mercoledì 29 luglio 2020

Fontana, si indaga in Svizzera per risalire ai soldi (del 1997). - Davide Milosa

Fontana, si indaga in Svizzera per risalire ai soldi (del 1997)

La Procura vuole riannodare il filo dei 5,3 milioni di euro di eredità “scudati” nel 2015 dopo vent’anni alle Bahamas.
L’inchiesta milanese sui camici prima venduti alla Regione dal cognato del governatore Attilio Fontana poi trasformati, su indicazione dello stesso, in un tentativo di donazione mai formalizzata e che vede indagato anche il presidente della Regione, ora vira sui soldi. La caccia è iniziata dopo la scoperta di un conto svizzero aperto presso la Ubs riferibile al governatore e dal quale Fontana ha tentato un bonifico (poi fallito) da 250mila euro in favore del cognato Andrea Dini e della società Dama Spa protagonista della vicenda dei camici. Obiettivo del bonifico, secondo i pm: risarcire il parente della fornitura non pagata. La Procura di Milano ha già intrapreso colloqui informali con le autorità svizzere e sta valutando una rogatoria per capire meglio il giro del denaro. Il quadro non è semplice, per questo è stato acquisito agli atti il fascicolo dell’Agenzia delle entrate al quale è allegata anche la voluntary disclosure con cui nel 2015 Fontana ha fatto emergere 5,3 milioni di euro ereditati dalla madre. Denaro dichiarato e oggi gestito dalla società milanese Unione fiduciaria che opera su un conto svizzero. Il denaro per quanto ricostruito dai pm era gestito fino allo “scudo fiscale” da un doppio trust aperto alle Bahamas. Un sistema societario e di schermatura nato tra il 1997 e il 2005 e riferibile alla madre di Fontana, ex dentista allora ultraottantenne. Fin dal 1997, così, Fontana, secondo la Procura, risulta beneficiario di quel conto poi appoggiato su uno strumento finanziario aperto in un paradiso fiscale.
Insomma la storia dei 75mila camici che Dama doveva fornire ad Aria, la centrale acquisiti della Regione, per 513mila euro mai pagati, sta diventando un giallo finanziario con al centro il governatore Fontana al momento accusato di frode in pubbliche forniture. Reato legato, secondo la Procura, non al denaro svizzero, ma al mancato adempimento della fornitura che, stando a una mail di Andrea Dini inviata il 20 maggio all’ex dg di Aria Filippo Bongiovanni (entrambi indagati per turbata libertà del contraente e di frode come Fontana), si è fermata a 49mila camici facendo mancare all’appello gli altri 26mila che Dini ha poi provato a vendere a una società della provincia di Varese a 9 euro (tre in più rispetto all’offerta fatta ad Aria). A dare il la all’indagine è però sempre il denaro. L’inchiesta parte, infatti, dopo una segnalazione sospetta della Banca d’Italia il 22 maggio. Tre giorni prima, il 19, Fontana chiede al cognato di trasformare la fornitura in donazione e fa richiesta alla Unione fiduciaria di fare il bonifico da 250mila alla Dama con la causale generica sulla fornitura camici ad Aria.
L’8 luglio i magistrati hanno acquisito il materiale detenuto dall’Unione fiduciaria. Da qui ripartiranno per riannodare il filo. Che inizia nel 1997 e prosegue con la creazione di due trust appoggiati alle Bahamas di cui lo stesso presidente risulta beneficiario ed erede dopo la morte del genitore. Del resto l’uso dei trust sembra una abitudine nella famiglia allargata di Fontana. La stessa Diva Spa che detiene il 90% della Dama è a sua volta controllata dalla Credit Suisse Servizi Fiduciari che amministra il Trust Diva e che ha attirato l’attenzione della Procura. Sul fronte fornitura camici si delinea meglio il reato contestato a Fontana e legato, secondo i pm, alla richiesta del presidente di trasformare quella fornitura in donazione per evitare danni di immagine. Sappiamo che la donazione mai è stata formalmente accettata dalla Regione e che soprattutto all’appello mancano 26mila camici. Fontana, ieri, in Consiglio regionale ha confermato di aver chiesto al cognato di passare alla donazione. Inoltre ha spiegato di essere venuto a conoscenza del contratto di Dama il 12 maggio. Circostanza che invece Bongiovanni retrodata al 10 maggio, una domenica, quando la notizia atterra sul tavolo del capo della segreteria del presidente Giulia Martinelli, ex compagna di Matteo Salvini.

Oms, Coronavirus non è stagionale, unica grande ondata.

Tamponi in Germania ©
Tamponi in Germania


'Non è come l'influenza, andrà su e giù'.

La pandemia di Covid-19 sarà "una grande ondata non stagionale che andrà su e giù". Lo ha rilevato l'Oms. "La gente sta ancora pensando alle stagioni. Ciò di cui tutti abbiamo bisogno è comprendere che si tratta di un nuovo virus che si comporta in modo diverso", ha dichiarato la dottoressa Margaret Harris nel corso di un briefing virtuale a Ginevra, sollecitando l'applicazione di misure per rallentare la trasmissione che si sta diffondendo attraverso raduni di massa.
La portavoce dell'Oms - riferisce il Guardian - ha messo in guardia dal pensare alla pandemia in termini di ondate, perché il Covid-19 non si comporta come l'influenza che tende a seguire l'andamento delle stagioni: "Sarà una grande ondata. Andrà un po' su e un po' giù. La cosa migliore è appiattirla e trasformarla in qualcosa che sfiori appena i nostri piedi".


Attilio Fontana ci vuole fare passare tutti per allocchi. - Mattia Feltri

Attilio

Racconta che negli anni '80 era di moda portare i soldi alle Bahamas. Glissa sul fatto che con quei soldi ci si poteva quasi comprare Maradona. Dimentica che l'Anac lo multò per non averli dichiarati. Pasticcia con parole e date. Ma non era meglio dire qua e là un po' di verità?


Il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, sta vivendo giorni sfortunati, e tutti gli uomini sfortunati suscitano solidarietà. È dunque con simpatia che si propone qualche nota sui suoi tentativi di discolparsi, con buone speranze dal lato penale (gli si augura di risultare innocente) e meno buone dal lato politico (ma questo è un paese che perdona le colpe degli amici e dimentica rapidamente quelle degli avversari).

  1. In un’intervista concessa oggi a Francesco Bei per Repubblica, Fontana scansa con sdegno l’ipotesi che i cinque milioni di euro giacenti sul conto svizzero e proveniente dalle Bahamas (da dove sono rientrati con lo scudo fiscale per i denari illecitamente detenuti all’estero) provengano da evasione. Mio padre era un dipendente della mutua – dice – e mia madre una super fifona: figuriamoci se frodava l’erario. Non c’è motivo di dubitarne. Certo, è una cifra importante. Non so perché i miei portassero soldi ai Caraibi, aggiunge, ma negli anni Ottanta era di moda (sì, c’erano i Duran Duran, il piumino Moncler e il conto alle Bahamas). Comunque, a metà degli anni Ottanta con quei soldi ci potevi quasi comprare Maradona (il Napoli lo pagò 14 miliardi di lire). È inevitabile sollevare un po’ di curiosità.
  2. Nella stessa intervista, Fontana spiega di avere ereditato il conto, di averlo dichiarato nel rispetto delle leggi e di aver pagato il dovuto. Ma sempre stamattina, sul Corriere, Luigi Ferrarella racconta della multa da mille euro comminata dall’Anac (Anticorruzione) poiché Fontana nel 2016 aveva omesso la dichiarazione sul suo stato patrimoniale (relativa al 2015, anno in cui i soldi del conto svizzero vengono sanati). Ferrarella ipotizza che mille euro di multa erano una sanzione molto abbordabile, in cambio del silenzio su una eredità così particolare, e così particolarmente imbarazzante per un uomo delle istituzioni. In seguito Fontana dichiarerà tutto, ma senza più l’obbligo di indicare la voluntary disclosure, cioè di aver sanato soldi illecitamente depositati all’estero.
  3. Comunque Ferrarella fissa nel 1997 l’inizio dei depositi alle Bahamas (non negli anni Ottanta) e nel 2005 la data di creazione dei due trust da cinque milioni.
  4. Fin qui tutto lecito. Anche le amnesie. Se ce ne fossero, anche le frottole. Certo, stiamo parlando di un amministratore leghista, prima gli italiani, abbasso l’euro, i ladroni di Bruxelles eccetera, con cinque milioni di euro che dall’Italia vanno alle Bahamas e dalla Bahamas in Svizzera (“Curioso vedere quanti benpensanti e moralisti di sinistra saran beccati coi milioni nascosti in Svizzera”, scriveva Matteo Salvini su Twitter nel 2015, l’anno in cui Fontana accede al voluntary disclosure e, omettendone la dichiarazione, evita di farsi beccare coi milioni in Svizzera).
  5. Ci sarebbero poi tutte le date – quella in cui Fontana scopre della commissione dei camici all’azienda di moglie e cognato, quella in cui viene contattato dai giornalisti di Report, quella dell’incredibile bonifico da 250 mila euro al cognato, e come minimo fa una gran confusione - ma sono passaggi sui cui s’è già scritto molto e non si vuole annoiare chi legge.
  6. “Non tollererò che qualcuno metta in dubbio la mia integrità e quella dei miei famigliari”, ha detto ieri Fontana in Consiglio regionale. Però non è tanto tollerabile nemmeno che ci si voglia fare passare tutti per allocchi.
https://www.huffingtonpost.it/entry/attilio-fontana-ci-vuole-fare-passare-tutti-per-allocchi_it_5f2004d1c5b6945e6e3fa5c0

martedì 28 luglio 2020

Per la salute e per l’ambiente: il progetto per riciclare le mascherine anti-covid. - Giacomo Salvini

Per la salute e per l’ambiente: il  progetto per riciclare le mascherine anti-covid

Smaltire miliardi di dispositivi di protezione sarà un problema per l'ecosistema. Una cooperativa sociale bolognese ha ideato un sistema per il lavaggio certificato delle mascherine.
Guanti, mascherine e protezioni per i medici in corsia. L’emergenza covid-19, in un attimo, ha fatto scomparire dall’agenda i messaggi e gli allarmi ambientalisti lanciati nei mesi scorsi dai ragazzi di Fridays for Future. Questione di priorità, si dice: la salute delle persone viene prima della crisi ambientale del Pianeta e della produzione “usa e getta” di rifiuti non riciclabili. Eppure, oggi che l’emergenza covid-19 in Italia sembra essersi attenuata, gli ambientalisti si leccano le ferite dopo quattro mesi di produzione e utilizzo di prodotti monouso come mascherine e guanti per proteggersi dal virus.
Ma visto che ormai i dispositivi di protezione individuale sono entrati a far parte della nostra quotidianità e lo resteranno ancora per un po’ (probabilmente fino a quando sarà trovato il vaccino ma gli scienziati sono già lì a preconizzare future epidemie), qualcuno ha già ideato dei rimedi per far convivere l’esigenza di protezione sanitaria con quella ambientale. La cooperativa sociale bolognese “Eta Beta, diversamente professionali”, che dà lavoro a ragazzi svantaggiati e molto attiva in Emilia per le operazioni di sanificazione delle ambulanze, nelle ultime settimane ha stretto un accordo con “Zero Waste Italy” per un progetto innovativo: il lavaggio delle mascherine certificate DM e un processo che porti al noleggio delle stesse portando così a una riduzione, fino al minimo indispensabile, della produzione di nuovi dispositivi di protezione individuale. È l’economia circolare delle mascherine.
Il progetto è nato a fine giugno grazie alla collaborazione con “Zero Waste Italy” e “Zero Waste Europe” – la rete italiana dei rifiuti zero – ed è stato presentato durante un incontro con una delegazione di imprenditori e sindaci del settore del tessile di Prato interessati all’economia circolare. Alla riunione erano presenti anche Matteo Francesconi, assessore all’Ambiente del Comune di Capannori (Lucca), all’avanguardia in Italia per la raccolta differenziata, e il sindaco di Carmignano (nel pratese), Edoardo Prestanti. Oltre alla collaborazione tra comuni, la Regione Emilia Romagna ha firmato un protocollo per far sì che questo progetto si moltiplichi il più possibile, prima a tutto il territorio regionale e poi anche in altre parti d’Italia.
L’obiettivo del progetto di “Eta Beta” è quello di azzerare le mascherine usa e getta. Ognuno avrà il proprio dispositivo e, quando vuole, potrà portarlo a lavare se usato o sporco. Poi sarà la cooperativa sociale a organizzare la consegna e il ritiro dei dispositivi. Il sistema funziona così: dopo aver acquistato mascherine certificate con marchio CE, la cooperativa “Eta Beta” si fa carico del processo del lavaggio industriale – certificato – che avviene con detersivi ecolabel e senza l’uso di cloro prima di garantire il ritiro delle mascherine usate e la riconsegna dei dispositivi sanificati.
Il tutto avviene all’interno di un container nella sede bolognese della cooperativa – con tanto di lavatrice incorporata – in cui viene gestito il processo certificato di lavaggio e detergenza delle mascherine. Il vero “business” della cooperativa però non si basa tanto sul lavaggio, quanto sulla gestione del ritiro e della consegna dei dispositivi individuali. L’obiettivo di “Eta Beta” però non si fermerà solo alle singole mascherine perché una volta che il processo sarà pienamente attivo ­– e quindi la produzione ridotta al minimo – il tutto potrà essere applicato per sanificare gli altri dispositivi di protezione individuale usati dai lavoratori sanitari durante l’emergenza covid: i camici, gli scafandri, le cuffie e tutti gli altri prodotti usa e getta. Anche perché, facendo i dovuti scongiuri, questi dispositivi potrebbero essere molto richiesti in futuro nel settore sanitario.
La cooperativa individua tre vantaggi del progetto: in primo luogo quello ambientale “evitando il consumo di dispositivi monouso e il loro difficile smaltimento”, quello economico “incentivando un considerevole risparmio per le aziende e per le famiglie” e infine l’aspetto educativo in quanto “ci deve interessare quello che usiamo e buttiamo”.

Salvini, se non fosse quel che è, farebbe quasi tenerezza. - Andrea Scanzi


Gli Autogol on Twitter: "Posso abbandonare il fantacalcio visto ...

Se non fosse quel che è, e cioè Salvini, farebbe tenerezza. La capacità di Mastro Ciliegia di sbagliarle tutte è ormai leggendaria. Prima del Papeete 2019 era solo uno dei tanti cazzari, ma dopo il suicidio agostano ha proprio messo la freccia. E nessuno ha potuto salvarlo più. Il suo suicidio politico tocca ogni giorno vette inusitate: non gli si sta proprio dietro.
Prendiamo la trattativa sul Recovery Fund: un’innegabile vittoria di Conte e dunque del governo, riconosciuta (benché in parte e ovviamente a fatica) persino da Meloni e dalle parti senzienti (dunque non da Gasparri) di Forza Italia. Salvini avrebbe potuto fare il signore, ammettendo che il presidente del Consiglio se l’è cavata bene, ma proprio non ci riesce. Un po’ perché l’hanno disegnato così e un po’ perché, per quanto confuso e già implodente, sa bene che il suo divertentissimo martirio è cominciato il 20 agosto con la macellazione dialettica a suo danno pronunciata da Conte: il grande nemico che lo manda sempre fuori giri, e a cui nulla perdonerà. Così, anche dopo il successo delle trattative in Europa, ha continuato a ruttare alla luna, straparlando di “fregatura” e “nuovo Mes” tra l’imbarazzo mal dissimulato dei suoi stessi alleati (figuriamoci degli altri). Poi, a mitraglia, Salvini ne ha combinate una più grossa dell’altra. Tipo queste.
– Ha organizzato (ieri) un simposio pateticamente negazionista sul Covid. Una sorta di All Star Game – fatte salve ovvie eccezioni – di casi umani. Erano presenti, tra gli altri, luminari di innegabile fama come Porro, Siri, Becchi, quello che scorreggiava al cesso parlando con Buffon durante Le Iene e altri sommi scienziati. Peccato solo per l’assenza del generale Pappagallo, del Poro Schifoso e di Jimmy Il Merda: avrebbero impreziosito il contesto, donando a esso ancor più allure.
– Ha proseguito pervicacemente nell’organizzare assembramenti continui, come se la pandemia fosse una realtà per tutti ma per lui un’invenzione.
– La pandemia sarà pure un’invenzione, ma Salvini – come sempre vagamente ondivago – prosegue nel dire che il governo “sparge infetti” (testuale) utilizzando i “migranti” per diffondere il virus e avere dunque la scusa per “prorogare lo stato di emergenza”. Teoria di per sé da ubriachi terminali, ma a ben pensarci c’è di più: se la pandemia non c’è più, come ripetono lui e i suoi giannizzeri, come fanno i migranti a “spargere” qualcosa che in realtà non esiste?
A conferma di come Salvini si porti sfiga persino da solo, il 10 febbraio 2015 vomitava quanto segue sui suoi profili social: “Curioso di vedere quanti benpensanti e moralisti di sinistra saran beccati coi milioni nascosti in Svizzera”. I “moralisti di sinistra” non so, ma al suo amico Fontana è andata in merito malino.
– Già, Fontana. Dopo aver puntato per mesi sotto il lockdown non su Zaia (pronto a prenderne il posto a breve come capo della Lega per la gioia di Giorgetti) ma su Gallera e Fontana, ovvero il Duo Malombra, Salvini si trova ora costretto a difendere quel che resta politicamente del cosiddetto governatore della Lombardia. Più Fontana sprofonda, con quei bei dentini color Merit senza filtro, e più il Cazzaro Verde va a picco con lui.
Davvero: se non fosse quel che è, e cioè Salvini, farebbe quasi tenerezza. Ma essendo quel che è, vien rispettosamente da chiosare: mille di questi giorni, Capitano. Ti sia lieve il perdurante calvario autoindotto e continua così. Daje Matte’!

La disperazione dell’ex capitano, futuro martire. - Antonio Padellaro


Fa tenerezza l’autoselfie di Matteo Salvini che s’immortala sulla fatale (per lui) spiaggia di Milano Marittima mentre armeggia con biglie e secchiello. Vuole banalmente comunicarsi come un pap affettuoso, come i tanti papà (sono uno di voi, uno di noi) che una domenica di fine luglio costruiscono piste di sabbia con gli amati figlioletti. Mentre (sottotesto) quei bastardi della sinistra vogliono processarlo per avere difeso gli italiani dall’invasione africana (in settimana c’è il voto del Parlamento sul caso “Open Arms”). È l’arma del vittimismo aggressivo che da ministro degli Interni egli ha utilmente praticato quando costringeva 124 disgraziati a stare sotto il sole ustionante per 19 giorni a largo di Lampedusa negando il permesso di sbarco. Per poi mostrare in video, con annessa lacrimuccia, il pervenuto avviso di garanzia giustizialista. Vedrete che farà il martire anche questa volta: 
a) per spaccare la maggioranza, dalla quale il “compare” Matteo Renzi infatti già si distingue. 
b) per sfruttare politicamente l’eventuale voto che autorizzi il processo, e proprio quando (come da sempre con il mare calmo) ritornano gli sbarchi. E dunque per attaccare il governo Conte, buonista con i clandestini che portano il Covid, e cattivista con gli autentici patrioti come il suddetto.
È la campagna d’estate salviniana, propedeutica all’apocalisse autunnale quando (così si augura la destra) il paese allo stremo scenderà in piazza attanagliato dalla fame.
Attenzione, per l’ex capitano sono le carte della disperazione ma non ancora quelle del suo tramonto politico, soprattutto con il sodale presidente della Lombardia nei casini, e la Lega sotto attacco. Quando si sente dire da un leader (o presunto tale), a proposito di un’inchiesta che riguarda la sua parte politica: “giustizia a orologeria”, la reazione può essere, o che il commento risale minimo a vent’anni fa (e già allora provocava sbadigli), o che costui non sa cosa diamine rispondere. Nel biascicare qualcosa sul caso Fontana, Matteo Salvini alle due ipotesi ne aggiunge una terza: la desolante povertà del suo discorso pubblico. Con i bestseller: “Il cazzaro verde” e “I cazzari del virus” (per sua fortuna ignorati dai giornaloni che preferiscono dare spazio alle opere invendibili degli amici), Andrea Scanzi ha colto in pieno la tragedia di un uomo ridicolo. Ma non per questo meno pericoloso.

Prima i bahamiani. - Marco Travaglio

La vignetta di Vauro
Accantoniamo per un attimo gli aspetti giudiziari, politici e morali dello scandalo Fontana e concentriamoci su quelli comici che, nella Lega del Cazzaro Verde, prevalgono sempre. Questa è la storia del sedicente governatore della Regione più ricca d’Europa, degno successore di Formigoni (condannato e arrestato per corruzione) e Maroni (condannato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente), dunque indagato per frode in pubbliche forniture grazie alle prove che lui stesso ha gentilmente fornito agli inquirenti. E, come se ciò non bastasse, viene difeso da B. come “uomo perbene” e dalla Gelmini come “galantuomo”. Le ultime due viti nella bara: se qualcuno nutriva ancora qualche dubbio sulla sua colpevolezza, l’ha perso. Ora, volendo proprio mettere al sicuro la condanna, potrebbe arruolare l’avvocato Taormina. Ma forse non gli servirà, perché a legarsi il cappio al collo provvede ogni giorno da solo con la linea difensiva più suicida mai concepita da mente umana: per nascondere i favori della sua Regione alla ditta di suo cognato e sua moglie, ordinò un bonifico dal suo conto presso l’Unione Banche Svizzere su cui nel 2015 aveva trasferito 4,4 milioni scudati con la voluntary disclosure dei 5,3 nascosti su due trust a Nassau. Così chi lo sospettava di un banale conflitto d’interessi familiare (ordinaria amministrazione per il “modello Lombardia” e la Milano “capitale morale”) ha scoperto che occultava pure i soldi tra le Bahamas e la Svizzera. Come quel tale che, accusato di aver scippato una vecchietta, sfoderò come alibi di ferro la prova che quel giorno a quell’ora stava scannando sua moglie.
Ieri, dopo aver negato di aver mai saputo o fatto qualcosa della fornitura di camici affidata senza gara alla ditta di famiglia Dama dall’agenzia regionale Aria e aver poi dichiarato di aver saputo e fatto un sacco di cose, il Genio di Varese si presenta al Consiglio Regionale e cambia altre tre o quattro versioni. Accusa l’Oms e il governo Conte di avergli negato sul Covid “informazioni adeguate” (tipo su come s’infila una mascherina, infatti rischiò il soffocamento in diretta Facebook). Poi spiega che la “fornitura a titolo oneroso” da 513 mila euro al cognato era “del tutto corretta”. Ma lui la bloccò, chiese “a mio cognato di rinunciare al pagamento” e tentò di “risarcirlo” (parola dell’avvocato) con quei 250 mila euro perché “il mio legame di affinità gli aveva arrecato svantaggio” (parole sue). Poi però si confonde, o non si coordina bene con se stesso, e parla di “semplice donazione” a cui “volevo partecipare personalmente”, sempre col bonifico di 250 mila euro che cambia causale ogni due minuti.
Ma si scorda di spiegare perché usò un conto svizzero che custodiva i due trust domiciliati alle Bahamas dal 1997 e dal 2005 e intestati a lui e alla madre dentista, morta nel 2015 a 92 anni. Intanto il Corriere scopre che la fornitura non è mai stata trasformata in donazione dalla Regione, ergo Fontana parla di una cosa che non esiste. Il contratto oneroso fra Dama e Aria è sempre valido, ma dei 75mila camici pattuiti ne mancano 25mila: quelli che il cognato, senza che il presidente obiettasse nulla, decise di levare alla Regione per venderli a una clinica e rifarsi del mancato business. Infine, come si conviene nell’avanspettacolo, la comica finale: siccome Report e alcuni giornali inspiegabilmente si occupano dello scandalo, Fontana piagnucola per “il grave contraccolpo subìto da Regione Lombardia a livello di reputazione” e “il sentiment (sic, ndr) negativo”: per quel che scrive la stampa, non per quel che ha fatto lui. Tant’è che, pensate, “si arriva a mettere in discussione l’eccellenza del sistema sanitario lombardo, riconosciuto a livello nazionale e internazionale” grazie al record mondiale di 16.801 morti da Covid: una strage – modestia a parte – che manco quella degli ugonotti nella notte di San Bartolomeo.
Ad aggravare la sua già precaria situazione, ci si mettono pure il consigliere leghista Roberto Anelli che lo vuole “Santo subito” e i renziani di Iv che si dissociano dalla sfiducia. Senza contare il tridente degli house organ di destra, che non vedevamo così in forma dai tempi di Ruby nipote di Mubarak. Impermeabili ai fatti, alla logica e soprattutto al ridicolo, scrivono che Fontana è “indagato per un regalo alla Regione” (Giornale); per lui “il dono diventa un reato” (Verità, per giunta a firma Capezzone); e gli “rinfacciano pure la madre” (Libero). In effetti già è assurdo accusarlo senza uno straccio di prova di sapere che suo cognato è suo cognato e sua moglie è sua moglie, ma insinuare che conoscesse sua madre è davvero troppo. Intanto passano i giorni, ma il caratterista lumbard continua a non soddisfare le legittime curiosità di molti cittadini, leghisti e non. Perché lui e la madre avevano 5,3 milioni alle Bahamas? Come han fatto, lei dentista e lui avvocato da 200mila euro l’anno, a guadagnarli? Perché non li hanno tenuti in Italia? Quante tasse ci hanno pagato, se le hanno pagate? Se non c’era nulla da nascondere, perché usare la voluntary disclosure, la legge Renzi varata per far rientrare in Italia i capitali illegalmente detenuti all’estero? E perché, se li ha fatti rientrare in Italia, li teneva in Svizzera? Non si fida del modello Lombardia? O ha equivocato il motto della Lega? È “Prima gli italiani”, non i bahamiani e gli svizzeri.