mercoledì 27 gennaio 2016

"Se Dio esiste dovrà chiedermi perdono."


(Scritta trovata su un muro ad Auschwitz)

Expo 2015, Sala: “Non sapevo dell’appalto dato da Fiera all’architetto De Lucchi”. Ma i documenti lo smentiscono. - Luigi Franco

Expo 2015, Sala: “Non sapevo dell’appalto dato da Fiera all’architetto De Lucchi”. Ma i documenti lo smentiscono

Il candidato alle primarie del centrosinistra per il Comune di Milano dice a Repubblica: "Nel caso di quell'appalto non avevamo fatto alcun nome". Il Corriere, però, pubblica un atto firmato dall'ad di Expo in cui è dimostrato l'esatto contrario. Ilfattoquotidiano.it, inoltre, ha scoperto che il professionista (lo stesso che ha ristrutturato la villa al mare di Sala) ha eseguito altri incarichi per l’esposizione universale: ecco quali.

Giuseppe Sala ce la mette tutta per rendere la sua posizione sempre più indifendibile. “Non sapevo dell’affidamento di Fiera, o certamente non lo ricordavo”, dice in un’intervista a Repubblica riguardo all’incarico per gli allestimenti del padiglione Zero e dell’Expo Center, curati da Michele De Lucchi. Lo stesso architetto che il manager ha fatto lavorare nella sua villa al mare di Zoagli (Genova). “Nel caso dell’appalto dato da Fiera, non avevamo fatto alcun nome”, aggiunge l’amministratore delegato di Expo e candidato alle primarie milanesi del centrosinistra. Peccato che nello stesso giorno il Corriere citi un documento in cui Expo il nome di De Lucchi a Fiera lo fa, eccome. E l’atto è firmato dallo stesso Sala: un’integrazione alla convenzione con cui Expo incarica Fiera della realizzazione degli allestimenti, in cui nero su bianco si premette che “al fine di procedere ad affidare la progettazione del Padiglione Zero, Expo spa ha acquisito una soluzione ideativa dall’architetto Michele De Lucchi”. Una premessa che legittimerà Fiera a dare il lavoro a De Lucchi, senza gara e per quasi 500mila euro più Iva, in modo da garantire la “continuità” con il professionista che si è già occupato del concept del padiglione per 110mila euro, questa volta su incarico di Expo, ma sempre senza gara.
Nulla che Sala abbia raccontato a Repubblica. O che abbia detto nella conferenza stampa di mercoledì, da lui stesso convocata per dare i suoi chiarimenti sui lavori eseguiti da De Lucchi nella villa al mare, ovvero il progetto “di una parte degli interni e delle finiture esterne della casa”. Per una parcella da 70mila euro più Iva. Ma la lista delle omissioni di Sala non si ferma qui. Ilfattoquotidiano.it ha scoperto infatti che l’architetto ha eseguito altri incarichi per l’esposizione universale. Ha lavorato per il padiglione di Intesa Sanpaolo, e soprattutto per il progetto della Via d’Acqua Sud, l’appalto affidato alla Maltauro e finito al centro dell’inchiesta che nell’ottobre del 2014 ha portato agli arresti dell’ex vice commissario di Expo Antonio Acerbo e di Domenico Maltauro. Un secondo filone scaturito dalle indagini che qualche mese prima avevano scoperchiato la “cupola degli appalti” di Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, facendo finire in carcere Angelo Paris, in quel momento braccio destro di Sala in Expo, ed Enrico Maltauro, l’allora amministratore delegato della società di costruzioni.
Ebbene, tra i consulenti della Malturo che hanno contribuito a disegnare il progetto della Via d’Acqua Sud c’era anche lo studio di De Lucchi. Niente di illecito. Solo che questo Sala non lo ha detto. Anzi, parlando della sua casa a Zoagli, il candidato alle primarie si è preso pure il lusso di scherzare: “Se De Lucchi ha ricevuto 110mila euro per il Padiglione Zero e 70mila da me per una casa, ciò dimostra che sono un bravissimo negoziatore quando si tratta di soldi pubblici e non quando sono i miei”. Una mezza verità. Come detto, l’archistar ha incassato anche 500mila euro per gli allestimenti del padiglione Zero e dell’Expo Center da Fiera Milano. Oltre che altri 59mila euro ricevuti da Expo, per l’ideazione e il concept dell’icona itinerante Agorà.
Somme da aggiungere a quanto fatturato a Intesa Sanpaolo. E a Maltauro, per la consulenza sulla Via d’Acqua Sud, un appalto originariamente affidato per 42,5 milioni di euro, poi scesi a 13 per la riduzione dei lavori decisa in seguito alle proteste dei comitati No Canal. Quanto sia stato il compenso per De Lucchi, ilfattoquotidiano.it  lo ha chiesto al suo studio, che però non ha fornito dettagli in quanto tali informazioni “riguardano privati rapporti contrattuali”. Ieri Sala diceva di non avere “niente da nascondere sugli incarichi all’architetto. Ho parlato solo di quelli di Expo Spa, perché è questa la società che amministro”. Resta che l’aspirante sindaco non ha detto tutta la verità. E tra le cose che ha omesso, una riguarda documenti da lui stesso firmati. E l’altra è legata a un appalto che ha già fatto scandalo.

Caso Saguto, indagato per corruzione e concussione anche ex prefetto di Palermo. - Giuseppe Pipitone

Prefetto-Francesca-Cannizzo

Francesca Cannizzo, trasferita a novembre 2015, era già finita nell'inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti di Caltanissetta a causa di un fortissimo legame che la lega alla zarina delle misure di prevenzione, al centro di un cerchio magico fatto di favori, prebende e raccomandazioni all'ombra dei beni sequestrati a Cosa nostra.

Nell’inchiesta sulla gestione dei beni sequestrati a Cosa nostra c’è un altro autorevole indagato. L’ex prefetto di Palermo, Francesca Cannizzo, è infatti sospettata di corruzione e concussione in concorso con Silvana Saguto, l’ex presidente della sezione misure di prevenzione del tribunale del capoluogo siciliano, figura principale dell’inchiesta della Procura di Caltanissetta. Cannizzo ha occupato la poltrona più alta della prefettura di Palermo fino al novembre del 2015, quando il ministero dell’Interno aveva provveduto a trasferirla, sostituendola poi con Antonella De Miro. Già prima della formale iscrizione nel registro degli indagati, infatti, il nome dell’ex prefetto era già finito nell’inchiesta coordinata dai procuratori aggiunti di Caltanissetta Lia Sava e Gabriele Paci.
Colpa di un fortissimo legame che lega Cannizzo alla Saguto, la zarina delle misure di prevenzione, al centro di un cerchio magico fatto di favori, prebende e raccomandazioni all’ombra dei beni sequestrati a Cosa nostra. Non è un caso, infatti, se il magistrato sotto inchiesta arriva a festeggiare il suo sessantesimo compleanno a Villa Pajno, residenza ufficiale prefettizia: merito del rapporto strettissimo che la lega al prefetto. A leggere le intercettazioni disposte dai magistrati nisseni, emerge poi come tra le due donne ci sia stato un continuo scambio di favori. Come quando il ricercatore universitario Carmelo Provenzano chiama la Saguto ringraziandola per la segnalazione del suo nome al prefetto di Palermo “quale potenziale commissario del Cara di Mineo”, annotano le fiamme gialle.
“Ti volevo dire che ieri, davanti a me, ha telefonato quella da Roma per chiedere i dati al prefetto”, dice il magistrato a Provenzano, che subito risponde entusiasta: “Mamma mia se è così, prima di festeggiare, un bacio in bocca ti do guarda. Sei una potenza”. In un altra occasione, invece, è la Saguto che chiama un amministratore giudiziario, per una richiesta ben precisa: “Io ti devo chiedere il favore per il prefetto: di quello là da assumere”. “È un inferno”, è invece la lamentela consegnata alle microspie dalla stessa Cannizzo, turbata per il traffico cittadino che le impedisce una puntatina al mare. “Ce ne possiamo fregare dell’inferno se vieni con me, abbiamo la mia macchina, c’è la preferenziale”, risponderà pronta la Saguto, titolare di un’auto blindata con tanto di lampeggiante, che in almeno un’occasione è stata spedita in lavanderia per ritirare “la casacca del prefetto”.
È per meglio indagare sull’effettivo ruolo di Cannizzo che i pm nisseni hanno chiesto sei mesi di proroga delle indagini. Ma non solo. Gli inquirenti vogliono anche approfondire i rapporti tra l’ex zarina delle misure di prevenzione e l’avvocato Gaetano Cappellano Seminara, asso pigliatutto delle amministrazioni giudiziarie. Il legale, negli anni, ha accumulato decine di incarichi, tutti conferiti dalla sezione misure di prevenzione e retribuiti con compensi milionari. Nello stesso periodo, lo studio legale Cappellano Seminara si è avvalso delle preziosissime consulenze, pagate con cifre a cinque zeri, dell’ingegner Lorenzo Caramma, che – manco a farlo apposta – è il marito della Saguto.

martedì 26 gennaio 2016

Natura e cultura, un buon connubio.



https://www.facebook.com/thewoodworkingtips/photos/a.189539714513006.46530.189537827846528/786912204775751/?type=3&theater

Honda Clarity a idrogeno sbarca in Usa, Europa entro autunno.

Honda Clarity a idrogeno sbarca in Usa, Europa entro autunno © Honda

In California costerà 60.000 dollari. 


(ANSA) - ROMA, 26 GEN - Al Washington Auto Show, dove sono state diffuse le specifiche e il prezzo per il mercato statunitense, la nuova Clarity ha destato grande curiosità.

Spaziosa e confortevole, la terza generazione della Honda a idrogeno sarà venduta anche in Europa, a partire dal prossimo autunno. Con una linea più filante, un abitacolo più spazioso della Toyota Mirai e cinque posti anziché quattro, la vettura della Casa di Hamamtsu con motori elettrici alimentati da pile chimiche si prepara, quindi, a lanciare una sfida globale alla rivale delle Tre ellissi.

L'attacco della Clarity avrà uno dei suoi palcoscenici fondamentali in California, dove sarà disponibile da fine 2016 a un prezzo di 60.000 dollari, al cambio circa 55.000 euro. In alternativa l'auto sarà proposta con un leasing di circa 500 dollari al mese, pari a 460 euro. Nella prima fase di commercializzazione sarà acquistabile negli USA solo in alcune aree test, fra cui Los Angeles, la zona circostante la baia di San Francisco e Sacramento. La strategia Honda, però, prevede da subito il lancio anche in Europa, per evitare che Toyota e Hyundai e le Case tedesche monopolizzino un mercato che sta vedendo i suoi primi ma significativi sviluppi nel Centro e Nord del Vecchio continente. Dal prossimo autunno, quindi, la Clarity sarà proposta anche in alcuni Paesi della UE, con una formula che non è ancora stato chiarito se sarà di acquisto, leasing o prevederà entrambe le soluzioni.

La Clarity, che promette un'autonomia per pieno di idrogeno di oltre 480 chilometri, è stata progettata su una nuova piattaforma che servirà per lo sviluppo di una ibrida plug-in attesa sul mercato nel 2018. Rispetto alla precedente FCX Clarity che sostituisce, il nuovo modello presenta accumulatori più compatti del 33% ma con una potenza superiore del 60%.

Questo progresso ha permesso di confinare le pile fuel cell e la ''power unit'' elettrica in uno spazio comparabile a quello occupato da un benzina V6, lasciando così liberi gli ingegneri nipponici di sviluppare una cabina spaziosa e confortevole per cinque persone.


http://www.ansa.it/canale_motori/notizie/eco_mobilita/2016/01/26/honda-clarity-a-idrogeno-sbarca-in-usa-europa-entro-autunno_b758ba7f-c0b8-4d51-841e-6ff567d029e4.html


Le auto a idrogeno

In questa speciale sezione "auto idrogeno" dedichiamo la nostra attenzione alle auto di prossima concezione alimentate a idrogeno, anziché petrolio, e sul motivo che le rende così importanti. 

Cosa è un auto a idrogeno?
Un auto a idrogeno non si distingue per molti versi dalle auto tradizionali. Quello che cambia è il criterio di alimentazione. L'idrogeno è un vettore di energia, una sorta di batteria chimica in grado di conservare l'energia e rilasciarla quando viene richiesta. L'auto a idrogeno si basa su questo principio.

Cosa cambia alla stazione di servizio?
Fare il pieno a idrogeno durerà lo stesso tempo in cui oggi si riempie un serbatoio di gas gpl o metano. Attualmente esistono stazioni di servizio sperimentali per piccole flotte di auto a idrogeno, spesso acquistate dalle istituzioni pubbliche e dalle grandi aziende per favorire l'arrivo della tecnologia.

Le auto a idrogeno sono tutte uguali?
Al momento esistono due tecnologie alternative per realizzare un'auto a idrogeno. La prima è conosciuta con il nome di Fuel Cell ed è basata sulle celle di combustione da cui scaturisce l'energia elettrica per muovere i veicoli dotati a loro volta di motore elettrico. La seconda strada è la combustione diretta di idrogeno, in questo caso le automobili mantengono il tradizionale motore a combustione ma sono alimentate dall'idrogeno anziché da benzina o diesel. Quest'ultima strada viene seguita in particolar modo da BMW.

Le auto idrogeno inquinano?Le auto a idrogeno non rilasciano emissioni inquinanti ma soltanto vapore acqueo. Se l'intero parco circolante fosse composto da auto a idrogeno scomparirebbe il problema delle polveri sottili e dello smog urbano, inoltre si abbatterebbe sensibilmente l'emissione di gas serra nell'atmosfera. Va comunque precisato che l'inquinamento da delocalizzato (auto) diverrebbe accentrato nei luoghi di produzione dell'idrogeno. Quest'ultimo punto è di fondamentale importanza per valutare l'impatto ambientale finale della auto a idrogeno. In altre parole, è importante capire come sarà prodotto l'idrogeno.

Come viene prodotto l'idrogeno?
L'idrogeno è un buon vettore di energia. È però necessario produrlo poiché sulla Terra non esiste allo stato naturale ma soltanto in quello combinato con altri elementi. Attualmente può essere prodotto da tutte le fonti d'energia conosciute. L'impatto ambientale è però diverso. Ad esempio, l'idrogeno può essere prodotto tramite il reforming dagli stessi combustibili fossili. In questo caso però l'inquinamento evitato dalle auto a idrogeno viene spostato alla ciminiera della fabbrica che lo produce, pertanto l'impatto finale sull'effetto serra è uguale. L'altra strada per produrre idrogeno è il processo di elettrolisi per scindere l'acqua in atomi di idrogeno e di ossigeno. Questa seconda strada ha il vantaggio di non essere inquinante ma richiede una grande quantità di energia per funzionare che potrebbe essere fornita dalle centrali nucleari e dalle energie rinnovabili in modo pulito. In questi ultimi due casi si riducono le emissioni di gas serra in atmosfera e l'impatto finale sull'effetto serra è positivo.

lunedì 25 gennaio 2016

Pachira Acquatica - Fiore di Monguba - L'albero della prosperità. - Francesco De Agazio


Foto: Francesco de Agazio ₢

Il millenario albero della fortuna, della ricchezza e della prosperità.

Con frutti simili a quelli del Cacao, dal quale prende il nome di Cacao selvaggio, in Guadalupe, Guiana, Costa Rica, Santo Domingo, Venezuela. Mentre non è definito Cacao in Messico, Belize e Guatemala.

È una pianta associata al Cacao per il formato del frutto ed alcune caratteristiche dopo il preparo. Dai semi essiccati e lavorati è possibile ricavare una bibita con sapore simile al Cacao, quando calda. 

Di lieve intensità tossicologica, per non aver riscontrato evidenze citotossiche (tossicità per le cellule umane), i semi essicati possono essere consumati, così come le foglie. I semi sono ricche di acido palmitico (componente dell'olio ndi Palma -#Palm Oil), proteine, ed una alto tenore di Triptofano (antiossidadante), precursore anche della melatonina, e serotonina. Contiene Feninalina, Tirosina, Treonina, in qualità superiori a quelle riscontrate nel latte materno, bovino, uova. Sono stati riscontrati effetti negativi in laboratorio durante le empiriche su animali, ma gli studi affermano che in quantità stabilite sicure per l'uomo, l'uso dei semi e delle foglie non siano nocive. L'estratto etanolico ha dimostrato capacità funghicide che possono essere usate in sostituzione di erbicidi o pesticidi per il cotrollo del Fusarium, nemico delle coltivazioni di cereali, che attraverso il consumo possono danneggaire anche la salute umana e animale.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10207106464771923&set=a.4002998205271.2153900.1590574877&type=3&theater



La pachira, pianta dei soldi. - Elena Tibiletti

Pachira_4ba6fb2c

La pachira è un'elegante pianta dalle foglie peltate è arrivata in Europa da poco più di una decina d’anni. Il suo fusto è facilmente plasmabile: man mano che i piccioli delle foglie si allungano, potete intrecciarli fra loro (con delicatezza) fissandoli con gli appositi legacci di gomma morbida. Non è però una specie facile da coltivare, come tutte quelle originarie delle foreste pluviali tropicali, in particolare per quanto riguarda la quantità d’acqua da fornire.

Com’è fatta: pianta con fusto legnoso alto fino a 2 m e crescita media; foglie grandi a tre/cinque lobi, di colore verde intenso. Con particolari tecniche il tronco viene intrecciato per aumentare la decoratività. Se arriva a fiorire (cosa difficile in vaso), produce fiori simili a quelli dell’albizzia, bianchi o crema e rosso. 

Dove si coltiva: la pachira proviene dall’Estremo Oriente (Cina, Giappone, Tailandia ecc.). Si alleva in vaso in plastica, di diametro 16 cm per una pianta alta 30 cm. Se tende a crescere velocemente e non desiderate una pianta di grandi dimensioni, conviene tenerne controllato l’accrescimento, limitandone la misura del vaso (una sola misura in più, rinvasando ogni due anni). Se ci sono più piante in un solo vasetto, è bene dividerle prima che una abbia il sopravvento sulle altre. Utilizzate un buon terriccio universale alleggerito con una manciata di perlite e con aggiunta di torba per acidificarlo leggermente. Ottimo drenaggio anche sul fondo del vaso.

Come si coltiva: non sopporta i raggi del sole, quindi la posizione ideale è all’ombra luminosa tutto l’anno. Teme temperature inferiori a 8 °C e l’intervallo ideale è di 18-26 °C; non ha problemi alle alte temperature. Da maggio a settembre può vivere all’aperto all’ombra; in autunno-inverno deve vivere in appartamento. Non è facile trovare il giusto equilibrio nelle annaffiature perché, se sono troppo scarse, si seccano le punte delle foglie, se sono troppo abbondanti, appassiscono le foglie senza seccarsi prima, ma l'eccesso d'acqua porta facilmente a morte l'esemplare e la carenza causa solo una certa sofferenza. Il momento giusto per annaffiarla è quello in cui il terriccio in superficie si è asciugato e, inserendo la punta del mignolo per tutta la prima falange, si sente l'umidità solo sulla punta del dito. Va concimata ogni 30 giorni da aprile a settembre con metà dose di un prodotto liquido per piante verdi nell’acqua d’irrigazione. Tagliate le punte e le foglie secche. Si moltiplica per talea in terra in primavera (ma l’attecchimento è molto difficile in casa). 

I suoi nemici: se sulle foglie compaiono zone decolorate in cui si intravvede ancora il verde, è la clorosi ferrica; somministrate nell’acqua d’irrigazione il sequestrene (chelato di ferro) una volta al mese e irrigate con acqua decalcificata. Se le foglie presentano piccoli punti decolorati su tutta la superficie, è il ragnetto rosso. Se le punte delle foglie si seccano, il seccume pian piano si estende a tutta la lamina, la foglia si arriccia e cade, è una carenza d’acqua; aumentate quantità e frequenza degli apporti idrici e vaporizzatela ogni giorno. Se l’apice delle foglie diventa molle e bruno, e il resto della foglia progressivamente ingiallisce divenendo inconsistente, è un eccesso d’acqua. 

In aggiunta: desidera un ambiente abbastanza umido, da ottenere vaporizzando ogni giorno il fogliame con acqua priva di calcare soprattutto in estate e in pieno inverno con il riscaldamento acceso. 

Curiosità: è una parente del baobab e della chorisia (appartengono tutte alla stessa famiglia). In Estremo Oriente viene chiamata “albero della buona sorte per i soldi”: a quanto pare, le 5 foglioline attirano il denaro e il tronco intrecciato lo trattiene...


http://www.giardinaggioweb.net/posts/8310-la-pachira-pianta-dei-soldi

CRAC ETRURIA: LA RELAZIONE DEL LIQUIDATORE CHE INCHIODA PAPA’ BOSCHI E I VERTICI DELL’ISTITUTO. - Davide Vecchi



CLAMOROSO BOSCHI! CRAC ETRURIA: LA RELAZIONE DEL LIQUIDATORE CHE INCHIODA I BOSCHI E I VERTICI DELL’ISTITUTO: STATO D’INSOLVENZA PER L’ISTITUTO - IL PROCURATORE POTREBBE INDAGARE PER BANCAROTTA IL PADRE DELLA MINISTRA E GLI ALTRI AMMINISTRATORI.


Spetterà al tribunale fallimentare, nel corso dell' udienza fissata per l' 8 febbraio prossimo, accogliere la proposta del liquidatore di decretare l' insolvenza di Etruria - Da quel momento il procuratore potrà avviare un'inchiesta su ogni voce della malagestio... -

Davide Vecchi per il “Fatto Quotidiano”

Per Banca Etruria deve essere "dichiarato lo stato di insolvenza". Il commissario liquidatore Giuseppe Santoni lo scrive in maniera fin troppo chiara. Non c' è scampo: "Non (sono, ndr) necessari accertamenti ulteriori".
 
La relazione del liquidatore inchioda tutti i vertici dell' istituto di credito aretino dal 2010 in poi, compreso Pier Luigi Boschi sia nel periodo in cui è stato consigliere di amministrazione della banca - dal 2011 - sia in quello durante il quale ha ricoperto, da metà 2014, l' incarico di vicepresidente della popolare.

Prima però c' è un altro passaggio, fondamentale ma dall' esito - secondo buona parte degli attori coinvolti - scontato: la dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale fallimentare. Spetterà a quest' ultimo, infatti, nel corso dell' udienza fissata per l' 8 febbraio prossimo, accogliere la proposta del liquidatore di decretare l' insolvenza di Etruria.
 
Da quel momento il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, potrà aprire un fascicolo ipotizzando anche la bancarotta fraudolenta e avviare così un' inchiesta con approfondimenti investigativi e giudiziari su ogni voce della malagestio compiuta dagli amministratori e già certificata da Banca d' Italia in ben tre ispezioni della vigilanza che hanno poi portato nel febbraio 2015 al necessario commissariamento.

Gli inquirenti potranno spulciare ogni euro che è uscito dall' istituto di credito. Ogni euro che è stato affidato attraverso crediti, fidi, prestiti ad amici e aziende; ogni euro finito in premio di produzione (circa due milioni), ogni euro dato come compenso in consulenze (15 milioni complessivi) o persino in liquidazioni (come quella riconosciuta all' ex direttore generale, Luca Bronchi, altri due milioni). Ogni euro che ha causato il cratere nei conti e portato la banca a essere appunto insolvente cioè incapace di sopravvivere, di alimentarsi, di proseguire la propria attività.
 
Nelle circa 20 pagine di relazione firmata da Santoni - che Il Fatto ha potuto leggere - viene ripercorso, in una sorta di via crucis, il progressivo azzeramento del patrimonio netto ridotto a 22 milioni al 30 settembre 2015 e calcolato dai commissari straordinari solo dopo aver "scoperto" crediti deteriorati non indicati. La relazione è focalizzata sulla gestione della "vecchia" Etruria, precedente cioè alla divisione tra nuova banca e bad bank.

L' insolvenza è tecnicamente propedeutica alla bancarotta fraudolenta. Ma i reati potrebbero essere a cascata molti altri, a partire dalla truffa per i risparmiatori che hanno investito nelle obbligazioni subordinate. Le responsabilità penali, in questo caso, sono personali e quindi attribuibili ai singoli amministratori.
 
Lo stesso Rossi lo aveva sostanzialmente annunciato: "Se la società dovesse andare in insolvenza è chiaro che tante cose (oggi, ndr) lecite potrebbero assumere un altro rilievo". Il magistrato si era così espresso nel corso dell' audizione il 28 dicembre scorso davanti alla prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura che aveva aperto un fascicolo a suo carico ipotizzando un conflitto di interessi tra i fascicoli che riguardano Boschi e la sua consulenza con il governo avviata con l' esecutivo guidato da Enrico Letta e poi rinnovata da quello di Matteo Renzi.

I giudici hanno inizialmente ritenuto la sua posizione chiara ed esauriente tanto da indirizzarsi unanimemente verso l' archiviazione, ma nei giorni scorsi hanno riaperto il fascicolo a seguito di un servizio di Panorama che ha svelato un altro frammento del passato di Boschi collegato a Rossi: il pm aveva indagato e poi archiviato il padre del ministro delle Riforme, Maria Elena.
 
Il magistrato ha sempre ribadito la sua assoluta buona fede specificando di aver fatto semplicemente il suo mestiere: individuare e accertare eventuali reati attraverso le indagini e, non rinvenendo estremi di accusa, archiviare.
 
Per evitare ulteriori equivoci due giorni fa ha deciso di creare un pool condividendo con altri pm della procura toscana i fascicoli. Saranno loro a occuparsi, ovviamente insieme al procuratore capo, del futuro possibile capitolo relativo alla bancarotta.

Manca solo il via libera del tribunale fallimentare. "Un passaggio obbligato e dall' esito preoccupante quanto scontato", secondo alcuni legali già impegnati nella difesa di alcuni ex amministratori di Etruria. Preoccupante perché con la dichiarazione dello stato di insolvenza tutto ciò che potrebbe configurarsi come reato si eleva di grado.