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martedì 3 novembre 2020

Terapie intensive vicine alla soglia critica del 30% di occupazione: in 8 Regioni è già rischio collasso. – La diretta.

 

In cima alla 'lista nera' c'è la Valle d’Aosta che ha toccato ormai il 60% di saturazione dei suoi posti letto in rianimazione, seguita da Umbria al 47%, Lombardia e provincia autonoma di Bolzano (42%). Numeri che arrivano sul tavolo del governo, alle trattative finali con i governatori per l'approvazione del nuovo dpcm. Anelli (Federazione medici): "Seconda ondata rischia di essere uno tsunami, malati Covid riducono la possibilità di garantire le cure agli altri".

Tutte le terapie intensive degli ospedali italiani sono vicinissime alla soglia del 30% di posti letto occupati da pazienti Covid-19, definita “critica” dal ministero della Salute. La media italiana si attesta infatti al 28%, ma è allarme rosso in 8 Regioni, che l’hanno già ampiamente superata. In cima alla ‘lista nera’ la Valle d’Aosta che ha toccato ormai il 60% di saturazione dei suoi posti letto in rianimazione, seguita da Umbria al 47%, Lombardia e provincia autonoma di Bolzano (42%), Toscana (39%), Marche (35%), Piemonte (34%) e Campania (33%).È quanto emerge dai dati, aggiornati al 2 novembre, elaborati dall’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi Sanitari regionali. Numeri che atterrano direttamente sul tavolo del governo, alle prese con le fasi finali della trattativa con i governatori per il varo del nuovo dpcm atteso in serata. E che avranno un peso (insieme all’indice di contagio Rt) nella scelta di quali Regioni inserire in una delle tre fasce di rischio previste dall’esecutivo per evitare un lockdown su scala nazionale.

Tra le Regioni vicine alla soglia del 30% ci sono anche la Liguria (27% di posti letto occupati) e l’Emilia Romagna (25%), mentre PugliaSardegna e Sicilia registrano un 24% di occupazione dei posti letto di terapia intensiva. CalabriaLazioAbruzzo e provincia autonoma di Trento si attestano intorno al 22%, seguite da Friuli Venezia Giulia (21%), Basilicata (20%) e all’ultimo posto il Veneto con il 16% di posti occupati. Il problema è che l’andamento della curva delle ultime settimane rischia di portare a saturazione anche questi territori, al netto degli ulteriori posti letto ancora attivabili in base alla dotazione di ventilatori polmonari e altre attrezzature fornite dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri alle Regioni. In Veneto, dove nelle ultime 24 ore sono stati registrati 2.298 nuovi casi e 31 decessi, il governatore Luca Zaia ha chiarito che si prevedono “giorni impegnativi per le terapie intensive: ieri abbiamo ‘caricato’ 12 nuovi pazienti, oggi a metà giornata ce ne sono già una decina. Quindi – ha tenuto a sottolineare – ci stiamo avvicinando alla fase più acuta dell’epidemia”.

Torna a lanciare l’allarme sull’impatto del Covid sugli ospedali anche Filippo Anelli, il presidente della Federazione degli Ordini dei medici italiani. “La preoccupazione dei medici è che questa seconda ondata non sia una mareggiata, ma uno tsunami che potrebbe travolgere il sistema sanitario. Per questo chiediamo al governo misure più aggressive”, si legge in un post su Facebook. “Il problema oggi – sostiene – riguarda la tenuta del sistema sanitario, perché l’occupazione progressiva dei posti da parte di malati Covid riduce via via la possibilità di garantire cure agli altri ammalati. Andando avanti così, la situazione potrebbe sfuggirci di mano”. D’altronde i dati dei contagi parlano chiaro: ieri, anche se in numeri assoluti i nuovi casi sono diminuiti rispetto al weekend, il tasso di positività sui tamponi effettuati è rimasto invariato. Allo stesso tempo la pressione sugli ospedali è continuata ad aumentare: attualmente sono 2.022 i pazienti assistiti in terapia intensiva in tutto il Paese, di cui 435 solo in Lombardia. I posti letto occupati nei reparti Covid, invece, sono 19.840. Un andamento che, in assenza di nuove misure, rischia di portare diverse Regioni – Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna – alla saturazione al 100% dei posti letto in ospedale, di fatto paralizzando il sistema sanitario. Da qui la decisione del governo di ricorrere a un nuovo dpcm con regole ancora più stringenti, fino al “lockdown light” alla tedesca (così l’ha definito la sottosegretaria alla Salute Sandra Zampa) per le Regioni più colpite dalla pandemia.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/03/terapie-intensive-vicine-alla-soglia-critica-del-30-di-occupazione-in-8-regioni-e-gia-rischio-collasso-i-dati/5989926/

La colpa, naturalmente, è di Salvini e dei negazionisti che hanno manifestato contro le restrizioni emanate dal Governo, scorrazzando lungo le strade senza mascherine.
Io chiedo di essere protetta, è un mio diritto, come è un mio diritto esercitare libertà di movimento, pertanto chiedo agli organi preposti:
di far rispettare le leggi, e di punire adeguatamente chi non le rispetta, perchè mi priva della libertà di movimento, provoca danni all'economia, e mette a rischio le strutture ospedaliere già sature di ricoverati per coronavirus.
C.

domenica 26 aprile 2020

Coronavirus, in Africa mancano terapie intensive, ventilatori e il lockdown è inapplicabile. Così i 30mila casi (ufficiali) fanno paura. - Giusy Baioni

Coronavirus, in Africa mancano terapie intensive, ventilatori e il lockdown è inapplicabile. Così i 30mila casi (ufficiali) fanno paura

I letti in intensiva vanno dai 3mila del Marocco, 2.500 dell’Algeria e mille del Sudafrica ai 15 di Burkina Faso e Somalia. In molti Paesi i macchinari per la respirazione assistita sono meno di dieci. I governi attuano la serrata, ma è una misura difficile da imporre con la maggior parte dell’economia che è informale, i lavori alla giornata e stipendi, contratti e tutele statali inesistenti.
Quasi 30mila casi, più di 1.300 morti: sono le cifre che provengono dall’Africa. O perlomeno le cifre ufficiali. Ben poca cosa rispetto ai numeri del resto del mondo. Tuttavia, qui più che altrove, non v’è certezza alcuna sui numeri reali della pandemia. Quello che è noto, invece, è la mancanza delle terapie intensive e dei ventilatori polmonari. Ma anche qui, senza certezze: i numeri sono aleatori, tanto che alcuni giorni fa la stessa direttrice dell’Oms per l’Africa, Matshidiso Moeti, ha lanciato l’allarme, deplorando la mancanza di informazioni attendibili.
La rivista Jeune Afrique ha tentato di calcolare i numeri delle terapie intensive e dei respiratori: c’è una grande disparità fra i pochi paesi che dispongono di un numero decente di presidi e i molti che invece non hanno quasi nulla. I letti di terapia intensiva vanno dai 3mila del Marocco, 2.500 dell’Algeria e mille del Sudafrica ai 15 di Burkina Faso e Somalia, con diversi altri Paesi che ne hanno sotto i 100. Ancora peggiore la situazione dei respiratori: 3 per tutta la Repubblica Centrafricana, 4 in Togo (ma ne sono stati ordinati 250), 5 in Niger, 10 in Congo Brazzaville, 11 in Burkina Faso, fra i 15 e i 20 in Camerun. In tutta la Sierra Leone, secondo il Financial Times, ce ne sarebbe uno solo. Qualche decina in altri Paesi, per poi trovarne 2.500 in Algeria, 3mila in Marocco e ben 6mila in Sudafrica, 4mila dei quali in mano però nella sanità privata.
I numeri sono ancora più drammatici se si considera che diversi di questi Paesi hanno focolai attivi piuttosto rilevanti. Nell’Africa settentrionale e nel Sud sono concentrate le situazioni peggiori: circa 4mila casi in Sudafrica, Egitto e Marocco, pochi meno in Algeria. Ma hanno superato i mille casi Camerun e Ghana. Oltre 900 contagi in Tunisia, più di mille in Costa d’Avorio e anche nella piccola Gibuti, dove potrebbe aver inciso la presenza di basi militari straniere, fra cui la prima base navale cinese nel continente.
In molti altri paesi i numeri restano sotto controllo, in genere qualche decina. Poche unità si segnalano in MauritaniaBurundiSao Tomè e Sud Sudan. Zero casi, per ora, solo nelle isole Comore e nel piccolo Lesotho, dove è stato comunque dichiarato lo stato di emergenza per due settimane, data la posizione geografica nel mezzo del Sudafrica.
Le misure intraprese dai vari governi sono quasi ovunque molto rigide e puntano sulla prevenzione. Il lockdown, unica prevenzione efficace, è stato dichiarato quasi ovunque, con la consapevolezza però che misure come quelle cinesi o europee non sono proponibili in un continente dove la maggior parte dell’economia è informale, i lavori alla giornata, stipendi e contratti inesistenti, tutele statali pure. Impensabile imporre di “restare a casa” nelle baraccopoli, dove la “casa” è solo un luogo coperto in cui dormire. Impensabile imporre di non uscire dove non esistono frigo per conservare gli alimenti e il cibo va comprato fresco ogni giorno. Vietate quasi ovunque invece le celebrazioni religiose, sia nei paesi a maggioranza cristiana che in quelli musulmani. Basti dire che l’unico luogo dove si è celebrata la Pasqua con messe affollate di fedeli è stato il Burundi, che ufficialmente è fermo a 8 casi.
Le forti restrizioni decise dal governo sudafricano, che ha imposto chiusure draconiane provocando lo stop del commercio informale, stanno già provocando problemi di ordine pubblico, saccheggi dei supermercati, rivolte sociali duramente represse. Ogni giorno, oltre al bollettino dei contagi, arriva quello degli arresti. Per evitare tali rischi, il governo del Senegal ha optato per un modello ibrido, con il coprifuoco dalle 20 al posto del lockdown: attività commerciali aperte, ma alla sera tutti a casa.
Diversi Paesi stanno adottando come farmaco la clorochina, antimalarico abbondantemente disponibile e a prezzo contenuto. Si sta inoltre estendendo l’obbligo di mascherine e laddove mancano i presidi supplisce il fai-da-te in coloratissimi wax (la tipica stoffa africana), ma anche in foglie o vimini intrecciati. Non manca chi raccoglie per strada le mascherine usate, le lava bene con acqua e sapone e le riutilizza o le rivende.
Di altro tenore l’impegno degli atenei africani: molti laboratori universitari hanno avviato la produzione di gel idroalcolici, mentre altri si sono dedicati alla produzione di mascherine e soprattutto visiere per il personale medico con le stampanti 3D. In Marocco e Tunisia diverse fabbriche si sono rapidamente riconvertite per produrre mascherine e respiratori.
E se diversi cantanti hanno lanciato nuovi brani di sensibilizzazione sul Covid-19, anche molti leader politici si stanno esponendo in prima persona sui social per sponsorizzare le misure di prevenzione: Alpha CondéFélix TshisekediMohammed VIAlassane OuattaraPaul Kagame mostrano come lavarsi le mani e invitano a portare la mascherina in luoghi affollati. Di contro, il presidente malgascio Andry Rajoelina ha appena annunciato la creazione di una mistura a base di artemisia in grado di prevenire e sconfiggere il coronavirus: “È un rimedio a base di piante officinali locali. Dà risultati in 7 giorni”. Che il Madagascar sia terra unica per biodiversità è noto, ma l’Oms si è affrettata a dichiarare che ad oggi non esistono evidenze scientifiche che tale preparato sia efficace.