giovedì 24 dicembre 2020

Astronave, non solo Moncler: Invernizzi ritira i 4 mln donati. - Andrea Sparaciari

 

Fiera. Anche l’importante Fondazione non si fida più dell’ospedale-simbolo di Fontana&Gallera.

Dopo quella di Moncler, un’altra donazione milionaria a Regione Lombardia per l’Ospedale in Fiera riprende la via di casa. Si tratta dei 4 milioni di euro della potentissima Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi del 2 aprile 2020. Assegni staccati da tre società riconducibili alla Fondazione: la Finnapo S.r.l. (2,8 milioni bonificati il 6 aprile 2020); l’Immobiliare Mongesu S.r.l. (700 mila euro bonificati il 3 aprile); la Bina S.r.l. (che, sempre il 3 aprile, dona altri 500 mila euro). Totale: 4 milioni tondi. Fondi vincolati a uno scopo, la costruzione della struttura ospedaliera. Ma che si riveleranno non necessari, considerati i 21 milioni raccolti dalla Fondazione Fiera. Così Fondazione Invernizzi, come Moncler, ha dovuto scegliere se lasciare i fondi al Pirellone oppure prenderli indietro.

Il 21 giugno 2020 Fondazione Invernizzi, come testimonia la delibera di giunta n. 3982 del 14 dicembre, ha reclamato il denaro con una motivazione chiara: “Destinare le donazioni per due importanti progetti (di ricerca, ndr) individuati dalla stessa Fondazione con l’Università degli Studi di Milano”. E, visto che la legge regionale n. 4/2020 prevede l’obbligo di “destinare i proventi delle donazioni” solo “per iniziative di carattere emergenziale”, Regione Lombardia è stata costretta a restituire il denaro.

Una questione tecnica, ma fino a un certo punto: la Fondazione, infatti, avrebbe potuto scegliere di lasciare i 4 milioni alla Regione, anche se, per statuto, può finanziare solo progetti specifici. Avrebbe cioè potuto scegliere la via di Moncler e foraggiare progetti proposti dalla giunta Fontana. Invece ha preferito riprenderli e girarli alla Statale di Milano, che per altro non ha ancora individuato i “due importanti progetti. “Al momento la donazione alla Statale non è stata ancora formalizzata, né riscossa”, chiarisce l’Università al Fatto. “Quando la donazione verrà effettuata, sarà portata all’attenzione del cda dell’ateneo. L’intenzione sarebbe quella di finanziare i progetti di ricerca Covid non ancora finanziati”. Un messaggio chiaro: sui soldi meglio che decida la Statale, piuttosto che il Pirellone.

Una scelta comprensibile, considerando anche la nube di mistero che circonda i 10 milioni ripresi da Moncler un mese fa. La società dei piumini, dopo l’articolo del Fatto che raccontava come avesse richiesto indietro la donazione anch’essa destinata all’Ospedale in Fiera, aveva fatto sapere che avrebbe utilizzato 2 milioni per l’acquisto di 15 mezzi da destinare alle Usca, mentre i restanti 8 sarebbero andati per un progetto di telemedicina da attivare presso l’Ospedale di Niguarda. Un mese dopo del progetto di telemedicina si sono perse le tracce. “Come sindacato non ne sapevamo nulla prima e non ne sappiamo nulla ora”, spiega Isa Guarneri, segretaria FP Cgil Milano. Nonostante il sindacato, subito dopo l’articolo del Fatto, avesse chiesto informazioni precise ai vertici della Sanità Lombarda sul tanto pubblicizzato “Progetto Moncler”. Senza ottenere alcuna risposta. Il 13 novembre Niguarda ha effettivamente avviato un progetto simile a quello annunciato da Moncler – si chiama “Monitoraggio territoriale dei pazienti Covid” ed è gestito da 4 infermieri –, tuttavia questo pre-esisteva alla donazione di Moncler ed era stato approvato ben prima della restituzione del denaro.

La stessa società dei piumini, interrogata in proposito, ha preferito non rispondere. E anche sulle dotazioni delle Usca aleggia più di un dubbio: “Non mi risulta che a Milano siano entrati in servizio nuovi mezzi”, dice la consigliera Pd Carmela Rozza. “Anzi, il vero problema, oltre alla carenza di medici e infermieri, è ancora oggi la mancanza di mezzi attrezzati”.

E, intanto, l’Ospedale alla Fiera di Milano continua a lavorare, ma ampiamente sottodimensionato, a causa della carenza di personale sanitario. Lunedì 20 dicembre i ricoverati in terapia intensiva erano 47 sui 540 totali della Lombardia; il giorno prima erano 47 su 560 e quello prima ancora, i letti occupati erano 55 su 602 pazienti gravi totali. Non certo numeri enormi, per un’Astronave che avrebbe dovuto “salvare la Lombardia” e l’intero Paese. Avrebbe dovuto avere oltre 400 letti pienamente funzionanti. Peccato siano rimasti per lo più sulla carta.

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