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giovedì 23 febbraio 2023

Le sei domande che vogliamo fare a Zelensky. - Marco Travaglio

 

👉 Come può pensare Zelensky di entrare nell’Ue tenendo fuorilegge gli 11 partiti di opposizione?

👉 A giorni alterni ci comunica un esito diverso del conflitto. Come stanno effettivamente le cose?

👉 Perché Kiev vieta a 8 reporter italiani di fare il loro lavoro in Donbass?

👉 Il Pentagono accusa il suo governo di aver ucciso con un’autobomba Darya Dugina: che c’entra quell’atto terroristico col diritto all’autodifesa?

👉 Perché, pur sapendo per primo che il missile caduto in Polonia era ucraino, ripeté per tre giorni che era russo?

👉 Perché dal 4 ottobre ha vietato per decreto ogni negoziato con Putin? E dopo quanti morti (siamo a 300 mila) deciderà di riparlarne?
A queste domande, vorremmo volentieri sentire le risposte.

sabato 19 dicembre 2020

Il caso degli anticorpi monoclonali, la lettera del professor Ippolito e la risposta del FattoQuotidiano.it.

 

Il FattoQuotidiano.it ha pubblicato un'inchiesta sulla mancata possibilità di utilizzare - gratuitamente - in ottobre in Italia 10mila dosi del farmaco che riduce i rischi di ospedalizzazione. Il direttore scientifico della Spallanzani ci ha scritto per spiegare le critiche sollevate sulla sperimentazione e il Fatto chiede perché non è stato fatto il possibile per utilizzare un composto autorizzato da oltre un mese negli Usa. Intanto l'Aifa tace.

Il 17 dicembre il FattoQuotidiano e ilfattoquotidiano.it hanno pubblicato un’inchiesta (qui il link) in cui si dava conto del fatto che a inizio ottobre l’Italia aveva avuto la possibilità di sperimentare con almeno 10mila dosi gratis gli anticorpi monoclonali dell’azienda Usa Eli Lilly che riduce i rischi di ospedalizzazione dal 72 al 90%. Possibilità evaporata dopo una riunione all’Aifa. Al Fatto risultava presente, tra gli altri, anche il professor Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dello Spallanzani, che avrebbe sollevato una serie di critiche. Interpellato prima telefonicamente e poi tramite email lo scienziato ha risposto alle domande con una lettera al direttore. Qui di seguito le domande rivolte, la lettera del professor Ippolito, la nostra risposta.

LE DOMANDE

Il 7 ottobre 2020 l’Aifa ha ricevuto la richiesta di valutazione di un “trial clinico pragmatico” proposto da una multinazionale che lo aveva somministrato in via sperimentale negli Usa. Vorremmo sapere quali valutazioni sono state fatte e perché, come ci risulta, si è deciso di non dar corso alla proposta che si basava anche sulla fornitura a titolo gratuito di 10mila dosi.

Al FattoQuotidiano risulta che nelle riunioni citate il suo parere è stato fortemente negativo? Perché? Quali riserve sul farmaco stesso, quali sugli studi disponibili, quali di rango regolatorio

C’è chi pensa che lei abbia voluto frenare questa possibilità perché lo Spallanzani è impegnato con la Fondazione Toscana Life Sciences proprio nei test di anticorpi monoclonali. Che risponde?

A che punto è quella sperimentazione? Fino a poco tempo fa se ne parlava molto e si dava come orizzonte la prossima primavera…

Ci risulta che dopo Usa – dove dal 10 novembre è autorizzato pare con successo l’uso degli anticorpi – e Canada alcuni Paesi della Ue stiano per ufficializzare un’autorizzazione d’emergenza rispetto alle procedure dell’Ema che non consentono autorizzazioni senza la chiusura degli studi. È una strada impraticabile per l’Italia? Perché lo sarebbe per la Germania?

LA LETTERA.

Egregio direttore,

contrariamente alle mie abitudini, sono costretto a intervenire in merito all’articolo “Il salvavita italiano che noi non usiamo”, pubblicato sul Fatto Quotidiano del 17 dicembre, per fornire ai suoi lettori alcune precisazioni. L’articolo, riassumo liberamente per chi non avesse avuto la fortuna di leggerlo, ipotizza che io avrei dato, nel corso di una riunione svoltasi in sede Aifa il 29 ottobre scorso, parere negativo all’avvio in Italia del trial clinico di un farmaco prodotto dalla multinazionale Eli Lilly che qualche giorno dopo avrebbe ottenuto l’autorizzazione all’uso emergenziale negli Stati Uniti, privando così il nostro Paese di uno strumento in grado di salvare migliaia di persone dalla malattia COVID-19.

Chi mi conosce sa che ho troppo rispetto per le istituzioni alla quali sono chiamato a collaborare per venire meno al dovere della riservatezza e prestarmi invece al giochino tutto italiano dell’indiscrezione, della soffiata, della confidenza. Di fronte ad una richiesta di questo tipo, sono stato forse un po’ brusco ma certamente corretto nell’indicare al giornalista il luogo istituzionale – l’Aifa appunto – al quale avrebbe potuto chiedere informazioni.

Quanto all’accusa di conflitto di interessi, ovvero che sarei stato contrario al trial del farmaco Eli Lilly perché lo Spallanzani partecipa ad un altro progetto di ricerca finalizzato allo sviluppo di un medicinale analogo, non riesco neanche ad offendermi tanto è evidente la sua inconsistenza: in base alla stessa logica, dovrei essere contrario alla somministrazione del nuovo vaccino Pfizer dal momento che il mio istituto – istituto pubblico, è il caso di ricordare – è impegnato a condurre uno studio di fase 1 di un altro vaccino sviluppato in Italia, e uno di fase 3 del vaccino AstraZeneca, e sono personalmente impegnato nel comitato di sicurezza e monitoraggio di un ulteriore vaccino. Chiunque voglia fare ricerca nel nome della scienza sa che allo Spallanzani troverà sempre le porte aperte: a breve, solo per fare un esempio, avvieremo la sperimentazione per un nuovo anticorpo monoclonale.

Vorrei approfittare di questa occasione, visto che si parla di argomenti sui quali ho qualche competenza, per rassicurare i lettori che probabilmente si chiedono come mai non si sia accolta la possibilità di avere questo farmaco, “una mano dal cielo misteriosamente respinta”, una occasione “da cogliere al volo”, che “avrebbe permesso di salvare migliaia di persone” come scrive l’autore dell’articolo con una enfasi un po’ sospetta. Il trial BLAZE-1 cui si riferisce lo studio del New England Journal of Medicine citato nell’articolo in realtà attesta una modesta efficacia del farmaco nei pazienti con sintomi lievi o medi: solo per uno dei tre dosaggi utilizzati è stata riscontrata, a 11 giorni dal tampone positivo, una riduzione della carica virale maggiore rispetto a quella osservata nei pazienti trattati con placebo, mentre vi è stata sì una migliore performance per quanto riguarda la percentuale dei ricoverati (1,6% nel gruppo del farmaco, 6,3% in quello del placebo), ma con numeri assoluti troppo bassi (cinque ricoverati nel gruppo dei farmaci, nove in quello del placebo) per poter avere una robusta rilevanza statistica. Né tra i pazienti trattati col farmaco né tra quelli ai quali è stato somministrato il placebo, infine, vi è stato alcun decesso.

Ciò che però nell’articolo non viene detto, e che secondo me sarebbe stato invece opportuno riportare per completezza di informazione, è che un altro trial (ACTIV-3), che si proponeva di valutare l’efficacia dello stesso farmaco nei pazienti ricoverati in ospedale, è stato interrotto dal board indipendente di valutazione a causa di “assenza di benefici clinici” per i pazienti ospedalizzati. In parole semplici: sui pazienti più gravi questo farmaco non ha dimostrato alcun effetto.

La chiusura negativa del trial americano avveniva il 26 ottobre: tre giorni dopo, in una conversazione informale e non – come viene sostenuto nell’articolo – in una riunione ufficiale in sede Aifa per esprimere un parere, la società farmaceutica proponeva di testare il farmaco in Italia. Quando si dice la coincidenza…

Concludo: di fronte ad una pandemia che ha sconvolto le nostre vite, causato tante morti e travolto la nostra economia, il nostro dovere di uomini di scienza, ma anche di operatori dell’informazione, dovrebbe essere quello di comportarci in maniera corretta ed etica, rispettando il ruolo e le funzioni delle agenzie regolatorie alle quali spetta l’ultima parola, senza alimentare false speranze in rimedi miracolosi, che purtroppo non esistono, e senza seminare dubbi non suffragati da prove sulle scelte degli organismi preposti a decidere in materia di salute pubblica.

LA RISPOSTA.

Il FattoQuotidiano non ha chiesto al professor Ippolito di venir meno al dovere di riservatezza, ma di avere un riscontro per verificare quella che senza dubbio era una notizia riportando la sua pur breve dichiarazione: “Non prescrivo farmaci, mi occupo solo di scienza”. Rassicuriamo i nostri lettori che l’Aifa è stata più volte contattata per chiedere delucidazioni. Invano. Il FattoQuotidiano non ha accusato nessuno di conflitto di interessi, ma avanzato una ipotesi in assenza di una risposta completa ed esauriente a domande legittime.

Per quanto riguarda il trial ci siamo impegnati per comprendere – in un settore piuttosto tecnico – che l’effetto sulla riduzione della carica virale è di importanza secondaria rispetto al rischio di ricoveri ospedalieri che cala, stando allo studio pubblicato su The New England Journal of Medicine (qui il link), da 5.8% a 1.6%. In considerazione, quindi, delle 10mila dosi di anticorpi a 10mila pazienti con Covid iniziale (ma ad alto rischio) si sarebbe potuti passare da 1.350 a 400 ospedalizzazioni: quindi 950 ricoveri in meno.

Riguardo al trial interrotto (Activ-3) questo non concerneva il potenziale protocollo di uso del farmaco Ly-CoV555 in Italia per il quale si parlava di un progetto per pazienti con sintomi iniziali e non ospedalizzati. Il punto fondamentale era quindi un altro: la tempistica. Sulla “coincidenza” della chiusura negativa del trial possiamo tranquillamente dire è non solo irrilevante perché non riguarda l’Italia, ma anche infondata perché i contatti con l’azienda sono partiti il 7 ottobre e il professor Ippolito ne è stato informato proprio in quei giorni.

Condividiamo con il professore Ippolito l’idea che il dovere di tutti sia quello di comportarsi in maniera corretta ed etica ed è per questo che pensiamo che sarebbe stato opportuno ed importante fare il possibile per usare in piena fase pandemica un farmaco che – approvato dalla Food and drug administration ormai da oltre un mese – causa una riduzione di oltre il 70% del rischio di ricovero ospedaliero in apparente, fino a questo momento, assenza di effetti collaterali. In settimane in cui, ricordiamolo, l’alternativa era nulla e a costo zero per le finanze pubbliche. Da oltre un mese invece negli Usa viene utilizzata, in via emergenziale, quella che viene considerata dalla comunità scientifica e non dal Fatto la prima terapia mirata per Covid 19.

Ci chiediamo e continueremo a farlo perché l’Agenzia italiana del farmaco, che ha tra le sue mission il contributo alla tutela del diritto della salute oltre che la regolamentazione dell’immissione in commercio, dell’uso e della vigilanza dei prodotti farmaceutici ad uso umano, che era ed è l’unico organo competente a valutare e autorizzare la procedura, non si sia ancora espressa, né abbia risposto alle legittime domande che allo stato restano inevase.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/18/il-caso-degli-anticorpi-monoclonali-la-lettera-del-professor-ippolito-e-la-risposta-del-fattoquotidiano/6041878/

venerdì 21 agosto 2020

Le 10 domande. - Marco Travaglio


A Maurizio Molinari, direttore di Repubblica.
Caro Direttore, mi consenta di felicitarmi per la svolta da Lei impressa a Repubblica, un tempo mia bestia nera e ultimamente docile agnellino. Del resto mi avevano sempre parlato bene di lei i miei amici de L’Opinione e de Il Tempo e i miei ex dipendenti de Il Foglio e di Panorama che L’hanno avuta in passato come valente collaboratore. Colgo l’occasione per rivolgere a Lei, ma soprattutto alle firme superstiti dell’ex organo del giustizialismo antiberlusconiano, le mie “10 domande a Repubblica”, sullo stile delle “10 domande di Repubblica” che, nella stagione della nostra più aspra contrapposizione fortunatamente archiviata, la vostra testata indirizzò proditoriamente al sottoscritto.
1. Ieri ho molto apprezzato il Suo editoriale “Perché votare No al referendum”: con tutti i posti che ho promesso in giro per ricomprarmi i forzisti in fuga verso Salvini e Meloni, ci manca soltanto che ora me ne sparisca un terzo. Purtroppo quei panciafichisti di Sallusti e Feltri, diversamente da lei e dal direttore de l’Espresso Marco Damilano, non osano battersi per il No per paura di perdere lettori: gliela farebbe una telefonatina per convincermeli?
2. Sempre ieri ho ritagliato il commento di Marco Bentivogli, che ha esordito sul Suo giornale e, tra parentesi, è il mio sindacalista preferito. Geniale l’idea di scatenare contro Conte “Il tridente della speranza” Mattarella-Draghi-Cartabia, molto più divertente del trio Lopez-Marchesini-Solenghi e più intonato del Trio Lescano. Che ne dice di aggiungermi alla compagnia, visto che col Quartetto (H)ar(d)core non ce ne sarebbe più per nessuno?
3. La ringrazio vivamente per lo spazio che riserva a Stefano Folli, mio antico estimatore dai tempi del Sole24 ore e del Corriere, e a Stefano Cappellini, di cui già adoravo le filippiche su Riformista e Messaggero contro i pm politicizzati: i loro quotidiani annunci sulla caduta di Conte mi fanno ben sperare in un lucroso ritorno al passato. Non potrebbe mettermeli sempre in prima pagina?
4. Standing ovation per gli acquisti nelle pagine economiche di due miei vecchi fan: Oscar Giannino e Giancarlo Mazzuca, che fu pure mio deputato. Ma lo sa che, da quando ho lasciato Palazzo Grazioli, mi sento a casa solo quando leggo Repubblica?
5. Ottimo anche l’ingaggio come editorialista di Domenico Siniscalco, che era il mio ministro dell’Economia quando Repubblica mi chiamava Caimano, Egoarca e Satiro minorile in combutta con le toghe rosse e con mia moglie. Ora non vorrei intromettermi, ma se Lei volesse allargare il parterre de roi avrei in serbo altre grandi firme di sicuro successo.
Può servire un Tremonti? Può essere utile un Brunetta, peraltro appena definito “una risorsa” dal vostro Merlo? Serve un esperto di scuola come la Gelmini, che sa il fatto suo anche su tunnel e neutrini? E Gasparri, che è pure giornalista? Può far comodo un’igienista dentale? Basta chiedere, a disposizione.

6. Noto con orgoglio che alla fine, dopo lunghe e assurde battaglie ideologiche veterosinistresi in nome dell’ambiente e dell’antimafia, siete arrivati anche voi a sostenere il ponte sullo Stretto di Messina con i meravigliosi articoli di Francesco Merlo e Sebastiano Messina (nomen, omen). Se non erro l’amico Lunardi, quello che voleva convivere con la mafia e infatti andava molto d’accordo con Dell’Utri, dev’essere ancora vivo. Viene via per poco: vi serve mica un esperto di trasporti e convivenze?

7. Noto con piacere che avete riposto in soffitta gli altri vostri cavalli di battaglia: i miei presunti conflitti d’interessi, la mia presunta iscrizione alla P2, il mio presunto stalliere Mangano, i presunti Previti e Dell’Utri, i miei presunti finanziamenti alla presunta mafia, le mie presunte corruzioni di senatori, premier, giudici, testimoni, finanzieri e minorenni, i miei presunti falsi in bilancio, le mie presunte frodi fiscali, le mie presunte prescrizioni, la mia presunta condanna, i miei presunti processi in corso. Che infatti non sono mai esistiti. Ora non vorrei osare troppo, ma perché non ripetete con me: “Ruby era la nipote di Mubarak”? È tanto liberatorio!


8. Ho letto con soddisfazione l’intervista a Tpi di una delle vostre firme di punta, Francesco Merlo, il quale dice che io sono quel che sono, ma definisce Forza Italia “meglio dei 5Stelle” e il M5S “forza non democratica”. E auspica “un nuovo governo, con un nuovo presidente del Consiglio” che “in Forza Italia potrebbe trovare alcune delle persone più degne” e “tante persone perbene”. È quel che dico anch’io da 25 anni, ma non è meraviglioso che ora lo diciate anche voi?


9. Siccome già Scalfari confessò “Tra Berlusconi e Di Maio voterei Berlusconi” e De Benedetti ha appena dichiarato “Pur di cacciare Conte mi va bene un governo Pd-Berlusconi”, che senso ha disperdere tante energie in una miriade di giornali concorrenti che dicono tutti le stesse cose? Voi, grazie ai lungimiranti Elkann, avete già fuso Stampa e Repubblica in Stampubblica: se convinco Sallusti e l’Ingegnere, che ne dite di fare un ultimo passo dando vita a Il Giornale di Stampubblica del Domani?


10. Si offenderebbe, Direttore, se a questa mia facessi seguire una tessera gold di Forza Italia?
Devotamente suo, Silvio Berlusconi.

mercoledì 6 marzo 2019

Reddito di cittadinanza: è partita la corsa. Sul sito problemi per l'accesso con Spid.

La sala d'attesa del Caf Acli in corso Europa a Milano © ANSA

Prosegue scontro con Regioni. Istat,obbligo lavoro per 900 mila.

Al via l'operazione Reddito di Cittadinanza sul sito ufficiale che consente di richiedere il sussidio direttamente. Sul portale predisposto dal governo è apparso il link che consente la presentazione delle domande on line. Come preannunciato è necessario avere il codice 'Spid', cioè l'identità digitale per comunicare con la pubblica amministrazione, ma per ora risultano attivi solo quelli da Poste e da Tim Id mentre chi clicca con lo Spid degli altri sette gestori non può per ora accedere perché la pagina segna 'errore'.
Sul reddito di cittadinanza "oggi manteniamo una promessa, lo Stato finalmente si occupa degli invisibili, di persone che sono state alla periferia di questo Paese e dei temi politici. Da oggi 5 milioni di persone potranno potenzialmente accedere" a questa misura. Così il vicepremier e ministro Luigi Di Maio, a Rtl: "E' una rivoluzione. Ci ho lavorato tanto", sottolinea.
Voglio assumere 6 mila persone a livello centrale come ministero e mandarle in tutte le regioni nei prossimi mesi per sopperire alle carenze dei centri per l'impiego mentre le regioni fanno i concorsi. Poi saranno assorbiti con concorso a livello regionale". Lo afferma Di Maio parlando del navigator. L'obiettivo, spiega, è l'accordo con le Regioni.

Reddito di cittadinanza, primo giorno per presentare domanda.


Inps, forte impatto di riduzione povertà. - Il reddito di cittadinanza "avrà un forte impatto sia sotto il profilo di politica economica che sulla ridistribuzione della ricchezza tra le famiglie per le quali ci si attende una riduzione della povertà e un aumento dell'inclusione sociale". Lo ha sottolineato il direttore generale dell'Inps, Gabriella Di Michele, in audizione sul decretone davanti alle Commissioni Lavoro e Affari sociali della Camera. Atteso, secondo Di Michele, anche un aumento del Pil potenziale.
In vista della giornata di oggi, primo giorno di presentazione delle domanda, e dell'erogazione del reddito e della pensione di cittadinanza nelle prossime settimane c'è stato un "notevolissimo impegno da parte dell'Inps" che ha messo a punto i modelli di domanda "con due giorni di anticipo" rispetto alla scadenza e che permetterà di "avviare l'erogazione del beneficio nei tempi richiesti", ha spiegato Di Michele.
Sangalli, per l'inclusione centri impiego più forti - "Se l'obiettivo è quello dell'inclusione sociale, bisogna innanzitutto che sia chiaro chi fa cosa, a partire dal rafforzamento dei centri per l'impiego. E soprattutto avere la consapevolezza che sono le imprese a costruire le opportunità di lavoro". Lo afferma il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, parlando del reddito di cittadinanza a margine della conferenza stampa sulle città. "Quindi è necessario mettere in campo misure che ne sostengono competitività e crescita", aggiunge Sangalli. "Il reddito di cittadinanza dovrebbe quindi davvero concorrere alla costruzione di una società più attiva e a una sicurezza sociale fondata su più lavoro", conclude il presidente di Confcommercio.