giovedì 10 ottobre 2019

Nobel per la letteratura premia Olga Tokarczuk e Peter Handke.



Scrittrice polacca per il 2018, l'autore austriaco per il 2019.

Conferito il doppio premio Nobel per la Letteratura. L'Accademia svedese ha tributato il riconoscimento per l'anno 2018 alla scrittrice polacca Olga Tokarczuk, nata nel 1962. All'autore austriaco Peter Handke, nato nel 1942, è stato assegnato il Nobel per l'anno 2019.
 L'ultimo Nobel per la Letteratura era stato assegnato nel 2017 a Kazuo IshiguroDopo lo scandalo per molestie che nel 2018 aveva colpito il marito di una giurata, il fotografo e regista Jean Claude Arnault e travolto l'Accademia di Svezia portando a una serie di dimissioni, il premio era stato sospeso e rimandato al 2019.

http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/libri/2019/10/10/nobel-per-la-letteratura-dopo-lo-scandalo-molestie-ne-verranno-assegnati-due_608297c8-13d7-4790-9775-d1c795b0013b.html

Rosa d'autunno.


Civiltà degli Olmechi.

olmechi
queste teste colossali si trovano nel parco di la Venta e forse rappresentano  re o sacerdoti

Gli Olmechi erano un’antica civiltà precolombiana che viveva nell’area tropicale dell’odierno Messico centro-meridionale, approssimativamente negli stati messicani di Veracruz e Tabasco sul Istmo di Tehuantepec. La civiltà olmeca fiorì durante il periodo formativo (Preclassico) mesoamericano, estendentesi approssimativamente dal 1400 a.C. al 400 a.C. Gli Olmechi costituirono la prima civiltà mesoamericana e stabilirono le fondamenta delle culture successive. Esistono prove che gli Olmechi praticassero il sacrificio umano e praticassero un primitivo gioco con la palla (gioco della pala mesoamericano), caratteristiche di tutte le successive culture. L’influenza culturale olmeca fu molto ampia, tanto che opere d’arte di questa civiltà sono state trovate anche a EL Salvador Questo popolo ebbe il predominio nella sua area da circa il 1200 a circa il 400 A. C. e da molti è considerata la cultura madre di tutte le successive civiltà mesoamericane.

Il termine “olmechi” significa la gente della gomma in nahuatl, lingua con cui gli aztechi indicavano la popolazione di quest’area che cadde sotto il loro controllo. In effetti in quest’area si estraeva il lattice dalla Castiglia elastica, un tipo di albero della gomma presente nella zona e utilizzato in diversi modi. Non si sa se questo popolo si definisse col termine di olmechi, mentre alcune successive fonti mesoamericane sembrano riferirsi a loro col termine di Tomoanchan. Gli studiosi concordano quasi del tutto sul fatto che gli olmechi parlassero una lingua appartenente alla famiglia Mixe-Zoque anche se le prove di ciò sono comunque limitate. Sta di fatto che la lingua olmeca è sconosciuta dato che non esistono persone che la parlano.
La storia olmeca si suddivide in tre periodi. 
Cultura di san lorenzo dal 1200 A.C. al 900 A.C.: fu da questa zona che cominciarono ad emergere le caratteristiche di questa civiltà, la cui ascesa fu probabilmente favorita dalle pianure alluvionali dell’area che favorirono un’elevata produzione di mais (situazione dunque analoga a quella vissuta in Mesopotamia o in Egitto). Si discute se l’alta concentrazione di popolazione a San Lorenzo incoraggiò la nascita e lo sviluppo di un’élite che alla fine portò gli olmechi a dominare e che fu alla base dello sviluppo di una cultura materiale raffinata, che avrebbe fatto venire anche da lontano i materiali necessari a soddisfare i propri bisogni, segno questo dell’esistenza di un’ampia e sviluppata rete commerciale.
Cultura di la Venta dal 900 A.C. al 400 A.C. San Lorenzo fu abbandonato attorno al 900, più o meno attorno al periodo in cui acquistò importanza il centro di La Venta. Alla base di questo spostamento potrebbero esserci stati cambiamenti ambientali, che provocarono anche il cambiamento del corso di alcuni importanti fiumi. La distruzione di molti monumenti a San Lorenzo attorno al 950 A.C. potrebbe essere spiegata con una ribellione interna o con un’invasione dall’esterno. Comunque, La Venta fu il più importante centro olmeco fino al 400 A.C. circa. Durante questo periodo, la grande piramide e diversi complessi cerimoniali furono costruiti in questo centro. Sebbene attorno al 400 il centro di La Venta avesse esaurito il suo ruolo, l’importanza dei complessi cerimoniali sembra essere durata più a lungo all’interno della cultura olmeca.
Cultura di Tres Zapotes dal 4000 A.C.al 200 A.C. non si sa con certezza cosa accadde agli olmechi. Il sito di Tres Zapotes continuò a essere occupato anche dopo il 400, ma senza i tipici segni della cultura olmeca. Alcuni studiosi hanno definito questo periodo cultura EpiOlmeca, che ha elementi simili a quelli riscontrabili a Izapa (città maya in Chiapas). Un centinaio di anni dopo l’abbandono delle ultime città olmeche, altre culture si erano già saldamente insediate in quell’area, come quella maya nella penisola dello Yucatan quella Zapoteca nella valle di Oaxaca.
L’arte olmeca consiste sia in sculture statuarie sia in piccole sculture in verde. Gran parte di quest’arte è altamente stilizzata e utilizza un’iconografia dai forti significati religiosi. E tuttavia una certa arte è sorprendentemente naturalistica, riproducendo con grande esattezza i dettagli dell’anatomia umana come solo quella maya, nel suo periodo più fulgido, fece nell’ambito delle civiltà precolombiane. Oltre ai soggetti umani, molto rappresentati sono anche gli animali.. La ceramica olmeca era prodotta in forni capaci di superare i 900 °C (l’unica altra cultura antica capace di ciò era quella egiziana).
La mitologia olmeca influenzò in maniera significativa lo sviluppo sociale e culturale del mondo mesoamericano. Non esistono testimonianze dirette delle credenze olmeche (come invece ci sono per i Maya  K’iche del Guatemala che hanno lasciato il libro noto come Popol Vuh), ma gli elementi dell’arte di questo popolo, comparati con le meglio note credenze di popoli successivi, possono aiutare a far luce su questo aspetto. La religione olmeca è accostata a quella dei maya: un sistema politeistico in cui gli dei più importanti erano il Dio-giaguaro (da cui sarebbe disceso il popolo olmeco),Quetzalcoatl(serpente piumato), il dio della pioggia, il dio sole e il dio del mais, il cui culto era affidato a sacerdoti che praticavano riti propiziatori con sacrifici umani.
tumulo di la Venta.jpg
scultura e tumulo in terra a La Venta sito olmeco fondato intorno al 1200 A.C.

COLOMBIA: SAN AUGUSTIN PATRIMONIO CULTURALE DA RIVELARE AL MONDO. - Piercarlo Ducoli



Nella zona centro – occidentale della Colombia, in un”area di 500 chilometri quadrati, circa seicento megaliti istoriati con figure antropomorfe e zoomorfe sono testimonianza storica di un patrimonio artistico e culturale tra i più importanti del mondo preispanico sudamericano. Le statue monumentali sono sculture di immensa bellezza e curato disegno, con caratteristiche tematiche, formali e simboliche molto differenziate, che includono elementi mitologici. Alcune, a carattere funerario, compiono funzioni di pareti o tetti di strutture dolmeniche; altre sono rappresentazioni di personaggi importanti o divinità alle quali si rendeva culto secondo le necessità. La Cultura Agustiniana raggiunge il massimo splendore tra il 200 d.C. ed il 800 d.C., periodo durante il quale la complessa società gerarchica favorisce lo sviluppo artistico, culturale ed economico, basato principalmente sulla coltivazione intensiva del mais ed alla produzione limitata di meravigliosi oggetti in oro.

Nella Colombia Centro-occidentale in un”area di 500 Kmq, quasi seicento megaliti istoriati con motivi antropo-zoomorfi sono testimonianza storica di un patrimonio artistico culturale tra i più importanti del mondo preispanico sudamericano. L”area archeologica di San Agustín, adagiata nel cuore delle Ande a 1720 metri di altezza e a circa 450 chilometri dalla capitale Bogotá, è ubicata nella zona superiore del Rio Magdalena, fra la Cordigliera Orientale e quella Occidentale. Rappresenta uno dei più importanti siti archeologici del Sud America, iscritto dall”UNESCO nella lista del Patrimonio Culturale Mondiale. San Agustín ha un clima di tipo temperato – freddo (19°), caratterizzato da un habitat naturale che presenta tutti i toni di verde immaginabili, da un suolo fertile e da aspetti florofaunistici tipici delle Cordigliere Colombiane. I primi viaggiatori europei, tra i quali Juan de Santa Gertrudis che attraversò questo territorio nel XVIII secolo, descrissero la scoperta di gigantesche statue di pietra. Da allora, l”intrinseca bellezza di questa regione ed i significativi resti archeologici fanno si che San Agustín sia una delle principali attrazioni turistiche della Colombia. Affascinante è la storia millenaria di questa zona, che è una delle prime, nella Colombia preispanica, dove si sviluppò una società di tipo gerarchico.
Essa aveva al suo interno un certo numero di individui con precisi ruoli e funzioni, contrariamente alle società egualitarie caratteristiche dei gruppi primitivi che abitarono la Colombia per Millenni. In queste ultime le uniche differenze riscontrabili tra gli individui erano definite dall”età e dal sesso. Gli adulti erano rispettati per le loro conoscenze e probabilmente gli uomini possedevano un ”status” più alto delle donne, anche se non si trattava né di differenze significative né di prestigio ereditario. L”economia era basata sulla caccia, la pesca e la raccolta.
Le società gerarchiche, invece, presentano una notevole differenziazione sociale. Nelle Americhe esse sono generalmente associate alla coltivazione intensiva del mais. il quale, grazie ad un surplus produttivo, era essenziale per il mantenimento di popolazioni numerose e dei loro leaders anche durante i periodi di carestia o guerre. San Agustín è dunque una delle più antiche società gerarchiche della Colombia : le strade, le terrazze, i tumuli funerari e le statue monolitiche suggeriscono l”esistenza di un potere politico centralizzato, capace non solo di pianificare l”uso di eccedenze agricole, ma anche di coordinare lavori di grande specializzazione.
La stratificazione sociale è evidente nelle differenti tombe venute alla luce : alcune, appartenenti a gente comune, erano semplici e con scarso corredo funerario ; altre contenevano una gran quantità di ceramica, oreficeria ed erano accompagnate da dolmen, a significare l”importanza del defunto. Le condizioni ambientali nell”area di San Agustín sono così favorevoli che non ci si deve stupire del fatto che sia stata abitata fin dai tempi dei popoli cacciatori e raccoglitori. Le varietà climatiche permettono la coltivazione e la raccolta di differenti prodotti ; inoltre quest”area è ubicata nel punto di intersezione di vari itinerari naturali : verso Sud si può facilmente raggiungere la ricca pianura del Rio Magdalena ; a Nord vi sono facili accessi alle zone calde dai terreni fertili, mentre ad Ovest si raggiungono senza ostacoli le regioni del Cauca e di Tierradentro.
Datazione ed origine della Cultura.
Finora le origini e la storia della Cultura di San Agustín non sono state ancora sufficientemente studiate ; attualmente esistono due principali classificazioni sulla datazione delle epoche storiche. Quella formulata da Gerardo Dolmatoff ipotizza che l”area di San Agustín sia stata popolata in differenti periodi da differenti popolazioni e divide la storia in tre fasi principali: la prima, conosciuta come ”Horqueta” ( ? fino al 50 d.C.), conosce lo sviluppo di una società che vive in villaggi sparsi sopra le rive del Rio Magdalena, che seppellisce i defunti in tombe e che, probabilmente, non prevede la realizzazione di statue.
Nella seconda fase, chiamata ”Isnos” (dal 50 al 400 d.C.), si ha lo sviluppo di grandi addensamenti urbani con la creazione di estesi terrapieni, coltivazioni intensive e la costruzione di numerose statue. La terza nominata ”Sombrerillos” (dal 1400 al 1650 d. C.), è caratterizzata dalla presenza di particolari gruppi etnici denominati ”Andaki” di origine amazzonica . Le ceramiche Sombrerillos si distinguono per le raffinate incisioni ed i bordi frastagliati, caratteri assai simili a quelli della ceramica rinvenuta nella regione dell”alto Putumayo. L”altra teoria, formulata dagli archeologi Luis Duque e Julio César Cubillos, ipotizza lo sviluppo continuo di una civiltà che si può suddividere in 4 periodi :
1. Periodo arcaico (dal 3300 al 1100 a.C.)
2. Periodo formativo che comprende a sua volta un periodo formativo inferiore (dal 1100 al 900 a.C.) ed un periodo formativo superiore (dal 900 a.C. al 200 d.C.)
3. Periodo classico regionale (dal 200 al 800 d.C.)
4. Periodo protostorico o recente (800 d.C. al 1.550.d.C.).
Nonostante le due teorie presentino alcune discrepanze, tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che il massimo splendore dell”arte monumentale di San Agustín venne raggiunto prima dell”arrivo degli Spagnoli (periodo classico regionale e periodo ”Isnos”) e che le fasi dell”insediamento associate alla costruzione di statue monumentali corrisponde ad una epoca in cui l”economia locale dipendeva, in gran parte, dalla coltivazione del mais.
Il Periodo Arcaico.
Sorprendentemente, esistono scarse indicazioni di insediamenti primitivi. Queste sono limitate ad isolati ritrovamenti nella zona dell”Alto di Lavapatas.
Gli archeologi credono si tratti di insediamenti temporanei e non di veri e propri villaggi. Si stima che risalgano all”incirca a 3.300 anni a.C. ma la mancanza di reperti rende difficile approfondire lo studio della società di questo periodo , che prende il nome di ”Arcaico”.
Il Periodo Formativo.
Questo periodo di occupazione è caratterizzato dalla coltivazione del mais, dalla produzione di pregevoli ceramiche (tripodi, coppe, pentole globulari, coppe, piatti e ciotole) decorate con incisioni e pitture, dalla presenza di camere tombali e dall”uso di sarcofagi di legno. Gli abitanti della regione vivevano in piccoli villaggi sulle colline ed in altri siti nelle gole formate dal Rio Magdalena.. Grazie al ritrovamento di alcune gocce d”oro fuso si ritiene che l”oreficeria iniziò in questo periodo.
Il Periodo Classico Regionale.
Durante il successivo Periodo Classico Regionale l”area raggiunge il massimo sviluppo in termini di costruzione di tumuli, strade, terrazze e di incisione di statue monolitiche.
Le testimonianze suggeriscono che ci fu un incremento della popolazione ed un forte legame commerciale con le regioni limitrofe. I complessi statuari ed i monumentali tumuli funerari indicano la esistenza di una notevole complessità politica. La società ora è amministrata da gruppi il cui prestigio si può dedurre dalle tombe elaborate e dalla presenza di oreficeria di ottima fattura
Alcuni ornamenti d”oro rinvenuti a San Agustín sono simili a quelli della confinante regione del Calima mentre altri sono caratteristici della Cordigliera Centrale e dell”area del Tolima.
Frequentemente questi oggetti hanno motivi ornamentali originari della foresta tropicale orientale, con la quale presumibilmente esistevano interscambi commerciali.
Il Periodo Protostorico.
L”ultimo periodo prima della conquista spagnola evidenza un forte contrasto con le precedenti fasi. Le statue monumentali furono probabilmente abbandonate o riprese in scala minore. Un nuovo stile di ceramica fu introdotto e l”economia era basata su coltivazione di mais, arachidi e ”chontadura”, il frutto della palma. Una lega d”oro e rame, conosciuta col nome di ”Tumbaga”, era usata per produrre piccoli ornamenti invece dei più grandi in oro puro dei precedenti periodi.
SVILUPPO DELLA CULTURA SAN AUGUSTIN
3.300 a.C. -1.100 a.C. (Periodo arcaico)
900 a.C. (Periodo formativo inferiore) -> Fase I ”Horqueta”
50 d.C (Periodo formativo superiore)
200 d.C.
400 d.C. (Periodo classico regionale)-> Fase II ”Isnos”
800 d.C.
1.400 d.C. (Periodo protostorico)
1.650 d.C. (o recente) -> Fase III ”Sombrerillos”
L”Arte Agustiniana.
I Megaliti.

San Agustín era considerato un luogo sacro e di culto. Qui venivano sepolti i morti e venerate le divinità. A testimonianza di ciò si possono ammirare sarcofagi di pietra, tombe, dolmen, statue e rappresentazioni religiose che lasciano intuire la fede in una vita oltre la morte e quindi l”importanza che rivestiva il culto dei defunti presso la civiltà che abitava questi luoghi.
Oltre a tombe e templi sotterranei, si segnalano alcune centinaia di sculture a forma umana ed animale ; le più note consistono in grandi monoliti di pietra vulcanica a soggetto antropomorfo che talora recano ancora tracce di una colorazione policroma : le teste esageratamente grandi hanno volti dai lineamenti molto accentuati e spesso la bocca smisurata e dischiusa mostra canini prominenti di tipo felino.
Non sono rare le figure che recano in mano scettri, strumenti o teste – trofeo, sicure rappresentazioni di personaggi principali. Sono anche frequenti steli e cariatidi con caratteri analoghi, mentre si sono rinvenute poche figure incise nella roccia viva. Numerose le rappresentazioni zoomorfe a carattere simbolico : l”aquila simboleggia il potere e la luce, il serpente l”origine degli uomini, la scimmia la fertilità, la rana il sacrificio e la lucertola il culto dei morti.
Le statue rappresentanti due volti sovrapposti, hanno portato gli studiosi a esporre tesi differenti riguardo alle loro origini : mentre alcuni vedono in esse raffigurazioni dei geni tutelari (una figura per esempio è collocata davanti ad un cimitero di bambini), secondo altri esse si ispirano alle danze mascherate che venivano eseguite durante le feste e le cerimonie religiose.
Tra le costruzioni di un certo interesse sono stati scoperti grandi tumuli, superiori anche ai quattro metri di altezza ed ai venti – venticinque metri di diametro, costruiti per contenere i templi sotterranei lastricati e rivestiti da enormi lastre di pietra.
Esistono anche costruzioni più piccole che si ritiene avessero la funzione di sacrari, molte gallerie scavate nella terra e rivestite di pietra e numerose tombe con soffitto a volta.
Tecnica di incisione.
Il materiale utilizzato per le sculture è proprio di questa zona per la sua conformazione vulcanica ; in alcuni casi le incisioni furono effettuate su pietre affioranti dalla superficie del suolo, come ad esempio la rana di Lavapatas ; in altri casi le pietre furono traslate da un luogo ad un altro e, dato il peso e la misura (che varia da 73 cm. a 4,25 mt), è probabile che furono utilizzati tronchi e corde per facilitarne il trasporto.
Probabilmente utilizzarono percussori e scalpelli o bulini dello stesso materiale della pietra da incidere. Il ritrovamento di due massi con l”incisione di un ”bozzetto” di statua sta a significare che gli scultori prima elaboravano lo schizzo superficiale e successivamente lo incidevano, utilizzando scalpelli per ottenere tratti sottili.
Usarono percussori tondeggianti per levigare e perfezionare il contorno delle statue. Nonostante non si modificò sostanzialmente la rugosa conformità della pietra, è molto probabile che furono utilizzate acqua e sabbia come abrasivo per le rifiniture.
Le sculture si caratterizzano per la loro distribuzione simmetrica e per la marcata frontalità. Tutti gli elementi rilevanti della figura si incontrano armonicamente distribuiti nel fronte, dove si concentra tutta la forza e l”importanza. I dettagli laterali e posteriori sono semplici e secondari e non intaccano minimamente la significatività del frontale.
Per la struttura della composizione furono utilizzate le linee orizzontali e verticali, grazie alle quali si ottiene una sensazione di staticità. In generale le statue sono unidimensionali anche se ne sono state incontrate alcune a due o tre dimensioni.
Le figure sono lavorate in un unico blocco in bassorilievo e sono prive di un marcato movimento ; occasionalmente si riscontrano linee curve combinate alle rette.
Nella scultura Agustiniana la testa occupa spesso la metà, un terzo o un quarto di tutta la figura ed è scolpita formando un angolo prominente con l”asse del corpo, con il quale sembra ”proiettarsi” e ”guardare l”orizzonte”, accentuando così la sua maestosità ieratica.
TIPI DI STATUE AGUSTINIANE
1. Secondo il trattamento della pietra : Colonnari, Piane, Tridimensionali, Bidimensionali, bassorilievi e bozzetti.
2. Tema rappresentato :
A Figure maschili : guerrieri, divinità, esseri mitici, sacerdoti, alter egos, figure con armi, scudi e con altri animali o figure umane.
B Figure femminili : maternità e divinità.
C Uomo – animale : uomo – giaguaro, uomo – serpente, uomo – scimmia.
D Teste di grandi dimensioni : umane e di animali.
E Animali : Aquile, gufi, rane, scimmie, roditori, serpenti, giaguari e pipistrelli.
3. Funzioni : Sarcofagi, tavoli, supporti colonnari, santuari, rappresentazioni mitiche e religiose.
4. Distribuzione delle statue : individuali, varie figure in un” unica scultura.
Cultura Materiale.
Un aspetto minore dell”arte di quest”area è rappresentato dalla produzione di ceramica che sorprende, nel raffronto con la contemporanea statuaria in pietra, per la semplicità di esecuzione. L”impasto, non molto denso e monocromo nei toni scuri, è in genere ben cotto ; le forme sono semplici : vasi troncoconici o globulari col fondo arrotondato , talora muniti anche di tre piedi, coppe, ciotole.
L”oreficeria, invece, è di straordinaria bellezza, come dimostrano i pezzi ammirabili presso il Museo de l”Oro de Bogotá. Nelle tombe della regione di San Agustín sono state rinvenute collane tubolari in oro, diademi, anelli con perline di pietra, orecchini, braccialetti, figure antropomorfe e conchiglie ricoperte da foglie d”oro.
Talvolta, gli orafi conoscevano da generazioni i procedimenti più raffinati per forgiare l”oro e, come spesse volte, inventarono ulteriori tecniche ancora più sofisticate come la laminatura (sia a freddo che a caldo), la trafilatura, l”intaglio, lo sbalzo e il cesello .Per la creazione di bassorilievi, inoltre, misero a punto una particolare tecnica che consisteva nel martellare l”oro sulla sabbia o su una piccola piattaforma costituita da alcuni strati di cuoio sovrapposti. Oltre al metallo allo stato puro utilizzavano anche una speciale lega nota come ”tumbaga”, nella quale l”oro era frammisto al rame, assai più resistente nonostante fondesse a temperature più basse (proprietà che la rendeva estremamente più duttile e quindi più facile da modellare).
Questa lega inoltre consentiva la cosiddetta doratura per ossidazione, realizzata sfregando i monili in tumbaga con il succo fortemente acido estratto da alcune piante, sottoponendoli successivamente al calore. Si provocava così l”ossidazione dello strato di rame superficiale che, asportato, dava la sensazione che l”oggetto fosse interamente in oro. Questo procedimento si rivelò particolarmente utile ai tempi dell”invasione europea, assicurando un notevole risparmio di oro quando si dovevano pagare richiesti dagli Spagnoli.
L”estrema abilità degli indios nella lavorazione dell”oro rappresentò purtroppo anche la principale causa della loro scomparsa, dovuta all”ingordigia degli Spagnoli che nel giro di pochi anni causarono un vero e proprio sterminio della popolazione indigena. 
Il Parco Archeologico.
Attualmente il Parco Archeologico di San Agustín comprende l”area nella quale sono raggruppati i monumenti e le statue più importanti ed è situato a Nord-Ovest del centro abitato. Esso include il ”Bosco delle statue”, il complesso conosciuto come ”Mesitas” A, B, C e D, la ”Fuente de Lavapatas” (fonte dei lavapiedi) e l” ”Alto de Lavapatas”. Annesso al Parco inoltre vi è un attrezzato Centro visitatori con il Museo e la Biblioteca.
Bosco delle statue :
E” un sentiero nel bosco dove si possono apprezzare 35 statue di differenti origini, misure e stile che sono state classificate come arcaiche, naturalistiche, espressionistiche e astratte.
Molti monoliti però non si trovano né nel luogo né nella posizione originale (a tutt”oggi sconosciuta) ; si tratta di un tentativo di riunire pezzi disordinati rinvenuti durante i primi lavori di scavo negli anni ”30.
Le ”Mesitas” :
Le ”Mesitas” rappresentano gli antichi luoghi dove erano costruite le abitazioni locali .L”imponente lavoro ha dato origine a vaste spianate artificiali che rappresentano l”aspetto peculiare della loro conformazione.
Le più importanti mesitas presenti a San Agustín sono classificate con le lettere A, B, C e D.
Nelle Mesitas A e B si possono ammirare alcuni rilievi artificiali con diversi templi, attraverso i quali il virtuoso scultore raggiunge la massima espressione tecnica inserendosi armoniosamente nello spazio architettonico.
La Mesitas A presenta due collinette ed alcune statue. Di particolare interesse è la collinetta orientale la cui figura orientale rivela un impressionante realismo. Sulla Mesitas B, invece, le collinette sono tre e la statua più nota, alta circa quattro metri, è denominata comunemente ”El Obispo”. Nella Mesitas C non vi sono templi, ma soltanto una serie di statue finemente lavorate, spesso associate a monumenti funebri coperti da enormi lastroni di pietra.
Nella Mesitas D infine, si trovano diverse tombe sormontate in pietra, circondate da piccole statue a forma di colonna, rinvenute in loco.
Fuente de Lavapatas :
Rappresenta indubbiamente il reperto più singolare ed affascinante tra le diverse testimonianze archeologiche presenti a San Agustín.
Situata sul versante settentrionale della Mesitas B, su una roccia grande di 50 m² al centro di un torrente, questo straordinario monumento è costituito da un complesso labirinto di canali e pozzanghere, adornato con rappresentazioni di serpenti, lucertole, salamandre e diverse figure umane. L”acqua, scorrendo tra i canali, dà origine ad un complesso sistema di dinamica fluida. La Fuente de Lavapatas evidenzia l”alto grado di controllo raggiunto dagli scultori nell”utilizzo delle svariate possibilità offerte dalla combinazione di elementi naturali, rappresentati in questo caso dall”acqua e dalla pietra.
La complessa architettura dell”insieme, indica probabilmente che la Fuente rappresenta un luogo sacro, forse utilizzato per cerimonie religiose e bagni rituali. Qui, inoltre, venivano a partorire le donne delle classi sociali più elevate e si compivano diversi sacrifici umani, sia di persone adulte che di neonati . Nel primo caso, si estirpava il cuore alle vittime e lo si collocava in una piccola buca all”interno della quale veniva spremuto. Una serie di canaletti riversava il sangue nelle acque della fonte, che venivano così fertilizzate e trasferivano una sorta di energia vitale fino ai canali di irrigazione destinati ai campi coltivati.
Le pozzanghere principali presentano tre differenti gradi di elaborazione stilistica, sembrano corrispondere ad una ben definita gerarchia sociale : quelle più elaborate erano riservate ai capi ed ai sacerdoti , quelle intermedie alle altre personalità importanti della popolazione e le più semplici erano destinate alla gente comune.
L”Alto de Lavapatas :
Al Nord-Est della Fuente si trova la collinetta denominata ”Alto de Lavapatas”, sulla cui sommità sono state rinvenute le vestigia archeologiche più antiche finora venute alla luce a San Agustín.
Attualmente si possono osservare diverse tombe, facenti parte probabilmente di un cimitero per bambini, protette da un”alta statua che rappresenta l” ”alter ego”.

Approfondire gli studi.
Gli studiosi dei megaliti Agustiniani a tutt”oggi hanno analizzato la tecnica impiegata e l”espressione rappresentata, basandosi però su regole e concetti della cultura moderna; si tratta di un”analisi formale esteriore e non di una reale interpretazione del pensiero degli antichi scultori. Sarebbe perciò interessante effettuare comparazioni con altre culture preispaniche e studi più approfonditi riguardo l”analisi semiotica dell”arte rupestre di San Agustín, cercando di interpretare ciò che effettivamente questa cultura ha voluto esprimere con le proprie opere, patrimonio culturale di tutta l”umanità purtroppo poco conosciuto e valorizzato.

La verdinità perduta - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 10 Ottobre.

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono

Siccome sono masochista, mi leggo avidamente tutti i commenti sul taglio dei parlamentari da 945 a 600 (400 deputati e 200 senatori). E ne ricavo un’impressione: ammazza quanto rosicano i giornaloni! Ma anche tre domande. 
1) Perché mai il taglio sarebbe una brutta notizia? 
2) Perché mai lo sarebbe solo oggi, mentre era sempre stato cosa buona e giusta quando ci provavano – senza riuscirci – la Bicamerale Bozzi del 1983 (514 deputati e 282 senatori), la Bicamerale De Mita-Iotti del 1994 (400 e 200), la Bicamerale D’Alema (500 e 200), la schiforma di centrodestra nel 2006 (518 e 252), la bozza Violante del 2007 (512 e 186), la schiforma Boschi-Verdini del 2016 (630 deputati e 100 senatori non più eletti)? 
3) Perché mai 945 parlamentari, non uno di meno né di più, garantirebbero i sacri valori della democrazia, della rappresentanza, della Costituzione e della Resistenza, mentre 600 sarebbero uno stupro antiparlamentarista, qualunquista e populista? Bisognerebbe spiegarlo alla Germania (709 deputati e 69 senatori), alla Spagna (350 e 265), agli Usa (435 e 100): tutti stuprati a loro insaputa. Se tutti ci provavano invano dal 1983 -prima che si chiamasse “populismo” tutto ciò che vuole la gente- forse è perchè lo sapevano tutti che il nostro Parlamento è sovradimensionato: abbiamo 96 mila abitanti per deputato, contro i 133 mila della Spagna, i 116 mila di Francia e Germania, i 114 dell’Olanda. Ora avremo un deputato ogni 151mila e risparmieremo pure: un bel sacrificio da una classe politica che tanti ne chiede ai cittadini e così riabilita parzialmente le istituzioni dal discredito in cui le ha cacciate.

Poi, certo, ci vorrà una legge elettorale conseguente: la crisi di rappresentanza viene di lì, dai parlamentari nominati anziché eletti e dunque tendenti al trasformismo perché svincolati da ogni impegno con gli elettori (la Boschi paracadutata da Arezzo a Bolzano, Fassino da Torino a Ferrara e a suo tempo Mattarella da Palermo a Trento: do you remember?). Gira e rigira, il problema di lorsignori è soltanto uno: la riforma è popolarissima e, quel che è peggio, è dei 5Stelle. I quali, ora che son riusciti dove quelli bravi e competenti avevano fallito, rischiano di guadagnare consensi. Di dimostrare che riescono a migliorare persino i vecchi partiti. E di smentire chi li dipinge come degli incoerenti che rinfonderano le proprie bandiere per le poltrone (invece ne tagliano un terzo, anzitutto a se stessi). Infatti i giornaloni hanno scatenato contro il taglio dei parlamentari un fuoco di sbarramento che difficilmente avremmo visto se si fossero ripristinate la garrota, la pena di morte e le leggi razziali.


E mai avevamo visto per le 60 leggi vergogna di B.. La Stampa, in overdose da rosicamento, per non dare la notizia s’è inventata il consueto scisma quotidiano: “Taglio dei parlamentari, fronda nel M5S: prende forma la scissione. Oggi il voto decisivo: 30 grillini si sfilano, riforma a rischio” (risultato: 553 Sì, 14 No, 2 astenuti; chissà dove s’erano nascosti i 30 volponi). Carlo Nordio, sul Messaggero, ha spiegato affranto che l’“umiliante pedaggio ridurrà la rappresentatività e persino le entrate (è noto che i parlamentari contribuiscono al finanziamento del loro partito)”. Testuale. Ma niente, non se l’è filato nessuno. Ezio Mauro, su Repubblica, è riuscito a scrivere che la sforbiciata è “un rito pagano” (tre pateravegloria) che “altera il sistema senza preoccuparsi di ricomporlo”, “produce un disequilibrio al di là delle cifre”, roba tipica del “perno qualunquista e anti-istituzionale dei 5Stelle, che continuano a produrre antipolitica anche dalle stanze del governo, non essendo in grado di pensare altrimenti”, poveri baluba. E poi: “definitiva semplificazione del concetto di rappresentanza, appiattimento del parlamento su una formula demagogica da gettare in pasto agli istinti dell’elettorato”, il famoso popolo bue, “come già con la ‘rottamazione’ proclamata (non si precisa da chi, ndr)”, “tentativo di introdurre il vincolo di mandato, manomettendo la libertà costituzionale dei parlamentari” (di vendersi un tanto al chilo al miglior offerente, come han fatto in 950 negli ultimi 11 anni), “adulazione del popolo mentre lo si inganna”. Perbacco.


Mauro ha pure scoperto che Di Maio era “in evidente difficoltà dopo lo scontro con Salvini e un’alleanza col Pd che non è stato capace di motivare” e “aveva bisogno di uno scalpo da gettare nell’arena”. Tipo previdente, questo Di Maio: il primo dei quattro voti sulla riforma è del 7 febbraio e lui già sapeva delle rottura con Salvini e dell’alleanza col Pd in agosto, ergo già preparava lo scalpo per l’arena. Mauro non dorme la notte perché il contagio grillino ha infettato “Pd e renzisti, sempre contrari a questa riforma mutilata e mutilante”: strano, noi li ricordavamo nel 2016 sulle barricate del referendum a spacciare il taglio dei parlamentari per nascondere lo scempio di un terzo della Costituzione; e, quel che è più comico, su quelle barricate c’era pure Repubblica al gran completo. Anche Massimo Giannini è in ambasce perchè il Pd, contaminato dal M5S, perde la verginità, anzi la verdinità (le ultime volte governava con B., Verdini e Alfano). E, quel che è peggio, fa qualcosa di buono e popolare insieme: non sia mai. Dunque giù botte contro il “grottesco Truman Show in piazza”,“la scenetta da b-movie”, “lo spot circense”, ma soprattuto contro i pidini grillizzati che “si calano le braghe” (parola del “vecchio saggio Macaluso”, e ho detto tutto), “la televendita populista”, “la purga contro la Casta” in vista del “mitico regno di Gaia” casaleggiano, “finalmente dominato dalla dittatura della Rete e liberato dai vecchi legacci del parlamentarismo”. Pare infatti che i 600 parlamentari superstiti non saranno più eletti: li sceglierà direttamente Casaleggio su Rousseau.


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grotta Son Doong



Sotto i nostri piedi esistono dei mondi nascosti di cui spesso non sospettiamo neanche l'esistenza. Uno dei più suggestivi si trova in Vietnam, dove è situata la grotta Son Doong (Hang Sơn Đoòng in lingua vietnamita), la caverna più grande del mondo.

Lo straordinario video che vedete qui sopra, è frutto del lavoro di Ryan Deboodt, un fotografo freelance specializzato in viaggi avventurosi, che collabora, tra gli altri, con il National Geographic. Il filmato, che riassume circa 10 ore di esplorazione, ci mostra alcune delle meraviglie di questa cavità naturale, un paradiso terrestre in parte ancora misterioso: le riprese dall'alto sono state realizzate utilizzando un drone volante, mentre alcune suggestive sequenze sono state montate in timelapse.

IL MONDO PERDUTO. La Hang Sơn Đoòng è localizzata nel parco nazionale di Phong Nha-Ke Bang, in Vietnam, una delle più grandi regioni di calcare del mondo. La caverna, che fa parte di una rete di 150 grotte, è lunga circa 9 chilometri e ha un'estensione media, sia in altezza che in larghezza, di 80 metri. Alcuni passaggi raggiungono dimensioni eccezionali: 250 metri di altezza e oltre 200 di larghezza.

La cavità ha 2,5 milioni di anni ed è stata scavata da un fiume sotterraneo che ha eroso il calcare sotto la montagna – Hang Sơn Đoòng significa infatti "grotta del fiume di montagna". Là dove la pietra era più debole, il soffitto è crollato, creando giganteschi lucernari che hanno favorito la crescita di una florida giungla. L'ecosistema, che fa da casa a una fauna variegata, include anche corsi d'acqua, spiagge, cunicoli, nonché alcune delle stalagmiti più grandi del pianeta, alte fino a 70 metri e possiede un proprio microclima.

mercoledì 9 ottobre 2019

La sentenza-papello. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 9 Ottobre:

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Se Totò Riina avesse saputo che era così semplice cancellare l’ergastolo, nel 1992 si sarebbe risparmiato le stragi, le trattative con lo Stato, forse anche l’arresto e sarebbe morto nel suo letto. Non aveva previsto, uomo di poca fede, che un giorno sarebbero arrivate la Corte europea dei diritti dell’uomo e poi in appello la Grande Chambre a trasformare l’Italia nell’Eldorado di mafiosi e terroristi, spazzando via la loro bestia nera: l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario che esclude dai benefici carcerari (permessi, semilibertà, liberazione condizionale, liberazione anticipata, lavoro esterno) i condannati a vita per i delitti più gravi. Un verdetto sciagurato che trasformerà l’ergastolo in una burletta, farà sparire i collaboratori di giustizia e rimetterà in sella i boss irriducibili grazie all’aspettativa di uscire un giorno di galera. A meno che il governo, il Parlamento, la Consulta e i giudici italiani non se ne infischino dell’invito a smantellare l’antimafia e l’antiterrorismo per evidenti esigenze di sicurezza nazionale, come sarebbe sommamente doveroso, finchè a Strasburgo non siederanno giudici più competenti e meno scriteriati.

L’articolo 4-bis detto “ergastolo ostativo” per facilitare la comprensione ai cialtroni che ancora s’indignano se “fine pena mai” vuol dire “fine pena mai”- fu introdotto nel 1992, dopo le stragi di Capaci e via d’Amelio: Falcone e Borsellino dovettero morire ammazzati perchè lo Stato si dotasse delle armi antimafia che da vivi avevano chiesto mille volte, invano. Anch’essi, se avessero previsto la sentenza di ieri, si sarebbero forse risparmiati quella fine terribile. Eppure era chiaro a tutti che, per spezzare il vincolo di omertà che garantisce lunga vita e impunità ai clan, occorreva una controspinta formidabile a parlare, almeno pari alla convenienza a tacere e alla paura delle vendette trasversali. Quella controspinta i due giudici (e molti altri con loro) la individuarono in una “tenaglia” a due ganasce: ampi benefici per chi collabora con la giustizia, rischiando la propria pelle e quella dei propri famigliari; e l’ergastolo vero, duro e isolato, senza sconti né scappatoie, per chi tace. Risultato: migliaia di “pentiti” in pochi anni fecero luce almeno sulla manovalanza mafiosa delle stragi, aiutando lo Stato a catturare centinaia di boss, killer e favoreggiatori, a dare un nome a migliaia di colpevoli di delitti insoluti, a sequestrare montagne di armi e soldi.


Poi, faticosamente e fra mille ostacoli, presero a svelare le verità più indicibili, di cui pochissimi erano a conoscenza, sulla trattativa e i mandanti esterni. E lì partirono le controriforme all’insegna del cosiddetto “garantismo” di destra, di centro e di sinistra, sempre a vantaggio dei colpevoli e mai delle vittime.
Riina aveva subito colto gli effetti devastanti della tenaglia studiata da Falcone e Borsellino. Infatti, ai primi vagiti del decreto Scotti-Martelli sul 41-bis (e il 4 bis), varato dopo Capaci ma poi accantonato in Parlamento fino a via d’Amelio, aveva messo nero su bianco nel “papello” della trattativa con il Ros che le stragi sarebbero finite solo con l’abolizione dell’ergastolo e del 41-bis, cioè del carcere duro ed eterno: ne andava della sopravvivenza di Cosa Nostra, legata a filo doppio alla regola aurea dell’omertà. Lo sapevano e lo sanno tutti: tranne la Cedu e la Grande Chambre, col contorno dei “garantisti” più o meno pelosi all’italiana. Eppure, a queste anime belle perse nell’astrattismo di un diritto iperuranico, ignorante e sganciato dalla realtà, basterebbe leggere i messaggi e gli avvertimenti di boss come Giuseppe Graviano, che da dieci anni minaccia di parlare (non solo nei conciliaboli col compagno di ora d’aria, ma anche a verbale) se non saranno rispettate le promesse fatte nel 1992-’94 e sempre (in parte) tradite. Ora anche lui si batterà una mano sulla fronte: anzichè faticare le sette camicie a ricattare B. e Dell’Utri, gli bastava inoltrare una domanda in carta bollata a Strasburgo.


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