“A Fra’, che te serve?”
Strano che nella filologia dei Costruttori, Responsabili, o Volenterosi che dir si voglia non sia stata rievocata, come merita, la luminosa figura di Franco Evangelisti. Poiché, se calato nella odierna temperie politica come talent scout di costruttori, responsabili, o volenterosi, il braccio destro di Giulio Andreotti (immortalato da Flavio Bucci nel “Divo” di Paolo Sorrentino con tanto di baffetti furbi) avrebbe surclassato, con rispetto parlando, qualsiasi Tabacci o Mastella. E anche perché, nella celebre intervista a Paolo Guzzanti nella quale ammetteva di avere ricevuto finanziamenti illeciti dall’imprenditore romano Gaetano Caltagirone, raccontò di come il facoltoso interlocutore, evidentemente ammaestrato dall’abitudine, lo salutasse in principio di ogni telefonata chiedendogli per l’appunto “A Fra’, che te serve?”.
Ora, ci rendiamo conto che l’accostamento tra l’appello a servire le istituzioni nella presente emergenza con il mercimonio all’ombra della Suburra possa risultare offensivo oltre che azzardato, però non fu proprio il Divo Giulio a dire che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca? A pensar male siamo stati tentati sovente in questi giorni di passione quando il percorso per rimpinguare la maggioranza resa macilenta dalla giravolta renziana è apparso più accidentato del previsto. Disseminato di esitazioni, ripensamenti, titubanze, tentennamenti, decisioni trascinate quasi fuori tempo massimo, come nel caso del tormentato Lillo Ciampolillo (sogno nel cassetto: un sottosegretariato all’Agricoltura). Vero è che per smuovere le coscienze il presidente del Consiglio ha fatto appello ai valori della più fulgida tradizione popolare, liberale e socialista oltre che ai comuni ideali europei. Nel gettare il cuore oltre l’ostacolo Giuseppe Conte non ha esitato a definire il senatore Riccardo Nencini “un fine intellettuale” (pur tralasciando un elogio del suo illustre antenato, il ciclista Gastone, trionfatore di un Giro e di un Tour). Così come ha dedicato parole cortesi al senatore (centrista?) Gaetano Quagliariello, prima del sofferto appello finale, quell’“aiutateci a ripartire e a rimarginare le ferite della crisi” rivolto a tutto il Parlamento.
Come sappiamo, il risultato non è stato travolgente e non prometteva niente di buono il viso lungo e mesto di Bruno Tabacci, colto venerdì sulla soglia di palazzo Chigi dopo l’ennesima infruttuosa “esplorazione”. Cosicché si è compreso che forse su questo scivoloso terreno il premier si muove con le migliori intenzioni ma non con il metodo più, diciamo così, redditizio. Infatti, l’opera di convincimento di costruttori, volonterosi eccetera comporta una grammatica sottostante che Clemente Mastella prova a illustrargli, vanamente. Quando, per esempio, in merito alla relazione sullo stato della Giustizia del ministro Bonafede, che mercoledì dovrà affrontare le forche caudine del Senato, ha riportato le perplessità (Responsabili, ci mancherebbe altro) della sua signora. A questo punto, però, onestamente ce lo vedete Conte che telefona alla senatrice Sandra Lonardo e le dice “a Sa’, che te serve?”.
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