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lunedì 9 aprile 2018

Quattro giorni per dichiarare una Guerra Fredda. - Thierry Meyssan (20/3/2018)

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La settimana appena trascorsa è stata eccezionalmente ricca di avvenimenti. Nessun media ne ha fornito un quadro complessivo perché tutti hanno deliberatamente mascherato alcuni fatti per non smentire la narrazione dei propri governi. Londra ha tentato di provocare un grave conflitto, ma ha gettato la spugna davanti alla Russia, al presidente Trump e alla Siria.

Il governo britannico e alcuni alleati, fra cui il segretario di Stato, Rex Tillerson, hanno tentato di scatenare una guerra fredda contro la Russia.


Il piano prevedeva, da un lato, la messinscena di un attentato contro un ex agente doppiogiochista a Salisbury; dall’altro, un attacco chimico nella Ghuta contro i “ribelli moderati”. I cospiratori volevano approfittare dello sforzo della Siria per liberare la periferia della capitale e della disorganizzazione della Russia per le elezioni presidenziali. Al termine delle manovre il Regno Unito avrebbe indotto gli USA a bombardare Damasco e il palazzo presidenziale, e chiesto all’Assemblea Generale dell’ONU di escludere la Russia dal Consiglio di Sicurezza.


Tuttavia, i servizi segreti siriani e russi sono venuti a conoscenza di quel che si stava tramando. Hanno acquisito la certezza che gli agenti statunitensi, che stavano preparando proprio dalla Ghuta un attacco chimico contro la Ghuta, non dipendevano dal Pentagono, bensì da altra agenzia USA.


A Damasco, il vice ministro degli Esteri, Fayçal Miqdal, il 10 marzo ha convocato d’urgenza una conferenza stampa per allertare i siriani. Da parte sua, Mosca ha dapprima tentato di entrare in contatto con Washington per via diplomatica. Ma, sapendo che l’ambasciatore statunitense, Jon Huntsman Jr., è amministratore di Caterpillar, che ha fornito agli jihadisti traforatrici per costruire le fortificazioni sotterranee, Mosca ha cercato di aggirare la via diplomatica normale.


Ecco la concatenazione degli avvenimenti.12 marzo 2018


L’esercito siriano sequestra due laboratori di armi chimiche, uno il 12 marzo a Aftris, un secondo il giorno successivo, a Chifonya. Nel frattempo, la diplomazia russa spinge l’Organizzazione per la Proibizione delle Armi Chimiche (OPAC) a entrare nell’inchiesta di Salisbury.


Alla Camera dei Comuni, il primo ministro britannico, Theresa May, accusa in modo violento la Russia di essere il mandante dell’attentato di Salisbury. Secondo May, l’ex agente doppiogiochista Serguej Skripal e la figlia sarebbero stati avvelenati con una sostanza nervina di uso militare, del tipo «sviluppato dalla Russia» sotto il nome di «novitchok». Poiché il Cremlino considera i disertori russi bersagli legittimi, May ne trae la conclusione che è altamente probabile che l’atto criminale sia stato voluto da Mosca.


Il novitchok è conosciuto grazie alle rivelazioni di due personaggi sovietici, Lev Fyodorov e Vil Mirzayanov. Nel 1992 lo scienziato Fyodorov pubblicò sul settimanale russo Top Secret (Совершенно секретно) un articolo in cui metteva in guardia sull’estrema pericolosità del prodotto e lanciava l’allarme sul possibile uso da parte degli occidentali delle vecchie armi sovietiche per distruggere l’ambiente e rendere la Russia invivibile. In ottobre 1992 Fyodorov e un responsabile del controspionaggio, Mirzayanov, pubblicarono su Notizie da Mosca (Московские новости) un secondo articolo in cui denunciavano la corruzione di alcuni generali e il traffico di novitchok da loro gestito, ignorando però a chi potessero venderlo. Mirzayanov fu arrestato per alto tradimento e poi rilasciato. Fyodorov è morto in Russia lo scorso agosto, Mirzayanov vive in esilio negli Stati Uniti, dove collabora con il dipartimento della Difesa.


JPEG - 35.4 KbL’ex ufficiale russo del controspionaggio Vil Mirzayanov si è rifugiato negli Stati Uniti. Ora ottantatreenne, da Boston commenta il caso Skripal.



Il novitchok era fabbricato in un laboratorio sovietico a Nurus, nell’attuale Uzbekistan. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica fu distrutto da specialisti statunitensi. L’Uzbekistan e gli Stati Uniti sono quindi inevitabilmente entrati in possesso di campioni della sostanza e li hanno studiati. Entrambi i Paesi sono in grado di produrre il novitchok.

Dopo un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, il segretario di Stato, Rex Tillerson, a sua volta condanna la Russia per l’attentato di Salisbury.


Nel frattempo, al Consiglio di Sicurezza dell’ONU si discute della situazione della Ghuta. La rappresentante permanente degli Stati Uniti, Nikki Haley, dichiara: «È passato quasi un anno dall’attacco al gas sarin del regime siriano a Khan Shaykhun, gli Stati Uniti avevano messo in guardia il Consiglio. Avevamo detto che, di fronte all’inazione sistematica della comunità internazionale, gli Stati Uniti sono talvolta costretti ad agire da soli. Non c’è stata reazione da parte del Consiglio, quindi gli Stati Uniti hanno colpito la base aerea dalla quale Al Assad aveva sferrato l’attacco ad armi chimiche. Oggi rinnoviamo l’avvertimento».


I servizi dell’intelligence russa fanno circolare documenti dello stato-maggiore statunitense da cui risulta che il Pentagono è pronto a bombardare il palazzo presidenziale e i ministeri siriani, sul modello di quanto fatto per conquistare Bagdad (dal 3 al 12 aprile 2003).


Commentando la dichiarazione di Nikki Haley, il ministero russo degli Esteri, che ha sempre bollato l’affare di Khan Shaykhun come «manipolazione dell’Occidente», rivela che le false informazioni che hanno indotto in errore la Casa Bianca, spingendola a bombardare la base di Al-Shayrat, provenivano da un laboratorio britannico che non ha mai rivelato come si era procurato i campioni.


13 marzo 2018

Il ministero russo degli Esteri pubblica un comunicato che condanna un possibile intervento militare degli Stati Uniti e annuncia che, qualora cittadini russi fossero colpiti a Damasco, Mosca non mancherebbe di rispondere in misura proporzionata, dal momento che il presidente russo è costituzionalmente responsabile della sicurezza dei suoi concittadini.

Aggirando la via diplomatica ufficiale, il capo di stato-maggiore russo, generale Valery Gerasimov, contatta l’omologo USA, generale Joseph Dunford, per informarlo dei timori di un attacco chimico sotto falsa bandiera nella Ghuta. Dunford prende la cosa molto seriamente e allerta il segretario della Difesa, generale Jim Mattis, che a sua volta riferisce al presidente Donald Trump. Vista la sicurezza con cui i russi sostengono che il tiro mancino sarebbe preparato all’insaputa del Pentagono, la Casa Bianca chiede al direttore della CIA, Mike Polpeo, di scovare i responsabili del complotto.


Non conosciamo gli esiti dell’inchiesta interna, ma il presidente Trump si convince che il segretario di Stato, Rex Tillerson, è implicato. Tillerson è immediatamente invitato a interrompere il viaggio ufficiale in Africa e a rientrare a Washington.


Theresa May scrive al segretario generale dell’ONU accusando la Russia di aver ordinato l’attentato di Salisbury e chiede la convocazione di una riunione urgente del Consiglio di Sicurezza. Senza aspettare, espelle 23 diplomatici russi.


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Il  libro di Amy Knight, pubblicato un mese e mezzo prima dell’attentato 
di Salisbury, anticipa quella che sarebbe diventata la tesi dell’MI5. 
L’autrice stessa afferma di non aver la minima prova di quanto sostiene.

Su richiesta della presidente della Commissione dell’Interno della Camera dei Comuni, Yvette Cooper, la ministra dell’Interno, Amber Rudd, annuncia che l’MI5 (servizi segreti militari interni) sta per riaprire 14 inchieste su morti che, secondo fonti USA, sarebbero state ordinate dal Cremlino.


Così facendo, il governo britannico sposa le teorie della professoressa Amy Knight, una sovietologa americana che, il 22 gennaio 2018, aveva pubblicato uno strano saggio, Ordini di uccidere: il regime di Putin e l’assassinio politico. L’autrice, che è “la” specialista dell’ex KGB, tenta di dimostrare che Vladimir Putin è un assassino seriale, responsabile di dozzine di uccisioni politiche, dagli attentati di Mosca del 1999 a quello della Maratona di Boston del 2013, passando per l’esecuzione a Londra nel 2006 di Alexandre Litvinenko e per quella a Mosca nel 2015 di Boris Nemtsov. L’autrice stessa però confessa di non avere alcuna prova di quanto sostiene.


I liberali europei entrano in azione. L’ex primo ministro belga, Guy Verhofstadt, presidente del gruppo dei liberali al parlamento europeo, invita l’Unione Europea ad adottare sanzioni contro la Russia. Il suo omologo a capo del partito liberale britannico, Sir Vince Cable, propone il boicottaggio europeo della Coppa del Mondo di calcio. Immediatamente, Buckingham Palace annuncia l’annullamento del viaggio in Russia della famiglia reale.


L’autorità di controllo britannica, l’OFCOM [Office of Communications, ndt], annuncia che per ritorsione potrebbe oscurare Russia Today, benché la rete televisiva non abbia violato in alcun modo le leggi britanniche.


Il ministero russo degli Esteri convoca l’ambasciatore britannico a Mosca per informarlo che misure a titolo di reciprocità gli saranno indicate da lì a poco, in ritorsione dell’espulsione da pare di Londra dei diplomatici russi.


Ancor prima di averlo comunicato all’interessato, il presidente Trump annuncia su Twitter di aver destituito il segretario di Stato. Tillerson viene sostituito da Mike Pompeo, ex direttore della CIA, che il giorno prima aveva confermato l’autenticità delle informazioni trasmesse dal generale russo Dunford. Arrivato a Washington, Tillerson ottiene conferma della propria destituzione dal segretario generale della Casa Bianca, generale John Kelly.


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Rex Tillerson, ex patron della più grande multinazionale al mondo, Exxon Mobil, si riteneva al di sopra della mischia. Con sua grande sorpresa, è stato invece brutalmente licenziato da Donald Trump. Tillerson pensava di essere al servizio del mondo anglosassone, Trump lo ha ritenuto invece un traditore della patria.

L’ex segretario di Stato, Rex Tillerson, proviene dalla borghesia texana. Lui e la sua famiglia si sono impegnati negli Scout statunitensi, di cui divenne il presidente nazionale (2010-2012). Culturalmente vicino all’Inghilterra, quando divenne presidente della mega multinazionale Exxon Mobil (2006-2016), non esitò sia a condurre una campagna politicamente corretta perché i giovani gay fossero ammessi negli scout, sia a reclutare mercenari nella Guyana britannica. Sarebbe membro della Pilgrims Society, il più prestigioso club anglo-statunitense, presieduto dalla regina Elisabetta II, di cui numerosi membri fecero parte dell’amministrazione Obama.

Nelle funzioni di segretario di Stato, la sua buona educazione ha rappresentato una guarentigia per Donald Trump, reputato dall’alta società statunitense un istrione. Tillerson è entrato in conflitto con il presidente su tre questioni di primaria importanza, che ci permettono di tracciare l’ideologia dei cospiratori: 

- come Londra e lo Stato Profondo Usa, Tillerson riteneva utile demonizzare la Russia per consolidare il Potere degli anglosassoni nel campo occidentale; 
- come Londra, Tillerson pensava che per salvaguardare il colonialismo occidentale in Medio Oriente occorreva favorire il presidente iracheno, sceicco Rohani, contro la Guida della Rivoluzione, l’ayatollah Khamenei. Sosteneva quindi l’accordo 5+1; 
- come lo Stato Profondo USA, Tillerson riteneva che l’oscillazione della Corea del Nord verso gli Stati Uniti doveva rimanere segreta ed essere sfruttata per giustificare un dispiegamento militare, diretto in realtà contro la Cina Popolare. Era dunque favorevole a colloqui ufficiali con Pyongyang, ma si opponeva a un incontro tra i due capi di Stato.

14 marzo 2018

Mentre Washington è ancora sotto shock, Theresa May interviene di nuovo alla Camera dei Comuni per sviluppare le proprie accuse. Che vengono ribadite dai diplomatici britannici in numerose organizzazioni intergovernative di tutto il mondo. Rispondendo al primo ministro, il deputato blairista Chris Leslie definisce la Russia uno Stato-canaglia e chiede venga cacciata dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. Theresa May s’impegna a esaminare la questione rimarcando che tale cacciata non potrà che essere decisa dall’Assemblea Generale, per poter così aggirare il veto russo.

Il Consiglio del Nord-Atlantico, cioè la NATO, si riunisce a Bruxelles su richiesta della Gran Bretagna. I 29 Stati membri stabiliscono un nesso tra il ricorso alle armi chimiche in Siria e l’attentato di Salisbury. Tutti considerano la Russia come « probabilmente» responsabile di entrambi questi eventi.


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Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, insieme alla rappresentante permanente della Gran Bretagna nel Consiglio del Nord-Atlantico, Sarah MacIntosh. Costei è ex direttrice delle problematiche della difesa e dell’intelligence al ministero inglese degli Esteri, incarico che lasciò a Jonathan Allen, attuale incaricato d’affari all’ONU.

A New York, il rappresentante permanente della Russia, Vasily Nebenzya, propone ai membri del Consiglio di Sicurezza di adottare una dichiarazione comprovante la volontà condivisa di far luce sull’attentato di Salisbury, affidando l’inchiesta all’OPAC, nel rispetto delle procedure internazionali. Ma la Gran Bretagna si oppone a ogni testo che non contenga l’affermazione secondo cui la Russia sarebbe « probabilmente responsabile» dell’attacco.


Durante il dibattito che segue, la Gran Bretagna è rappresentata dal proprio incaricato d’affari, Johathan Allen. È un agente del MI6 [spionaggio per l’estero], che ha creato il servizio di propaganda bellica del Regno Unito e ha attivamente sostenuto gli Jihadisti in Siria. 

Allen dichiara: «La Russia ha già interferito negli affari di altri Paesi; si è già fatta beffe del diritto internazionale in Ucraina; disprezza la convivenza civile, come mostra l’attacco a un aereo commerciale sui cieli dell’Ucraina da parte di mercenari russi; ancora, la Russia difende l’uso da parte di Assad di armi chimiche (…). Lo Stato russo è responsabile di questo tentativo di assassinio». Il rappresentante permanente della Francia è François Delattre, che grazie a un decreto derogatorio del presidente Nicolas Sarkozy fu formato dal dipartimento di Stato degli USA. Delattre interviene per ricordare come il proprio Paese si sia fatto promotore di un’iniziativa per mettere fine all’impunità di coloro che usano armi chimiche. Lascia intendere che tale iniziativa, diretta contro la Siria, potrebbe rivolgersi anche contro la Russia.

L’ambasciatore russo, Vasily Nebenzya, ricorda che la seduta è stata convocata su richiesta di Londra, ma che è la Russia a volerla pubblica. Osserva che la Gran Bretagna viola il diritto internazionale giacché evoca questa vicenda al Consiglio di Sicurezza mentre tiene l’OPAC al di fuori dell’inchiesta. Rimarca che, se Londra ha potuto identificare il novitchok, è perché ne possiede la formula e può dunque fabbricarne direttamente. Ricorda ancora il desiderio della Russia di collaborare con l’OPAC, nell’ambito delle procedure internazionali.


15 marzo 2018

La Gran Bretagna diffonde una dichiarazione comune, firmata la vigilia insieme alla Francia, alla Germania, nonché a Rex Tillerson, all’epoca ancora segretario di Stato degli USA. Il testo fa proprio il sospetto britannico: denuncia l’uso «di una sostanza neurotossica di qualità militare, di un genere sviluppato dalla Russia». Afferma che è «altamente probabile che la Russia sia responsabile dell’attacco».

Il Washington Post pubblica un articolo d’opinione firmato da Boris Johnson, mentre il segretario statunitense al Tesoro, Steven Mnuchin, adotta nuove sanzioni contro la Russia. Queste non sono legate alla vicenda in corso, ma alle accuse di ingerenza nella vita pubblica degli Stati Uniti. Il decreto sanzionatorio fa tuttavia riferimento all’attentato di Salisbury, assunto a conferma dei comportamenti subdoli della Russia.


Il ministro britannico della Difesa, il giovane Gavin Williamson, dichiara che la Russia, alla luce dell’espulsione dei suoi diplomatici, dovrebbe «smetterla» (sic). Dalla fine della Seconda Guerra mondiale è la prima volta che il dirigente d’uno Stato membro permanente del Consiglio di Sicurezza ricorre a simili termini nei confronti di un altro membro del Consiglio. Sergei Lavrov, ministro degli Esteri russo, commenta: «È un giovanotto affascinante che vuole sicuramente conquistare un posto nella Storia facendo dichiarazioni shock. [...] Ma forse gli difetta l’educazione ».


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Nel corso di tutta la sua storia, l’Inghilterra non ha mai esitato a mentire e a venir meno alla parola data pur di difendere i propri interessi. Di qui il soprannome francese di Perfida Albione (dal nome latino dell’Inghilterra).

Conclusioni

In soli quattro giorni la Gran Bretagna e i suoi alleati hanno creato le premesse di una nuova divisione del mondo, cioè d’una guerra fredda.

Ma è un fatto che la Siria non è l’Iraq e l’ONU non è il G8, dal quale peraltro la Russia è stata esclusa in seguito all’adesione della Crimea alla sua Federazione e al proprio sostegno alla Siria. Gli Stati Uniti non vogliono distruggere Damasco e la Russia non sarà esclusa dal Consiglio di Sicurezza. La Gran Bretagna, dopo essersi ritirata dall’Unione Europea e aver rifiutato di firmare la dichiarazione cinese sulla via della seta, pensava così di accrescere la propria statura politica eliminando un concorrente. Un colpo basso con il quale s’illudeva di conquistare una nuova dimensione, diventando la Global Britain annunciata da Theresa May. Ma, così facendo, la Gran Bretagna ha soltanto distrutto la propria credibilità.

Thierry Meyssan

Traduzione 
Rachele Marmetti

Il Cronista 

http://www.voltairenet.org/article200234.html

sabato 27 maggio 2017

G7: intesa su freno al protezionismo. Trump e Merkel disertano le conferenze stampa finali.

G7: intesa su freno al protezionismo. Trump e Merkel disertano le conferenze stampa finali

Insolita decisione dei leader di Stati Uniti e Germania. Concluso il vertice con i Paesi africani sul tema delle migrazioni. Nuova riunione dei Grandi Sette fino alle 15. Prime indiscrezioni sul dossier: stallo sul clima, "più tempo agli Usa" per prendere decisione sull'accordo di Parigi.

TAORMINA - Quello di oggi è il secondo e ultimo giorno di quello che è stato definito "il G7 più impegnativo degli ultimi anni". Dopo la prima giornata di vertice, conclusasi con l'accordo sul terrorismo, restano ancora divergenze tra i leader riguardo al clima, alla questione migranti e al commercio internazionale. Secondo le prime indiscrezioni sul dossier finale del G7, è stata raggiunta un'intesa comune sul nodo della lotta al protezionismo. Stallo invece sul rispetto degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici: agli Stati Uniti è stato concesso più tempo per prendere una decisione.

Il vertice con i Paesi africani. Il programma di inizio mattina prevedeva all'hotel San Domenico a Taormina una sessione "outreach" dedicata al tema delle grandi migrazioni. Presenti i leader di Tunisia, Niger, Nigeria, Kenya ed Etiopia, alcune organizzazioni internazionali, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale. Assente la premier britannica Theresa May, ripartita ieri pomeriggio per seguire da vicino le indagini sulla strage avvenuta lunedì a Manchester. Al termine del vertice, foto di gruppo in giardino, prima dell'inizio del nuovo vertice tra i 'Sette Grandi'.

Ad aprire i lavori il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: "Quest'anno abbiamo messo al centro di questa sessione aperta i rapporti con l'Africa. Già Taormina e la Sicilia dicono quanto è importante per noi il rapporto con l'Africa, ci troviamo nel cuore del Mediterraneo e oggi la discussione si concentra sull'esigenza di partnership a tutto campo tra G7, organismi internazionali e Paesi africani". Il premier ha aggiunto che "oltre all'innovazione della produttività", all'Africa servono "infrastrutture di qualità e investimenti per lo sviluppo del capitale umano", per poi ricordare che il prossimo G20, in programma il 7 e 8 luglio in Germania, "avrà una linea di continuità con l'incontro di oggi, dedicando attenzione particolare all'Africa e all'attrazione degli investimenti". Il primo ministro italiano ha sottolineato come l'agenda del G7 debba dialogare "con quella per lo sviluppo per l'Africa, l'agenda 2063, che è un caposaldo strategico per lo sviluppo del Continente".

E al termine della sessione estesa ai leader dei Paesi africani è arrivato un post di Donald Trump su Twitter: "Un grande meeting del G7 oggi. Molte importantissime questioni in discussione. In cima alla lista naturalmente il terrorismo".

Il presidente americano ha anche comunicato che "molti Paesi della Nato sono stati d'accordo ad aumentare il loro contributo considerevolmente, come dovrebbero. Se il denaro comincerà ad essere versato la Nato sarà molto più forte".

Niente conferenza stampa finale per Trump e Merkel. A sorpresa, la cancelliera tedesca e il presidente americano non parleranno al termine della seconda giornata di lavori del G7. Merkel avrà solo un breve colloquio con i giornalisti tedeschi e non con la stampa internazionale. 


Trump invece lascerà Taormina dopo il pranzo di lavoro con gli altri leader, per recarsi alla base di Sigonella, dove parlerà in quello che secondo il suo portavoce Sean Spicer "non sarà solo un messaggio alle truppe" Usa. Poi l'imbarco sull'Air Force One che lo riporterà con la first lady Melania a Washington. Al suo posto, parleranno con la stampa il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, generale H.R. McMaster, ed il direttore del Consiglio economico, Gary Cohn.

Decisioni insolite, che sottolineano il gelo tra i due leader dopo le polemiche emerse ieri in seguito ad alcune dichiarazioni di Trump, che ha definito i tedeschi "molto cattivi" sul commercio internazionale. Si terranno invece regolarmente le conferenze del premier italiano Paolo Gentiloni alle 15, e a seguire, salvo cambiamenti di programma, quelle del presidente francese Emmanuel Macron, del premier giapponese Shinzo Abe e del premier canadese Justin Trudeau.

Commercio internazionale. Il tema del commercio internazionale risulta essere "ancora una questione aperta". Il nodo riguarda la decisione di includere o meno nel documento finale una condanna ad "ogni forma di protezionismo". Ma da quanto emerge, gli Stati Uniti, pur continuando a prediligere la strada degli accordi bilaterali, avrebbero accettato che nel comunicato finale sia inserita l'espressione "lotta al protezionismo". Un traguardo che, secondo fonti diplomatiche, è un grande successo della presidenza italiana e del G7 nel suo insieme.

Clima. Secondo quanto trapela da alcune fonti al G7, dopo "un confronto franco e onesto" sulla questione del clima ci sarà "un'unica dichiarazione a sette" al termine del vertice, nella quale i sei altri partner si impegneranno "a lasciare più tempo agli Stati Uniti per prendere una decisione sull'accordo di Parigi". Una presa d'atto dello stallo sul tema del rispetto dell'accordo sui cambiamenti climatici. I Paesi europei, sostenuti da Giappone e Canada, si sono impegnati a fondo per spiegare agli Usa le ragioni "non solo ambientali, ma anche economiche" che spingono a favore dell'accordo di Parigi.

Migranti. Il tema è ancora in discussione nella riunione di oggi, ma da quanto trapela da Taormina c'è consenso sulla formulazione degli impegni sui migranti nel comunicato finale dei Sette. Non vi sarà tuttavia un documento separato, allegato al comunicato, contenente un piano per la gestione dei flussi migratori.

Caso Russia-Ucraina. All'ordine del giorno anche una discussione sulla crisi tra Russia e Ucraina: nel dossier finale i Sette Grandi si impegneranno a prendere "ulteriori azioni" nei confronti della Russia, se non rispetta gli accordi di Minsk sull'Ucraina. Sulla necessità di non levare le sanzioni a Mosca ci sarebbe quindi anche l'accordo degli Usa.

Tensione a Giardini Naxos. Proprio mentre a Taormina i leader saranno impegnati nelle conferenze stampa finali, nella vicina Giardini Naxos è previsto un corteo "no summit", in cui sono attese più di tremila persone. Un'ordinanza del sindaco Lo Turco ha previsto per oggi la chiusura di negozi, scuole e uffici. Tuttavia, molte attività sono chiuse già da ieri per timore di scontri tra i manifestanti e le forze dell'ordine. I commercianti della zona hanno realizzato barriere in legno e alluminio a protezione delle proprie vetrine.


http://www.repubblica.it/esteri/2017/05/27/news/taormina_g7_secondo_giorno-166531413/

G7?
Più che di G7 io parlerei del G1+6...: gli USA + gli altri.
Grande confusione, pertanto, su "protezionismo" e "clima", uniche certezze, invece, sulle sanzioni alla Russia.
Gentiloni: "..all'Africa servono "infrastrutture di qualità e investimenti per lo sviluppo del capitale umano.."
Questi personaggi alquanto bizzarri, son bravi a stabilire ciò che serve alle altre popolazioni, mentre sono pessimi amministratori delle popolazioni che sono stati chiamati a governare.
Paradossi e dintorni.
"Niente conferenza stampa finale per la Merkel." 
Ha, ha, ha....La Merkel non si fida dei nostri giornalisti...neanche io mi fiderei...
"Trump, invece, lascerà Taormina per recarsi alla base di Sigonella."
Naturamente, Trump a Sigonella è a casa sua....