Arriva il concorso per le specializzazioni, con il triplo di borse rispetto al 2018: addio all’imbuto formativo. Per gli ospedali forze fresche anti carenze.
Dopo lo tsunami che ha investito gli ospedali italiani che durante le ondate più violente del Covid si sono trovati a corto di posti letto e di medici, soprattutto rianimatori e anestesisti da assoldare in fretta e furia per la trincea delle terapie intensive e quasi impossibile da trovare, arriva la prima concreta contromisura.
Il Servizio sanitario nazionale mette in palio una quantità di borse di studio mai viste nella storia che consentiranno a 17.400 giovani laureati in medicina di specializzarsi facendo pratica negli ospedali, dove grazie anche alle norme approvare durante l’emergenza, potranno essere assunti con contratti a tempo determinato e a tempo parziale già dal terzo anno di formazione (le specializzazioni durano in media 4-5 anni) riempiendo così carenze e buchi negli organici ridotti all’osso dopo anni di tagli – in 10 anni il Ssn ha perso oltre 40mila operatori – e di uscite di massa anche a causa di quota 100 e della fuga più recente dal settore pubblico dei camici bianchi che nel privato hanno trovato meno stress e stipendi più alti.
La lezione della pandemia.
Questo maxi-ingresso di forze fresche è una boccata d’ossigeno fondamentale che garantirà il rafforzamento del Ssn dopo i colpi duri inferti dal Covid. «La pandemia – ricorda il ministro della Salute Roberto Speranza al Sole 24 Ore – ci ha insegnato che una mascherina o un respiratore puoi comprarlo sul mercato internazionale. Un medico no. Un medico va formato con investimenti pluriennali. Con le 17.400 borse – sottolinea ancora il ministro della Salute – programmiamo la più grande immissione di medici che si sia vista nella storia recente del nostro Paese. È la risposta giusta a questi mesi così difficili».
Numeri da record.
In effetti il numero di borse messe a disposizione è da record, visto che solo nel 2018 erano un terzo (6.200) e due anni fa neanche la metà (8mila), mentre per il 2020 – primo anno della pandemia – il Governo era corso ai ripari con un primo aumento importante di borse di specializzazione medica che erano state portate a 13.400.
Ora il nuovo balzo con altri 4mila posti in più, uno sforzo ingente che è stato possibile anche grazie ai fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, visto che questo investimento rientra tra i primi impegni di spesa del Pnrr per la salute che sulla formazione investe 740 milioni.
Il numero di borse dell’anno scorso e di quest’anno assestano un colpo quasi mortale al fenomeno tutto italiano del cosiddetto “imbuto formativo”: per anni i laureati in medicina dopo il titolo in buona parte non trovavano posto nei corsi post-laurea di fronte alle poche borse disponibili (in passato circa 6mila di media) rimanendo esclusi dalla specializzazione necessaria per lavorare in ospedale. E così si è formata una coda che si è ingrossata negli anni.
«Lo scorso anno ci furono 24 mila concorrenti su 14 mila posti per specializzarsi – ricorda Angelo Mastrillo, docente in organizzazione delle professioni sanitarie, dell'Università di Bologna – . Dunque, ci dovrebbero essere circa 10mila medici che non entrarono lo scorso anno. Se li aggiungiamo agli ipotetici altri 10mila laureati del 2020 diventano 20 mila a concorrere sugli attuali 17.400 mila posti promessi dal Governo, anche se potrebbero essere ancora di più i candidati visto che ci sono anche tutti quelli che si sono immatricolati nel 2014-2015 dopo aver vinto il ricorso contro l’esclusione per il numero chiuso a Medicina».
Rischio imbuto lavorativo.
Per ora non è ancora deciso se questo maxi-aumento di borse continuerà anche nei prossimi anni. Resta comunque aperto tutto il tema della programmazione dei posti per il percorso formativo per diventare medici che dura un decennio (laurea più specializzazione). Se l’imbuto formativo potrebbe essere quasi del tutto superato in futuro potrebbe crearsi il rischio di un imbuto lavorativo.
Se i posti di ingresso al corso di laurea in medicina dovessero crescere ancora – oggi siamo arrivati a 14mila posti disponibili – in futuro dopo il 2030 potrebbe crearsi una eccessiva offerta di giovani medici. Con il rischio di vederli fuggire all’estero dopo essersi formati in Italia, anche perché i nostri stipendi sono più bassi di 30-40mila euro lordi l’anno rispetto a quelli di molti Paesi del Nord Europa. Una nuova beffa dopo quella che ha visto tanti giovani camici bianchi aspettare anni prima di potere entrare in una corsia d’ospedale.
IlSole24Ore