a) per spaccare la maggioranza, dalla quale il “compare” Matteo Renzi infatti già si distingue.
b) per sfruttare politicamente l’eventuale voto che autorizzi il processo, e proprio quando (come da sempre con il mare calmo) ritornano gli sbarchi. E dunque per attaccare il governo Conte, buonista con i clandestini che portano il Covid, e cattivista con gli autentici patrioti come il suddetto.
È la campagna d’estate salviniana, propedeutica all’apocalisse autunnale quando (così si augura la destra) il paese allo stremo scenderà in piazza attanagliato dalla fame.
Attenzione, per l’ex capitano sono le carte della disperazione ma non ancora quelle del suo tramonto politico, soprattutto con il sodale presidente della Lombardia nei casini, e la Lega sotto attacco. Quando si sente dire da un leader (o presunto tale), a proposito di un’inchiesta che riguarda la sua parte politica: “giustizia a orologeria”, la reazione può essere, o che il commento risale minimo a vent’anni fa (e già allora provocava sbadigli), o che costui non sa cosa diamine rispondere. Nel biascicare qualcosa sul caso Fontana, Matteo Salvini alle due ipotesi ne aggiunge una terza: la desolante povertà del suo discorso pubblico. Con i bestseller: “Il cazzaro verde” e “I cazzari del virus” (per sua fortuna ignorati dai giornaloni che preferiscono dare spazio alle opere invendibili degli amici), Andrea Scanzi ha colto in pieno la tragedia di un uomo ridicolo. Ma non per questo meno pericoloso.
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