22 febbraio 2010
Nelle 20 mila pagine dei verbali la fotografia del “sistema gelatinoso”: appalti truccati, auto di lusso e massaggiatrici
A dieci giorni esatti dagli arresti per corruzione di tre importanti funzionari pubblici, Angelo Balducci, Fabio De Santis, e Mauro Della Giovampaola, e dell’imprenditore romano Diego Anemone, la politica italiana entra in una fase nuova, diversa, mai vista prima. In attesa che la magistratura faccia di nuovo scattare le manette ai polsi di qualche protagonista del "sistema gelatinoso" attraverso cui vengono assegnati gli appalti nella Penisola, diventa chiaro perché nel nostro paese le opere pubbliche costino molto più che all’estero e perché spesso non vengano mai terminate.
Per rendersene conto basta leggere le 20.000 pagine, piene zeppe di omissis, dei rapporti del Ros dei carabinieri alla base delle 4 ordinanze di custodia cautelare e dei 40 avvisi di garanzia emessi mercoledì 10 febbraio. Il Fatto Quotidiano, dopo averle esaminate tutte, ha deciso di fornire ai suoi lettori un’ampia sintesi.
Già ora, in attesa che i giudici stabiliscano chi è colpevole e chi è innocente, è così possibile trarre dalle carte qualche conclusione. Anzi, sette punti fermi.
1) Nel corso degli anni, e sotto diversi governi, si è deciso di derogare per legge alla normativa europea sugli appalti. Ufficialmente la scelta è stata presa per permettere di concludere celermente una serie di opere pubbliche. In realtà la discrezionalità con cui vengono assegnati i lavori si è rivelata criminogena.
2) Alla Protezione civile di Bertolaso sono stati affidati compiti che non hanno nulla a che vedere con la salvaguardia delle popolazioni e del territorio: per esempio il G8alla Maddalena, i Mondiali di Nuoto, la Celebrazione dei 150 anni dell’Unità d’Italia (tutti eventi ora sotto i riflettori degli investigatori).
3) Intorno a Bertolaso (oggi indagato) si è coagulato un gruppo di gran commisdello Stato che andava a braccetto con le imprese a cui erano stati affidati gli appalti. Esemplare è il caso di Balducci, fino a pochi giorni fa presidente del Consiglio superiore delle opere pubbliche. La famiglia Balducci era socia della famiglia Anemone, proprietaria di un’azienda di soli 26 dipendenti, a cui sono stati affidati più di 100 milioni di euro di lavori per il G8 e i mondiali di nuoto. Insomma il controllore faceva affari con il controllato.
4) In una situazione per certi versi analoga si trovano molti parlamentari. Verdini era legato a doppio filo alla Baldassini Tognozzi Pontello di Riccardo Fusi. Il suo collega di partito Rocco Girlanda si muoveva invece in favore del gruppoBarbetti. Ma l’elenco è lungo. E comprende aziende vengono considerate "di riferimento" per importanti esponenti del centro-sinistra. Nelle carte spuntano, a questo proposito, i nomi di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, che però smentiscono e annunciano querele.
5) Il sistema delle "aziende di riferimento" rende spesso (ma non sempre) inutile le mazzetta. Il rapporto del Ros elenca piuttosto una serie di favori. Che possono andare da quelli sessuali (escort), fino alle raccomandazioni per concorsi o esami. In pratica il funzionario dello Stato, che ha bisogno della politica per far carriera, ha tutto l’interesse a favorire l’impresa segnalata dal politico di turno.
6) Questo metodo di spartizione degli appalti è esteso anche a lavori che non riguardano la Protezione Civile. Nella documentazione si parla spesso di gare che riguardano l’Anas. E di riunioni, tra imprenditori, politici e funzionari, in cui vengono discussi business rimasti per ora misteriosi.
7) Anche la ricostruzione del post terremoto abruzzese, fiore all’occhiello di Bertolaso e del governo, è in qualche modo entrata nella partita.
La Baldassini, per esempio, costituisce un consorzio, che lavorerà all’Aquila, dopo un incontro a Palazzo Chigi con il sottosegretario Letta. E Gianni, come dice Verdini per telefono, "ha portato tutto a Guido".
Se questo è il quadro, ecco che diventa chiaro come sia del tutto inutile cercare la “pistola fumante”, cioè la prova incontrovertibile di eventuali passaggi di denaro. Perché i soldi ci sono. E sono i 1000 euro in più di tasse che ogni cittadino è costretto a versare per far fronte a spese inutili o gonfiate. Il malaffare, dicono le statistiche, costa al Paese 60 miliardi all’anno. E a fumare in Italia ormai non sono le pistole, ma qualcos’altro.
Da il Fatto Quotidiano del 20 febbraio
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