Vitalizi, prescrizione, Craxi statista e Davigo rinnegato: tira un’arietta di restaurazione? Per capire come e perché abbiamo interpellato Marco Revelli, sociologo e professore all’Università del Piemonte orientale. Che comincia così: “Passata la grande paura di un precipizio autoritario – la vittoria di Matteo Salvini in Emilia-Romagna avrebbe avuto un terribile effetto domino – riemerge una deriva che risiede saldamente nell’autobiografia della nostra nazione”.
A quale deriva si riferisce? A quella restauratrice di una politica opaca e compromissoria. Un modo di concepire l’agire pubblico come inevitabilmente contaminato da corruzione e privilegi. Un’idea bassa della politica che dagli anni 90 ha connotato trasversalmente il cattivo bipolarismo italiano, evidente nel polo berlusconiano ma non estranea al centrosinistra.
Il Senato ripristinerà i vitalizi così come li abbiamo sempre conosciuti, senza la sforbiciata imposta dal ricalcolo su base contributiva in vigore dal gennaio 2019. Sono un aspetto forse secondario anche se significativo di un cattivo costume. Sono un tema di agitazione politica soprattutto in un momento di crisi e scontento popolare. Indicano certamente un privilegio di casta, anche se naturalmente non incidono più di tanto sul bilancio dello Stato. Quel che colpisce è la sordità di quella parte di classe politica che li difende verso la sensibilità del popolo. Abolirli sarebbe un buon segnale verso un elettorato in buona misura esasperato e che non smette di manifestare con l’astensione il proprio disamore.
Il partito di Berlusconi pluriprescritto vorrebbe giocare la carta del referendum contro la nuova legge sulla prescrizione. Mi pare un tentativo di schierarsi da parte degli imputati privilegiati: non so quanto i cittadini li seguiranno in caso di referendum… Una volta che il processo è iniziato la prescrizione è a mio avviso scarsamente difendibile. Lo è da una lobby, quella degli avvocati, che sulla tendenza a prolungare i processi fino a farli sfociare in un nulla di fatto in qualche caso ha costruito la propria fortuna. Mi riferisco soprattutto agli avvocati che hanno assistito uomini di potere come Berlusconi: quante ne ha scampate di condanne grazie alla prescrizione? Onestamente non credo che il rimedio contro la lunghezza dei processi, che pure è un problema, sia la prescrizione. Per un innocente l’idea di non essere condannato grazie alla prescrizione è un affronto.
Che pensa del balletto su Autostrade? Una vicenda surreale. Le barricate che vengono erette contro la revoca, che a me sembra un provvedimento dovuto non solo di fronte alla tragedia del ponte Morandi, costata la vita a 43 persone e in cui sono emerse in modo scandaloso le responsabilità dei concessionari. È dovuto anche di fronte allo stato deprecabile della manutenzione dell’intera rete autostradale. Di fronte a queste inadempienze la revoca, o l’annullamento, mi pare un provvedimento sacrosanto. Non farlo sarebbe una difesa d’ufficio di gestori che non hanno rispettato il contratto.
Le Camere penali volevano impedire a Piercamillo Davigo, inviato dal Csm, di parlare all’inaugurazione dell’Anno Giudiziario a Milano. Un comportamento che esprime una concezione mercantile della professione: più che alla giustizia si pensa all’impunità dei propri clienti. È una brutta reazione corporativa, che tradisce quello che dovrebbe essere il mandato sociale della professione di avvocato.
C’è un clima di riabilitazione della figura di Craxi? Sì, si è sedimentata – a destra come a sinistra – l’idea che Tangentopoli è stato un incidente di percorso determinato da un manipolo di giacobini fanatici, i magistrati del pool, che non sapevano come va il mondo. Perché la politica è quella incarnata da Craxi e poi da Berlusconi. Ho trovato grottesco il pellegrinaggio ad Hammamet: il sindaco di Bergamo, la delegazione ufficiale di Forza Italia, Pittella.… Mi hanno colpito molto le parole di Giancarlo Giorgetti – erede del partito del cappio – che ha detto che nel suo pantheon ci sono Craxi, Sturzo e Bossi. Con questo povero Sturzo a far la parte del Cristo tra i due ladroni. Hanno costruito un pezzo del loro capitale politico su quei cappi, che naturalmente nessun magistrato di Mani Pulite si sarebbe mai sognato di avallare: ecco cos’è il trasformismo.
Torniamo al passato? Nell’area che va dall’Italia Viva renziana al Pd riconfigurato da Zingaretti, passata la grande paura di Salvini, si fa finta che tutto possa tornare come prima. Questa grande voglia di bipolarismo mi pare nasconda una grande voglia di Seconda Repubblica. Che è stato un sistema malato di corruzione e consociativismo transpolare, cioè di collusione tra i due poli che ha tagliato fuori il sentimento popolare. Temo si voglia tornare a quel demi-monde che si pensava finito nel 2011. È un errore catastrofico in un universo politico così frammentato. Anche il maggioritario sarebbe una catastrofe perché è un sistema che frustra la domanda di rappresentanza, anche considerando il taglio del numero dei parlamentari. Scansato il mostro Salvini, i nuovi mostri sono il ritorno al passato con bipolarismo e maggioritario.