Quest’anno, in mancanza del giallo dell’estate (tipo il delitto della contessa Alberica Filo della Torre), della hit dell’estate (tipo Vamos a la playa) e del gioco dell’estate (tipo il frisbee), partiti e giornaloni al seguito han deciso di trastullarsi col Mes, il Meccanismo europeo di stabilità che, per quanto pallosissimo, è insieme un giallo, una hit e un gioco di società. Ciascuno, per carità, si diverte come può. Ma qui ci vanno di mezzo il governo, la maggioranza, la reputazione dell’Italia in Europa e altre questioni un po’ più serie di un passatempo da spiaggia. Infatti del Mes si parla esclusivamente in Italia: nessun altro Stato membro dell’Ue (a parte forse Cipro) intende chiederlo. Il che la dice lunga sul provincialismo italiota e sulla vantaggiosità del Mes: le condizionalità sono sparite a parole, ma nei fatti i trattati non sono cambiati; dunque è sempre possibile che chi chiede i soldi si veda poi imporre ex post di ristrutturare il suo debito sovrano secondo il graziosi diktat della Trojka. Ieri persino il segretario del Pd Nicola Zingaretti, la cui competenza e le cui competenze in materia sfuggono ai più, ha spiegato le 10 ragioni per cui l’Italia deve assolutamente accedere al Mes, e alla svelta. Pare che non si sia neppure premurato di avvertire il premier, che aveva appena ribadito le perplessità non tanto sullo strumento in sé, quanto sulla convenienza di chiederlo noi soli. E aveva spiegato che è meglio attendere le mosse degli altri partner Ue, per non restare isolati a tendere il cappello come accattoni alla fame.
Già, perché il Mes è fatto apposta per Paesi in stato prefallimentare: chi lo chiede ammette di non farcela da solo e dà un pessimo segnale ai famosi “mercati”. I mercati che due anni fa allarmavano il presidente Mattarella al punto da indurlo a invocarli esplicitamente per giustificare la mossa più incauta e incomprensibile del suo mandato: il respingimento del primo governo Conte perché aveva come ministro dell’Economia quel pericoloso terrorista anti-euro di Paolo Savona, che poi invece gli andò benissimo agli Affari europei (sic!) con il suo prediletto Giovanni Tria all’Economia. Ora evidentemente i “mercati” non esistono più. E il primo che passa per la strada, persino la Lorenzin, Bonaccini e financo l’Innominabile (manca solo Scalfarotto), dà fiato alla bocca e invoca il Mes come gli ebrei in fuga dall’Egitto la manna dal cielo. Intanto chi dovrebbe decidere (il ministero dell’Economia, come ha ricordato Conte alla Merkel), tace. E parte il solito teatrino all’italiana, con i competenti per definizione (Pd, Iv e FI) pro Mes e i barbari incompetenti (M5S, Lega e FdI) contro. Ma le cose non stanno affatto così.
Il Mes ha i suoi pro e contro (vedi pagg. 6 – 7); sarebbe meglio riuscire a farne a meno; non sarebbe scandaloso se invece alla fine fossimo costretti a chiederlo, possibilmente insieme ad altri Paesi Ue; parlarne ora è assurdo e pericoloso, perché ancora non conosciamo dettagli e dimensioni del Recovery Fund e questa batracomiomachia alla vigilia del Consiglio europeo decisivo del 17-18 luglio indebolisce il potere contrattuale dell’Italia. Come arrendersi prima di giocare la partita. Non sappiamo se Zinga, mentre scriveva il suo compitino all’insaputa di Conte, abbia informato il suo ministro e il suo viceministro dell’Economia, Roberto Gualtieri e Antonio Misiani. Ma, sia come sia, i due dovrebbero parlare. Perché furono proprio loro a dire che l’Italia non ha bisogno del Mes e non lo chiederà: non secoli fa, ma poche settimane fa. Disse Gualtieri l’11 aprile al Tg3: “Abbiamo sempre detto che il Mes non ha la dimensione adeguata per mettere in campo risorse necessarie, tra 1 e 1,5 trilioni. Ci stiamo concentrando sugli eurobond e sul fondo per la rinascita dell’Europa, abbiamo detto che non abbiamo bisogno del Mes, ma ci siamo impegnati perché offra a tutti i Paesi che ne faranno richiesta – c’erano molti Paesi interessati – delle risorse senza nessuna condizionalità. Questa è la proposta che l’Eurogruppo mette sul tavolo del Consiglio europeo, che dovrà decidere se si potrà attivare per i Paesi che fanno richiesta di questa linea di credito senza nessuna condizionalità. Ma l’Italia punta a un obiettivo più ambizioso: il fondo per la rinascita dell’Europa”. Ora quel fondo (il Recovery Fund) è realtà e i Paesi che avevano chiesto all’Italia di appoggiare il Mes anche senza chiederlo, in primis la Spagna, non lo vogliono più: perché dovremmo volerlo noi? Gualtieri ha cambiato idea e, se sì, perché?
Due giorni dopo il suo vice Misiani dichiarò a Canale5: “Non utilizzeremo i fondi del Mes” (13 aprile). Misiani ha cambiato idea e, se sì, perché? Un altro grande sponsor last minute del Mes è Carlo Cottarelli. Lo stesso che il 28 aprile scriveva su Repubblica, a quattro mani con Enzo Moavero, che – in costanza dei trattati – il rischio di condizionalità ex post è tutt’altro che scongiurato; che il Mes ci farebbe risparmiare “un punto e mezzo” sul “nostro tasso di interesse di mercato”, cioè appena “2-2,5 miliardi su sette anni”; e soprattutto che “ricercare l’ausilio del Mes potrebbe segnalare ai mercati che siamo più in difficoltà di altri; il rischio sarebbe ridotto se procedessimo insieme ad altri Stati, fra cui qualcuno di dimensione comparabile alla nostra”. Posto che nessun altro Stato intende chiederlo (tranne forse Cipro), Cottarelli ha cambiato idea e, se sì, perché?