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martedì 3 agosto 2021

Pronti a fuggire. - Marco Travaglio

 

Giuseppe Conte, sulla Stampa, dice due cose giuste e una sbagliata. La prima giusta è che, in una maggioranza del genere, è già un miracolo se i 5Stelle – soli contro tutti – abbiano salvato il grosso dei processi dalla morte sicura prevista dalla schiforma Cartabia modello base. La seconda è che non c’è alcuna “riforma Cartabia”: solo emendamenti contro un terzo della vera riforma, quella di Bonafede, che per gli altri due terzi resta, all’insaputa di tutti i partiti che la stanno votando. Sopravvive anche la blocca-prescrizione: la Cartabia ha tentato di aggirarla aggiungendovi la prescrizione non più del reato ma del processo (“improcedibilità”), se la sentenza d’appello non arriva entro 2 anni da quella di tribunale e quella di Cassazione entro 1 anno da quella d’appello. Così i reati avrebbero continuato a non prescriversi, ma si sarebbero prescritti quasi tutti i processi: se non era zuppa era pan bagnato. Invece la cosiddetta ministra della Giustizia ha dovuto cedere alla (tardiva) resistenza del M5S: escludendo i reati di mafia, violenza sessuale e traffico di droga; e triplicando i tempi per i reati con aggravante mafiosa e raddoppiandoli per quelli “ordinari”. Risultato: diverranno improcedibili solo i processi d’appello più lunghi rispettivamente di 6 o di 4 anni, cioè pochi. Per tutti gli altri, la prescrizione del reato resterà bloccata e si arriverà a sentenza definitiva. Così il pericolo principale è stato sventato, anche se i commentatori, ignoranti e/o in malafede, dicono l’opposto.

Tutto bene, allora? Niente affatto. La riforma, nella parte degli altri emendamenti Cartabia (cioè Ghedini-Bongiorno), resta una sconcezza: ma per fortuna è solo una legge delega e per entrare in vigore necessita di appositi decreti del governo, che si spera non faccia in tempo a vararli. Nella parte (predominante) della Bonafede, invece, contiene i 2,7 miliardi di Recovery stanziati dal Conte-2 per nuovi tribunali e carceri, assunzioni, ufficio del processo, digitalizzazione, notifiche semplificate ecc. Che poi è l’unica cosa che ci chiedeva l’Ue. Si poteva ottenere di più? Difficile: il M5S è solo, ma neppure l’appoggio di Pd e Leu (spariti) avrebbe garantito i numeri per battere le destre (Iv inclusa). Però l’errore di Conte è dire: “Mai pensato a causare la crisi di governo”. Se l’avesse causata, la schiforma sarebbe passata nella prima versione: la peggiore. Ma, senza le migliorie ingoiate da Draghi, buttarlo giù sarebbe stato il minimo sindacale. Se governi coi rappresentanti della criminalità che hanno appena visto condannare per mafia in appello i loro ex uomini di governo D’Alì e Cosentino (dopo B., Previti, Dell’Utri &C. per altri gravissimi reati), meglio tenersi sempre una via di fuga.

ILFQ

venerdì 30 luglio 2021

Scartabia. - Marco Travaglio

 

Bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto? Già il fatto di porsi questa domanda su un governo che ha tentato fino all’ultimo di mandare al macero centinaia di migliaia di processi per reati gravissimi segnala il livello criminale delle classi dirigenti che lo esprimono.

Comunque la risposta è: più pieno che vuoto. Il compromesso al ribasso che salvava solo i processi per associazione mafiosa e voto di scambio, condannando all’improcedibilità tutti i delitti “strumento” dei clan – corruzione, estorsione, usura, riciclaggio, turbativa d’asta, truffa, frode, traffico di droga, armi, rifiuti tossici, prostituzione ecc. – è stato evitato dall’intransigenza di Conte, in una trattativa che partiva disperata: i processi d’appello per tutti i reati con l’aggravante mafiosa potranno durare 6 anni fino al 2024 e poi 5. E quelli per associazione mafiosa, voto di scambio, terrorismo, droga e reati sessuali avranno proroghe senza limiti. In più la sabbia nella clessidra inizierà a scendere non alla sentenza di primo grado, ma 90 giorni dopo.

Per gli altri processi d’appello, gli anni non sono più i 2 voluti dalla Cartabia, ma 3+1, poi scenderanno di 1 solo se l’apposito Comitato tecnico dirà che il sistema è pronto. Non solo: se si riapre l’istruttoria dibattimentale per nuovi atti d’indagine o interrogatori, la clessidra si ferma: così i 3+1 o i 2+1 valgono solo per i processi che ridiscutono carte e sentenze di tribunale; per gli altri il termine sale.

Resta lo scempio (sia pure annacquato) del Parlamento che indica alle Procure i reati prioritari, ma lì si spera che intervenga la Consulta; e l’obbligatorietà dell’azione penale tutela ogni pm che osi indagare sui delitti “fuori menu”.

I pericoli peggiori (anche se non tutti) della schiforma Cartabia sembrano sventati: basta confrontare il testo originario con quello stravolto dall’accordo di ieri. I 5Stelle, dopo mille cedimenti e sbandate, ridanno agli elettori un motivo per votarli. Lega, FI e i renziani del Pd e di Iv si confermano i santi patroni dell’impunità. Ma questo già si sapeva, anche se il M5S, la parte sana del Pd e Leu dovrebbero prenderne atto.

A uscirne con le ossa rotte sono la cosiddetta ministra della Giustizia e Draghi che, o per malafede o per incompetenza (non si scappa: delle due l’una), hanno fino all’ultimo negato l’evidenza e tentato di imporre un testo che tutti gli addetti ai lavori (oltre al Fatto) giudicavano un Salvamafia&ladri. Una Guardasigilli che nega in Parlamento qualsiasi effetto sui processi di mafia e poi ingoia quel po’ po’ di eccezioni imposte da Conte sui reati di mafia (416bis, 416bis.1 e 416ter), dovrebbe scusarsi e dimettersi. Da ieri è ufficiale che o non sa quel che dice, o ci ha provato e le è andata male. Altro che aspirare al Quirinale: dovrebbe andarsene a casa.

ILFQ

venerdì 29 gennaio 2021

Ecco la relazione sulla giustizia di Bonafede: “I fondi del Recovery sono legati alle riforme dei processi e alla prevenzione della corruzione”. - Giuseppe Pipitone

 

Nella relazione del guardasigilli trasmessa al Parlamento si sottolinea come "non soltanto gli investimenti richiesti dal Ministero della Giustizia, ma l'intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà scrutinato tenendo conto della capacità di affrontare con riforme normative, investimenti e misure organizzative i problemi del processo civile e penale e di apprestare un’efficace prevenzione della corruzione".

Non solo i tre miliardi di euro destinati alla giustizia, ma tutti i 209 miliardi del Recovery fund sono vincolati a una riforma della giustizia che velocizzi i processi. E alla lotta alla corruzione. È il concetto sottolineato nella relazione del guardasigilli Alfonso Bonafede. Il documento avrebbe dovuto essere illustrato dal ministro alla Camera e al Senato. Il Parlamento avrebbe poi dovuto votare una relazione a favore e una contro. Alla prova della giustizia, però, il governo di Giuseppe Conte avrebbe seriamente rischiato di andare sotto: è per questo motivo che il premier si è dimesso. Con l’esecutivo in carica solo per gli affari correnti, dunque, la relazione è stata soltanto trasmessa al Parlamento e non sarà né discussa e neanche votata. Depurato dalle polemiche politiche, che esplodono puntualmente ogni volta che si discute di riforme giudiziarie, il contenuto del dossier preparato da via Arenula è d’interesse fondamentale visto che in oltre duecento pagine, il ministro analizza lo stato della giustizia nel 2020, ed espone le linee guida del 2021. Significa, essenzialmente, in che modo verranno utilizzati i fondi del Recovery. Un piano d’aiuti che è tutto legato alla capacità del nostre Paese di operare riforme di sistema per velocizzare i processi. Senza un sistema giudiziario efficente, infatti, è impossibile progettare una ripresa economica post emergenza. Ma andiamo con ordine.

LEGGI LA RELAZIONE SUL SITO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

“I soldi del Recovery e le riforme” – “La proposta di Regolamento Next Generation EU (NGEU) e le linee guida in corso di elaborazione evidenziano come la soluzione delle questioni poste in risalto dalle cosiddette “Raccomandazioni Paese” costituisca il primo e più importante banco di prova dell’ammissibilità dei progetti candidati ad ottenere il Recovery fund. Non soltanto gli investimenti richiesti dal Ministero della Giustizia, ma l’intero Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sarà scrutinato tenendo conto della capacità di affrontare con riforme normative, investimenti e misure organizzative i problemi del processo civile e penale e di apprestare un’efficace prevenzione della corruzione“, scrive il guardasigilli nella sua introduzione. Come ha spiegato più volte ilfattoquotidiano.it è stata l’Europa a chiedere al nostro Paese di operare le riforme sulla giustizia. ” Nelle Country Specific Recommendations indirizzate al nostro Paese negli anni 2019 e 2020, pur dando atto dei progressi compiuti negli ultimi anni, la Commissione Europea esorta: ad aumentare l’efficienza del sistema giudiziario civile; a favorire la repressione della corruzione, anche attraverso una minore durata dei procedimenti penali; ad attuare tempestivamente e a favorire l’applicazione dei decreti di riforma in materia di insolvenza, al fine di velocizzare i procedimenti di esecuzione forzata e di escussione delle garanzie e a rafforzare ulteriormente la resilienza del settore bancario”, ricorda il ministero.

“Combattere la corruzione assicura la ripresa economica” – La relazione dell’anno 2020 della Commissione Europea sottolinea la particolare rilevanza di questi fattori di criticità nel contesto dell’emergenza pandemica, osservando che “un sistema giudiziario efficiente è fondamentale per un’economia attraente e propizia agli investimenti e all’imprenditoria e sarà fondamentale nel processo di ripresa, anche mediante l’attivazione di quadri efficienti per il salvataggio e il rilancio. L’efficacia nella prevenzione e nella repressione della corruzione può svolgere un ruolo importante nell’assicurare la ripresa dell’Italia dopo la crisi. In particolare, la trasparenza nel settore pubblico e il rafforzamento dei controlli per contrastare la corruzione possono evitare i tentativi della criminalità organizzata di infiltrarsi nell’economia e nella finanza, di turbare le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e, più in generale, di distrarre le risorse pubbliche necessarie per gli investimenti”. Nel documento di via Arenula si sottolinea come soffermandosi sullo stato dell’arte, la Commissione Europea evidenzia che “i tempi di esaurimento dei procedimenti penali presso le corti di appello continuano a destare preoccupazione, ma sono attualmente in discussione al Parlamento riforme globali volte a snellire le procedure penali”.

“Investimenti credibili solo senza lunghi contenziosi giudiziari”- Per questo motivo, continua la relazione, “la confidence delle istituzioni europee verso le prospettive di rilancio del nostro Paese è dunque fortemente condizionata dall’approvazione di riforme e investimenti efficaci nel settore della giustizia. Non può del resto sfuggire come qualsiasi progetto di investimento – anche estraneo al settore giustizia strettamente inteso – per essere reputato credibile dev’essere immunizzato dal rischio che un lungo contenzioso giudiziario ne ostacoli la realizzazione entro le scadenze stabilite dal Regolamento Next Generation EU “. Il guardasigilli ricorda poi che “i progetti di riforma del processo penale, del processo civile e dell’ordinamento giudiziario”, cioè quelle chiesti da Bruxelles, sono stati “approvati dal Consiglio dei Ministri nell’anno 2019 e nel 2020, sono attualmente all’esame del Parlamento. Si tratta, quindi, di misure elaborate prima della pandemia, della crisi economica e sociale che ne è conseguita e, dunque, prima che si aprissero le prospettive di ripresa incarnate dal Next Generation EU”. L’inquilino di via Arenula spiega che la riforma “del processo penale “risponde principalmente alla esigenza di assicurare la ragionevole durata del processo penale e la piena garanzia del contraddittorio nell’ottica del migliore equilibrio tra accusa e difesa. È ovviamente necessario assicurare un accertamento il più possibile ravvicinato rispetto al fatto reato in modo da soddisfare, con strumenti appropriati: il valore costituzionale e convenzionale (Cedu) della ragionevole durata del processo; la difesa dell’imputato dal rischio di perpetuazione della servitus iustitiae; la coerenza della pena, eventualmente irrogata, con le sue finalità rieducative; la credibilità del sistema in chiave general-preventiva”.

Col Recovery 16mila assunzioni – Chiaramente, si spiega nel dossier, “nessuna riforma può essere efficace senza l’immissione di risorse umane e strumentali adeguate, senza mettere benzina nella macchina della giustizia“. A questo serviranno i fondi del Recovery. “Dei circa 3 miliardi di euro attribuiti dalla bozza di PNRR – continua la relazione – trasmessa al Parlamento al settore della giustizia, 2,3 miliardi sono destinati ad assunzioni a tempo determinato dedicate in larga parte al rafforzamento e alla riqualificazione dell’Ufficio per il processo”. Ufficio che “potrà ora essere alimentato da 16.000 addetti con contratto a tempo determinato e da 2.000 magistrati onorari aggregati”. L’obiettivo è “assorbire, nell’orizzonte previsto (2026), l’arretrato che rappresenta il principale fattore di rallentamento dei processi e l’ostacolo pratico all’attuazione del diritto alla ragionevole durata”. Altri 4.200 operatori a tempo determinato saranno chiamati a rafforzare la capacità amministrativa del sistema. E un contingente di 100 magistrati onorari ausiliari supporterà la sezione tributaria della Corte di Cassazione, “che è gravata da un numero di pendenze superiore al dato globale di tutte le altre sezioni civili della Corte di legittimità”. Sempre sul fronte degli investimenti, un capitolo è dedicato all’edilizia carceraria: “Altro settore di particolare attenzione attiene all’obsolescenza degli edifici, al degrado degli spazi della giustizia e all’inadeguatezza dimensionale delle strutture, esasperata dalle esigenze di distanziamento imposte dalla pandemia. Una delle linee di finanziamento, dell’ammontare di circa 470 milioni di euro, è perciò dedicata alla realizzazione di nuove cittadelle giudiziarie e alla riqualificazione delle strutture esistenti, in un’ottica green e di sicurezza sismica”.

“Rallentamento con la pandemia, ma attività mai interrotta” – Chiaramente la gran parte della relazione è dedicata allo stato della giusizia nel 2020, anno segnato dall’emergenza coronavirus. “La pandemia ha determinato un rallentamento dell’attività e i dati appena riportati testimoniano, tuttavia, che essa non si è mai interrotta. L’amministrazione ha affrontato la gravissima emergenza epidemiologica seguendo una duplice direttiva: preservare la salute degli operatori; garantire che i servizi di giustizia risentissero il meno possibile delle disfunzioni collegate alle misure di ‘confinamentò succedutesi nelle diverse fasi della crisi”, scrive Bonafede. “I Tribunali e le Corti di appello nel settore civile hanno definito più di quanto sia stato iscritto: sia in primo che in secondo grado le pendenze del civile al 31.12.2020 sono diminuite anche rispetto al dato del 2019 (229.959 nel 2020 contro i 241.673 del 2019 per la Corte e 1.988.477 contro i circa 1.989.905 per i Tribunali)”, riporta la relazione, evidenziando che “soprattutto nel secondo semestre dell’anno (fase 2 dell’emergenza sanitaria) la produzione degli uffici del settore civile è stata tale da determinare un indice di smaltimento dell’arretrato (clearance rate) di segno positivo: 1,12 nelle Corti d’appello; 1,08 nei Tribunali”. Per combattere il contagio il ministero ricorda che “alla fornitura di dispositivi di protezione ha fatto seguito una nuova regolamentazione del lavoro da remoto, che ha permesso un impiego ridotto della forza lavoro ‘in presenza’, in modo da limitare le occasioni di contagio sul posto di lavoro e nel corso degli spostamenti dei lavoratori da e verso gli uffici”. E riguardo agli investimenti “ammonta a 31 milioni la spesa degli uffici per acquisto di dispositivi di protezione (mascherine, barriere para-fiato, sanificazioni, materiale igienizzante)”.

Stabili i processi pendenti, con la pandemia +4,3% – Nel corso dell’ultimo anno il numero complessivo di procedimenti penali pendenti presso gli Uffici giudiziari è rimasto stabile, attestandosi al 30 settembre 2020. Nei primi nove mesi del 2020, quando l’attività giudiziaria è stata rallentata dall’emergenza epidemiologica, il totale dei procedimenti penali pendenti presso gli uffici giudicanti è cresciuto del 4,3%. Nello stesso periodo si è, invece, ridotto il numero di procedimenti pendenti dinanzi agli uffici requirenti (-2,7%). Rispetto all’anno precedente, a un generalizzato calo del numero delle nuove iscrizioni (-11,71% sul totale), corrisponde un altrettanto generale calo delle definizioni (pari al -16,40%). “Globalmente, si registra un aumento delle pendenze pari all’1,51%. Per quanto riguarda le procure il trend delle definizioni, fortemente influenzato dalla situazione pandemica, evidenzia una generalizzata riduzione pari, rispettivamente, al 17,59% per i reati di competenza della Direzione distrettuale antimafia, al 10,74% per i reati ordinari e al 17,29% per i reati di competenza del giudice di pace. Per gli uffici di Tribunale, nel complesso, l’anno giudiziario 2019/2020, rispetto al precedente, evidenzia una diminuzione delle iscrizioni (in calo del 14,35%) e delle definizioni (in calo del 19,43%). Stesso discorso per la Corte di Cassazione (diminuite iscrizioni e definizioni, rispettivamente nella misura del 18,62% e del 28,78%).E per le Corti di Appello (ad un calo delle iscrizioni pari al 15,79% corrisponde una riduzione delle definizioni nella misura del 25,08%)”.

Nel Civile -5% in Appello – Sul fronte civile, invece, il numero totale di fascicoli pendenti era pari a 3.292.218. Un dato complessivamente stabile rispetto al 2019 e che vede la conferma di un trend decrescente nelle Corti d’appello (-4,8%), ma un aumento invece presso la Corte di Cassazione (+2,9%). “Nel 2020 – si legge nel dossier – il rapporto tra procedimenti definiti e iscritti è stato pari a 1,01, un valore di sostanziale stabilità. Tuttavia, occorre considerare che l’andamento è il risultato di una riduzione sia dei procedimenti sopravvenuti (-18%) che di quelli definiti (-20%) rispetto al dato del 2019. L’erosione dell’arretrato cosiddetto “patologico” o “a rischio Pinto” si arresta nel 2020, con un incremento marcato in Corte di Cassazione, pari al 12,2%, una crescita evidente anche in Tribunale (+3,1%) e più contenuta in Corte d’Appello (+1,1%). Rispetto al 2013, tuttavia, la contrazione è pari al 46% in primo grado ed al 50% in secondo grado”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/01/28/ecco-la-relazione-sulla-giustizia-di-bonafede-i-fondi-del-recovery-sono-legati-alle-riforme-dei-processi-e-alla-prevenzione-della-corruzione/6081660/

domenica 31 agosto 2014

FOCUS RIFORMA GIUSTIZIA CIVILE: C’entrano qualcosa le banche con la riforma della Giustizia civile? - Roberta Clerici

FOCUS RIFORMA GIUSTIZIA CIVILE:  C'entrano qualcosa le banche con la riforma della Giustizia civile?
In queste ore i giornali riportano analisi sui punti critici della riforma della giustizia penale, prescrizione, intercettazioni, falso in bilancio etc.., col risultato che della riforma della giustizia civile, ovvero l’unica che molto probabilmente verrà votata oggi dal Consiglio dei Ministri, nessuno parla.
A pensare male si fa peccato… ma poiché è una tecnica politica quella di pilotare l’attenzione pubblica su un tema, per poi procedere senza particolari intoppi su altro, vale la pena ricordare che la riforma del settore civile riguarda milioni di Italiani che – di punto in bianco – si ritroveranno a fare i conti con modifiche sostanziali.
Non che tutti i punti siano da scartare, anzi. Divorziare senza passare dal Giudice, o avere l’accesso al gratuito patrocinio anche per pagare le transazioni, sono belle conquiste, assieme ad altre, ma permane una generale sensazione che anche questa ri-forma andrà a favorire caste e lobbies, banche in testa.
Tanto per cominciare Renzi annunciò che per la prima volta in Italia i cittadini sarebbero stati consultati on-line, attraverso il sito del Ministero della Giustizia. A parte che la consultazione dura fino al 31 agosto, mentre il testo è in discussione oggi (i!), molti cittadini non si sentono autorizzati ad intervenire, perché magari si sentono poco competenti.
Invece sarebbe fondamentale che lo facessero, perché sennò il rischio è che la riforma cada dall’alto (come comunque ac-cadrà) senza nemmeno un tentativo di offrire visioni diverse ed innovative, specie da parte di coloro che faticano a tirare la fine del mese.
La riforma prevede una fortissima accelerazione per il recupero crediti, mediante accesso ai dati dei conti in banca, procedure più rapide e snelle, più potere agli Ufficiali giudiziari, esecutorietà delle sentenze di primo grado, filtri per le impugnazioni etc.
Bene potrebbero dire in molti! Chi di noi non è mai impazzito per recuperare una somma che qualcuno ci deve e magari ha rinunciato dopo inutili solleciti pur di non stare in causa 10 anni. Ma altrettanto a chi di noi non è mai capitato di ricevere una richiesta di pagamento del tutto folle, esagerata, o persino immotivata?
La riforma non prevede nulla per castigare questi “cattivi creditori” e la cosa è davvero preoccupante. Una ri-forma, ovvero qualcosa che si prefigge di dare una nuova forma all’esistente, deve essere organica e doveva prevedere rimedi per entrambi i problemi ed invece, almeno per come è stata presentata, parte dal presupposto che in questo paese tutti i debitori sono totali farabutti, mentre tutti i creditori degli assoluti santi.
Epperò sappiamo che non è così. Banche, Equitalia, assicurazioni, amministrazioni di condominio… non sempre i creditori si comportano bene! Lo sappiamo dalle cronache, ma anche dall’esperienza.
Dove c’è corruzione etica e malaffare, questo si insinua ovunque e ci sono creditori che senza tanti complimenti pignorano immobili e beni pur sapendo di non avere tutte le carte in regola, o magari dopo aver fatto firmare contratti capestro scritti “piccolo, piccolo”.  Banche – (le fatidiche banche!) che magari hanno maturato il credito applicando interessi sugli interessi, agenzie di riscossione tributi che pretendono somme anche non dovute o prescritte, agenzie di recupero crediti che chiedono interessi oltre il saggio legale, gente senza scrupoli a cui è bastato un credito di 500 euro per pignorare una casa, mettere tutta una famiglia in strada e magari mandare amici e conoscenti a partecipare all’asta. Senza parlare di quei professionisti che hanno emesso una parcella spropositata o amministratori di condominio particolarmente distratti nei conteggi.
Ecco che i creditori non sono affatto tutti santi ed agevolarli indiscriminatamente con una serie di interventi normativi, ovvero un’autostrada a 6 corsie, è davvero pericoloso per un sistema fragile come il nostro.
Siccome è necessario voltare pagina ed abbreviare i tempi biblici, andava previsto un sistema di contrappeso nel recupero crediti. Magari automatico. Ad esempio se una banca viene scoperta a citare ingiustamente un cittadino per interessi illegali, una norma che imponga di rimborsarlo 5 volte tanto. Idem per il professionista beccato a gonfiare ad arte una parcella.. radiato per sempre senza appello. A queste condizioni, una riforma ci stava anche, ma in assenza di correttivi, sembra fatta apposta per agevolare solo una parte.
Ed è qui che si insinuano i dubbi più forti, ovviamente da accertare, che tutta questa fretta sia dettata più dallo stato di sofferenza delle banche Italiane, che hanno in pancia troppi insoluti e dalle pressioni degli organismi sovranazionali che le guardano a vista, che dai bisogni dei singoli cittadini o delle piccole e medie aziende.
Il governo ci ha detto che la norma è pensata per le imprese che faticano a recuperare i crediti e ripetendolo a tamburo ne ha fatto uno slogan. Sembra però dimenticare che sono le stesse imprese che da anni gridano allo scandalo per essere vessate sopratutto da banche ed Equitalia, addirittura promuovendo referendum e raccolta firme per sollecitare soluzioni.
Senza scordare che tra i primi debitori delle imprese c’è proprio lo Stato, è ben curioso che l’incipit che il Ministero della Giustizia ha scelto per motivare la sua riforma della giustizia civile sia proprio un rapporto - guarda caso - della Banca Mondiale, (Giustizia.it -Riduzione dei tempi) che lamenta i tempi di recupero crediti, piuttosto che quello del CEPEJ, ovvero la commissione europea per l’efficienza della giustizia, che segnala una rosa di problemi ben più ampi.
A fronte di ciò viene un dubbio: non è che l’Italia abbia ricevuto pressioni sopranazionali per concentrarsi sull’accelerazione del processo esecutivo, rendere immediatamente esecutive le sentenze di primo grado e limitare le impugnazioni per consentire alle banche Italiane di rientrare velocemente dei crediti insoluti iscritti a bilancio?
C’entra qualcosa il fervente dibattito sulla costituzione di ”Bad Bank“ ove farli confluire? Sono decine e decine gli articoli riguardanti gli allarmi sullo stato di salute della banche Italiane, con gli interventi del FMI, le relazioni di Abi, BANKITALIA ,etc (alcuni link in fondo pagina) e – sarà solo una coincidenza- ma in gran parte sono di poco antecedenti alla pubblicazione sulle linee guida della riforma.
Eppoi chissà perché facendo un giro in Tribunale nelle sezioni delle esecuzioni si ha l’impressione che tra i pignoranti ci siano spesso i soliti noti ed alle successive aste, specie quelle succose, compaiono.. altri soliti noti. Non solo il circuito è sempre stato piuttosto chiuso, ma adesso sembra che le banche vogliano creare direttamente holding per acquistare immobili venduti all’asta. Come dire: li mando all’asta oggi e domani li ricompro a prezzi vantaggiosi. Sul sito di Repubblica (Economie e Finanza) si può leggere: 
“Nel piano strategico al via il 28 marzo l’ad Carlo Messina prepara annunci rilevanti in materia. Dovrebbe nascere un’unità di business dedicata, in cui collocare la Rehoco (Real Estate Home Company, piccola holding dedicata ai mutui e al riacquisto di immobili in asta fallimentare)”.
Allora nel proporre una riforma del processo esecutivo bisognerebbe essere onesti, fare due o tre studi statistici per distinguere i cattivi pagatori da coloro che vengono vessati, i reali creditori da quelli in malafede, castigare coloro che coi debiti fanno business sporchi e prevedere sistemi che garantiscano livelli di giustizia equa alle parti in causa, ma non coi decreti d’urgenza, che mal si conciliano col concetto stesso di riforma. E siccome chi fa furbo di professione troverà comunque modo di nascondere i propri tesori alle Cayman o dietro fiduciarie, riconoscere che il rischio di dare tutti i privilegi solo ai creditori, in questo paese, è quello di fare male a coloro che già sono alla canna del gas.
Quindi è bene che i cittadini dicano la loro, anche e soprattutto sulla Giustizia Civile anche se il tema sembra …apparentemente noioso.
Roberta Clerici