Visualizzazione post con etichetta Giovanni Malagò. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giovanni Malagò. Mostra tutti i post

giovedì 9 febbraio 2017

Ryder Cup, lunedì a Londra la parola fine? Governo e Federgolf (smascherati) scaricano le colpe e tentano l’ennesima forzatura. - Giordano Cardone e Vendemiale

Ryder Cup, lunedì a Londra la parola fine? Governo e Federgolf (smascherati) scaricano le colpe e tentano l’ennesima forzatura

Senza la garanzia statale da 97 milioni di euro, la società che detiene i diritti della manifestazione potrà revocare all'Italia l'organizzazione della competizione. Per l'esecutivo è lotta contro il tempo. Ma dall'entourage della FederGolf spiegano al Fatto.it: "C’è una percentuale molto alta di possibilità che il torneo non si faccia più da noi".

Hanno provato a infilarla ovunque, nascosta nelle pieghe di provvedimenti che con lo sport non avevano nulla a che fare. Prima nella manovra (alla voce sport e giovani), poi nel decreto fiscale, infine nel Salva-risparmio (con un emendamento a una legge sullo sport dilettantistico). Non hanno mai spiegato: il progetto, le voci di spesa e come i soldi pubblici sarebbero stati impiegati, con la trasparenza come optional neanche preso in considerazione. Sono stati scoperti, sempre. E il tentativo è stato rispedito al mittente, per il merito ma soprattutto per il metodo. Ora, quando il tempo per salvare capra e cavoli è quasi scaduto, la buttano in politica: colpa dei populismo, del partito del “no tutto”, dei disfattisti. E invece se la garanzia statale da 97 milioni di euro per la Ryder Cup di golf è stata bloccata ieri dal presidente del Senato Pietro Grasso e prima ancora dalla Commissione finanze della Camera, la causa è molto chiara: la strada da percorrere era sbagliata. Serviva un’iniziativa alla luce del sole, un disegno di legge ben spiegato. Organizzatori, FederGolf, ministri, premier ed ex premier lo hanno capito solo ora, con colpevole ritardo. Rimedi? Cambiare strategia, all’ultima curva di un percorso compromesso da scelte sbagliate e arroganza di palazzo e di potere.
“Adesso la Ryder Cup è davvero a rischio”. Dall’altra parte del telefono c’è chi sin dall’inizio ha scommesso sull’edizione italiana del torneo di golf più importante al mondo. Risponde alle domande del fattoquotidiano.it, vuole rimanere nell’anonimato ed è molto preoccupato: sa, infatti, che senza la famosa garanzia governativa l’Italia è ad un passo dal perdere la manifestazione che si dovrebbe tenere (condizionale d’obbligo a questo punto) nel 2022 a RomaI 60 milioni già nascosti e approvati nella legge di Bilancio non bastano: secondo quanto apprende ilfattoquotidiano.it, lunedì 13 febbraio scade il tempo a disposizione del Comitato organizzatore per presentare alla società detentrice dei diritti della manifestazione la copertura economica totale dell’evento. Una copertura che al momento non c’è e che rappresenta la conditio sine qua non posta dagli inglesi al momento dell’assegnazione. A questo punto il Milleproroghe, in chiusura in questi giorni al Senato, diventa l’ultimo treno su cui salire in corsa per salvare l’evento. Ma i tempi e i margini di manovra sono strettissimi, e all’interno degli stessi ambienti federali è maturata la consapevolezza che “c’è una percentuale molto alta di possibilità che il torneo non si faccia più da noi”. Appena un anno, due mesi e due giorni dopo lo storico annuncio del dicembre 2015, l’avventura italiana della Ryder Cup potrebbe essere già finita.
Mercoledì mattina, quando in aula Pietro Grasso ha spiegato che l’emendamento firmato dal senatore Turano è inammissibile perché il decreto “serve per tutelare i risparmiatori e non i golfisti o gli organizzatori delle manifestazioni golfistiche”, alla FederGolf è crollato il mondo addosso. Immediatamente sono iniziate le telefonate incrociate tra il Comitato organizzatore, il Coni e il ministero dello Sport: non si aspettavano l’ennesima bocciatura, la terza dopo lo stralcio dalla manovra e dal decreto fiscale per l’opposizione del deputato dem Francesco Boccia alla Camera. Anche perché al Senato tutto sembrava essersi risolto, dopo l’ok della Commissione Finanze. La dichiarazione di inammissibilità è stata un fulmine a ciel sereno, di cui i diretti interessati non hanno nemmeno compreso subito la portata. In Federazione e all’interno del governo pensavano di avere più tempo: infatti avevano già cominciato a ragionare sull’ipotesi di presentare un ddl ad hoc in parlamento, come confermato anche dalle prime dichiarazioni a caldo del presidente Chimenti a Repubblica.it (poi parzialmente ritrattate). Invece adesso siamo alla corsa contro il tempo, come ammette persino il ministro dello Sport, Luca Lotti: “Mi dispiace ma a questo punto vedo la strada un po’ più in salita”.
Lunedì 13 febbraio il Management Board della Ryder Cup Europe si riunirà in Inghilterra: aspetta dal Comitato organizzatore la presentazione dei documenti, comprese tutte le garanzie economiche che sono state sottoscritte nel contratto. A quanto risulta a Il Fatto.it, quel documento prevede, nero su bianco, l’impegno dello Stato italiano per un totale di 157 milioni di euro, la cifra esatta a cui ammonta il business plan dell’evento: 60 milioni di euro (i contributi pubblici che serviranno per triplicare il montepremi dell’Open d’Italia) ci sono, gli altri 97 no. La garanzia è vincolante e la scadenza non più derogabile: per questo adesso è davvero possibile, per non dire probabile, che l’edizione del 2022 salti definitivamente. Contattati da ilfattoquotidiano.it, dall’Inghilterra per il momento preferiscono non sbilanciarsi: “Siamo in costante contatto con la Federazione dal giorno dell’assegnazione e continueremo ad esserlo. Non abbiamo altro da aggiungere” sono le uniche dichiarazioni ufficiali della Ryder Cup Europe, che lascia aperto uno spiraglio. Ma il governo dovrà correre ai ripari entro lunedì. Anzi, prima.
L’ultimo strumento normativo in cui provare a reinserire la garanzia è infatti il Milleproroghe, che però è in dirittura d’arrivo al Senato: il termine per la presentazione degli emendamenti da parte dei senatori è già scaduto, fino a giovedì 9 febbraio possono ancora essere depositate proposte di modifica da parte del governo o del relatore (il senatore Stefano Collina, renziano doc). L’esecutivo sembrava poco orientato a percorrere questa strada, per evitare altre figuracce e non urtare la sensibilità della presidenza che si è già pronunciata negativamente (anche perché anche qui ci sarebbero gli estremi di inammissibilità, e le opposizioni sono ormai sul piede di guerra). Ma a questo punto non sembrano esserci alternative (difficile ipotizzare un decreto d’urgenza ad hoc) e il governo fare un ultimo tentativo: “Ci proveranno ancora”, si dice nei corridoi di Palazzo Madama. In Federazione, invece, hanno deciso di convocare una conferenza stampa d’emergenza per provare a spiegare all’opinione pubblica cosa accadrà. Nell’ordine: che la garanzia non verrà toccata grazie agli accordi con Infront e altri sponsor, che lo Stato guadagnerà dalla manifestazione 83 milioni di euro solo di contributi fiscali e che le varie iniziative previste a favore dei giovani faranno bene a tutto il movimento. Tutto quello che non è stato fatto fino ad oggi, e che qualcuno forse adesso si è pentito di non aver detto prima. La mossa della disperazione per cercare di ottenere il via libera alla garanzia entro il fine settimana, dopo mesi di silenzio e di nessuna trasparenza: sia da parte della politica (che ha infilato le misure pro Ryder Cup in tutte le occasioni possibili e immaginabili) che dagli organizzatori, che non hanno mai risposto alla richiesta di spiegazioni sul progetto. “Non si neghi questa opportunità al nostro Paese solo per una inutile rincorsa al populismo” è l’appello del ministro Lotti. “Qui non è che il golf vuol vincere la candidatura: è già stata acquisita con impegni già presi. A meno che il Paese non voglia fare una figura che si commenta da sola, non dobbiamo aggiungere altro” precisa il numero uno del Coni, Giovanni Malagò.
Se così non sarà, lunedì il comitato organizzatore scriverà una lettera piena di imbarazzo al Board della Ryder Cup, in cui spiegherà che al momento non è stato possibile trovare la copertura governativa per tutte le risorse indicate nel progetto. E proverà a chiedere tempo per rivolgersi ad un altro ente bancario. Ma a quel punto gli inglesi (che pretendono l’impegno diretto dello Stato, e non accettano fidejussioni private) potrebbero davvero decidere che assegnare l’edizione del 2022 all’Italia è stato solo un grosso errore, portando altrove il torneo di golf più prestigioso (e più caro) al mondo. Con grande disagio di chi doveva gestire la questione alla luce del sole e invece ha preferito i giochi di palazzo e di potere.

sabato 24 settembre 2016

Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Come ha speso i soldi il comitato organizzatore del Coni. - Lorenzo Vendemiale

Olimpiadi 2024: viaggi, contratti e consulenze (d’oro). Come ha speso i soldi il comitato organizzatore del Coni

La cifra dei 20 milioni di danno erariale che l'organizzazione guidata da Malagò sarebbe pronta a chiedere alla Raggi non è ricostruibile nei dettagli. Ma nel bilancio del Coni 2015 e in quello di previsione 2016 si trovano tracce di almeno 10 milioni di spese già stanziate o effettuate: dal rifacimento degli uffici, a 450mila euro di supporto tecnico legale, fino alle diverse figure professionali arruolate con contratti biennali da 200mila euro più "quote variabili". E ancora, 150mila euro di trasferte e 785mila euro di "altri costi per servizi".

Viaggi e campagne promozionali, nuovi uffici e convegni, contratti e consulenze d’oro. Anche da 200mila e passa euro all’anno. Vincere le Olimpiadi ha un prezzo. E per aggiudicarsi quelle di Roma 2024 il Comitato promotore ha già speso diversi milioni di euro. Su cui adesso che la candidatura sembra ormai arrivata a fine corsa, rischia di spostarsi la battaglia con il Campidoglio. Se il consiglio approverà la delibera di revoca della candidaturaGiovanni Malagò è intenzionato a rivolgersi alla Corte dei Conti per “danno erariale”: “Qualcuno dovrà rispondere del fatto che sono stati spesi dei soldi pubblici”. Già, ma come?
LA MINACCIA DEL DANNO ERARIALE – È questa la domanda che è stata posta da più parti, specie dal Movimento 5 stelle: “Visto che il presidente Malagò ha tirato in ballo la sindaca dicendo che chiederà questi 20 milioni di euro di danni, vorrei sapere come sono stati spesi e se ha intenzione di rendicontare”, ha detto il deputato Simone Valente. “Il Coni è un ente pubblico e tutte le spese sono online”, la replica del numero uno dello sport italiano. A inizio 2016 il presidente Luca Cordero di Montezemolo aveva stimato il costo complessivo della candidatura in 24,9 milioni di euro, di cui 5 privati. Di qui la cifra dei 20 milioni di cui si parla. Alcuni progetti non vedranno mai la luce, altri sono già stati realizzati: difficile quantificare con esattezza il totale, che poi è la cifra che potrebbe essere eventualmente contestata davanti alla Corte dei Conti. Forse superiore ai 10 milioni di euro: una rendicontazione al dettaglio, infatti, ancora non è disponibile. Sicuramente non sul sito del Comitato promotore (che però è solo una branca della Coni Servizi Spa). Ma cercando fra le pieghe del bilancio Coni 2015 e della previsione per il 2016 è possibile farsi un’idea di come siano stati spesi i soldi per promuovere una candidatura ormai quasi fallita.
spese-roma-2024-2015
LA SEDE AL FORO ITALICO E LE CONSULENZE D’ORO – Gli sforzi della Coni Servizi si sono mossi essenzialmente in tre direzioni: mettere a disposizione del Comitato una sede e uno staff, predisporre il dossier olimpico nelle sue varie fasi e step (lo stesso che è stato consegnato al Cio e bocciato dalla giunta M5s), realizzare le attività di comunicazione del progetto. Tutti e tre i punti hanno avuto i loro costi. Di viaggi in giro per il mondo per promuovere l’immagine di Roma e la sua candidatura, ad esempio, solo nel 2015 (ancora di rodaggio) se ne sono andati circa 150mila euro. Tra gli investimenti strutturali dello scorso anno ci sono anche 590mila euro, di cui una parte è servita per riqualificare l’immobile adibito a sede dell’unità operativa per Roma 2024. Malagò aveva promesso di fare tutto “in house”, e così è stato: la casa del Comitato è stata individuata all’interno del Parco del Foro Italico, già di proprietà del Coni. Uffici comunque nuovi di zecca. Ma a colpire l’attenzione sono soprattutto i costi del personale. Se Montezemolo ha svolto il suo incarico da presidente a titolo gratuito, lo stesso non si può dire degli altri rappresentanti e collaboratori vari del Comitato. La coordinatrice Diana Bianchedi, ad esempio, ha firmato un contratto biennale dal valore di 190mila euro (l’anno, ovviamente), a cui bisogna aggiungere altri 38mila euro di quota variabile. Per il direttore della Comunicazione Fabio Guadagnini, volto noto di Sky e Fox Sports, sono previsti 200mila euro, più 40mila di possibili premi (chissà se raggiunti, a questo punto). E ancora: 90mila euro per Roberto Daneo, advisor del dossier che aveva già svolto lo stesso incarico per Expo 2015; 100mila euro per il planning manager Simone Perillo, 45mila euro per il programma multimediale di valorizzazione artistico/sportiva della città. Ma anche 40mila euro per chi ha curato il progetto del bacino remiero, o 25mila euro per quello delle gare di vela (che non si disputeranno mai). Alcuni di questi contratti erano a progetto, altri sono già stati stipulati fino al 31 dicembre 2017. E salvo sorprese o rinunce dovranno essere onorati.
2,2 MILIONI NEL 2015, PIÙ DEL TRIPLO NEL 2016 – Dal punto di vista tecnico, funziona più o meno così: il governo stanzia dei fondi, il Comitato promotore di Roma 2024 spende quei soldi attraverso la Coni Servizi (la società per azioni che rappresenta il braccio operativo economico del Comitato olimpico). E quest’ultima al termine delle operazioni si fa riaddebitare dall’Ente i costi sostenuti. Il tutto ovviamente al di fuori del contratto di servizio, che vale da solo 124 milioni di euro di contributi pubblici l’anno. Nel bilancio 2015, già approvato e pubblicato, si legge che lo scorso anno sono stati spesi 2,2 milioni di euro per le attività di Roma 2024. La voce più alta è tutt’altro che definita nel dettaglio: 785mila euro di “altri costi per servizi”. Ma ci sono anche 450mila euro di supporto tecnico legale, 485mila euro di collaborazionie prestazioni professionali, 150mila euro di viaggi e di trasferte, più altre uscite minori riconducibili a catering, convegni, materiali, merci. Solo un anticipo delle spese ben più consistenti del 2016: nel budget per l’anno corrente, infatti, sono segnati 7,5 milioni di euro di costi previsti. Un +5,1 rispetto al 2015, visto che le attività “avranno particolare impulso considerando che si tratta dell’anno precedente a quello in cui il Cio designerà la città ospitante l’evento”. Quando verrà approvato il consuntivo 2016 si saprà cosa e quanto è stato speso con precisione. Al conto, poi, manca anche il 2017: nell’ultima legge di stabilità il governo aveva stanziato 8 milioni di euro con vincolo di destinazione per le attività del Comitato promotore nel prossimo anno. Almeno questi verranno recuperati, anche se una parte potrebbe essere già stata impegnata. Come più volte ribadito dal Coni, sono tutte spese lecite, autorizzate dalla legge e da quella mozione con cui proprio il Campidoglio aveva presentato domanda di candidatura. La stessa che ora la Giunta guidata da Virginia Raggi deve revocare per chiudere ogni discorso su Roma 2024. Nell’ottica del Comitato solo un investimento (inferiore rispetto a quello sostenuto da Los Angeles e Parigi) per vedersi assegnata la manifestazione (e con essa 1,7 miliardi di contributi dal Cio). Adesso, però, la candidatura di Roma 2024 se ne va, i costi restano. In fondo è proprio questa la tesi del danno erariale.

giovedì 22 settembre 2016

Olimpiadi Roma 2024, “danno erariale da 20 milioni”: la carta del Coni contro Raggi. - Lorenzo Vendemiale

Olimpiadi Roma 2024, “danno erariale da 20 milioni”: la carta del Coni contro Raggi

La sindaca del M5S ha detto no alla candidatura della Capitale e Giovanni Malagò, presidente del Comitato Olimpico, avverte: "Le consiglio di non presentare la mozione" per mettere fine alla procedura. Perché "gli amministratori che firmeranno quella delibera dovranno assumersi le loro responsabilità".

“Consiglio alla Raggi di non presentare la mozione per dire no alla candidatura”. Dopo la giornata che ha (quasi) posto la parola fine all’avventura di Roma 2024, il suggerimento di Giovanni Malagò suona come una minaccia. O quantomeno un avvertimento: al Coni sperano ancora di riaprire in extremis il sogno olimpico. Ma se davvero bisognerà rinunciare alla candidatura, non intendono arrendersi senza combattere: l’ultima carta che il comitato promotore può giocare è lo spauracchio di un procedimento per danno erariale contro la sindaca Virginia Raggi (e contro tutti i consiglieri che dovessero votare a favore della sua decisione).
LO SPAURACCHIO DEL DANNO ERARIALE – Dopo l’annuncio della Raggi, resta un ultimo passo formale da compiere per archiviare Roma 2024: una delibera della Giunta comunale, da ratificare anche in Assemblea, che annulli l’analogo provvedimento con cui il Campidoglio aveva votato a favore di Roma 2024. La candidatura è nata sull’asse Renzi-Malagò, entrambi entusiasti del progetto. Ma formalmente a suo tempo fu proprio l’amministrazione capitolina (allora guidata da Ignazio Marino) a chiedere a Coni e governo di candidare Roma all’edizione del 2024 e allo Stato di impegnare fondi pubblici. Cosa che è avvenuta: circa 20 milioni di euro sono stati spesi negli ultimi due anni dal comitato promotore. A questo fa riferimento Malagò quando dice che “ora gli amministratori che eventualmente firmeranno quella delibera dovranno assumersi le loro responsabilità”. La legge, infatti, prevede la responsabilità individuale per chi cagiona un danno alle casse dello Stato, in questo caso causato dalla “discontinuità amministrativa” rispetto alla precedente gestione. Venti milioni di euro non sono pochi spiccioli per un Comune con un debito miliardario, ma sono un patrimonio per dei semplici consiglieri comunali, che (sempre a detta del Coni) potrebbero doversi trovare a rispondere per circa 500mila euro a testa.
SPADA DI DAMOCLE SUL VOTO DECISIVO – Per ora l’argomento non sembra aver fatto molta presa sul governo del Campidoglio: “Il danno erariale c’è stato per i Mondiali di nuoto nel 2009 e per tutti i grandi eventi fatti a Roma, questo è certo”, ha ribattuto Daniele Frongia. Esponenti del Movimento 5 stelle romano spiegano di essere “tranquilli”: “Non abbiamo potuto chiedere un parere all’avvocatura capitolina, non c’erano i tempi tecnici. Ma lo staff che coadiuva il sindaco ci ha rassicurato a riguardo: non ci saranno problemi”. Anche al Coni, però, sono sicuri del fatto loro: avrebbero già contatto esperti contabili e ci sarebbe anche un precedente a rafforzare la loro tesi. Di qui il consiglio “spassionato” di Malagò alla sindaca. Il Comitato promotore spera ancora che la ratifica della mozione (che è già stata presentata) fino alla fine non arrivi. “Per la Raggi passare dal Consiglio sarà un problema: chi se la sentirà di votare un provvedimento sapendo che rischia di rovinarsi?”. D’altra parte, pare anche difficile che la giunta possa fare marcia indietro dopo la conferenza stampa di oggi. Ma se davvero ci sarà l’ok da parte del Consiglio, il giorno dopo il Coni si rivolgerà alla Corte dei Conti. “Noi siamo amministratori pubblici, è chiaro che abbiamo avuto dei fondi tramite una legge dello Stato e siamo soggetti ai controlli del Mef” –ha spiegato il numero uno dello sport italiano – quindi giuridicamente ed economicamente è evidente che dobbiamo girare l’azione di responsabilità verso gli amministratori che firmeranno quella delibera”.
LA RABBIA DEL COMITATO – Certo, il Coni potrebbe anche lasciar cadere la questione nel vuoto, incassando la fine della candidatura come successo altrove. Ma è davvero difficile che ciò accada dopo quando accaduto. Non tanto l’annuncio, quanto le sue modalità sono state recepite come un vero e proprio affronto personale sia nel Comitato olimpico che in quello promotore. Il ritardo all’appuntamento fissato in Campidoglio e l’attesa di circa 40 minuti, la conferenza stampa con lo sfondo delle Vele di Calatrava (simbolo dello spreco dei Mondiali di nuoto organizzati proprio da Malagò): la Raggi sembra aver scelto il modo più plateale possibile per dire no alla candidatura. Il suo staff sostiene che la sindaca ha avuto un semplice contrattempo, ed era praticamente arrivata quando la delegazione ha deciso di andarsene. Per altri, la prima cittadina si sarebbe infastidita per la domanda della diretta streaming dell’incontro da parte di Malagò. Una richiesta parte di una strategia precisa: il presidente del Coni avrebbe voluto inchiodare in pubblico la sindaca, proponendo di rimettere la questione ai cittadini con un referendum (a cui la stessa Raggi si era dichiarata favorevole in campagna elettorale). Solo voci. I fatti sono quelli di un incontro programmato da prima dell’estate, fissato per un’ora prima di una decisione già presa e saltato all’ultimo minuto. Col senno di poi, anche la riunione tecnica della sera precedente viene giudicata una “farsa” da ambienti Coni: “Era già tutto deciso, ci hanno preso in giro”.
ROTTURA TOTALE – Tutto questo non ha fatto altro che esacerbare gli animi. La Raggi ha parlato, il Movimento 5 stelle si è ricompattato attorno a lei (sono arrivati anche i complimenti di Beppe Grillo), il Coni ha perso. Al di là delle parole di facciata "vedremo, fino a che non arriva un atto formale la candidatura è ancora in piedi”, a Palazzo H il clima si respirava clima da fine viaggio. Abbracci, dirigenti commossi, frasi di circostanza: “ È stato bello”, “Bravi lo stesso”. Andare avanti senza il sostegno del Campidoglio dal punto di vista tecnico sarebbe anche possibile, ma non viene ritenuta una pista percorribile: “Perché sarebbe controproducente: potremmo anche arrivare a Lima, ma perderemmo di sicuro. Chi voterebbe una città che non vuole i Giochi?”. Allora la candidatura di Roma 2024 a questo punto ha davvero avere le ore contate. Anche se il suo strascico potrebbe essere molto lungo.
A prescindere dal fatto che la Raggi sa quel che fa, considerato che è laureata in giurisprudenza, il danno erariale che millanta Malagò deriva dalle promesse fattegli da chi ha preceduto l'attuare sindaco, quindi, a rigor di logica, dovrebbe essere la vecchia giunta comunale a far fronte ai danni provocati dalle promesse mancate.
Oltretutto, Malagodi, prima di chiedere il risarcimento per danno erariale, dovrà spiegare coma ha speso i 20 milioni dei nostri soldi già erogatigli dalla precedente giunta comunale.
Ma la giurisprudenza, si sa, è infarcita di cavilli studiati e varati dai volponi della politica, quindi, il guazzabuglio è assicurato.
La giustizia, in Italia, non esiste, è lungi da venire.