La posizione della Cassazione è chiara: le amministrazioni locali non devono attendere una nuova legge per bussare alle casse della Chiesa, per ora esclusa dal pagamento dalla nuova manovra. Il cardinal Bertone: un problema da studiare.
Far pagare l’Ici agli immobili commerciali proprietà di enti ecclesiastici? “È una questione che non ci siamo posti”, ha risposto Mario Monti alla stampa estera. La beata dimenticanza del governo non attenua però l’insostenibilità della situazione, aggravata dal fatto che, proprio mentre non si poneva la questione dei beni con cui la Chiesa genera reddito per sé e le sue mille articolazioni, l’esecutivo tartassava la prima casa degli italiani per un ammontare di 3, 8 miliardi di euro l’anno.
”L’Ici è un problema da studiare e approfondire, però la Chiesa fa la sua parte a sostegno alle fasce più deboli”, ha detto ieri il cardinale Tarcisio Bertone. Il fatto è che questa esenzione non è solo palesemente ingiusta, ma pure contraria all’articolo 108 del Trattato europeo: lo ha stabilito, da ultimo, una sentenza della Corte di cassazione (la 16728 / 2010), anche alla luce del fatto che le norme comunitarie hanno rilievo costituzionale. Cosa significa? A stare ad autorevoli esperti una cosa molto semplice: la Suprema Corte ha stabilito che l’esenzione Ici per gli immobili ecclesiastici che siano usati, anche in parte, per attività di impresa costituisce un aiuto di Stato illegale e quindi i Comuni non devono applicarlo. Insomma, i sindaci volendo potrebbero richiedere il pagamento del maltolto fin da ora.
Conviene fare un piccolo passo indietro. La Chiesa, l’Ici, non l’ha pagata mai: quando il governoAmato introdusse l’imposta, nel 1992, esentò gli immobili degli enti ecclesiastici. Nel 2004, però, successe l’imponderabile: la Consulta bocciò la norma e il governo Berlusconi fu costretto a reintrodurre l’esenzione in tutta fretta. Anche lì la faccenda si complicò: la Ue mise sotto indagine l’Italia (e anche la Spagna per le agevolazioni Iva) per aiuto di Stato e il nuovo governo (Prodi), modificò di nuovo la legge sostenendo che l’imposta fosse dovuta, tranne che per quegli edifici a carattere non “esclusivamente” commerciale. Su quell’avverbio si conduce tutta la battaglia. Che vuol dire? Nessuno lo sa e così l’albergo delle Brigidine a piazza Farnese, centro di Roma, non paga l’Ici e solo metà dell’Ires.
Finito? Macché. La Commissione europea, dopo un ricorso dei Radicali, ha aperto una nuova indagine, il cui esito è ancora sospeso: i funzionari, dice una fonte, hanno già finito il lavoro, che è sfavorevole agli interessi d’Oltretevere, ma la pronuncia ufficiale della Commissione è bloccata “dalle pressioni politiche provenienti dall’Italia”. Non ci si deve stupire: quando l’Ue impose alla Spagna di cancellare le agevolazioni Iva alla Chiesa, il mangiapreti Zapatero si oppose per due anni per poi, quando fu costretto, aumentare la contribuzione diretta dal 4 all’ 8 per mille. In attesa dell’Europa, però, c’è la Cassazione: spiegano i giudici di legittimità che gli aiuti dello Stato – che non siano preventivamente comunicati alla Commissione Ue e da questa approvati – nei confronti di chiunque offra beni e servizi sul mercato vanno considerati illegali, anche se il fattaccio avviene in edifici parzialmente adibiti a luogo di culto (è il problema dell’avverbio “esclusivamente”).
I sindaci dovrebbero dunque chiedere il pagamento dell’Ici agli enti ecclesiastici e i giudici dargli ragione in caso di ricorso. Purtroppo non è così: il comune di Verbania, per dire, lo ha fatto e, dopo aver ottenuto il via libera dalla commissione tributaria provinciale, s’è visto dare torto da quella regionale, sempre per via dell’avverbio. Difficoltà confermata dal presidente dell’Anci Graziano Delrio: “Noi non abbiamo la possibilità di interpretare quali immobili siano palesemente commerciali e quali no: saremmo anche felici di farlo visto che continuano a tagliarci i finanziamenti, ma tanto poi le commissioni tributarie ci fermano…”. E così i Comuni si perdono un bel gettito: a Quartu hanno fatto i conti e scoperto che gli mancano 148 mila euro l’anno. In generale, tra Ici e Ires, si stima che l’erosione del gettito potrebbe arrivare a 1, 5 miliardi, un po ’ troppo per chi contesta la non equità della manovra. D’altronde, nemmeno i sindacati pagano l’Ici.
”L’Ici è un problema da studiare e approfondire, però la Chiesa fa la sua parte a sostegno alle fasce più deboli”, ha detto ieri il cardinale Tarcisio Bertone. Il fatto è che questa esenzione non è solo palesemente ingiusta, ma pure contraria all’articolo 108 del Trattato europeo: lo ha stabilito, da ultimo, una sentenza della Corte di cassazione (la 16728 / 2010), anche alla luce del fatto che le norme comunitarie hanno rilievo costituzionale. Cosa significa? A stare ad autorevoli esperti una cosa molto semplice: la Suprema Corte ha stabilito che l’esenzione Ici per gli immobili ecclesiastici che siano usati, anche in parte, per attività di impresa costituisce un aiuto di Stato illegale e quindi i Comuni non devono applicarlo. Insomma, i sindaci volendo potrebbero richiedere il pagamento del maltolto fin da ora.
Conviene fare un piccolo passo indietro. La Chiesa, l’Ici, non l’ha pagata mai: quando il governoAmato introdusse l’imposta, nel 1992, esentò gli immobili degli enti ecclesiastici. Nel 2004, però, successe l’imponderabile: la Consulta bocciò la norma e il governo Berlusconi fu costretto a reintrodurre l’esenzione in tutta fretta. Anche lì la faccenda si complicò: la Ue mise sotto indagine l’Italia (e anche la Spagna per le agevolazioni Iva) per aiuto di Stato e il nuovo governo (Prodi), modificò di nuovo la legge sostenendo che l’imposta fosse dovuta, tranne che per quegli edifici a carattere non “esclusivamente” commerciale. Su quell’avverbio si conduce tutta la battaglia. Che vuol dire? Nessuno lo sa e così l’albergo delle Brigidine a piazza Farnese, centro di Roma, non paga l’Ici e solo metà dell’Ires.
Finito? Macché. La Commissione europea, dopo un ricorso dei Radicali, ha aperto una nuova indagine, il cui esito è ancora sospeso: i funzionari, dice una fonte, hanno già finito il lavoro, che è sfavorevole agli interessi d’Oltretevere, ma la pronuncia ufficiale della Commissione è bloccata “dalle pressioni politiche provenienti dall’Italia”. Non ci si deve stupire: quando l’Ue impose alla Spagna di cancellare le agevolazioni Iva alla Chiesa, il mangiapreti Zapatero si oppose per due anni per poi, quando fu costretto, aumentare la contribuzione diretta dal 4 all’ 8 per mille. In attesa dell’Europa, però, c’è la Cassazione: spiegano i giudici di legittimità che gli aiuti dello Stato – che non siano preventivamente comunicati alla Commissione Ue e da questa approvati – nei confronti di chiunque offra beni e servizi sul mercato vanno considerati illegali, anche se il fattaccio avviene in edifici parzialmente adibiti a luogo di culto (è il problema dell’avverbio “esclusivamente”).
I sindaci dovrebbero dunque chiedere il pagamento dell’Ici agli enti ecclesiastici e i giudici dargli ragione in caso di ricorso. Purtroppo non è così: il comune di Verbania, per dire, lo ha fatto e, dopo aver ottenuto il via libera dalla commissione tributaria provinciale, s’è visto dare torto da quella regionale, sempre per via dell’avverbio. Difficoltà confermata dal presidente dell’Anci Graziano Delrio: “Noi non abbiamo la possibilità di interpretare quali immobili siano palesemente commerciali e quali no: saremmo anche felici di farlo visto che continuano a tagliarci i finanziamenti, ma tanto poi le commissioni tributarie ci fermano…”. E così i Comuni si perdono un bel gettito: a Quartu hanno fatto i conti e scoperto che gli mancano 148 mila euro l’anno. In generale, tra Ici e Ires, si stima che l’erosione del gettito potrebbe arrivare a 1, 5 miliardi, un po ’ troppo per chi contesta la non equità della manovra. D’altronde, nemmeno i sindacati pagano l’Ici.
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