto che potrebbe essere per esempio un voto non ostile su Bonafede.

Il problema, infatti, è che in vista del voto mercoledì sulla relazione del Guardasigilli, non si vedono nuove truppe che allarghino l'esiguo drappello dei "volenterosi" emerso la scorsa settimana, come ha confermato uno dei promotori dell'iniziativa, Bruno Tabacci, il quale suggerisce a Conte di rimettere il mandato al Quirinale, riaprire il dialogo con Iv in vista di un Conte ter. La risposta è arrivata da Luigi Di Maio, che ha prima posto un veto a Renzi ("tra Conte e Renzi, scegliamo Conte"); poi ha drammatizzato il voto di mercoledì ("non è un voto su Bonafede ma sul governo") e infine intimato ai potenziali "responsabili" di palesarsi entro 48 ore, cioè entro il voto di mercoledì, altrimenti si "scivolerebbe verso il voto". Le parole di Di Maio a "In mezz'ora" sono state smontate subito dopo da Pierferdinando Casini, anch'egli ospite di Lucia Annunziata: "Di Maio parla di elezioni sapendo che è una bugia", anche perché se dovesse cadere Conte "poi c'è sempre qualcun'altro" su cui si costruisce una maggioranza in Parlamento: ed ecco il "consiglio gratuito" del vecchio democristiano: Conte rimetta il mandato da Mattarella, riapra il dialogo con Renzi, ottenendo il reincarico. Anche Benedetto Della Vedova (+Europa), oggi all'opposizione, rivolge la stessa esortazione come premessa ad un allargamento della maggioranza in chiave europeista. E importanti senatori del Pd, come il capogruppo Andrea Marcucci, il suo vice Gianni Pittella, Dario Stefàno e Stefano Collina hanno palesato l'irritazione verso il muro contro muro di Conte.

In questo scenario Forza Italia, rientrata in gioco sabato con Silvio Berlusconi con la proposta di un governo istituzionale, scommette sul fatto che Conte non ascolti i consigli, venga in Aula per la conta, e la perda. "Conte è parte del problema e non la soluzione" dicono Andrea Cangini e Osvaldo Napoli. Quindi se il premier dovesse cadere si aprirebbero scenari graditi agli azzurri, come un governo Ursula o di unità nazionale. Di qui l'esortazione a tutti gli azzurri di Maria Stella Gelmini a serrare le fila: "tutti i veri garantisti votino 'no' a Bonafede": poi, morto un Papa se ne farà un altro.

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2021/01/24/allarme-senato-pressing-su-conte-ter-e-apertura-a-iv_8a789929-8c1f-4524-abb4-9ccdd3df0848.html

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

 

Nostradamus. “La seconda ondata di Coronavirus l’avevano prevista anche i tombini!” (Matteo Salvini, segretario Lega, Facebook, 18.1.2020). “Salvini: perché dovrebbe esserci una seconda ondata di Coronavirus?” (Salvini, Agi, scovato da @nonleggerlo, 25.6.2020). Quindi lui vale meno di un tombino.

Competenze. “Ora che Renzi è uscito dal governo, ci saranno le competenze per scrivere un piano come si deve?” (Corrado Formigli, Piazzapulita, La7, 14.1). Beh, in effetti, senza Bellanova, Bonetti e Scalfarotto, sarà durissima.

Quello che capisce. “Io conosco i 5Stelle da otto anni. Tra loro ci sono molte persone che stimo, penso siano persone che hanno la capacità di discernere: capiscono le cose come le capiamo noi, non c’è differenza” (Ettore Rosato, coordinatore Iv, Camera, 18.1). Infatti il Rosatellum non l’hanno votato, loro.

Quella che capisce. “Volevo rassicurare che sto benissimo e aspetto il secondo tempo. PS: non possono esistere opinioni al di là della sua” (Gaia Tortora, a proposito del sottoscritto che parla di Renzi medicato da lei, ma lei capisce lei medicata da Renzi, Twitter, 21.1). “Il 71% degli italiani è sotto il livello minimo di lettura e comprensione di un testo di media difficoltà scritto nella nostra lingua” (Tullio De Mauro, 28.11.2011). Aspettiamo il terzo tempo.

Quelli che capiscono. “La scienza e il tempo mi stanno dando ragione su tante cose che ho fatto. E molti lombardi hanno già capito. Nonostante quel che si è letto su di me sui giornali e sui social in questi mesi, quando ho lasciato sono stato letteralmente travolto dalla riconoscenza e dalla gratitudine di migliaia e migliaia di cittadini” (Giulio Gallera, FI, ex assessore alla Salute della Lombardia, Facebook, 18.1). Riconoscenti e grati perchè se ne andava. E se ne vanta pure.

Le affinità elettive. “Raggi ha licenziato 2 vicesindaci, 17 assessori, un capo di gabinetto, un Capo del personale, 6 tra alti dirigenti e dirigenti in Acea, 7 in Atac, 5 in Ama. Pochi mesi e potremo licenziare lei” (Carlo Calenda, eurodeputato Pd e leader Azione, Twitter, 23.1 ore 4). “Raggi in questi anni ha licenziato 2 vicesindaci, 17 assessori, un capo di gabinetto, un capo del personale, 6 tra alti dirigenti e dirigenti in Acea, 7 in Atac, 5 in Ama. Prepara gli scatoloni, a primavera la Lega e i romani ti manderanno a casa” (Matteo Salvini, segretario Lega, Twitter, 23.1 ore 4.47). Ma è Calenda che è entrato nella Lega o Salvini che è entrato in Azione?

Lerrore. “Non ammetterò mai di aver commesso un errore” (Attilio Fontana, Lega, presidente Lombardia, 23.1). Infatti l’ha commesso chi ti ha votato.

Rotelle. “Abbiamo comprato 460 milioni di banchi a rotelle che non servono a niente (Matteo Renzi, segretario Iv, Tg5, 4.1). “L’Italia ha buttato via 461 milioni di euro per i banchi a rotelle” (Renzi, Senato, 19.1). I banchi a seduta innovativa (“a rotelle”) acquistati dal commissario Arcuri su richiesta dei dirigenti scolastici sono 430 mila per un costo di 119 milioni, mentre gli altri 2,1 milioni di banchi tradizionali sono costati 206 milioni. Forza, Matteo, ce la puoi fare anche tu.

La quinta colonna. “No a veti su Renzi e Iv, ma la ‘grazia’ va conquistata” (Graziano Delrio, capogruppo Pd alla Camera, Avvenire, 23.1). Grazia, Graziella e grazie al Graziano.

La sesta. “Verifichiamo la maggioranza con Renzi. Non c’è solo Conte” (Marianna Madia, deputata Pd, 21.1). Giusto: c’è pure la Madia.

Pilastri. “Forza Italia è il partito che interpreta al meglio i valori liberali in cui credo, in particolare il tema della giustizia, pilastro della mia attività” (Veronica Giannone, deputata eletta nel M5S e passata a FI, 21.1). Valori bollati, si capisce.

Quelli che non capiscono/1. “La Travaglio Associati rimprovera il Pd per non aver dedicato troppe energie a quello che un tempo la Travaglio Associati avrebbe chiamato il ‘mercato delle vacche’…” (Claudio Cerasa, Foglio, 21.1). No, ragioniere, qui si parla di senatori eletti nel Pd che il mercato delle vacche l’hanno già fatto: quando sono passati a Italia viva.

Quelli che non capiscono/2. “Quando Travaglio fustigava chi cercava i ‘responsabili’” (Giornale, 23.1). No, chi li comprava.

Autobiografie. “Idee per giudicare i magistrati. Non ci credo che son tutti geni” (Nello Rossi, magistrato, Riformista, 21.1). Vedi lui, per esempio.

Import-escort. “Trump va in aereo con la sua escort… sua moglie” (Alan Friedman, Unomattina, Rai1, 21.1). Così impara, quel sessista di Trump.

Un fantasma per amico. “Battisti mi parla dall’Aldilà” (Mogol, Libero, 24.1). Ma, considerando che nell’Aldiquà non gli parlava, può pure darsi che Mogol mangi troppo pesante.

Il titolo della settimana/1. “Contrada, tortura eterna. Via il risarcimento per il carcere ingiusto. E non si capisce perchè” (Azzurra Barbuto, Libero, 22.1). Perchè il carcere era giustissimo.

Il titolo della settimana/2. “Nave senza nocchiero in gran tempesta…” (Claudia Fusani, Riformista, 20.1). “O patria mia, come cadesti o quando, da tanta altezza in così basso loco?” (Piero Sansonetti, Riformista, 21.19). Li portano via.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/25/ma-mi-faccia-il-piacere-216/6076889/

domenica 24 gennaio 2021

Cari responsabili, “che ve serve?” - Antonio Padellaro

 

“A Fra’, che te serve?”

Strano che nella filologia dei Costruttori, Responsabili, o Volenterosi che dir si voglia non sia stata rievocata, come merita, la luminosa figura di Franco Evangelisti. Poiché, se calato nella odierna temperie politica come talent scout di costruttori, responsabili, o volenterosi, il braccio destro di Giulio Andreotti (immortalato da Flavio Bucci nel “Divo” di Paolo Sorrentino con tanto di baffetti furbi) avrebbe surclassato, con rispetto parlando, qualsiasi Tabacci o Mastella. E anche perché, nella celebre intervista a Paolo Guzzanti nella quale ammetteva di avere ricevuto finanziamenti illeciti dall’imprenditore romano Gaetano Caltagirone, raccontò di come il facoltoso interlocutore, evidentemente ammaestrato dall’abitudine, lo salutasse in principio di ogni telefonata chiedendogli per l’appunto “A Fra’, che te serve?”.

Ora, ci rendiamo conto che l’accostamento tra l’appello a servire le istituzioni nella presente emergenza con il mercimonio all’ombra della Suburra possa risultare offensivo oltre che azzardato, però non fu proprio il Divo Giulio a dire che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca? A pensar male siamo stati tentati sovente in questi giorni di passione quando il percorso per rimpinguare la maggioranza resa macilenta dalla giravolta renziana è apparso più accidentato del previsto. Disseminato di esitazioni, ripensamenti, titubanze, tentennamenti, decisioni trascinate quasi fuori tempo massimo, come nel caso del tormentato Lillo Ciampolillo (sogno nel cassetto: un sottosegretariato all’Agricoltura). Vero è che per smuovere le coscienze il presidente del Consiglio ha fatto appello ai valori della più fulgida tradizione popolare, liberale e socialista oltre che ai comuni ideali europei. Nel gettare il cuore oltre l’ostacolo Giuseppe Conte non ha esitato a definire il senatore Riccardo Nencini “un fine intellettuale” (pur tralasciando un elogio del suo illustre antenato, il ciclista Gastone, trionfatore di un Giro e di un Tour). Così come ha dedicato parole cortesi al senatore (centrista?) Gaetano Quagliariello, prima del sofferto appello finale, quell’“aiutateci a ripartire e a rimarginare le ferite della crisi” rivolto a tutto il Parlamento.

Come sappiamo, il risultato non è stato travolgente e non prometteva niente di buono il viso lungo e mesto di Bruno Tabacci, colto venerdì sulla soglia di palazzo Chigi dopo l’ennesima infruttuosa “esplorazione”. Cosicché si è compreso che forse su questo scivoloso terreno il premier si muove con le migliori intenzioni ma non con il metodo più, diciamo così, redditizio. Infatti, l’opera di convincimento di costruttori, volonterosi eccetera comporta una grammatica sottostante che Clemente Mastella prova a illustrargli, vanamente. Quando, per esempio, in merito alla relazione sullo stato della Giustizia del ministro Bonafede, che mercoledì dovrà affrontare le forche caudine del Senato, ha riportato le perplessità (Responsabili, ci mancherebbe altro) della sua signora. A questo punto, però, onestamente ce lo vedete Conte che telefona alla senatrice Sandra Lonardo e le dice “a Sa’, che te serve?”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/24/cari-responsabili-che-ve-serve/6076353/

Bonafede: "Renzi? Vota no a relazione giustizia senza averla letta".

 

Il Guardasigilli all'Adnkronos: "Nel documento anche ciò che è stato fatto con Italia Viva".

“Non commento le parole del senatore Renzi, che ormai non perde occasione per parlare di me. Mi limito a osservare che, nonostante Renzi parli sempre di contenuti e di merito dei temi, ha preannunciato il voto contrario a una relazione che non ha ancora letto. Il paradosso, fra l’altro, è che la Relazione verterà anche su quello che è stato fatto dal governo in tema di giustizia nel 2020 insieme a Italia Viva”. Così il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, intercettato dall'Adnkronos in uno dei corridoi della Camera, poco prima che iniziasse il voto sullo scostamento di bilancio che è stato approvato con 523 sì, tre voti contrari e 2 astenuti.

Matteo Renzi ieri sera, subito dopo il voto del Senato sulle comunicazioni del premier Conte, aveva detto di sentirsi libero dal vincolo di maggioranza e aveva annunciato il no di Iv alla relazione sulla Giustizia, che andrà in Aula mercoledì prossimo, 27 gennaio.

https://m.adnkronos.com/bonafede-renzi-vota-no-a-relazione-giustizia-senza-averla-letta_2lS5jwM9EFHmKnBhDaKyXw?refresh_ce&fbclid=IwAR0ikwL6yslLgfX7JfJQjqmpNycuUWWGFNAsDUj5GxfPPmij7StnTKqpmE4

La cronologia dell’errore sulla zona rossa della Lombardia: i 9mila casi riclassificati, l’Rt che schizza, la ‘rettifica’ e le polemiche di Fontana. - Andrea Tundo

 

LA RICOSTRUZIONE - Ecco cosa è accaduto tra il 13 e il 23 gennaio, nei dieci giorni che hanno costretto 10 milioni di cittadini lombardi a restrizioni che, sulla base dei dati, avrebbero dovuto essere meno pesanti. Tutto ruota attorno a una riclassificazione dei casi, ma i vertici del Pirellone ora attaccano l'intero sistema dell'Iss: "Malfunzionamento dell'algoritmo, non c'è trasparenza". La risposta dell'Istituto: "Più volte segnalate anomalie nei loro dati". Brusaferro: "Polemiche non accettabili, siamo al servizio del Paese".

La storia della zona rossa che non lo era inizia il 13 gennaio. Ma a leggere tra le righe della polemica, il destino era già scritto da tempo: l’incidente costato una settimana di serrata generale per 10 milioni di lombardi, prima o poi sarebbe arrivato. Il 13 gennaio è un mercoledì, nelle ore successive dall’Istituto Superiore di Sanità inviano i dati del monitoraggio alle Regioni per ottenere il ‘check’ sui dati che determineranno la zona in cui finiranno i territori. Di fronte all’indice Rt a 1,4 i funzionari del Pirellone rispondono con un silenzio-assenso. Nessuna contestazione. Solo dopo, chiarisce il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, la “Lombardia ha richiesto un ricalcolo dei dati”. Così due giorni dopo, venerdì 15, il ministro della Salute Roberto Speranza firma l’ordinanza che sposta in in zona rossa per due settimane la regione più popolosa d’Italia, quella che secondo la neo-assessora al Welfare e vice-presidente Letizia Moratti deve avere un “occhio di riguardo” perché spinge il Pil italiano.

Il database inviato dalla Lombardia il 13 gennaio
La decisione viene presa sulla base dei numeri che da Palazzo Lombardia sono stati inviati a Roma: nel database caricato figurano 501.902 casi, di cui 419.362 hanno una data di inizio sintomi. Tra questi, scrive l’Istituto superiore di sanità, 185.292 hanno anche “segnalato uno stato sintomatico (qualunque gravità)” o questa informazione è “assente”. Negli altri 234.070 casi è stato dichiarato uno stato “asintomatico” o c’è una notifica di “guarigione-decesso senza indicazione di stato sintomatico” precedente. I primi (185.292) rispondono ai criteri per essere inclusi nel calcolo dell’Rt, i secondi (234.070) no. Tra i 185.292, al 13 gennaio, ci sono 14.180 casi con data inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre, quindi gli unici da considerare per il calcolo dell’Rt nel periodo di riferimento del monitoraggio. È sulla base di questi che l’indice risulta di 1,4 e la Lombardia finisce in zona rossa.

La reazione di Fontana e Moratti, dalla ‘punizione’ al Tar
La Regione si agita. Attilio Fontana dice subito che si tratta di una “punizione che non meritiamo” e che “c’è qualcosa che non funziona nei conti”. Appena quattro giorni prima, l’11 gennaio, il governatore aveva detto: “Ci stiamo sicuramente avvicinando alla zona rossa, peggiorano tutti i parametri”. Viene chiesta una sospensione della zona rossa per riesaminare i dati e annunciato un ricorso al Tar del Laziopoi presentato il 19 gennaio. “Mi auguro davvero – dice Fontana – che presto possa riunirsi di nuovo il tavolo di confronto con le regioni per rivedere, con il ministro Speranza, i parametri di riferimento”. Parametri che la Lombardia, come tutte le altre Regioni, ha avallato negli scorsi mesi. Quella del Pirellone è un’escalation di attacchi: “La Lombardia non merita la zona rossa. Indubbiamente il rischio per la regione è di fermarsi, di fermare il lavoro, le attività e la vita sociale. Per questo con il presidente Fontana abbiamo ritenuto di voler presentare un ricorso, per uscire dalla zona rossa”, dice Moratti nelle ore in cui vengono chiamati in causa i giudici amministrativi.

Il nuovo invio di dati: così crolla l’indice Rt
Il 20 gennaio la Regione Lombardia invia l’aggiornamento del suo database. Un’operazione di routine, che avviene tutte le settimane. Però, mette nero su bianco l’Iss, nel nuovo set di dati “si constata anche una rettifica dei dati relativi anche alla settimana 4-10 gennaio 2021″. Tra i casi presenti sia nel database inviato il 13 gennaio che nell’aggiornamento sono cambiate alcune cose. Innanzitutto: “I numero di casi in cui è indicata una data inizio sintomi è diminuita (da 419.362 a 414.487)”. Quindi: “Il numero di casi con una data inizio sintomi e in cui sia segnalato uno stato sintomatico (qualunque gravità) o sia assente questa informazione (inclusi dal calcolo Rt) è diminuito (da 185.292 a 167.638)”. Ancora: “Il numero di casi con una data inizio sintomi e in cui sia dichiarato uno stato asintomatico o vi sia notifica di guarigione-decesso senza indicazione di stato sintomatico precedente (esclusi dal calcolo Rt) è aumentato (da 234.070 a 246.849)”. Non si tratta di scostamenti di poco conto, perché scrivono dall’Istituto superiore di sanità “questi cambiamenti riducono in modo significativo il numero di casi che hanno i criteri per essere confermati come sintomatici e pertanto inclusi nel calcolo dell’Rt basato sulla data inizio sintomi dei soli casi sintomatici”. I 14.180 casi sintomatici con data inizio sintomi nel periodo 15-30 dicembre 2020 che erano presenti nel database inviato 13 gennaio – e quindi una settimana prima determinanti per definire un Rt di 1,4 – sono diventati 4.918 nell’aggiornamento del 20 gennaio. Con 9.262 casi in meno da conteggiare, l’indice ‘crolla’ a 0,88.

Lo spettro evocato dal Pirellone: “L’algoritmo non funziona”.
Si arriva così a venerdì, il giorno spartiacque. Il Tar fa slittare a lunedì 25 la pronuncia sulla sospensiva chiesta dalla Lombardia. Nel frattempo però la cabina di regia, riunita per riassegnare i colori alle Regioni, prende in esame anche il caso Lombardia. In teoria la regione dovrebbe rimanere nella stessa fascia per un’altra settimana, visto che il periodo di assegnazione dura 14 giorni. Ma alla luce del ricalcolo, il nodo deve essere sciolto. E arriva la decisione: l’indice Rt giusto è 0,88 e quindi torna in arancione. A riunione in corso, Fontana già attacca: “La Lombardia deve essere collocata in zona arancione – scrive su Twitter – Lo evidenziano i dati all’esame della Cabina di regia, ancora riunita. Abbiamo sempre fornito informazioni corrette. A Roma devono smetterla di calunniare la Lombardia per coprire le proprie mancanze”. L’accusa è gravissima, ma è solo l’inizio. Tra venerdì sera e sabato, i vertici del Pirellone alzano i toni. Moratti: “Nessuna rettifica, a seguito di un approfondimento relativo all’algoritmo dell’Iss, abbiamo inviato la rivalorizzazione dei dati”. Ancora Fontana: “Malfunzionamento dell’algoritmo”Sempre Fontana: “Problema con algoritmo che calcola Rt anche per altre regioni? Probabile ma non mi interessa”. La Lombardia avanza quindi l’ipotesi che l’intero sistema sul quale si basano le restrizioni sia ‘falsato’. Il direttore generale dell’assessorato al Welfare, Marco Trivelli, afferma: “Il meccanismo di calcolo complessivo delle Rt non è noto, non è trasparente”. Sostiene che l’inserimento di un valore nel campo ‘stato clinico’ (quello che ha contribuito a ridurre di 9.262 i casi da considerare ai fini del calcolo dell’indice Rt, ndr) sia “facoltativo” e che l’Iss abbia chiesto di “inserire un valore convenzionale di stato sintomatico”. E ancora: “Abbiamo trasmetto dati identici a quelli della settimana precedente con la sola integrazione di questo valore convenzionale indicato dall’Iss e abbiamo manifestato la nostra perplessità tecnica”.

La replica dell’Istituto: “Tutti sanno come si calcola l’Rt”
Speranza tiene il punto ribadendo che la Regione Lombardia ha “trasmesso dati errati” propedeutici al calcolo del Rt e li ha “successivamente rettificati”. Il riferimento è a quei 9.262 casi che per come erano stati classificati il 13 gennaio dai funzionari del Pirellone dovevano rientrare nel calcolo facendo schizzare l’indice Rt, mentre con la “rettifica” di una settimana erano da escludere dal conteggio. Ma il livello della polemica si è ormai alzato. Adombrare un “malfunzionamento” dell’algoritmo, una mancanza di trasparenza, spinge l’Istituto superiore di sanità a prendere posizione: “L’algoritmo è corretto, da aprile non è mai cambiato ed è uguale per tutte le Regioni che lo hanno utilizzato finora senza alcun problema – scrive l’Iss – Questo algoritmo e le modalità di calcolo dell’Rt sono state spiegate in dettaglio a tutti i referenti regionali perché lo potessero calcolare e potessero verificare da soli le stime che noi produciamo, ed è perciò accessibile a tutti”. Tradotto: la Regione è a conoscenza del meccanismo di calcolo, nessuna ombra. Quindi si torna al 13 gennaio, quando l’indice era risultato 1,44 sulla base dei dati forniti dalla Lombardia. Si tratta di un dato che, prima della firma delle ordinanze, viene inviato alle Regioni, chiarisce l’Istituto: “Lo ricevono con richiesta di verifica e validazione con un criterio esplicito di silenzio assenso”. E sottolinea: “La Regione Lombardia non ha finora mai contestato questa stima”.

E l’attacco: “Anomalie nei dati lombardi, segnalate più volte”
Quindi si entra nello specifico: “La Lombardia ha segnalato dall’inizio dell’epidemia nell’ultimo periodo una grande quantità di casi, significativamente maggiore di quella osservata in altre regioni, con una data di inizio sintomi a cui non ha associato uno stato clinico e che pertanto si è continuato a considerare inizialmente sintomatici”. Una “anomalia”, attacca l’Iss, “segnalata più volte” alla Regione. Quindi conclude: “Solo a seguito della rettifica del dato relativo alla data inizio sintomi e dello stato clinico dei casi già segnalati, avvenuta con il caricamento dati del 20 gennaio, con una corretta identificazione dei casi asintomatici da parte della Regione Lombardia, su loro richiesta, sono state ricalcolate le stime di Rt realizzate la settimana precedente”. In un’intervista a Repubblica, il presidente dell’Istituto, Silvio Brusaferro, è costretto a ribadire: “Sono stati loro a contattarci per chiedere di fare approfondimenti su alcuni indicatori. Gli abbiamo dato alcune informazioni assieme alla Fondazione Kessler”. Venerdì mattina, insiste Brusaferro, “hanno scritto una mail al ministero e all’Istituto per chiedere di ricalcolare l’Rt della settimana precedente. Ripeto: il ricalcolo ce lo ha chiesto la Regione Lombardia”. Le polemiche “non sono accettabili e non mi sono proprie – conclude il numero uno dell’Iss – L’Istituto è l’organo tecnico scientifico a servizio del servizio sanitario e dell’intero Paese”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/24/la-cronologia-dellerrore-sulla-zona-rossa-della-lombardia-i-9mila-casi-riclassificati-lrt-che-schizza-la-rettifica-e-le-polemiche-di-fontana/6076424/

Prescrizione e Bonafede: Renzi ci prova, ma rischia la scissione. - Giacomo Salvini

 

Lodo Annibali. Il 28 gennaio tornerà l’emendamento per lo stop alla riforma del guardasigilli: i ribelli renziani non sono d’accordo.

Il calendario, per il governo, non è stato fortunato. Non bastavano le dimissioni delle ministre di Italia Viva, la fiducia traballante al Senato (156 voti) e i “costruttori” che latitano. Il primo ostacolo del governo Conte senza i renziani è proprio sul tema che scatena da sempre gli appetiti delle opposizioni e di Matteo Renzi: la giustizia. E l’uno-due dei prossimi dieci giorni rischia di mettere ko il governo, tant’è che non si esclude l’ipotesi di un Conte ter prima di mercoledì. Quel giorno alla Camera e probabilmente giovedì al Senato si voterà sulla relazione del ministro Alfonso Bonafede sullo stato della Giustizia italiana e il 28 in commissione Affari Costituzionali a Montecitorio scade il termine per presentare emendamenti al dl Milleproroghe: qui il deputato di Azione Enrico Costa ripresenterà il “lodo Annibali” per fermare la norma sulla prescrizione introdotta con la legge Spazzacorrotti. I renziani non potranno non votarlo.

La relazione sullo stato della Giustizia di solito è una formalità: il Parlamento vota su risoluzioni a maggioranza semplice che vengono sempre approvate. Peccato che stavolta proprio contro Bonafede – tanto bistrattato da Renzi che avrebbe voluto sfiduciarlo già a maggio – potrebbe consumarsi la vendetta di Iv. Il ministro parlerà soprattutto di come spendere i 2,3 miliardi del Recovery Plan per assumere personale e snellire i processi, ma Luciano Nobili e il capogruppo al Senato Davide Faraone hanno già annunciato che il partito renziano voterà contro, insieme alla destra. Un voto tutto politico.

E, visto che anche i nuovi “responsabili” Riccardo Nencini, Sandra Lonardo (e forse l’ex berlusconiana Mariarosaria Rossi) in nome del “garantismo” potrebbero già disertare, il rischio che il governo vada sotto è concreto. Sfiduciare politicamente il ministro della Giustizia e capodelegazione del M5S avrebbe un effetto immediato: Conte salirebbe al Colle per dimettersi. Così è scattata la corsa contro il tempo per trovare “costruttori” che neutralizzino i renziani, ma non è detto che i giallorosa ci riescano. Rinviare la relazione non è possibile e anche l’idea di “rimettersi all’aula” (il governo non dà un parere per tenersi fuori dalla contesa) non sembra fattibile: il dato politico resterebbe. Intanto il voto al Senato potrebbe slittare a giovedì mattina: mercoledì alle 16 il ministro sarà alla Camera mentre il voto a Palazzo Madama dovrebbe tenersi qualche ora più tardi. La decisione spetterà alla conferenza dei capigruppo di martedì, dove Iv e la destra hanno la maggioranza.

Se alla Camera i numeri non sono un problema, al Senato sì: il governo si salverebbe solo nel caso in cui si materializzasse un cospicuo numero di responsabili o se i renziani decidessero di astenersi. In questo modo Renzi continuerebbe a trattare con il governo ma è un’ipotesi improbabile. Dal Pd sperano che appena il leader di Iv comunicherà il suo “no” a Bonafede, un gruppo di renziani potrebbe mollarlo: “Qualcosa da qui a mercoledì si muoverà” dice un pontiere dem.

Nel caso in cui il governo uscisse indenne dal voto di mercoledì, già giovedì si ripresenterebbe un altro ostacolo: alla Camera saranno presentati gli emendamenti del decreto Milleproroghe da convertire in legge entro l’1 marzo. E i renziani torneranno all’attacco sulla prescrizione: l’ex FI e passato con Calenda, Enrico Costa, ripresenterà il cosiddetto “lodo Annibali” (come la responsabile Giustizia di Iv Lucia Annibali) per spazzare via la riforma Bonafede entrata in vigore il 1° gennaio 2020 e rinviarla di un anno. I deputati renziani lo voteranno. L’emendamento era già stato presentato un anno fa nel Milleproroghe ma era stato bocciato: adesso, con l’uscita dal governo di Iv, in commissione Affari Costituzionali i giallorosa non hanno più la maggioranza.

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