domenica 25 agosto 2024

“Guardare all’Africa permette all’Italia di diventare hub energetico del Mediterraneo”. Parla il prof. Giuliano Frosini (Luiss)

 

La sicurezza energetica nazionale si costruisce attraverso un mix energetico che comprenda fonti tradizionali, rinnovabili e nucleare. Intervista al prof. Giuliano Frosini (Luiss)


La sicurezza energetica nazionale può essere osteggiata da numerosi fattori geopolitici, ambientali ed economici. Il recente conflitto tra Russia e Ucraina ha dimostrato quanto possa essere pericoloso affidare il proprio approvvigionamento energetico a un solo fornitore. Il rischio è quello di dover ricalibrare, in tutta fretta, il proprio mix energetico e di ritrovarsi a pagare un prezzo troppo alto. Delle alternative e delle soluzioni a queste problematiche ne abbiamo parlato, al Meeting di Rimini, con Giuliano Frosini, docente dell’Università Luiss.


La guerra tra Russia e Ucraina ha imposto al nostro paese di rivedere la propria politica di approvvigionamento energetico in generale e di gas in particolare. Quanto è cambiato il quadro dal 2022 a oggi?

Le guerre, così come le tensioni geopolitiche, generano dei problemi nell’approvvigionamento energetico e alla sicurezza energetica. La guerra russo – ucraina e le tensioni mediorientali hanno creato proprio queste difficoltà. In questi casi si corre ai ripari soprattutto per due motivi: tenere la luce accesa nelle case e non caricare troppo la bolletta dei consumatori. Per ottenere questi risultati si usano delle contromisure. Il Governo Draghi nel 2022 inserì un cap al prezzo del gas, che è servito soprattutto come deterrenza per i mercati impazziti. Ricordiamo che, a un certo punto, il prezzo per kilowattora nell’agosto del 2022 era arrivato a 140 euro quando normalmente è meno della metà.

Questo cap non è mai stato utilizzato ma è servito perché i mercati si sono tranquillizzati e siamo tornati a una situazione di normalità. I governi che si sono succeduti, anche quello attuale, hanno pensato di introdurre delle ulteriori contromisure, la più importante delle quali è di natura strategica, cioè trovare delle vie alternative. Oggi possiamo parlare dell’Italia come hub energetico del Mediterraneo perché si guarda molto all’Africa, un grande mercato da cui possiamo acquistare gas ma anche energia elettrica prodotta a costi più bassi sulle coste del Maghreb, della Tunisia e dell’Algeria. Affinché questo avvenga dobbiamo essere noi a realizzare delle grandi infrastrutture cosa che impegna le politiche energetiche dei nostri grandi TSO italiani, Snam e Terna, che fanno un lavoro egregio da tanti anni. Ora, però, sono chiamati a un supplemento di investimento per realizzare queste grandi infrastrutture che possano metterci al sicuro. 

I paesi dell’area del Mediterraneo non sono, però, famosi per la stabilità. La relazione di scambio commerciale con il nostro paese può supportare quelle aree nel raggiungere una maggiore stabilità?

Sì, la realizzazione di grandi investimenti in quelle aree, sulla costa mediterranea ma anche nella fascia a ridosso dell’area sahariana, può aiutare quei paesi a trovare stabilità. Non ho una idea chiara di come sarà realizzato il Piano Mattei ma sono convinto che si possano fare delle sperimentazioni. Per esempio, se parliamo di Terna e di Snam, i costi delle grandi infrastrutture di collegamento possono essere messi a beneficio della tariffa energetica degli italiani. La prospettiva è che l’opera infrastrutturale la pagano i consumatori italiani a patto che, nel tempo, il consumatore paghi meno la risorsa energetica. Questi sono investimenti da centinaia di milioni di euro che possono rappresentare una fonte di sviluppo e di stabilizzazione di alcune aree. Si tratta soprattutto di una stabilità regolatoria.


Le energie rinnovabili permettono di ridurre la dipendenza delle importazioni di fonti fossili. Tuttavia, la diffusione delle rinnovabili è rallentata da diversi problemi, tra questi anche le procedure burocratiche. Crede che siano stati fatti dei passi in avanti?

Penso di sì. Però credo che questa materia sia trasversale rispetto al decisore pubblico espresso dalla rappresentanza politica. Cioè è un dato di fatto che il sistema energetico italiano è un buon sistema, rappresenta un’eccellenza nel panorama europeo e questo grazie anche a un’ottima regolazione. Le questioni burocratiche sono soprattutto le difficoltà autorizzative e le difficoltà nel realizzare i collegamenti. Però, nel corso del tempo abbiamo alloggiato una grande capacità green, il passo in avanti è notevole. Bisogna fare ancora e fare meglio, sburocratizzare ma anche convincere i territori che le strutture che producono energie rinnovabili possono essere relativamente poco impattanti e portare notevoli benefici.

Le energie rinnovabili richiedono tecnologie che necessitano di materie prime critiche e terre rare. Questo è un altro aspetto problematico.

Per realizzare queste strutture intelligenti ci vogliono materie prime critiche e terre rare che non sono nelle nostre immediate disponibilità. Quindi bisogna approvvigionarsi in mercati lontani e costosi. Cosa bisogna fare? Bisogna individuare la prospettiva di approvvigionamento nell’ambito della catena del valore di questi materiali, perché solo i paesi che saranno in grado di agganciare queste novità beneficeranno delle rinnovabili. Viceversa, il rischio è di pagare un costo molto più alto. 

Nel nuovo Pniec trova spazio per la prima volta il nucleare, quale contributo potrà dare alla sicurezza energetica nazionale in futuro? Anche in relazione alle sfide europee di riduzione della CO2.

Gli obiettivi europei sono sfide molto aggressive, se davvero vogliamo pensare di agganciarli al 2030 e al 2050 anche il nucleare può fare la sua parte. La questione è tecnica: abbiamo la possibilità di utilizzare una miscela di fonti tradizionali, come il gas, le rinnovabili e, se il nostro paese deciderà, il nucleare. Quest’ultimo è come un diesel, una volta avviato va per conto suo. Quindi il nucleare può rappresentare una baseline di produzione, le fonti alternative possono rappresentare la riserva. L’esempio arriva dalla Francia che è costretta a venderci energia nucleare a prezzo negativo perché altrimenti non saprebbe cosa farci. Dunque, secondo me può essere una strada. Non siamo più in una situazione in cui possiamo far guidare il nostro agire solo dagli obiettivi di transizione energetico – climatico, che sono importantissimi e vanno perseguiti con forza, dobbiamo però cercare di tenere aperte più strade, in modo che queste, adeguatamente miscelate, possano rappresentare una sicurezza per il nostro sistema di approvvigionamento energetico.


https://energiaoltre.it/guardare-allafrica-permette-allitalia-di-diventare-hub-energetico-del-mediterraneo-parla-il-prof-giuliano-frosini-luiss/

venerdì 23 agosto 2024

Viaggio nel passato: esplorazione di fossili di crinoidi risalenti a 280 milioni di anni fa nell'Australia Occidentale. - Hasan Jasim

 

I fossili sono finestre sul lontano passato, che ci offrono scorci di creature antiche e degli ecosistemi in cui un tempo prosperavano. Un esempio affascinante è il fossile di crinoide Jimbacrinus, un esemplare ben conservato del periodo Permiano, risalente a 280 milioni di anni fa.

Trovato a Gascoyne Junction, nell'Australia Occidentale, questo fossile di crinoide Jimbacrinus è un ritrovamento raro e notevole. I crinoidi, noti anche come gigli di mare, sono animali marini che assomigliano alle piante, con lunghi steli e braccia piumate che usano per catturare il cibo dall'acqua. Il crinoide Jimbacrinus è una specie ormai estinta, ma i suoi resti fossilizzati ci forniscono preziose informazioni sulla sua morfologia e sul suo comportamento.

Questo particolare fossile è così ben conservato che i suoi delicati tratti sono ancora chiaramente visibili. Lo stelo, che un tempo era attaccato al fondale marino, è lungo circa 30 centimetri e ha un aspetto caratteristico e contorto. In cima allo stelo, le braccia del crinoide sono disposte in uno schema circolare, che gli conferisce l'aspetto di un fiore.

Gli scienziati ritengono che il crinoide Jimbacrinus vivesse in mari poco profondi e si nutrisse di plancton e piccole creature marine. La sua caratteristica forma a spirale, che si pensa lo abbia aiutato a catturare il cibo in modo più efficiente, è una testimonianza dei notevoli adattamenti che hanno permesso a queste creature di prosperare nel loro ambiente.

Oltre al suo valore scientifico, il fossile di crinoide Jimbacrinus è anche una cosa di bellezza. I suoi tratti delicati e i suoi intricati motivi offrono uno scorcio dell'arte naturale creata da milioni di anni di evoluzione. Per gli appassionati di fossili e per i naturalisti, questo esemplare è una vera meraviglia.

In conclusione, il fossile di crinoide Jimbacrinus è una scoperta affascinante e preziosa, che ci offre uno scorcio della ricca storia del nostro pianeta. Le sue caratteristiche ben conservate ci consentono di saperne di più sulla morfologia e sul comportamento di queste antiche creature e di apprezzare l'intricata bellezza del mondo naturale. Mentre continuiamo a esplorare e scoprire i segreti del passato, possiamo solo immaginare quali altre meraviglie aspettano di essere scoperte.

https://hasanjasim.online/journey-to-the-past-exploration-of-280-million-year-old-crinoid-fossils-in-western-australia/

giovedì 22 agosto 2024

Quello Che Una Telecamera Ha Catturato In Russia Ha Scioccato Il Mondo.



Suppongo che tutto ciò che riguarda la natura sia probabile; per quanto riguarda le teorie menzionate, non credo di essere in grado di commentarle, essendo poco esperta in materia.
cetta

Yakhchal o "Pozzo di ghiaccio" nel deserto. - Iran

 

Creazione del ghiaccio durante l'Impero persiano in mezzo al deserto: lo Yakhchal o "Pozzo di ghiaccio" è un metodo architettonico usato per produrre ghiaccio e conservare il cibo. I Persiani stavano già facendo tonnellate di ghiaccio e cibo congelato nel deserto 2.400 anni fa.
1- Progettazione della struttura: lo Yakchal aveva una forma a cupola con pareti spesse realizzate in mattoni e argilla. Questa costruzione ha aiutato a mantenere una temperatura fresca all'interno del caveau.
2- Raccolta dell'acqua: durante l'inverno, l'acqua veniva raccolta dai fiumi o dalla neve sciolta in montagna. Quest'acqua era diretta verso lo Yakchal attraverso i canali.
3- Processo di congelamento: l'acqua era distribuita in piccoli stagni o piscine all'interno della volta. Durante la notte e nelle ore più fredde del giorno, l'acqua si gela a causa delle basse temperature del deserto di notte.
4- Deposito del ghiaccio: una volta congelato, il ghiaccio è stato tagliato in blocchi e conservato nella parte più bassa dello Yakchal, dove la temperatura era più fredda. La forma a cupola e l'isolamento naturale delle pareti hanno aiutato a mantenere il ghiaccio congelato per molti mesi.
5- Uso successivo: durante l'estate, il ghiaccio conservato veniva usato per raffreddare le bevande, conservare il cibo o anche per scopi medici, se necessario. In breve, lo Yakchal ha sfruttato il freddo naturale delle notti nel deserto per creare e preservare il ghiaccio, utilizzando semplici ma efficaci tecniche di conservazione e isolamento termico.

martedì 20 agosto 2024

Il film “Arrival” lancia un messaggio importante. - Sergio Tracchi

 

Ieri sera mi sono riguardato il film “Arrival” dopo averlo visto qualche anno fa al cinema. Devo dire che il film mi è piaciuto molto ed ho deciso di scrivere un breve articolo.

Con “Arrival“, il regista Denis Villeneuve ci racconta una fantascienza da un altro punto di vista, dove lo scorrere del tempo e le emozioni sono più importanti della tecnologia e degli extraterrestri.
“Arrival”, non è il classico film che narra di un’invasione aliena in stile “Indipendence Day” o la “Guerra dei Mondi” cioè fatta di distruzione e morte.

Non ci sono navi spaziali in cui viene spesso evidenziata la super tecnologia aliena, le super armi, i movimenti di navi spaziali ad altissima velocità. Qui parliamo di navi spaziali a forma di “guscio”, dove all’interno non vediamo nessun tipo di strumentazione iper-tecnologica, non vediamo monitor, non vediamo armi.

“Arrival” comunque ci metterà in contatto con le nostre paure non solo quelle che arrivano dallo spazio, dove lo stato di ansia di tutti governi del mondo è più che giustificata, ma le paure che vivono all’interno di noi stessi.
Non voglio raccontarvi la trama del film, lo svolgersi del film ma voglio raccontarvi cosa il film trasmette.
Il film trasmette emozioni, in uno scenario ambientato nel presente nella nostra vita quotidiana.

In una vita che va veloce dove regna anche un po di malinconia perfettamente interpretata dalla splendida protagonista Amy Adams.

L’arrivo degli alieni con le loro navi spaziali che vanno a posizionarsi nelle varie località del mondo rompe la routine quotidiana. Tutto cambia c’è vita la fuori ora ci sono prove palpabili. All’interno ci sono esseri viventi intelligenti, gli Eptapodi, che con il loro linguaggio a “cerchi” sono qua sulla terra per comunicarci qualcosa.
Il film nel suo svolgimento regala emozioni, lo studio scientifico e letterario del loro linguaggio metterà in prima linea uno scienziato e un’insegnante di lingue.


Diciamo unisce scienza e filosofia dove l’uno ha bisogno dell’altro per l’interpretazione del loro linguaggio.
Il loro linguaggio a cerchi, può rappresentare il cerchio della vita oppure il classico cerchio zen della dualità.
Il regista racchiude lo spazio tempo, come se passato presente e futuro esistessero nello stesso momento proprio come l’articolo che ioRolando Cimicchi e Massimo Fratini (purtroppo deceduto di recente) abbiamo scritto qualche anno fa. (LINK)
Gli Eptapodi non si sa da dove arrivino, ma più che il dove non si capisce dal “quando” dal tempo in cui arrivano.
Sono qua per aiutarci, per aiutare l’umanità a non soccombere a se stessa. Magistrale l’interpretazione di Amy Adams, che con le sue percezioni temporali riesce a vedere il presente ed il futuro.
Tutto si svolge nel quotidiano, dove noi esseri umani in base a degli eventi che ci capitano siamo portati ad amare o ad odiare ciò che ci circonda, le persone e a volte noi stessi.

La perdita di una persona a noi molto cara e molto importante ci può isolare e distruggere. L’abitudine di averla accanto e di viverci insieme e tutto ad un tratto questa persona scompare strappata dalla vita da un evento distruttivo come può essere una malattia o un incidente provoca in noi un senso di impotenza e solitudine.
“Arrival” ci porta a questo a vedere il tempo non in maniera lineare, ma di vivere ogni istante della vita con le persone amate in maniera armoniosa e di amore perchè ogni istante è importante…perchè in un solo momento tutto può finire.

Ci insegna a vivere d’amore e non di guerre, un pò come il popolo dei Navi nel film Avatar.
“Arrival” eleva le nostre frequenze e vibrazioni ad uno stato di coscienza che se raggiungessimo tutti risolverebbe ogni problema sul nostro pianeta.
“Arrival” ci parla del linguaggio dell’universo, la cui unica lingua che mette in contatto ogni essere vivente di questo cosmo infinito è il sentimento dell’amore perfettamente interpretato da Amy Adams.
Secondo il mio punto di vista è un film da vedere assolutamente, un film da vedere con il cuore.

https://www.hackthematrix.it/film-arrival-lancia-un-messaggio-importante/

𝗗𝗔 𝗤𝗨𝗔𝗟𝗘 𝗣𝗢𝗣𝗢𝗟𝗢 𝗩𝗘𝗡𝗡𝗘𝗥𝗢 𝗜𝗡𝗖𝗜𝗦𝗘 𝗤𝗨𝗘𝗦𝗧𝗘 𝟭𝟱 𝗠𝗜𝗟𝗔 𝗢𝗣𝗘𝗥𝗘 𝗗'𝗔𝗥𝗧𝗘 𝗥𝗨𝗣𝗘𝗦𝗧𝗥𝗘 𝗖𝗛𝗘 𝗥𝗔𝗖𝗖𝗢𝗡𝗧𝗔𝗡𝗢 𝗜𝗟 𝗣𝗔𝗦𝗦𝗔𝗧𝗢 𝗥𝗘𝗠𝗢𝗧𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗦𝗔𝗛𝗔𝗥𝗔?

 

Il Sahara algerino abbraccia un vastissimo altopiano chiamato Tassili N'Ajjer (che significa in Tamazight "Altopiano dei fiumi"), nella provincia di Elizi, che copre un'area di 72.000 chilometri quadrati.
Nel cuore di questo altopiano mozzafiato, si trova una foresta di rocce il cui strano paesaggio lunare con la sua arenaria erosa risale all'era preistorica.
Questa è la Città di #Sifar, l'ottava meraviglia del mondo, considerata anche la più grande città fossilizzata del mondo, un vero e proprio 'museo a cielo aperto'' per la presenza di oltre 5000 case cavernose e 15000 pitture rupestri, incisioni e disegni risalenti a 20.000 anni fa.
Queste pitture rupestri testimoniano i cambiamenti avvenuti nel corso dei periodi ( almeno 10mila anni) e delle fasi climatiche. Si tratta del più grande sito troglodita del mondo, un'immensa ''Cappella Sistina'' nel cuore del Sahara.
Il Tassili N’Ajjer è una delle più importanti pinacoteche a cielo aperto del mondo, serbatoio di iconografie preziose che raccontano la storia dell’evoluzione umana, della flora e della fauna, della geologia del Sahara. Ci parlano di quando il deserto era una vasta regione fertile abitata da animali selvatici, quali giraffe, leoni, bufali dalle corna giganti, rinoceronti, elefanti ed ippopotami, puntualmente ritratti nei graffiti e nelle pitture più antiche; ci informano sulle prime società organizzate, tramite scene rituali e di vita quotidiana, di allevamento, caccia e agricoltura; ci offrono le prime cronache di guerra, di uomini armati a cavallo e infine ci confermano dell’inesorabile e irreversibile avanzata del deserto, nelle raffigurazioni del solo animale in grado di sopportare l’aridità, il cammello.
Nonostante il grande numero di opere trovate dai ricercatori, sebbene rappresentino uno squarcio sulla vita degli antichi popoli del Sahara, molte domande rimangono ancora aperte su chi abbia realizzato le incisioni e i dipinti di Tassili n’Ajjer e cosa rappresentino veramente...

lunedì 19 agosto 2024

LE ANTICHE PIRAMIDI NUBIANE DIMENTICATE DI MEROE | SUDAN.

 

Sebbene siano meno famose delle grandi piramidi di Giza, in Egitto, e più piccole rispetto ai loro cugini egiziani, le piramidi nubiane non sono meno notevoli. Queste strutture furono costruite circa 2500 anni fa, molto tempo dopo che gli egiziani avevano smesso di seppellire i loro faraoni in enormi tombe, una pratica che li aveva quasi portati alla bancarotta. I re di Nubia, tuttavia, furono chiaramente affascinati da queste strutture gigantesche e cercarono di imitarle.
Il Regno di Kush fiorì per circa 900 anni, dall'800 a.C. fino al 280 d.C., esercitando il suo potere su un vasto territorio che si estendeva su gran parte del delta del Nilo fino a sud, a Khartum. Meroe fu la capitale nelle fasi finali dell'impero. Qui, nella loro città capitale, i nubiani costruirono circa 80 piramidi, ridotte nelle dimensioni, sopra le tombe di re e regine del regno kushita.
Queste piramidi variano in altezza dai 6 metri ai 30 metri e si ergono su basi piuttosto piccole, che raramente superano i 7,6 metri, conferendo ai lati delle piramidi angoli molto ripidi. Una delle piramidi più grandi, costruita per i sovrani di Kush, apparteneva a una donna, la regina Shanakdakheto (170-150 a.C.). I lati delle piramidi sono adornati con elementi decorativi delle culture dell'Egitto faraonico, della Grecia e di Roma.
In totale, i governanti di Kush costruirono più di 250 piramidi, più del doppio di quelle presenti in tutto l'Egitto. Queste piramidi sono distribuite in una piccola regione nel deserto del Sudan. Come gli antichi egiziani, i re di Nubia furono mummificati e sepolti, coperti di gioielli, in bare di legno prima di essere inumati.
Quasi tutte le piramidi furono saccheggiate secoli fa. Al momento della loro esplorazione da parte degli archeologi nei secoli XIX e XX, si scoprì che alcune piramidi contenevano resti di archi, faretre di frecce, finimenti per cavalli, casse di legno, mobili, ceramiche, vetri colorati, recipienti di metallo e molti altri manufatti che testimoniano l'esteso commercio meroitico con l'Egitto e il mondo ellenistico.