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venerdì 15 novembre 2024

Il tarassaco: il tesoro nascosto della natura dagli innumerevoli benefici. - Valentina Guerrieri

 

Il tarassaco, spesso considerato una semplice erbaccia da giardino, è in realtà un concentrato di sostanze nutritive e proprietà medicinali. Dalle radici ai fiori gialli e brillanti, ogni parte di questa pianta offre qualcosa di prezioso per la nostra salute. Vediamoli insieme.

Utilizzato da secoli nella medicina tradizionale, il tarassaco è un vero e proprio super food che sta lentamente reclamando il posto che gli spetta nel benessere. Questo contiene alti livelli di antiossidanti che aiutano a combattere i radicali liberi, promuovendo la salute delle cellule e rallentando il processo di invecchiamento. La radice supporta la funzione immunitaria aiutando l’organismo a combattere le infezioni. Inoltre, sia la radice che le foglie stimolano la produzione di bile e di succhi digestivi, migliorando la digestione e riducendo il gonfiore. Le foglie fungono anche da diuretico naturale, aiutando a eliminare l’acqua in eccesso. Grazie alla sua natura diuretica, le foglie contribuiscono a mantenere la salute dei reni, favorendo l’eliminazione delle scorie e riducendo il rischio di calcoli renali. Il dente di leone è ricco di vitamine A, C e K, essenziali per la salute della pelle, la vista e la forza delle ossa.

I fiori, inoltre, possono essere utilizzati per preparare oli lenitivi per la pelle, riducendo le infiammazioni e i problemi di acne. Può aiutare anche a bilanciare gli ormoni, in particolare nelle donne che soffrono di menopausa. Ricco di vitamine e minerali, l’uso di infusi di foglie e radici per i capelli può nutrire il cuoio capelluto e favorirne la crescita. Il suo consumo regolare può portare a un aumento dell’energia grazie al suo elevato contenuto di vitamine e minerali. È stato dimostrato che la radice aiuta a ridurre i livelli di colesterolo cattivo e ad aumentare quello buono. Le applicazioni topiche di infusi possono lenire anche condizioni della pelle come l’eczema e la psoriasi. Infine, contiene sostanze nutritive che migliorano la memoria e la concentrazione. Le foglie si consumano preferibilmente crude in insalata o saltate in padella come contorno. Mentre i fiori si usano per preparare tè, vini o infusi.

Sebbene il tarassaco sia considerato sicuro per la maggior parte delle persone, coloro che soffrono di allergie all’ambrosia o che assumono diuretici, anticoagulanti o farmaci per il diabete dovrebbero consultare un medico prima di consumarne grandi quantità. Prendetevi il tempo per scoprire come questa pianta può migliorare la vostra salute e il vostro benessere.

https://www.piantechepassione.it/il-tarassaco-il-tesoro-nascosto-della-natura-dagli-innumerevoli-benefici/

venerdì 5 luglio 2024

Ecco perché dovresti considerarti fortunato se hai un albero di fico nel tuo giardino.

 

Avere un albero di fico nel tuo giardino è, senza dubbio, una fortuna da non sottovalutare. Questi alberi, carichi di storia e significato simbolico, portano con sé una serie di benefici tangibili e intangibili che arricchiscono la tua vita quotidiana e il tuo spazio esterno in modi sorprendenti.

Esploriamo insieme perché dovresti considerarti fortunato se hai la possibilità di godere di questa meraviglia naturale nel tuo giardino.

Benefici dei fichi e delle foglie di fico

1. Nutrienti: I fichi, frutti succosi prodotti dagli alberi di fico, sono un concentrato di nutrienti. Sono ricchi di fibre, vitamine e minerali essenziali come potassio, magnesio, vitamina A e vitamina K. Consumare fichi contribuisce a mantenere una dieta equilibrata e promuove la salute generale.

2. Sostenibilità alimentare: Avere un albero di fico nel tuo giardino significa avere accesso a una fonte di cibo sostenibile. I fichi sono facili da coltivare e richiedono poche cure, ma offrono frutti abbondanti. Questa autosufficienza può contribuire a ridurre la tua dipendenza dal supermercato e promuovere uno stile di vita più ecologico.

3. Proprietà antiossidanti: I fichi contengono potenti antiossidanti, come i polifenoli, che aiutano a combattere lo stress ossidativo nel corpo. Questi composti proteggono le cellule dai danni causati dai radicali liberi, contribuendo a ridurre il rischio di malattie croniche e a mantenere un invecchiamento sano.

4. Regolazione del transito intestinale: Le fibre presenti nei fichi favoriscono il transito intestinale regolare e aiutano a prevenire problemi digestivi come la stitichezza. Consumare fichi può contribuire a mantenere un sistema digerente sano e a promuovere una buona salute intestinale.

5. Benefici per la pelle: L’olio estratto dai semi di fichi è ricco di acidi grassi essenziali e vitamine che favoriscono la salute della pelle. Può essere utilizzato per idratare e lenire la pelle secca, ridurre l’infiammazione e migliorare l’aspetto generale della pelle.

6. Riduzione del colesterolo: Studi hanno dimostrato che i fichi possono contribuire a ridurre i livelli di colesterolo LDL nel sangue, aiutando così a migliorare la salute cardiaca. Questo li rende un’aggiunta salutare alla tua dieta.

7. Utilizzo delle goglie: Le foglie di fico, oltre ai frutti, offrono benefici. Possono essere utilizzate per preparare infusi o tè che hanno proprietà antibatteriche, antinfiammatorie e antidiarroiche. Le foglie di fico possono contribuire al benessere generale del tuo organismo.

In conclusione, possedere un albero di fico nel tuo giardino è un vero privilegio. Oltre ad aggiungere bellezza e fascino al tuo spazio esterno, offre una varietà di benefici tangibili e salutari attraverso i suoi frutti e le sue foglie.

Apprezza questa meravigliosa benedizione della natura e sfrutta al massimo tutti i vantaggi che un albero di fico può offrire.

https://www.rimedio-naturale.it/ecco-perche-dovresti-considerarti-fortunato-se-hai-un-albero-di-fico-nel-tuo-giardino.html?fbclid=IwZXh0bgNhZW0CMTAAAR23vojr8YERiCmH2JPRre06YWrvDjIx5Zahm06jlasVmKzwmTsqHgxZ2-o_aem_5ozR9hx5Q_QYx5_wRJ0VVg

domenica 12 marzo 2023

La foglia che cura il fegato, l’acidità, l’arteriosclerosi, il mal di pancia e la forfora.

 

L’alloro è un albero originario del Mediterraneo e che fa parte della nostra gastronomia, per via del suo sapore molto caratteristico. L’alloro è anche un’eccellente pianta terapeutica, che stimola l’apparato digerente e ha proprietà carminative, espettoranti, antireumatiche, diuretiche e dermatologiche.

È molto efficace nel prevenire e trattare molte condizioni di salute, soprattutto legate alla digestione. Inoltre, avendo un effetto rilassante, è ottima per alleviare ansia e stress. Di seguito ti elenchiamo i principali benefici dell’alloro.

  • contribuisce a favorire la digestione, supportando il fegato e prevenendo l’acidità e gli spasmi intestinali;
  • può alleviare i sintomi di raffreddore e influenza, così come bronchite e altre condizioni dell’apparato respiratorio;
  • è utile nel trattamento dell’arteriosclerosi e migliora la circolazione sanguigna;
  • aiuta a combattere le malattie reumatiche, alleviando il dolore a riducendo le infiammazioni;
  • allevia i sintomi dei cicli mestruali dolorosi;
  • favorisce l’espulsione dei liquidi in eccesso, depurando da tossine e residui;
  • può essere usato per proteggere il cuoio capelluto da forfora e altre alterazioni che possono causare la caduta dei capelli.

https://www.rimedio-naturale.it/tutti-i-benefici-dell-alloro.html?fbclid=IwAR3ksgHLMamRXrsU00lmkcq3rihu6jf-Ds1imuv9kUIqW0FayYBs-O4fyPU

venerdì 10 marzo 2023

Ecco cosa succede a chi mangia finocchio dopo i pasti: “pazzesco”. - Sandra Di Garbo

Il finocchio è un ortaggio di colore bianco-verde caratterizzato dall’aspetto bulboso, con steli e fronde verdi. E’ un membro della famiglia delle Apiaceae (carota), ed è un ortaggio che viene coltivato per i suoi germogli, foglie e semi commestibili avente ha un forte sapore di anice, che lo rende quindi un ingrediente davvero molto attraente e versatile. Vediamo allora insieme quali sono i suoi benefici e che cosa succede a chi mangia il finocchio dopo i pasti.

Masticare il finocchio, specialmente se crudo, prima dei pasti è un vero toccasana. Questa verdura infatti rende disponibili tutti gli enzimi utili alla scomposizione del cibo nella loro forma assimilabile al nostro corpo. In poche parole quindi, mangiare del finocchio dopo i pasti aiuta nella digestione e nella formazione di meno gas intestinali. 

Il finocchio aiuta ad evitare vari gonfiori e dolori addominali oltre che al fastidioso problema delle coliche; esso è anche un lieve lassativo, che combatte contro la stitichezza. Inoltre, si tratta di un alimento saziante, così da mangiare meno durante il pasto. C’è anche chi, dopo un pasto decisamente abbondante, mastica dei semi di finocchio al fine di poter facilitare la digestione.

Il finocchio è inoltre un grande amico che ci aiuta a contrastare il fastidioso reflusso gastro esofageo e l’alto contenuto di fibre presenti sono di grande aiuto inoltre nella formazione di una pellicola gelatinosa che è in grado di ridurre l’assorbimento di zuccheri e colesterolo. Quest’ortaggio favorisce perfino una corretta diuresi e per tale ragione è consigliato alle persone che hanno tendenza all’obesità per ritenzione di liquidi.

Il finocchio costituisce anche una buona fonte di fibre e di nutrienti come il potassio e il folato che possono sostenere la buona salute del cuore; ma non solo , perché aiuta a ridurre la pressione sanguigna, in quanto ha tanto potassio e davvero poco sodio. Mangiare regolarmente quest’ortaggio aiuta a rilassare la tensione dei vasi sanguigni, oltre anche ad evitare il rischio di infarti, ictus e complicazioni varie per i pazienti diabetici.

Infine diciamo che il finocchio contiene beta-carotene (convertito poi in vitamina A nel corpo) e vitamina C, importante per la produzione del collagene e per la riparazione dei tessuti. Entrambi questi nutrienti svolgono un ruolo fondamentale nel mantenimento della salute della pelle, in modo che le mucose riescano a proteggere le vie respiratorie.

https://www.4fan.it/08/03/2023/ecco-cosa-succede-a-chi-mangia-finocchio-dopo-i-pasti-pazzesco/

sabato 6 agosto 2022

Proprietà e benefici delle mandorle















Proprietà e benefici delle mandorle

Le mandorle sono considerate un alimento completo a tutti gli effetti tanto che se ne consiglia un consumo giornaliero che oscilla tra i 20 e i 30 grammi. Pur essendo molto caloriche (100 grammi di mandorle contengono circa 600 kcal), le mandorle sono una fonte preziosa di sali minerali, in particolare ferro, magnesio e calcio e sono, tra i semi oleosi, i più ricchi di fibre. Grazie ai grassi omega-3 di cui sono ricche, le mandorle hanno poteri antinfiammatori, riducono il colesterolo sostenendo il cuore e la circolazione e, consumate regolarmente, aiutano l'intestino nella sua naturale regolarità.

Ricche di vitamina E, le mandorle sono importanti per lo sviluppo del sistema nervoso e aiutano la salute delle ossa grazie ai sali minerali; da sempre considerate energizzanti e ricostituenti, le mandorle vantano proprietà antiossidanti, sono consigliate in caso di anemia ma anche durante la gravidanza; nonostante l'apporto calorico, sono consigliate (in piccole dosi) nelle diete dimagranti e ipocaloriche, come salutari snack spezza fame.

Anche la buccia delle mandorle è una fonte preziosa di nutrimenti: è infatti ricca di flavonoidi ad azione antiossidante che ostacolano la formazione di radicali liberi, rallentando l’invecchiamento cellulare. Inoltre, sono utili a stimolare la risposta immunitaria e le difese antivirali, proteggendoci dalle malattie di stagione e non solo: se potete scegliere fra mandorle sgusciate e mandorle con la buccia, è sempre meglio preferire le seconde.

https://www.cookist.it/mandorle-proprieta-benefici-ricette-per-utilizzarle-in-cucina/p8/

sabato 29 febbraio 2020

Corbezzoli che frutti! Proprietà e usi della gemma dell’autunno: ecco come fare infuso e marmellata. - Gino Favola



I corbezzoli o albatro (Arbutus Unedo L.) sono frutti piccoli e tondi di color rosso arancione acceso di un grazioso alberello appartenente alla famiglia delle Ericaceae.

Spesso indicato anche come bacca e, in effetti, somiglia molto sia nella forma sia nel sapore alla maggior parte dei frutti di bosco. La scorza è costituita da tante punte acuminate che, in realtà, sono delle escrescenze granulose che non lo rendono pericoloso da ingerire. La polpa è granulosa, morbida e non eccessivamente dolce.

Caratteristiche e proprietà dei corbezzoli.
Il corbezzolo apporta una gran quantità d’acqua, zuccheri, vitamine, pectine (gelificanti naturali), flavonoidi (antiossidanti naturali) e arbutina (da cui il nome Arbutus, impiegata in cosmesi per le proprietà antiossidanti e depigmentanti).

Il corbezzolo è un frutto dalle molte proprietà, prima fra tutte quella astringente, pertanto se ne sconsiglia un consumo eccessivo per scongiurare episodi di stipsi. A seguire abbiamo le virtù antisettiche e antinfiammatorie, soprattutto a favore del fegato e dell’intestino.

Anche le foglie, la corteccia e i fiori si utilizzano per le loro proprietà. In particolare il miele ottenuto dai fiori di corbezzolo è un ottimo dolcificante dalle proprietà balsamiche, ottimo da consumare nei periodi freddi. Il corbezzolo è un ottimo aiuto in caso di cistite o infiammazioni alle vie urinarie.

SCARICA IL PDF per sapere tutto sulla PIANTA DEL CORBEZZOLO.

Corbezzoli: proprietà fitoterapeutiche in sintesi.

- Abbassa la pressione e ha una funzione antinfiammatoria. Non a caso, in Marocco i suoi decotti sono molto utilizzate proprio per queste funzioni
- Un disinfettante per le vie urinarie, specie in caso di cistiti, grazie principalmente all’arbutina.
- Ha proprietà fortemente astringenti e diuretiche.
- La tintura madre di corbezzolo è invece da utilizzare nelle affezioni della prostata e nelle uretriti.
- Favorisce la riparazione delle mucose locali.
- Schiarisce le macchie della pelle grazie all’arbutina.
- E’ antiossidante come dimostrano alcuni studi universitari.
L’azione sinergica delle gemme di Corbezzolo, Melo e Limone ha una funzione antiossidante, il cui ruolo riveste un importanza fondamentale nel sostegno del sistema cardio-circolatorio.

Come fare l’infuso di foglie di corbezzolo.
Prepariamo un infuso utilizzando 7 gr di foglie della pianta, lasciamole bollire in una tazza di acqua calda e poi lasciamo in infusione per 15 minuti.

L’infuso delle foglie una volta fatto raffreddare può essere utilizzato come tonico, infatti ha proprietà astringenti. L’infuso di corbezzolo migliora anche la circolazione e l’umore. 

L’infuso è anche ottimo in caso di flogosi intestinale e quando ci sono episodi di diarrea.

Ottimo da gustare fresco e appena colto ma, in alternativa, è possibile conservarlo e apprezzarne le qualità anche sotto forma di confetture, sciroppi, liquori digestivi.

https://www.ambientebio.it/alimentazione-biologica/cibi-salute/corbezzoli-frutti-proprieta-usi-come-fare-infuso-marmellata/?fbclid=IwAR2UlETJ2nC-oz4Z8coUUcTaemvyWN8Y2StUE4rN8_y1IrPZiv_hRubfUDI

sabato 22 febbraio 2020

4 BENEFICI del PEPERONCINO.


Il peperoncino fa bene al cuore: verità o falso mito? Ecco la risposta
Il peperoncino è una pianta aromatica utilizzata sin dall’antichità. Fu Cristoforo Colombo a trasportare questa preziosa pianta dall’America Centrale in Spagna, permettendone così la diffusione in tutta Europa.
Fa parte della famiglia delle Solanacee e in particolare del genere Capsicum. I frutti di questa pianta possono essere raccolti in estate o a inizio autunno, in base alla varietà coltivata, ed essere utilizzati in cucina sia freschi che secchi, restando così disponibili tutto l’anno.
Esistono in natura moltissime specie di peperoncino, da quelli più dolci a quelli più piccanti. La piccantezza del frutto, che dipende dalla quantità di capsaicina contenuta, viene misurata dalla scala di Scoville. Tra i peperoncini più piccanti e più conosciuti possiamo ricordare l’habanero, mentre le varietà cayennacalabrese e jalapeno messicano sono considerate solo moderatamente piccanti.
La peculiarità del frutto è proprio la piccantezza al palato, conferita dalla capsaicina, che non è concentrata nei soli semi, ma si trova nella cosiddetta placenta, ovvero la membrana interna di colore bianco cui i semi sono attaccati.

4 AZIONI BENEFICHE DELLA CAPSAICINA

  1. Ha attività vasodilatatrice locale e migliora la circolazione sanguigna, oltre a migliorare la salute del cuore. Attualmente l’abitudine a consumare cibo piccante sembra infatti essere collegato a un minor rischio di ischemie e ipertensione.
  2. Ha effetto antidolorifico, grazie alla sua capacità di interferire con i nervi sensoriali cutanei nella trasmissione dello stimolo doloroso. Degli studi hanno infatti approvato l’utilizzo di preparazioni contenenti capsaicina per il trattamento del dolore, in particolare quello di tipo neuropatico, e in alcuni casi anche nei reumatismi. Per questi dolori esistono anche preparazioni in forma di crema a base di capsaicina.
  3. È capace di innescare la perdita di peso, accelerando il metabolismo. In alcuni studi la somministrazione di peperoncini ha comportato una riduzione del grasso addominale e una conseguente diminuzione del peso totale. In aggiunta a questo effetto dimagrante, si è osservata anche una diminuzione dei livelli ematici di colesterolo, trigliceridi e glucosio in alcuni studi su animali.
  4. Possiede proprietà antibatteriche che possono influire sulla flora intestinale, e possono aiutare nel trattamento dell’Helicobacter Pylori.

LE ALTRE SOSTANZE NEL PEPERONCINO

  • Vitamina C: questa vitamina dalle proprietà antiossidanti che, come sappiamo, è fondamentale per il nostro sistema immunitario, è coinvolta nella sintesi del collagene ed è importante per l’assimilazione del ferro da parte dei globuli rossi. Il peperoncino è ricchissimo di vitamina C, 100 gr di questo frutto piccante ne contengono ben 229 milligrammi, contro i 50 dell’arancia. Un peperoncino da 10 gr può contenere quindi fino al 30% del fabbisogno giornaliero di vitamina C di un uomo adulto. Attenzione però ai peperoncini secchi, il cui contenuto di questa vitamina risulta praticamente nullo a causa della sua volatilità.
  • Vitamina A: importante per il corretto funzionamento del sistema visivo, per il mantenimento delle cellule epiteliali intestinali e per il funzionamento del sistema immunitario e genitale.
  • Vitamina E: un altro antiossidante naturale presente nel peperoncino che contribuisce al mantenimento dell’integrità cellulare.
  • Sali minerali tra cui calcio, rame e potassio, oltre a carotenoidi, bioflavonoidi e lecitina. Inoltre è povero di calorie, ne contiene circa 30 ogni 100 gr.

CURIOSITÀ

Il sapore piccante del peperoncino è dato dall’azione della capsaicina sui recettori della lingua. Per smorzare il bruciore dato dal peperoncino è inutile ingurgitare tanta acqua: la capsaicina è infatti solubile in alcool o grasso, in particolare la caseina, è per questo che è molto utile mangiare formaggio, una salsa allo yogurt o sorseggiare un po’ di latte. Ed ecco spiegato perché nella cucina messicana, molto speziata e piccante, si usa accompagnare i pasti con la panna acida, così come nella cucina indiana le pietanze sono accompagnate dal lassi, bevanda a base di yogurt. 

lunedì 27 maggio 2019

Gelso bianco: proprietà e benefici anti-tumorali di pianta e frutto che contrasta il diabete. - Gino Favola



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Il gelso bianco o moro bianco[1] (Morus alba L.) è un albero da frutto appartenente alla famiglia delle Moraceae e al genere Morus, contenente lattice, originario della Cina settentrionale e della Corea.

Portamento.

Il gelso bianco è un albero caducifoglie e latifoglie, ad accrescimento piuttosto rapido, è longevo e può diventare secolare, alto fino a 15–20 metri, con tronco che si presenta irregolarmente ramificato, chioma densa, ampia e arrotondata verso la sommità. Presenta radici di colore aranciato carico, robuste, profonde ed espanse, poco adatte a terreni secchi e aridi, pur presentando un fitto capillarizio che gli consente di sopravvivere anche in condizioni di moderata siccità. Vegeta in luoghi soleggiati o al massimo a mezz'ombra, e necessita di ampio spazio in quanto raggiunge notevoli dimensioni. Può vivere fino a 150 anni.

Corteccia e legno.

La corteccia è giallo-grigiastra con toni più o meno aranciati e cosparsa di numerose lenticelle giallino-biancastre nella pianta giovane, in seguito diviene marrone-brunastro scura, profondamente solcata e screpolata in fasci fibrosi più o meno verticali formanti piccole scaglie allungate. Il legno è duro, compatto, resistente e robusto, ottimo come combustibile e per piccoli lavori d'intarsio. Il durame è bruno scuro, mentre l'alburno è chiaro e di colore bianco-giallastro. Particolarità del gelso bianco è l'avere il cambio cribro-vascolare attaccato alla corteccia, e non all'alburno, come nella stragrande maggioranza delle piante vascolari, e questo ha particolare interesse soprattutto per quanto riguarda le tecniche d'innesto. Tutta la pianta è percorsa, al disotto dei tessuti di rivestimento (corteccia, derma fogliare ecc...), da una fitta rete di canali laticiferi apociziali, ossia formati a partire da poche cellule originarie embrionali polinucleate senza membrane divisorie, che si sono sviluppate e accresciute e ramificate per tutta la pianta, pur non anastomizzandosi con i tessuti circostanti formando un vero e proprio apparato escretore interno. Il lattice, elemento molto comune nella famiglia delle Moracee di cui il gelso bianco fa parte, contenuto nei canali laticiferi è denso e di colore bianco latte ed è irritante. I succhi intracellulari e le foglie contengono elevate quantità di alluminio, variabile in base alla tipologia di terreno in cui un singolo esemplare sviluppa, e vi è motivo di credere che esso non rappresenti un costituente casuale, ma abbia importanza nel chimismo della pianta. Il legno presenta, inoltre, varie molecole come fitoalessine e composti organici ad alto peso molecolare, e trova uso come reagente per la rilevazione chimica di numerosi cationi.

Foglie.

Le foglie si presentano caduche, alterne, distiche, portate da un picciolo scanalato e ornato da piccole stipole laterali caduche. Presentano un elevato polimorfismo, generalmente hanno forma ovato-acuta asimmetrica alla base, ma non di rado sono cuoriformi e in forme intermedie tra le due appena citate. La lunghezza varia dai 7 ai 14 cm e la larghezza è compresa tra i 4 e i 6 cm. La lamina si presenta intera, trilobata nelle foglie tripartite dei polloni basali. I margini sono dentato-seghettati (dentatura triangolare), l'apice acuto e la base leggermente cordata. Entrambe le pagine (superiore ed inferiore) si presentano glabre (senza peluria), di colore verde chiaro in primavera-estate e giallo carico in autunno. Quella superiore è lucida e liscia, quella inferiore scarsamente tomentosa sulle nervature. Il picciolo, leggermente tomentoso, è lungo 2-3 centimetri e presenta scanalature e stipolecaduche. Le gemme sono piccole, larghe alla base ed appuntite all'apice, ognuna di esse è formata da 13 a 24 perule e nel fusticino da 5 a 12 foglioline. I giovani sono grigio-verdi, di aspetto liscio e con lunghi internodi, anche se non di rado presentano una fine tomentosità.

Fiori.


Foglie e frutti immaturi di gelso bianco. L'intero frutto è in realtà un'infruttescenza (sorosio) formata da un frutto vero rivestito da un falso frutto, la polpa, che deriva da una parte del calice fiorale ingrossata e divenuta carnosa
Fiori Unisessuali, raramente ermafroditi. Quelli maschili (staminiferi) formano infiorescenze ad amento di forma cilindrica lunghe circa 2-3,5 cm, sono dotati di perianzio quadripartito segmentato e 4 stami producenti polline con filamenti inflessi nel bocciolo immaturo ed eretti durante l'antesi. È presente anche un rudimentale pistillo sterile. Quelli femminili (pistilliferi) si presentano come amenti globosi lunghi 1–2 cm, dotati di perianzio a quattro lacinie glabre erette, opposte a due a due (le esterne di dimensioni maggiori), e pistillo con ovario uniovulato. Lo stigma è glabro. L'ovario si presenta diviso in 2 parti, una delle quali abortisce (pistillo uniovulato), contenenti ciascuna un solo ovulo pendulo campilotropo; lo stilo centrale è diviso fin quasi alla base in due lobi stimmatici ricurvi e l'embrione che si forma a seguito della fecondazione si presenta curvo e accompagnato da albume carnoso, con cotiledoni incombenti e radichetta supera.
Solitamente i due fiori di diverso sesso sono portati da piante separate, cioè piante dioiche, anche se non sono rari i casi di esemplari con ambedue le infiorescenze sulla stessa pianta. Il Morus alba fiorisce in aprile-maggio. Entrambe le infiorescenze sono peduncolate (il fiore femminile presenta peduncolo lungo quanto se stesso) e a prima vista, specie se immaturi, assomigliano a tanti piccoli lamponi verdi di diversa lunghezza. Possono anche fiorire in capolini diclini ascellari. Unica nel regno vegetale è la velocità di emissione di polline dalle infiorescenze maschili, i cui stami, tramite un rapido movimento, liberano polline espellendolo a circa 560 km/h (oltre la metà della velocità del suono), rilasciando l'energia elastica accumulata durante la crescita in soli 25 µs (microsecondi), il che lo rende il movimento più veloce e rapido conosciuto finora nel regno vegetale[2].

Frutti.


Sorosi maturi di gelso bianco
frutti, chiamati impropriamente more di gelso, sono infruttescenze composte formate dall'unione di un frutto vero e proprio, le nucule, e un falso frutto, che costituisce la polpa. Il nome corretto di questa infruttescenza è sorosio (botanicamente un falso frutto) e somiglia ad un piccolo lampone o ad una mora di rovo, ma è più grosso ed allungato. I sorosi hanno forma ovato-arrotondata e lunghezza da 1 a 3 cm. Sono costituiti da tante piccole sferule carnose unite tra loro, formate a loro volta da una nucula (frutto vero) ricoperta da un rivestimento polposo, derivato direttamente dal perianzio modificato del fiore femminile che l'ha originata (falso frutto). Queste sferule si fondono tra loro grazie ai rispettivi perianzi che, tramite complesse modifiche fisiologiche, divengono un'unica massa carnosa e succulenta che circonda tutte le varie nucule, formando il sorosio. Queste piccole unità carnose sono false pseudodrupe, hanno forma rotondeggiante (sferica) schiacciata ai bordi e presentano esocarpo sottile, mesocarpo carnoso e succulento ed endocarpo crostoso. Ognuna contiene un piccolo frutto vero, la nucula, dal guscio duro, coriaceo e legnoso e forma rotonda. Il perianzio modificato serve a potenziare la disseminazione dei semi, essendo molto appetito dagli uccelli, che cibandosi dei sorosi assumono anche le nucule contenenti i semi, che poi disperderanno con le feci.
Il colore dei sorosi di Morus alba è bianco-giallognolo o rosa-violetto (può esserci confusione con quelle di Morus nigra), e sono portati da un breve picciolo. Sono commestibili, la polpa è dolciastra con punte acidule già prima della maturazione, sebbene siano meno gustosi di quelli del gelso nero. Contengono il 22% di zuccheri, e hanno potere edulcorante, sia freschi che ridotti in farina. Una volta fermentati ci si può ottenere un liquore alcolico. I semi sono piccoli, sferici e sono diffusi principalmente dagli uccelli, che si cibano dei sorosi. In Italia e in Europa meridionale il gelso bianco ha trovato un habitat ideale, idoneo alla sua crescita e sviluppo, e in molte zone conclude il ciclo riproduttivo (messa a seme) senza particolari problemi, riproducendosi e moltiplicandosi spontaneamente per seme che, a differenza di molte piante esotiche o importate, non mostra alcun problema di sterilità o difficoltà di germinazione, dimostrando l'ampia adattabilità e naturalizzazione di questa specie.

Specie simili.

Specie molto caratteristica, il gelso bianco ha particolarità morfologiche che lo differenziano in modo netto all'interno del regno vegetale, e lo rendono inconfondibile anche dalle altre specie di Morus. L'unico albero con cui questa moracea potrebbe venire confusa è il gelso nero (Morus nigra), una specie affine originaria delle zone temperate dell'Asia minore, che presenta però alcune differenze e particolarità più o meno evidenti:
  • Portamento: il gelso nero si presenta più basso, meno slanciato e con chioma più arrotondata di quella del gelso bianco.
  • Corteccia: quella del gelso Nero è più spessa e legnosa.
  • Foglie: quelle del gelso nero sono più scure e ricoperte da una fitta peluria (tomento) su entrambe le pagine, sono cuoriformi alla base e ruvide sulla pagina superiore.
  • Fiori: quelli maschili del gelso nero sono più allungati e presentano stami rosati portati su lunghe antere, quelli femminili sono più piccoli e rotondeggianti rispetto al gelso bianco e presentano stigmi e lacinie del perigonio villose.
  • Frutti: i frutti del Morus nigra sono più allungati, più grossi, succosi e molto più scuri rispetto a quelli del Morus alba, anche se a volte i colori si assomigliano (ce ne sono varietà con tonalità simili al Morus nigra). Sono aciduli prima della maturazione, ma in seguito molto dolci, più di quelli del gelso bianco.

Coltivazione e usi.

Venne introdotto in Europa verso il XV secolo, principalmente per l'uso delle sue foglie in bachicoltura come alimento dei bachi da seta e si rinviene sporadicamente a seguito di vecchie coltivazioni datate in Europa meridionale, specie in Italia e Spagna, dove la bachicoltura era particolarmente diffusa fino agli anni cinquanta.

Vecchio gelso bianco allevato a fustaia per l'utilizzo del fogliame in bachicoltura. Si può notare come, a seguito dell'abbandono della gelsicoltura, si sia assistito ad una lenta rigenerazione della chioma da parte della pianta, facendo partire nuovi polloni da vecchie e corte branche precedentemente capitozzate, ricostituendo una forma più naturale
Pianta di recente introduzione in Europa il gelso bianco, assieme al gelso nero, era utilizzato per l'allevamento dei bachi da seta (bachicoltura), pratica impossibile da attuare in assenza di gelsicoltura, essendo le foglie di gelso l'alimento principale degli insetti e utilizzabili anche come foraggio per il bestiame, specie in quelle zone povere di erbacee nei pascoli estivi o che presentano solamente prati magri e radi. Di scarsa rilevanza è il suo impiego come specie da frutto, anche se sono presenti alcune varietà di vecchia data dal frutto più grosso e colorito, mentre alcune varietà dal fogliame particolare a volte vengono impiegate nei giardini come ornamentali.
La quasi totalità degli esemplari ancora viventi sono piante innestate appartenenti alla varietà fruitless, ossia il gelso sterile, che produce foglie più grandi e in abbondanza rispetto al selvatico e non ha l'inconveniente di sporcare il terreno sottostante e le foglie con i frutti maturi. Un tempo la varietà fruitless copriva il 100% degli esemplari italiani mentre oggi si è ridotta in seguito a vari fenomeni e processi più o meno naturali tra cui l'inselvatichimento sporadico di vecchie piante, con la conseguente messa a seme che ha portato alla nascita di selvatici in varie zone incolte e boschive, e all'introduzione di nuove varietà da giardino, non più impiegate a scopo utilitaristico ma ornamentale.
Il gelso bianco cresce su qualsiasi tipologia di terreno, dall'argilloso al sabbioso, presentando un'elevata rusticità e capacità di adattamento, e ha trovato nelle zone italiane l'habitat ideale di crescita, compiendo senza problemi la messa a seme e la conseguente riproduzione della specie. Necessita di terreno umido, anche se non bagnato costantemente. Tipiche erano le coltivazioni in Pianura Padana lungo i canali e i fossi per lo scolo dell'acqua, dove interi filari di gelsi delimitavano i bordi dei campi, beneficiando dell'ambiente umido e acquoso che i canali stessi garantivano. In Italia centrale è particolarmente diffuso nella zona collinare, pur presentandosi sparso un po' ovunque, dalla pianura sino agli 800 m di quota, dove alcuni esemplari sono sfuggiti alle coltivazioni e si rinvengono nei boschi che circondano i campi. Nelle zone meridionali è particolarmente abbondante nei monti Nebrodi in Sicilia. Come tipologia di allevamento il gelso bianco si presta al ceduo (raramente, con una durata economica di 15 anni circa) e alla fustaia (la più diffusa, con una durata di circa 60-100 anni). Per l'allevamento a ceduo si formerà un cespuglio e si praticheranno tagli rasente a terra ogni anno regolarmente (in tarda primavera), non appena i polloni nati dalla ceppaia hanno raggiunto altezze adeguate e fogliame abbondante, mentre per la fustaia sarà necessaria un'impalcatura dei rami alta e aperta (utile a favorire lo sviluppo di una densa e ricca chioma) e la pratica di due defogliazioni, una a primaverile e una autunnale, per non debilitare troppo la pianta.
Questo gelso venne introdotto in Europa grazie a monaci italiani di ritorno dai loro viaggi di evangelizzazione in Asia, assieme ad alcuni bachi da seta, anche se solo nel XII secolo si ebbe una massiccia diffusione, grazie al contributo di Ruggero di Sicilia che importò nel suo reame esemplari di gelso bianco assieme a numerosi bachi e ad alcuni prigionieri in grado di lavorare la seta. Una legislazione particolare tendeva alla tutela degli alberi di gelso, dapprima favorendone l'impianto[4], poi vietandone l'abbattimento. Nell'Ottocento in molte regioni italiane era diventata una coltura fondamentale e questa importanza persistette sino agli anni '50 del secolo scorso, quando venne a mancare a causa dell'introduzione di fibre sintetiche e di nuovi tessuti che decretarono la fine dell'importanza che la seta ebbe fino ad allora.
La decadenza dell'allevamento del baco da seta, non solo in Italia, ma nell'intera Europa, ha portato alla quasi scomparsa di un qualsiasi interesse agricolo verso questa specie, almeno in tali parti del mondo.
Interessante il suo uso odierno come ornamentale sia per il portamento sia per il colore dorato del fogliame in autunno e a tale scopo ne sono state selezionate alcune varietà pendule, come ad esempio Morus alba v. pendula con chioma espansa e rami ricadenti. Di scarso interesse il suo uso come pianta da frutto, pur essendo presenti diverse varietà selezionate a questo scopo, che presentano frutti migliorati e più pregiati.
In Asia il legno di gelso bianco veniva utilizzato per la costruzione di archi compositi, mentre in Emilia-Romagna ancora oggi il legno di questa pianta è fondamentale per la produzione dell'Aceto balsamico tradizionale di Modena, ed è utilizzato per la costruzione di botti per-regina che conferiscono un particolare aroma al prodotto.

Patologie.

Il gelso bianco è una pianta rustica e resistente, e raramente si ammala, ad eccezione dei vecchi esemplari nei quali la carie del legno è piuttosto comune. Le principali patologie che possono intaccare questa moracea sono:
Agenti fungini.
Agenti animali.

Fitoterapia e usi medicinali.

In fitoterapia l'estratto meristematico (dalle gemme) e fogliame di gelso bianco viene impiegato come ipoglicemizzante[5][6][7]. La corteccia ha proprietà antibatteriche e un tempo veniva masticata contro la carie, la polvere di sorosio ha effetti ipolipidici, antiossidanti e neuroprotettivi[8], gli estratti di radice trattata al metanolo hanno funzione anti stress.

Un estratto di foglie di Morus alba è stato studiato contro gli effetti del veleno della vipera indiana Daboia russelii ed è emerso che la sostanza ha completamente neutralizzato l'attività proteolitica e ialuronolitica in vitro del veleno, eliminando in modo efficiente anche gli effetti secondari come edemaemorragia e necrosi. Inoltre l'estratto ha parzialmente inibito l'attività pro-coagulante e completamente abolito la degradazione di una catena α del fibrinogeno umano, altrimenti duramente intaccati dal veleno del serpente[9].
Due nuovi composti chimici di interesse farmaceutico sono stati scoperti grazie al gelso bianco, il primo è l'Albanol A, isolato dell'estratto di corteccia della radice e in corso di sperimentazione come trattamento contro la leucemia[10], il secondo è il kuwanon G., estratto sempre dalla corteccia della radice essiccata tramite trattamento con etanolo, che presenta attività antibatteriche paragonabili a quelle di clorexidina e vancomicina (1 µg ml–1).[11]
Altri composti isolati nel gelso bianco sono il Moracin M, il Steppogenin-4′-O-β-D-glucoside e il Mulberroside, tutti rinvenuti in tracce nella corteccia della radice. Hanno effetti ipoglicemici; in particolare il Mulberroside A, un glucoside stilbenoide, può essere utile nel trattamento di iperuricemia e gotta[5].

Altri usi.

Un estratto in soluzione metanolica acidificata del frutto di Morus alba può essere utilizzato come indicatore acidi-basico nelle titolazioni acido-base[12].
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