giovedì 13 giugno 2019

La prima legge della Regione Sardegna di Solinas? Ripristinare i vitalizi.



Erano stati aboliti nel 2014 ma rientrano di fretta e furia dalla finestra con un altro nome, "indennità differite". Sono i vitalizi i protagonisti della prima legge della Sardegna sardo-leghista di Christian Solinas, a 90 giorni dall'insediamento della nuova giunta eletta il 24 febbraio. A insospettire, tra l'altro, è la fretta nel presentare la proposta. Probabilmente è concreta la possibilità di tornare presto alle urne, dopo che il Tar si sarà espresso sui ricorsi sulla questione della "raccolta firme". "I consiglieri possono avere comunque l'assegno con i versamenti volontari", è scritto nel testo. Infuria la polemica.

Cosa prevede la proposta di legge.
L'introduzione di un assegno mensile, che i consiglieri regionali della Sardegna potrebbero riscuotere al compimento dei 65 anni se rimasti in carica per soli cinque anni, ma l'età potrebbe scendere a 60, - secondo la capogruppo M5s Desiré Manca - è prevista nella bozza di proposta di legge per il ricalcolo dei vitalizi su base contributiva illustrata dal presidente del Consiglio Michele Pais.

In pratica, attacca la consigliera pentastellata, "la maggioranza di governo della Regione Sardegna cerca di introdurre la cosiddetta indennità differita". Quindi, spiega, "accade che in un provvedimento teso al contenimento della spesa, la stessa aumenti di 1.149.984,00 euro all'anno, per arrivare per l'intera legislatura alla bella cifra di 5.749.920,00 euro". Manca sottolinea di non aver apposto la firma che avrebbe portato il provvedimento in Aula con la procedura d'urgenza.

Opposizioni all'attacco.
"Si tratta di un privilegio inaccettabile e vorrei fosse chiaro che non lo voteremo mai: non siamo qui per regalarci privilegi, ma per difendere i cittadini", assicura Manca. La consigliera ricorda di averlo sottolineato, quando la bozza è stata illustrata per la prima volta da Pais nella conferenza dei capigruppo: "Sono stata l'unica", ha commentato.

Anche le altre forze dell'opposizione hanno ora sollevato la questione. E così la proposta non entrerà direttamente in Aula con la procedura d'urgenza ma dovrà passare prima in commissione Riforme.

Subito all'attacco il portavoce del centrosinistra Massimo Zedda. Sul suo post di Facebook si legge: "La prima proposta di legge della maggioranza leghista e sardista, illustrata ai capigruppo dal presidente del Consiglio regionale, riguarda il ripristino, comunque lo si voglia giustificare e definire, degli assegni vitalizi da riconoscere ai consiglieri". 
"Non la continuità territoriale, - aggiunge, - non la vertenza latte, non il porto canale di Cagliari, ma dopo tre mesi la prima legge è per le pensioni dei consiglieri regionali. Dicono sempre: prima gli italiani, prima i sardi. Ma la verità è che pensano solo a se stessi". "Viviamo un momento storico dove la politica si deve riavvicinare alla vita reale, non il contrario con ulteriori privilegi", gli fa eco Eugenio Lai di Leu.

Le precisazioni di Pais.
"Non un euro in più ai consiglieri regionali", ha precisato il presidente dell'Assemblea della Sardegna Michele Pais, che ha illustrato la proposta di legge per la parametrazione dei vitalizi secondo il calcolo del contributivo diretto. Proposta che, chiarisce replicando alle opposizioni che parlano di volontà di reintrodurre i vitalizi, "è la riproposizione letterale del testo che deriva dall'accordo Stato-Regioni in attuazione della legge di bilancio dello Stato e dalla Conferenza dei Presidenti dei Consigli regionali". 
Quanto al fatto che i capigruppo non hanno votato per il passaggio diretto in Aula del provvedimento con la procedura d'urgenza, "l'unico rammarico - spiega Pais - è arrivare in ritardo a questo prioritario obiettivo ben conseguibile già dalla scorsa legislatura. Ovviamente il Consiglio regionale, che è sovrano, è libero di condividere o meno apportando alla proposta di legge le modifiche che riterrà opportune".

Infine, "attribuire la paternità di questa proposta di legge al presidente del Consiglio oltre ad essere falso - dichiara - è scorretto ed è teso solamente a utilizzare normali procedure consiliari per fini squisitamente elettorali".

https://www.msn.com/it-it/notizie/politica/la-prima-legge-della-regione-sardegna-di-solinas-ripristinare-i-vitalizi/ar-AACOS29?ocid=ob-fb-itit-69&fbclid=IwAR2Dl69vXzqJeB0G5UXkfzf7PQ3DrEEOOukb2V-GgCplyGI3SSkc8jU9YJA#image=1


Votare Lega significa votare uno dei partiti obsoleti che hanno portato l'Italia al disastro economico in cui si trova. Il partito del Carroccio è lo stesso che ha frodato lo stato presentando rendicontazioni irregolari al Parlamento per ottenere indebitamente i fondi pubblici. C.

Csm, Quirinale: “Mattarella non è mai intervenuto sulle nomine. L’ultimo incontro con Lotti risale al 6 agosto”. - Giuseppe Pipitone

Csm, Quirinale: “Mattarella non è mai intervenuto sulle nomine. L’ultimo incontro con Lotti risale al 6 agosto”

Fonti qualificate della presidenza della Repubblica smentiscono quanto riportato dai giornali. Palamara avrebbe messo a verbale di essere stato informato delle intercettazioni da una fonte quirinalizia. Il braccio destro di Renzi, invece, avrebbe sostenuto di aver incontrato il capo dello Stato, dipingendosi come una vittima della ufficio inquirente capitolino. E avrebbe anche sostenuto di essere in grado di tornare al Colle per provare a trovare una sponda nel risiko delle poltrone capitoline.

L’ultimo incontro di Sergio Mattarella con Luca Lotti risale al 6 agosto scorso. Quindi quattro mesi prima che per l’ex ministro dello Sport venisse chiesto il rinvio a giudizio relativo all’inchiesta Consip. Quando ancora Giuseppe Pignatone era nel pieno delle sue funzioni. Insomma: i legami vantati dal braccio destro di Matteo Renzi con Luca Palamara, registrati dal trojan installato sul telefonino di quest’ultimo e riportati da alcuni quotidiani, sarebbero privi di alcun riscontro. Come totalmente infondate sarebbero pure le notizie messe a verbale dallo stesso Palamara: il pm indagato per corruzione ha raccontato ai magistrati umbri di essere stato informato da un amico del trojan installato sul suo telefonino. Una notizia che sarebbe arrivata da una non meglio specificata fonte all’interno del Quirinale.
“La presidenza della Repubblica non dispone di notizie su indagini giudiziarie e dal Quirinale non può essere uscita alcuna informazione al riguardo“, fanno sapere fonti qualificate del Colle, interpellate sul punto dal fattoquotidiano.it. “Non è la prima volta che i retroscena giornalistici raccontano di contatti con il presidente della Repubblica, attribuendo al capo dello Stato opinioni e interventi. Che però sono inesitenti“, aggiungono le stesse fonti. Sottolineando che il presidente “non si è mai occupato né ha mai parlato di nomine di magistrati“.
Il riferimento è ovviamente per le ultime novità emerse dall’indagine che ha spaccato il mondo della magistratura, riportate da Repubblica e Corriere della Sera. Il Gico della Guardia di Finanza, infatti, ha consegnato alla procura di Perugia le trascrizioni integrali dei dialoghi captati dal trojan installato sul telefono di Palamara. Agli incontri notturni  col pm indagato (al quale partecipavano cinque consiglieri del Csm), Lotti avrebbe raccontato di essere andato addirittura al Quirinale. Il motivo? Raccontare a Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della ufficio inquirente capitolino, lamentandosi col capo dello Stato del procuratore Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo. L’ex ministro dello Sport avrebbe anche sostenuto di essere in grado di tornare al Colle per provare a trovare una sponda nel risiko che avrebbe portato alla nomina del nuovo capo dell’ufficio inquirente capitolino. 
La presidenza della Repubblica non ha fatto e non intende fare alcuna nota per smentire quanto avrebbe sostenuto Lotti e soprattutto Palamara. Ma fonti qualificate interpettalate dal fattoquotidiano.it smontano punto per punto le affermazioni accreditate dagli atti giudiziari – riportati dai quotidiani – all’ex ministro e del pm sotto inchiesta. Dalla presidenza, infatti, fanno notare che i colloqui di Mattarella sono annotati nelle agende presidenziali. L’ultima volta che Lotti è salito al Colle era il 6 agosto del 2018. E si trattò di una visita di congedo, come tante altre visite simili furono concesse ai ministri uscenti del governo di Paolo Gentiloni
Insomma, solo un incontro di commiato, che nulla aveva a che vedere con il futuro della procura di Roma. “Il presidente – ribadiscono dal Quirinale – non si occupa di nomine. Gli unici interventi sono di carattere generale, per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri cronologici“.  Un auspicio ripetuto più volte da Mattarella nel pieno della bufera giudiziaria del Csm. Il capo dello Stato, infatti, ha invitato i consiglieri a occuparsi delle nuove nomine a partire dagli uffici giudiziari in cui la poltrona di vertice è vuota da più tempo. Lo stesso input contenuto nel discorso – riveduto e corretto fino alle virgole dallo stesso Mattarella – del vicepresidente David Emini al plenum straordinario del 4 giugno scorso. E subito seguito dalla nuova commissione incarichi direttivi.
Strano che Mattarella non si sia mai occupato né abbia mai parlato di nomine di magistrati“ visto che la Costituzione, nell'art. 104, sancisce che:
"Il Consiglio superiore della magistratura è composto da 27 membri e presieduto dal Presidente della Repubblica che vi partecipa di diritto."
Se ne deduce, pertanto, che non abbia assolto ad uno dei suoi compiti.

Csm, le “interferenze” di Lotti per la procura di Roma: “Si vira su Viola”. Palamara: “Creazzo? Gli va messa paura”. - Antonella Mascari

Csm, le “interferenze” di Lotti per la procura di Roma: “Si vira su Viola”. Palamara: “Creazzo? Gli va messa paura”

Csm - Le intercettazioni dell’ex ministro sulla nomina del procuratore La Gdf: “Morlini cercava voti”: ha lasciato. Palamara parla di Creazzo.

“Le interferenze illecite” di Luca Lotti in “un centro di potere” esterno al Csm che decideva sulle nomine. È quanto si legge negli atti del Gico della Guardia di finanza, depositati alla Procura di Perugia e al Csm, sull’indagine Palamara. Tra le manovre “palesi quanto illecite da parte di soggetto rivestente la qualità di imputato”, scrive il Gico, quella per la Procura di Roma dove, dice Lotti, “si vira su Marcello Viola”.
Negli atti, pubblicati in parte ieri sera dal Sole 24 Ore, si legge che un ruolo diretto lo avrebbe giocato anche Pierluigi Morlini che ieri ha inviato una lettera di dimissioni al vicepresidente Ermini in cui ammette che nell’incontro notturno con Ferri-Lotti-Palamara e altri colleghi togati si è parlato di “attività consiliari”, cioè della nomina del procuratore di Roma, dopo il pensionamento di Pignatone. Secondo il Gico Morlini parla di altri voti da raccogliere su Viola. Si parla anche di Giuseppe Creazzo, il procuratore di Firenze, altro candidato contrapposto al procuratore di Palermo Francesco Lo Voi ritenuto “in continuità” con Giuseppe Pignatone: “Gli va messa paura”, dice Palamara.
Sia Morlini che gli altri presenti all’incontro, Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli Antonio Lepre, da ieri sono sotto procedimento disciplinare promosso dal Pg della Cassazione Riccardo Fuzio. A quanto risulta al Fatto, vengono loro contestati “comportamenti abitualmente o gravemente scorretti” nei confronti degli altri consiglieri. Nell’ennesima, convulsa, giornata di ieri è protagonista anche il Quirinale che ha smentito articoli di stampa: “ Quanto alla notizia che Lotti si sarebbe lamentato con il Quirinale dell’inchiesta di Roma a suo carico, si precisa che il capo dello Stato lo ha incontrato il 6 agosto scorso per un saluto di congedo dei ministri”. Inoltre, il presidente Mattarella “non è mai intervenuto sulle nomine se non con interventi per richiamare il rispetto rigoroso dei criteri e delle regole”.
Criscuoli si è dimesso da giudice supplente della sezione disciplinare, ma non da consigliere, quindi resta autosospeso, come Lepre e Cartoni. Tutti e tre si sarebbero lamentati di non aver potuto leggere le carte che li riguardano.
Nella lettera a Ermini, Morlini parla di un errore di “leggerezza”. Racconta di essere stato invitato da un collega “di cui mi fidavo” a un dopo cena con “alcuni consiglieri ed ex consiglieri del Csm (Ferri e Palamara, ndr). All’incontro, è successivamente e per me inaspettatamente intervenuto l’onorevole Lotti. Pur essendomi congedato prima che la serata terminasse, non mi sono immediatamente allontanato, nonostante tutti noi parlassimo di questioni consiliari”. Morlini, però, rivendica di aver agito per tutte le nomine, compresa Roma, “senza condizionamento politico o esterno”.
Morlini era di Unicost, la corrente centrista, Cartoni, Criscuoli e Lepre, sono di MI, la corrente conservatrice che sabato scorso li aveva invitati a revocare la loro autosospensione e a riprendere l’attività consiliare.

A oggi, Cartoni, Criscuoli e Lepre restano autosospesi, ma rischiano una sospensione formale, se non si dimettono prima, perché il Pg della Cassazione sembra intenzionato a chiederla ai giudici disciplinari del Csm. Se accolgono l’eventuale richiesta, scatterà automaticamente. Il Consiglio, dunque, è costretto a funzionare in forma ridotta, con due togati dimissionari e 3 autosospesi su 16. A bocce ferme, Morlini, giudice di merito, sarà sostituito dal primo dei non eletti, Giuseppe Marra.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/06/13/le-interferenze-di-lotti-a-roma-si-vira-su-viola/5251858/

mercoledì 12 giugno 2019

Magistrati indagati, nelle carte nuovi nomi di consiglieri del Csm. E Lotti vantava legami col Quirinale.

Magistrati indagati, nelle carte nuovi nomi di consiglieri del Csm. E Lotti vantava legami col Quirinale

La novità - riportata da Repubblica e Corriere della Sera - emerge dalle trascrizioni integrali delle intercettazioni operate con il trojan installato sul cellulare di Palamara, consegnate alla procura di Perugia dal Gico della Guardia di Finanza. L'ex ministro sosteneva di essere andato da Sergio Mattarella a raccontare la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della procura romana che vuole processarlo per favoreggiamento nell'ambito dell'inchiesta Consip.


Ci sono almeno altri due consiglieri del Csm che incontravano Luca LottiLuca Palamara e Cosimo Ferri per discutere dei giochi di corrente che avrebbero portato alla conquista della procura di Roma. La novità – riportata da Repubblica e Corriere della Sera – emerge dalle trascrizioni integrali delle intercettazioni operate con il trojan installato sul cellulare di Palamara, consegnate alla procura di Perugia dal Gico della Guardia di Finanza. Alle riunioni notturne per discutere del futuro della procura capitolina, dunque, non partecipavano solo i consiglieri Corrado Cartoni, Antonio Lepre, Paolo Criscuoli, Gianluigi Morlini (non indagati, autosospesi) e Luigi Spina, accusato di favoreggiamento e violazione di segreto: si è dimesso alcuni giorni fa. Ma c’erano anche altri due membri di Palazzo dei marescialli.
Lo scandalo nato con l’inchiesta della procura di Perugia su Palamara, dunque, sembra destinato ad allargarsi. E a terremotare ulteriormente il mondo della magistratura. Anche perché nei dialoghi registrati, Lotti ha anche detto a Palamara di essere andato addirittura al Quirinale. Il motivo? Raccontare a Sergio Mattarella la propria vicenda giudiziaria, dipingendosi come una vittima della procura romana che vuole processarlo per favoreggiamento nell’ambito dell’inchiesta Consip. Il braccio destro di Matteo Renzi sosteneva di essersi lamentato col presidente della Repubblica del procuratore Giuseppe Pignatone e dell’aggiunto Paolo Ielo. Lotti avrebbe anche sostenuto di essere in grado di tornare al Colle per provare a trovare una sponda nel risiko che avrebbe dovuto portare alla nomina del nuovo capo dell’ufficio inquirente capitolino. Affermazioni al momento senza alcun riscontro che potrebbero anche essere solo delle millanterie. 
I veleni sul Quirinale si allungano anche nell’interrogatorio reso da Palamara, accusato di corruzione, con la procura di Perugia. L’ex presidente dell’Anm ha raccontato che, pochi giorni prima delle perquisizioni ai suoi danni, una persona a lui vicina (già identificata dai pm umbri) gli aveva raccontato di aver saputo da una misteriosa talpa del Colle che sul suo telefonino era installato un trojan. Non si sa chi è quella persona autrice di quella fuga di notizia e se esista davvero. È un fatto però che a Palamara quella notizia è arrivata. Ma è anche vero che il pm nei giorni successivi ha continuato a usare il suo cellulare come se niente fosse. 
E infatti il suo smartphone ha continuato a registrare ogni dialogo. Come quelli con Cesare Sirignano, pm della procura nazionale Antimafia iscritto a Unicost, la stessa corrente di cui Palamara è leader. Il magistrato sotto inchiesta ha interesse affinché a Perugia fosse nominato un magistrato a lui vicino in modo da affossare l’inchiesta ai suoi danni. Sirignano fa il nome del procuratore aggiunto di Napoli, Giuseppe Borrelli. Palamara non è convinto ma Sirignano insiste dipingengo Borrelli come un magistrato avvicinabile. Borrelli, però, ha denunciato Sirignano a Perugia “producendo una documentazione che comprova la più totale estraneità ai fatti”, come recita una nota fatta avere a Repubblica.

Depistaggio Borsellino, dopo 27 anni il colpo di scena: indagati alcuni magistrati.

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Non è più a carico di ignoti l’indagine della Procura di Messina sul depistaggio dell’inchiesta sulla Strage di via d’Amelio costata la vita al giudice Paolo Borsellino e degli agenti della scorta.
I pm della città dello Stretto hanno iscritto nel registro degli indagati alcuni magistrati del pool che indagò sull’attentato. Agli indagati e alle persone offese oggi la Procura ha notificato l’esecuzione di accertamenti tecnici irripetibili.
Si tratta di due ex magistrati della procura di Caltanissetta, Annamaria Palma e Carmelo Petralia, che si occuparono della prima inchiesta sulla strage.
Gli accertamenti irripetibili riguardano l’analisi di 19 cassette su cui vennero registrati una serie di interrogatori e che potrebbero essere danneggiate dall’ascolto. Da qui l’esigenza che all’esame partecipino i legali delle persone coinvolte con l’ausilio di consulenti.
Dopo 27 anni da quel tragico 19 luglio 1992, dunque, si apre un nuovo squarcio.
Tra coloro che indagarono sulla strage e che gestirono il falso pentito Vincenzo Scarantino, figurano oltre Carmelo Petralia (procuratore aggiunto a Catania) e Anna Maria Palma (avvocato generale di Palermo), anche Nino Di Matteo (attualmente alla Dna) e Giovanni Tinebra (ormai deceduto).
Solo pochi giorni fa Scarantino ha ritrattato le sue accuse ai pm, facendo un clamoroso dietrofront“Non furono i pm a orchestrare il depistaggio sulla strage Borsellino, furono solo i poliziotti. Il dottor Di Matteo non mi ha mai suggerito niente, il dottor Carmelo Petralia neppure. Mi hanno convinto i poliziotti a parlare della strage” (LEGGI QUI). 
Intanto, per il depistaggio (accertato con la sentenza Trattativa), sono indagati e sotto processo proprio tre poliziotti a Caltanissetta: Mario Bo, Michele Ribaudo e Fabrizio Mattei.

Como, arrestato per truffa a una donna disabile il finanziere Alessandro Proto.

Como, arrestato per truffa a una donna disabile il finanziere Alessandro Proto

Il 44enne milanese era già noto per aver millantato "affari immobiliari con personaggi di fama mondiale e tentativi di scalate ad imprese di primo piano".


I militari della Gdf di Como hanno arrestato il finanziere Alessandro Proto, 44 anni, milanese, residente in Svizzera, già gravato da precedenti penali per truffa e violazioni finanziarie. L'accusa è di truffa pluriaggravata ai danni di una donna con gravi problemi fisici e psichici alla quale avrebbe sottratto in più riprese 130mila euro. Il denaro, secondo la Gdf, era stato investito da Proto su siti di gioco online.

Il 44enne era "già noto per aver millantato affari immobiliari con personaggi di fama mondiale e tentativi di scalate ad imprese di primo piano", tra cui Rcs. Nel 2013 era stato indagato dalla Procura di Milano e poi arrestato per manipolazione del mercato ed ostacolo alle attività degli Organi di vigilanza.

Corruzione, arrestati Paolo Arata e il figlio: “Soci occulti del re dell’eolico Nicastri, finanziatore di Messina Denaro”.

Corruzione, arrestati Paolo Arata e il figlio: “Soci occulti del re dell’eolico Nicastri, finanziatore di Messina Denaro”

L'ex consulente della Lega per l'energia ed ex deputato di Fi è accusato anche di autoriciclaggio e intestazione fittizia di beni. Il gip rileva un "elevato rischio di infiltrazioni di Cosa nostra" nei loro affari. Nella tranche dell'inchiesta finita a Roma è indagato l'ex sottosegretario leghista Siri, che avrebbe preso 30mila euro per presentare un emendamento con modifiche degli incentivi al mini-eolico.

Paolo Arata, ex consulente della Lega per l’energia ed ex deputato di Fi, e il figlio Francesco sono stati arrestati con le accuse di corruzioneautoriciclaggio e intestazione fittizia di beni su richiesta della Dda guidata da Francesco Lo Voi. Per gli inquirenti, i due sono soci occulti dell’imprenditore trapanese dell’eolico Vito Nicastri, ritenuto dai magistrati tra i finanziatori della latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Gli Arata sono indagati da mesi per un giro di mazzette alla Regione siciliana – dagli 11mila ai 115mila euro l’una – che coinvolge anche Nicastri, tornato in cella già ad aprile perché dai domiciliari continuava a fare affari illegali. Le tangenti avrebbero favorito Nicastri e il suo socio occulto nell’ottenimento di autorizzazioni per i suoi affari nell’eolico e nel bio-metano. La Procura ha disposto anche il sequestro di otto società che operano nel campo delle energie rinnovabili.
Una tranche dell’inchiesta nei mesi scorsi è finita a Roma perché stando ad alcune intercettazioni gli Arata avrebbero pagato una mazzetta da 30mila euro all’ex sottosegretario alle Infrastrutture leghista Armando Siri. Che in cambio avrebbe presentato un emendamento, poi mai approvato, sugli incentivi connessi al mini-eolico, settore in cui l’ex consulente del Carroccio aveva investito.
Oltre che nei confronti dei due Arata il gip di Palermo Guglielmo Nicastro ha disposto l’arresto per Nicastri, la cui la misura è stata notificata in carcere in quanto già detenuto, e per il figlio Manlio, indagati pure loro per corruzione, auto riciclaggio e intestazione fittizia. A Nicastri, di cui la Procura ha recentemente chiesto la condanna a 12 anni per concorso in associazione mafiosa, il gip non ha dato l’aggravante dell’aver favorito Cosa nostra che, invece, gli era stata contestata dai pm. Nella misura cautelare però il gip lancia l’allarme “sull’elevato rischio di infiltrazioni di Cosa nostra” negli affari degli Arata e dei Nicastri. Ai domiciliari è finito poi l’ex funzionario regionale dell’Assessorato all’Energia Alberto Tinnirello, accusato di corruzione. Gli altri indagati nell’ambito dell’operazione della Dia di Palermo sono Giacomo Causarano, Francesco Isca e Angelo Giuseppe Mistretta.
“Arrestato Arata. Corruzione e mafia vanno combattute con durezza”, ha commentato in un tweet il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra. “Ora in Regione Sicilia chi aveva dato concessioni per i due parchi eolici in questione con grande leggerezza dovrà fornire risposte!”.