CLAMOROSO BOSCHI! CRAC ETRURIA: LA RELAZIONE DEL LIQUIDATORE CHE INCHIODA I BOSCHI E I VERTICI DELL’ISTITUTO: STATO D’INSOLVENZA PER L’ISTITUTO - IL PROCURATORE POTREBBE INDAGARE PER BANCAROTTA IL PADRE DELLA MINISTRA E GLI ALTRI AMMINISTRATORI.
Spetterà al tribunale fallimentare, nel corso dell' udienza fissata per l' 8 febbraio prossimo, accogliere la proposta del liquidatore di decretare l' insolvenza di Etruria - Da quel momento il procuratore potrà avviare un'inchiesta su ogni voce della malagestio... -
Davide Vecchi per il “Fatto Quotidiano”
Per Banca Etruria deve essere "dichiarato lo stato di insolvenza". Il commissario liquidatore Giuseppe Santoni lo scrive in maniera fin troppo chiara. Non c' è scampo: "Non (sono, ndr) necessari accertamenti ulteriori".
La relazione del liquidatore inchioda tutti i vertici dell' istituto di credito aretino dal 2010 in poi, compreso Pier Luigi Boschi sia nel periodo in cui è stato consigliere di amministrazione della banca - dal 2011 - sia in quello durante il quale ha ricoperto, da metà 2014, l' incarico di vicepresidente della popolare.
Prima però c' è un altro passaggio, fondamentale ma dall' esito - secondo buona parte degli attori coinvolti - scontato: la dichiarazione di insolvenza da parte del tribunale fallimentare. Spetterà a quest' ultimo, infatti, nel corso dell' udienza fissata per l' 8 febbraio prossimo, accogliere la proposta del liquidatore di decretare l' insolvenza di Etruria.
Da quel momento il procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi, potrà aprire un fascicolo ipotizzando anche la bancarotta fraudolenta e avviare così un' inchiesta con approfondimenti investigativi e giudiziari su ogni voce della malagestio compiuta dagli amministratori e già certificata da Banca d' Italia in ben tre ispezioni della vigilanza che hanno poi portato nel febbraio 2015 al necessario commissariamento.
Gli inquirenti potranno spulciare ogni euro che è uscito dall' istituto di credito. Ogni euro che è stato affidato attraverso crediti, fidi, prestiti ad amici e aziende; ogni euro finito in premio di produzione (circa due milioni), ogni euro dato come compenso in consulenze (15 milioni complessivi) o persino in liquidazioni (come quella riconosciuta all' ex direttore generale, Luca Bronchi, altri due milioni). Ogni euro che ha causato il cratere nei conti e portato la banca a essere appunto insolvente cioè incapace di sopravvivere, di alimentarsi, di proseguire la propria attività.
Nelle circa 20 pagine di relazione firmata da Santoni - che Il Fatto ha potuto leggere - viene ripercorso, in una sorta di via crucis, il progressivo azzeramento del patrimonio netto ridotto a 22 milioni al 30 settembre 2015 e calcolato dai commissari straordinari solo dopo aver "scoperto" crediti deteriorati non indicati. La relazione è focalizzata sulla gestione della "vecchia" Etruria, precedente cioè alla divisione tra nuova banca e bad bank.
L' insolvenza è tecnicamente propedeutica alla bancarotta fraudolenta. Ma i reati potrebbero essere a cascata molti altri, a partire dalla truffa per i risparmiatori che hanno investito nelle obbligazioni subordinate. Le responsabilità penali, in questo caso, sono personali e quindi attribuibili ai singoli amministratori.
Lo stesso Rossi lo aveva sostanzialmente annunciato: "Se la società dovesse andare in insolvenza è chiaro che tante cose (oggi, ndr) lecite potrebbero assumere un altro rilievo". Il magistrato si era così espresso nel corso dell' audizione il 28 dicembre scorso davanti alla prima commissione del Consiglio Superiore della Magistratura che aveva aperto un fascicolo a suo carico ipotizzando un conflitto di interessi tra i fascicoli che riguardano Boschi e la sua consulenza con il governo avviata con l' esecutivo guidato da Enrico Letta e poi rinnovata da quello di Matteo Renzi.
I giudici hanno inizialmente ritenuto la sua posizione chiara ed esauriente tanto da indirizzarsi unanimemente verso l' archiviazione, ma nei giorni scorsi hanno riaperto il fascicolo a seguito di un servizio di Panorama che ha svelato un altro frammento del passato di Boschi collegato a Rossi: il pm aveva indagato e poi archiviato il padre del ministro delle Riforme, Maria Elena.
Il magistrato ha sempre ribadito la sua assoluta buona fede specificando di aver fatto semplicemente il suo mestiere: individuare e accertare eventuali reati attraverso le indagini e, non rinvenendo estremi di accusa, archiviare.
Per evitare ulteriori equivoci due giorni fa ha deciso di creare un pool condividendo con altri pm della procura toscana i fascicoli. Saranno loro a occuparsi, ovviamente insieme al procuratore capo, del futuro possibile capitolo relativo alla bancarotta.
Manca solo il via libera del tribunale fallimentare. "Un passaggio obbligato e dall' esito preoccupante quanto scontato", secondo alcuni legali già impegnati nella difesa di alcuni ex amministratori di Etruria. Preoccupante perché con la dichiarazione dello stato di insolvenza tutto ciò che potrebbe configurarsi come reato si eleva di grado.
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