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sabato 23 maggio 2020

Autostrade, Atlantia ricatta il governo per avere garanzie statali: “Senza prestito stop a 14,5 miliardi di investimenti. Pronti alle vie legali”. - Andrea Tundo

Autostrade, Atlantia ricatta il governo per avere garanzie statali: “Senza prestito stop a 14,5 miliardi di investimenti. Pronti alle vie legali”

La società dei Benetton ha convocato un consiglio di amministrazione straordinario per analizzare la situazione di Autostrade e la presa di posizione al termine della riunione è netta: "Incertezza sulla revoca e decreto Milleproproghe hanno provocato gravi danni al gruppo". Quindi l'avviso al governo, dopo il "no grazie" di Stefano Buffagni alle indiscrezioni sulla garanzia da 1,2 miliardi: "Mandato ai legali di valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società".
Congelamento dei 14,5 miliardi di investimenti, a parte 900 milioni per la sicurezza, e l’avviso di essere pronta a fare causa allo Stato. E ancora: un duro attacco alla norma del decreto Milleproroghe che ‘cancella’ le penali da versare ai concessionari in caso di revoca per inadempimento e al viceministro Stefano Buffagni che ha anticipato un “no grazie” alla richiesta della garanzia statale su un prestito da 1,2 miliardi di euro per sostenere i conti nel pieno dell’emergenza coronavirus. La holding Atlantia, controllata dai Benetton e ‘padrona’ di Autostrade, prepara il terreno per un nuovo scontro frontale con il governo nella battaglia aperta dal crollo del ponte Morandi il 14 agosto 2018. A leggere tra le righe del comunicato, nel quale si parla di “gravi danni” e si lascia intravedere la crisi di liquidità, l’ultimo ricatto è proprio sulla garanzia statale miliardaria visto il crollo del traffico a causa del Covid-19: in caso di no, verranno cancellati gli investimenti. Non solo: la società annuncia anche un’imminente azione legale per tutelarsi.
La netta presa di posizione è maturata nel corso di un consiglio di amministrazione straordinario convocata per analizzare la situazione di Autostrade. Si parte criticando la mancanza di risposte “alla proposta formale inviata” da Autostrade al ministero delle Infrastrutture e Trasporti lo scorso 5 marzo, “al fine di trovare una soluzione condivisa relativamente al procedimento di contestazione in corso ormai da quasi due anni”. Insomma la holding dice di aver teso la mano all’alba dell’emergenza Covid-19 e di restare in una “situazione di incertezza” pur “avendo autorevoli esponenti dell’esecutivo manifestato pubblicamente, fin dallo scorso febbraio, la propria disponibilità a valutare le proposte” che ammontano appunto a 14,5 miliardi di investimenti, compresi 2,9 come compensazione per il Morandi, una riduzione delle tariffe per i pendolari e la ricostruzione del ponte. Nel frattempo, attacca ancora Atlantia, la ministra Paola De Micheli ha “dichiarato l’avvenuta conclusione dell’analisi del dossier” che potrebbe portare alla revoca della concessione.
I due anni di battaglia, l’incertezza sulla revoca e le mosse propedeutiche del governo, è la lettura di Autostrade, hanno “determinato gravi danni all’intero gruppo” e generato “preoccupazione sul mercato e a tutti gli stakeholder”. Ad infastidire Atlantia, che vorrebbe la seconda più alta maxi-garanzia dopo i 6,3 miliardi chiesti da Fca, è in particolare l’articolo 35 del decreto Milleproroghe che ha eliminato le penali da versare ai concessionari in caso di revoca per inadempimento, caso in cui potrebbe rientrare il crollo del ponte Morandi e quanto sta emergendo dalle inchieste della procura di Genova: quelle modifiche, secondo la holding dei Benetton, hanno finito per stravolgere “il quadro di riferimento” per gli investitori e le banche e “hanno determinato il downgrade del rating” da parte di Moody’s lo scorso 3 gennaio.
E quindi è diventato, scrive Atlantia, “particolarmente difficile l’accesso ai mercati finanziari” e si è generata una “grave tensione finanziaria” che è stata “aggravata anche dai pesanti effetti della pandemia”. Di fronte ai quali, sostiene ancora la holding che controlla Autostrade, Cassa Depositi e Prestiti ha rifiutato anche a “inizio aprile” una linea di finanziamento da 200 milioni “anche in ragione” del Milleproroghe nonostante fosse stata “definita” già nel 2017 e restino “ad oggi inutilizzati 1,3 miliardi di euro”.
Il traffico sulla rete gestito da Autostrade, nel periodo di lockdown, continua Atlantia, “ha subìto un tracollo con punte massime dell’80%, generando una perdita di ricavi stimata in oltre 1 miliardo di euro per il solo 2020″. E, insomma, è il ragionamento in questo scenario il prestito garantito è essenziale per non dover tagliare posti di lavoro. Di fronte alle indiscrezioni, il viceministro allo Sviluppo Economico, Stefano Buffagni, aveva già detto “no grazie”. E la holding lo attacca bollando la sua risposta come “contrastante” con lo spirito del decreto Rilancio e “basate piuttosto su valutazioni e criteri di natura ampiamente discrezionale e soggettiva”.
“Tutto ciò causa danni per Atlantia e le sue controllate. Per cui diventa impossibile per la società – che deve tutelare 31.000 dipendenti di cui 13.500 in Italia oltre all’indotto, rispondere ai propri creditori, bondholders e alle proprie controparti commerciali, oltre che a più di 40.000 azionisti nazionali e internazionali – non valutare di intraprendere azioni a tutela dei propri interessi”, è l’avviso del consiglio di amministrazione di Atlantia che ha quindi deciso lo stop agli investimenti, salvo 900 milioni per “garantire manutenzioni e investimenti per la sicurezza” della rete e ha dato mandato “ai propri legali di valutare tutte le iniziative necessarie per la tutela della società e del gruppo, visti i gravi danni”.
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venerdì 17 febbraio 2017

Milleproroghe, ok del Senato. Ecco tutte le novità da taxi a editoria.

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Via libera tra le proteste dall'aula del Senato. Sulla richiesta del governo di fiducia al maxiemendamento al decreto che "recepisce sostanzialmente le modifiche della commissione", ha spiegato la ministra per i rapporti con il Parlamento Anna Finocchiaro 153 i sì, 99 no e nessun astenuto. Il provvedimento passa ora all'esame della Camera che deve approvarlo entro la scadenza del 28 febbraio.
Numerose le modifiche al decreto "Omnibus" del governo in cui, come da tradizione, è finito un po' di tutto, dalla proroga alla Dis-coll a quella per le norme antincendio in asili, hotel e rifugi, passando per la proroga alla Bolkestein sul commercio a quella sull'applicazione delle norme che regolamentano gli Ncc e Uber, entrambe misure che hanno suscitato le proteste degli ambulanti, martedì, e dei tassisti, oggi. Il maxiemendamento - che inglobava i circa 100 emendamenti approvati in commissione Affari costituzionali - ha richiesto ieri sera diverso tempo per la bollinatura da parte della ragioneria dello Stato, facendo slittare il voto dell'aula a stamattina. Nel testo finale sottoposto oggi alla commissione Bilancio, sono state espulse alcune norme considerate doppioni o senza copertura.
COMMERCIO
Le principali modifiche approvate riguardano innanzitutto la proroga all'applicazione della direttiva Bolkestein al 31 dicembre 2018, superando quindi l'emendamento Mirabelli - che escludeva i Comuni che avevano già attivato i nuovi bandi - e che aveva scatenato la rumorosa protesta degli ambulanti che per ore martedì avevano fatto sentire la loro voce sotto palazzo Madama.
TAXI 
Protesta dei tassisti su corso Rinascimento, davanti il Senato, contro l'emendamento inserito nel decreto milleproroghe che, è l'accusa, favorirebbe servizi come Uber. La norma rimanda al 31 dicembre il termine entro cui il ministero delle Infrastrutture deve emanare il provvedimento finalizzato a impedire le pratiche di esercizio abusivo dei taxi e quelle di noleggio con conducente.
FISCO
Tra gli emendamenti approvati, c'è l'ok a due soli invii all'anno delle fatture Iva durante i primi dodici mesi di applicazione dello spesometro, il primo entro il 16 settembre 2017 e il secondo entro febbraio 2018. Restano invece le 4 scadenze annuali per le liquidazioni Iva.
TASSA DI SBARCO Un'altra modifica al testo inserisce invece la possibilità di introdurre una tassa fino a 2,5 euro per sbarcare sulle isole minori, in alternativa alla tassa di soggiorno.
PRECARI ISTAT
Soddisfatti i precari Istat: dopo le vibranti proteste dei 350 ricercatori precari dell'istituto, che nei giorni scorsi si erano "impossessati" dell'account Twitter dell'istituto ed erano stati anche ricevuti in direzione Pd potranno partecipare al concorso interno per l'assunzione.
PROROGA DIS-COLL 
Via libera all'emendamento per la proroga della Dis-Coll, cioè l'indennità di disoccupazione per i Collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co), mentre si conferma lo stop del mini aumento delle pensioni anche nel 2017.
RIENTRO CERVELLI IN FUGA
Approvata anche la norma che estende al 30 aprile 2017 il regime fiscale agevolato per il rientro dei cervelli in fuga, che permette di considerare reddito complessivo soltanto il 70% dell'intero reddito, con una riduzione della base imponibile ai fini Irpef del 30%.
TERREMOTI
Misure anche per i terremotati: via libera all'emendamento Pezzopane (Pd) che assicura per un ulteriore anno e fino a dicembre 2018 i contratti dei lavoratori precari del comune dell'Aquila e dei comuni del cratere. Il decreto conferma anche il differimento del pagamento dei mutui presso la Cassa Depositi e Prestiti, accesi dai Comuni colpiti dal sisma del 2012.
PARTITI POLITICI
Un altro anno di tempo, fino al 31 dicembre 2017, per i partiti politici per trasmettere i rendiconti relativi agli anni 2013, 2014 e 2015.
SLITTANO OBBLIGHI ANTINCENDIO
Rinviata l'entrata in vigore, al 31 dicembre 2017, delle norme antincendio negli asili nido, negli alberghi e nei rifugi.
CIGS SETTORE ITTICO
Ok anche allo stanziamento di 17 milioni di euro per la copertura della Cassa integrazione in deroga rivolta ai lavoratori del settore ittico nel 2016.
BONUS IRPEF PER CHI COMPRA CASAEsteso per tutto il 2017 il bonus Irpef per chi acquista una casa di classe A o B. Fino al 31 dicembre si potrà detrarre dall'imposta lorda il 50% dell'importo corrisposto per il pagamento dell'Iva per all'acquisto di un immobile ad alta efficienza energetica.
AFFITTI
I proprietari di case in affitto, non dovranno più registrare il contratto di locazione nel 730 per avere diritto alla cedolare secca.
LOTTERIA SCONTRINI
Rimandato al primo novembre 2017 l'avvio della sperimentazione della lotteria nazionale legata agli scontrini per gli acquisti con carta di debito o credito, introdotta nella legge di bilancio.
SALVI I PRECARI AGCOM
Cresce l'Autorità garante del mercato e della concorrenza, con un emendamento he consente di portare il totale dei dipendenti da 150 a 180 unità.
DIRITTI TV CALCIO
Slitta il trasferimento del 10% dei diritti audiovisivi incassati dalla Lega calcio di serie A ai settori giovanili, che scatterà a partire dal primo luglio 2017 (il vecchio termine era il 31 gennaio).
CINEMA E FONDAZIONI LIRICHE
Una parte delle risorse per le imprese di produzione cinematografica, per il 2017, potrà essere destinata all'Istituto Luce per la cineteca nazionale. Aumentano di 12 milioni le risorse per le fondazioni lirico sinfoniche con una quota massima di 4 milioni, dovrà essere destinata ad Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria interessati dagli eventi sismici dello scorso anno.
ANAS E RFI
Niente limiti alle assunzioni e stop alla spending review in Anas, mentre viene prorogato fino al 30 settembre 2017 del contratto di programma 2012-2014 con Rfi, in attesa dell'approvazione del nuovo.
EDITORIA
Rimandata anche l'applicazione della legge sull'editoria per quanto riguarda il contributo alle imprese e le regole di calcolo. Il contributo pubblico massimo liquidabile non può eccedere il 50 per cento dell'ammontare complessivo dei ricavi riferiti alla testata.
PROROGA IRES E IRAPProroga di 15 giorni per la trasmissione delle dichiarazioni Ires e Irap, da trasmettere entro il 16 ottobre.
AGENZIA ENTRATE
Prorogata di un anno la durata del mandato dei delegati nei consigli di rappresentanza militare e la finestra dei concorsi pubblici per coprire le vacanze di organico dei dirigenti delle Agenzie fiscali.

giovedì 9 febbraio 2017

Ryder Cup, lunedì a Londra la parola fine? Governo e Federgolf (smascherati) scaricano le colpe e tentano l’ennesima forzatura. - Giordano Cardone e Vendemiale

Ryder Cup, lunedì a Londra la parola fine? Governo e Federgolf (smascherati) scaricano le colpe e tentano l’ennesima forzatura

Senza la garanzia statale da 97 milioni di euro, la società che detiene i diritti della manifestazione potrà revocare all'Italia l'organizzazione della competizione. Per l'esecutivo è lotta contro il tempo. Ma dall'entourage della FederGolf spiegano al Fatto.it: "C’è una percentuale molto alta di possibilità che il torneo non si faccia più da noi".

Hanno provato a infilarla ovunque, nascosta nelle pieghe di provvedimenti che con lo sport non avevano nulla a che fare. Prima nella manovra (alla voce sport e giovani), poi nel decreto fiscale, infine nel Salva-risparmio (con un emendamento a una legge sullo sport dilettantistico). Non hanno mai spiegato: il progetto, le voci di spesa e come i soldi pubblici sarebbero stati impiegati, con la trasparenza come optional neanche preso in considerazione. Sono stati scoperti, sempre. E il tentativo è stato rispedito al mittente, per il merito ma soprattutto per il metodo. Ora, quando il tempo per salvare capra e cavoli è quasi scaduto, la buttano in politica: colpa dei populismo, del partito del “no tutto”, dei disfattisti. E invece se la garanzia statale da 97 milioni di euro per la Ryder Cup di golf è stata bloccata ieri dal presidente del Senato Pietro Grasso e prima ancora dalla Commissione finanze della Camera, la causa è molto chiara: la strada da percorrere era sbagliata. Serviva un’iniziativa alla luce del sole, un disegno di legge ben spiegato. Organizzatori, FederGolf, ministri, premier ed ex premier lo hanno capito solo ora, con colpevole ritardo. Rimedi? Cambiare strategia, all’ultima curva di un percorso compromesso da scelte sbagliate e arroganza di palazzo e di potere.
“Adesso la Ryder Cup è davvero a rischio”. Dall’altra parte del telefono c’è chi sin dall’inizio ha scommesso sull’edizione italiana del torneo di golf più importante al mondo. Risponde alle domande del fattoquotidiano.it, vuole rimanere nell’anonimato ed è molto preoccupato: sa, infatti, che senza la famosa garanzia governativa l’Italia è ad un passo dal perdere la manifestazione che si dovrebbe tenere (condizionale d’obbligo a questo punto) nel 2022 a RomaI 60 milioni già nascosti e approvati nella legge di Bilancio non bastano: secondo quanto apprende ilfattoquotidiano.it, lunedì 13 febbraio scade il tempo a disposizione del Comitato organizzatore per presentare alla società detentrice dei diritti della manifestazione la copertura economica totale dell’evento. Una copertura che al momento non c’è e che rappresenta la conditio sine qua non posta dagli inglesi al momento dell’assegnazione. A questo punto il Milleproroghe, in chiusura in questi giorni al Senato, diventa l’ultimo treno su cui salire in corsa per salvare l’evento. Ma i tempi e i margini di manovra sono strettissimi, e all’interno degli stessi ambienti federali è maturata la consapevolezza che “c’è una percentuale molto alta di possibilità che il torneo non si faccia più da noi”. Appena un anno, due mesi e due giorni dopo lo storico annuncio del dicembre 2015, l’avventura italiana della Ryder Cup potrebbe essere già finita.
Mercoledì mattina, quando in aula Pietro Grasso ha spiegato che l’emendamento firmato dal senatore Turano è inammissibile perché il decreto “serve per tutelare i risparmiatori e non i golfisti o gli organizzatori delle manifestazioni golfistiche”, alla FederGolf è crollato il mondo addosso. Immediatamente sono iniziate le telefonate incrociate tra il Comitato organizzatore, il Coni e il ministero dello Sport: non si aspettavano l’ennesima bocciatura, la terza dopo lo stralcio dalla manovra e dal decreto fiscale per l’opposizione del deputato dem Francesco Boccia alla Camera. Anche perché al Senato tutto sembrava essersi risolto, dopo l’ok della Commissione Finanze. La dichiarazione di inammissibilità è stata un fulmine a ciel sereno, di cui i diretti interessati non hanno nemmeno compreso subito la portata. In Federazione e all’interno del governo pensavano di avere più tempo: infatti avevano già cominciato a ragionare sull’ipotesi di presentare un ddl ad hoc in parlamento, come confermato anche dalle prime dichiarazioni a caldo del presidente Chimenti a Repubblica.it (poi parzialmente ritrattate). Invece adesso siamo alla corsa contro il tempo, come ammette persino il ministro dello Sport, Luca Lotti: “Mi dispiace ma a questo punto vedo la strada un po’ più in salita”.
Lunedì 13 febbraio il Management Board della Ryder Cup Europe si riunirà in Inghilterra: aspetta dal Comitato organizzatore la presentazione dei documenti, comprese tutte le garanzie economiche che sono state sottoscritte nel contratto. A quanto risulta a Il Fatto.it, quel documento prevede, nero su bianco, l’impegno dello Stato italiano per un totale di 157 milioni di euro, la cifra esatta a cui ammonta il business plan dell’evento: 60 milioni di euro (i contributi pubblici che serviranno per triplicare il montepremi dell’Open d’Italia) ci sono, gli altri 97 no. La garanzia è vincolante e la scadenza non più derogabile: per questo adesso è davvero possibile, per non dire probabile, che l’edizione del 2022 salti definitivamente. Contattati da ilfattoquotidiano.it, dall’Inghilterra per il momento preferiscono non sbilanciarsi: “Siamo in costante contatto con la Federazione dal giorno dell’assegnazione e continueremo ad esserlo. Non abbiamo altro da aggiungere” sono le uniche dichiarazioni ufficiali della Ryder Cup Europe, che lascia aperto uno spiraglio. Ma il governo dovrà correre ai ripari entro lunedì. Anzi, prima.
L’ultimo strumento normativo in cui provare a reinserire la garanzia è infatti il Milleproroghe, che però è in dirittura d’arrivo al Senato: il termine per la presentazione degli emendamenti da parte dei senatori è già scaduto, fino a giovedì 9 febbraio possono ancora essere depositate proposte di modifica da parte del governo o del relatore (il senatore Stefano Collina, renziano doc). L’esecutivo sembrava poco orientato a percorrere questa strada, per evitare altre figuracce e non urtare la sensibilità della presidenza che si è già pronunciata negativamente (anche perché anche qui ci sarebbero gli estremi di inammissibilità, e le opposizioni sono ormai sul piede di guerra). Ma a questo punto non sembrano esserci alternative (difficile ipotizzare un decreto d’urgenza ad hoc) e il governo fare un ultimo tentativo: “Ci proveranno ancora”, si dice nei corridoi di Palazzo Madama. In Federazione, invece, hanno deciso di convocare una conferenza stampa d’emergenza per provare a spiegare all’opinione pubblica cosa accadrà. Nell’ordine: che la garanzia non verrà toccata grazie agli accordi con Infront e altri sponsor, che lo Stato guadagnerà dalla manifestazione 83 milioni di euro solo di contributi fiscali e che le varie iniziative previste a favore dei giovani faranno bene a tutto il movimento. Tutto quello che non è stato fatto fino ad oggi, e che qualcuno forse adesso si è pentito di non aver detto prima. La mossa della disperazione per cercare di ottenere il via libera alla garanzia entro il fine settimana, dopo mesi di silenzio e di nessuna trasparenza: sia da parte della politica (che ha infilato le misure pro Ryder Cup in tutte le occasioni possibili e immaginabili) che dagli organizzatori, che non hanno mai risposto alla richiesta di spiegazioni sul progetto. “Non si neghi questa opportunità al nostro Paese solo per una inutile rincorsa al populismo” è l’appello del ministro Lotti. “Qui non è che il golf vuol vincere la candidatura: è già stata acquisita con impegni già presi. A meno che il Paese non voglia fare una figura che si commenta da sola, non dobbiamo aggiungere altro” precisa il numero uno del Coni, Giovanni Malagò.
Se così non sarà, lunedì il comitato organizzatore scriverà una lettera piena di imbarazzo al Board della Ryder Cup, in cui spiegherà che al momento non è stato possibile trovare la copertura governativa per tutte le risorse indicate nel progetto. E proverà a chiedere tempo per rivolgersi ad un altro ente bancario. Ma a quel punto gli inglesi (che pretendono l’impegno diretto dello Stato, e non accettano fidejussioni private) potrebbero davvero decidere che assegnare l’edizione del 2022 all’Italia è stato solo un grosso errore, portando altrove il torneo di golf più prestigioso (e più caro) al mondo. Con grande disagio di chi doveva gestire la questione alla luce del sole e invece ha preferito i giochi di palazzo e di potere.