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lunedì 20 gennaio 2025

Scoperta nella Regio IX di Pompei una sontuosa domus con terme private. - Mario Cardone

 

POMPEI. La casa romana (e pompeiana), come palcoscenico di una vita sontuosa e funzionale all’affermazione del rango sociale del dominus, costituiva un mezzo indispensabile all’arrampicata politica del medesimo, dal momento che l’accoglienza offerta agli ospiti doveva essere necessariamente opulenta per le famiglie patrizie, destinate per rango a gestire il potere, mentre i ricchi liberti la utilizzavano per affermarsi nel contesto pubblico.

Un grande complesso termale, rinvenuto all’interno di una domus privata pompeiana, annesso al suo sontuoso salone delle feste con banchetti, è emerso nel cantiere di scavo dell’insula 10 della Regio IX di Pompei. Si tratta, secondo gli esperti del Parco, di una delle maggiori terme domestiche pompeiane emerse sinora.

La sua vicinanza immediata al sontuoso salone nero di convivio attesta la funzione pubblica della casa privata di Pompei, in quanto è stata concepita come un palcoscenico sociale, pensato allo scopo di arricchire e consolidare rapporti di potere del suo dominus.

Le terme rinvenute, composte da calidariumtepidariumfrigidarium e spogliatoio (apodyterium), accoglievano fino a trenta persone, a giudicare dalle panchine presenti nell’ultimo tra gli ambienti elencati. Di grande effetto figura la sala fredda, composta da una corte con una grande vasca interna.

Il commento nel comunicato del Parco sulla scoperta delle terme della Regio IX, site in prossimità alla sala da banchetto della domus, s’ispira al Satyricon di Petronio, in cui il ricco liberto Trimalcione aveva offerto una famosa cena ambientata in una città campana di I secolo d.C., non dissimile da Pompei, prima dell’eruzione del 79 d.C. Nel romanzo si narra che prima del banchetto i conviviali, incluso Trimalcione, si erano bagnati nelle terme.

La casa con edificio termale occupava la parte sud dell’insula 10, e doveva appartenere ad un personaggio di elevato rango sociale. Presenta le pareti decorate in II e III Stile, che dimostrano una storia familiare importante. Di sicuro, chi ne era il padrone l’aveva fatta allestire appositamente per ben figurare.

Le pitture di III stile conferiscono agli ambienti domestici l’atmosfera classica conferita dalla rappresentazione di tematiche della grecità mitica, tipica dell’otium aristocratico praticato all’epoca. Esprimeva influsso greco anche il peristilio con la grande vasca al centro, mentre il resto del complesso termale adiacente conferiva all’ambiente un rango da ginnasio greco, accentuato dalle scene atletiche successivamente apportate.

Si immagina che gli ospiti, a conclusione di un opulento e spettacolare banchetto, avrebbero sicuramente applaudito con ammirazione alla regia della magnifica iniziativa, orchestrata a meraviglia dal ricco padrone di casa e, dopo una serata incantevole trascorsa nel suo “ginnasio”, ne avrebbero parlato a lungo.

L’ingresso principale della domus esaminata era a sud. Qui era probabilmente collocato un atrio, dal quale si giungeva a un grande giardino con colonne che occupa quasi l’intera larghezza dell’isolato. Su un lato del peristilio si aprivano una serie di vani.

Da ovest a est: un grande oecus (soggiorno) decorato in II stile, un corridoio, un piccolo ambiente decorato in IV stile e un oecus corinzio, circondato da almeno 12 colonne su tre lati, con una megalografia di II stile con un fregio e con nature morte che rappresentano cacciagione e prodotti della pesca, probabilmente offerti in degustazione agli ospiti durante i banchetti.

https://www.madeinpompei.it/2025/01/18/scoperta-nella-regio-ix-di-pompei-una-sontuosa-domus-con-terme-private/

sabato 18 aprile 2020

Fontana scarica uffici e Rsa. Ma per i Covid pagava triplo. - Natascia Ronchetti

Fontana scarica uffici e Rsa. Ma per i Covid pagava triplo

Il governatore difende la delibera che chiedeva posti nelle case di riposo per i pazienti positivi: “Toccava a loro e alle Ast decidere”.
L’operazione scaricabarile sulla famosa delibera dell’8 marzo, con la quale la Regione Lombardia ha disposto il trasferimento dei pazienti Covid in via di miglioramento nella case di riposo, è iniziata. “La delibera è stata proposta dai nostri tecnici – ha detto ieri il presidente della Regione, Attilio Fontana –. I nostri esperti ci hanno riferito che a determinate condizioni, e cioè che esistessero dei reparti assolutamente isolati dal resto della struttura e addetti dedicati esclusivamente ai malati Covid, la cosa si poteva fare”.
I tecnici sono i dirigenti del settore Welfare della Regione, a partire da Luigi Cajazzo, direttore generale: e infatti la proposta di delibera è stata messa sul tavolo della giunta direttamente dall’assessore al Welfare, Giulio Gallera. Poi c’è la questione relativa ai controlli, cioè alla verifica che effettivamente le Rsa che hanno aperto le porte ai malati Covid avessero i requisiti richiesti: tutto in capo alle aziende sanitarie – dice adesso Fontana –, vale a dire alle Ats. In Regione spiegano che il percorso è stato limpido, trasparente, regolare; che la delibera è arrivata, come sempre avviene, dopo una istruttoria tecnica: anche se con l’approvazione scatta contemporaneamente anche un’altra responsabilità, quella tutta politica. Ma tant’è.
Così, mentre procede l’indagine della magistratura, il cerino viene dato in mano ai cosiddetti tecnici, alle aziende sanitarie e, per ultime, alle stesse case di riposo. Sulle quali la Regione indaga con due sue commissioni: una sul Pio Albergo Trivulzio, l’altra sulle stesse Rsa. Alle aziende sanitarie è già stata chiesta una relazione, qualcuna l’ha già inoltrata. Lo hanno fatto quelle che hanno competenza sulle aree dove sono presenti le case di riposo che hanno effettivamente accolto pazienti Covid. Si sa, sono solo 15 su oltre 700 (dati diffusi dalla stessa Regione), delle quali sei nel Bergamasco, tre in provincia di Mantova, due nel Lodigiano, una in provincia di Brescia, una a Milano. Poi ci sono Sondrio, Pavia…
Proprio nel Bergamasco, una delle zone più colpite dal contagio, c’è chi ha aggiornato puntigliosamente i conti della mattanza dei nonni. È la Cgil. “Dal primo marzo alla prima metà di aprile, 1.326 decessi, il 24% del totale degli anziani ospiti”, dice il segretario provinciale Gianni Perecchi –. Abbiamo fatto una ricognizione noi, perché l’Ats di Bergamo i numeri non ce li fornisce”. E dire che fino a pochi giorni fa, ufficialmente, gli anziani morti erano meno della metà: 600. Perecchi è tra quelli che non ci stanno al gioco del rimpallo. Perché se è vero che le case di riposo sono strutture private, come sottolinea la Regione, è anche vero che operano su accreditamento, con un contratto di budget, condizione che le mette anche, inevitabilmente, in una posizione di subalternità. “La Regione ha una funzione di controllo, di sorveglianza e di supporto – prosegue Perecchi –. E ricordo che alle Rsa che a fine febbraio avevano chiuso agli accessi per prudenza, ordinò la riapertura, mandando degli ispettori attraverso l’Ats. Nella nostra provincia le case di riposo di pazienti Covid ne hanno accolti una settantina. L’operazione, voluta per alleggerire gli ospedali, non ha dimostrato nemmeno efficacia”.
Al gioco si sottraggono anche le associazioni delle Rsa, come Uneba, a cui ne fanno capo in Lombardia circa quattrocento: “Fino al 30 marzo la Protezione civile requisiva le mascherine destinate alle case di riposo – dice il presidente Luca Degani -, solo adesso che il dramma è esploso le cose sono cambiate. La verità che si doveva porre fin dall’inizio grande attenzione a queste strutture perché hanno in carico le persone più fragili”. È ancora Degani a ricordare che l’accreditamento da parte della Regione può essere sospeso o revocato. “È già successo”, dice. E quando questo avviene viene meno quel contributo pubblico, da parte del sistema sanitario regionale, che per ogni anziano oscilla tra i 29 e i 49 euro al giorno, a seconda delle patologie.
Questione non irrilevante, visto che sullo sfondo resta il tema del rimborso previsto dalla Regione come retta giornaliera per ogni paziente Covid degente: 150 euro, più del triplo della tariffa massima prevista. Quanto alle commissioni di indagine, tutte le associazioni hanno chiesto di essere ascoltate. “Una cosa è certa – dice Degani –. C’è stata difficoltà a cogliere il rilievo di luoghi di rischio come le nostre strutture”.