martedì 17 dicembre 2019

Amenità.

L'immagine può contenere: pianta

L'immagine può contenere: pianta, fiore e spazio all'aperto

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'Ndrangheta, quattrocento milioni di euro sequestrati all'imprenditore Ricci. Operava nel mondo del gioco virtuale. - Alessia Candito


soldi

Gestiva anche tre società maltesi sotto copertura. E proprio Malta ha negato l'estradizione.

REGGIO CALABRIA. È considerato uno dei terminali della ‘ndrangheta nel mondo delle scommesse on line, ma è ancora un uomo libero grazie alla sentenza di un tribunale maltese che ha negato l’estradizione. Da questa mattina però Antonio Ricci (43 anni) è decisamente più povero. Supera i 400milioni di euro il valore dei suoi beni che la Guardia di Finanza ha messo questa mattina sotto sigilli per ordine del Tribunale di Reggio Calabria. Nascosti dietro due trust a lui riconducibili, gli investigatori hanno trovato conti correnti, immobili in Italia e all’estero, un portafoglio finanziario da centinaia di milioni di euro, più tre società maltesi “Oia Services Limited”, “Harvey Gaming Limited” (Già “Gvc New Ltd”) E “Wls Limited”.

Tutto sequestrato perché – sostengono inquirenti e investigatori – l’intero patrimonio di Ricci è frutto di affari illeciti, maturati nel grande mondo del gioco e delle scommesse on line. Un ramo di business che la ‘ndrangheta esplora da tempo e vede impegnati i più noti e antichi casati di ‘ndrangheta come i De Stefano – Tegano e i Pesce-Bellocco, che nel mondo del gioco virtuale (e illegale) hanno trovato non solo una gigantesca lavatrice di capitali illeciti, ma anche una straordinaria fonte di guadagno. Il sistema è semplice e facile da nascondere nella giungla del web, dove le piattaforme di scommesse certificate dall’Agenzia nazionale dei giochi e dei monopoli si mischiano a quelle clandestine.


La “chiave” sta nella sede legale della società che gestisce le scommesse. Quelle dei clan scoperchiate con l’operazione Galassia stavano tutte o quasi a Malta e la “GVC New Ltd” e la “Oia Services Ltd” di Ricci, per inquirenti e investigatori di Reggio Calabria ne erano parte integrante. Alle due società, entrambe con sede a Malta, facevano capo una serie di Centri Trasmissioni Dati (CTD) e Punti Vendita Ricariche (PVR) che permettevano di giocare in Italia ma fuori dal circuito autorizzato e controllato dallo Stato. In quel mondo erano i clan a dettare le regole e Antonio Ricci – affermano i magistrati Reggio Calabria – era uno dei principali terminali. Inseguito per questo da un mandato di cattura, Ricci era stato rintracciato e arrestato da latitante a Malta nell'aprile scorso, ma la sua estradizione è stata bloccata dal giudice d’appello Consuelo Scerri Herrera, che contrariamente al tribunale di primo grado ha deciso di respingere l’istanza delle autorità italiane e scarcerare l’imprenditore. Motivo? Ricci era ricercato nell’ambito di “indagini” e non a seguito di reati dimostrati da una sentenza, con buona pace del mandato di arresto europeo spiccato da Reggio Calabria.

https://www.repubblica.it/cronaca/2019/12/17/news/reggio_calabri_ndrangheta-243698706/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1&fbclid=IwAR20pjaHDvb8co6OHsneLvtkKtndNNXX-cB7k6P8M1N4vcOGOmJ0IHrrSU0

Il mio voto non conta.

("Sono incazzato nero e tutto questo non lo sopporterò più" da "Quinto potere" di S. Lumet) 

Lo avevo già sospettato quando ho capito che mia figlia non avrebbe potuto frequentare la facoltà di medicina perchè siete voi, come ho saputo, che mandate gli elenchi di chi vi deve accedere; la prova al mio sospetto l'ho avuta quando, dopo aver partecipato ugualmente alla prova, la domanda di mia figlia è stata respinta e, controllando gli esiti ci siamo accorti che le era stata attribuita una prova non sua. 
L'ho sospettato quando, pur essendo tra le più responsabili, preparate lavoratrici, non avrei mai fatto carriera perchè non ero raccomandata da nessuno e non mi sarei mai concessa a nessuno; ho avuto la quasi certezza che il mondo non è dei saggi, dei volenterosi, di chi ha una coscienza, un'etica, quando ho visto che altri colleghi assunti come dattilografi o come "finti" invalidi, facevano carriera e si laureavano senza studiare. Ho smesso di fare sindacato quando mi sono accorta che non volevate che io agissi spontaneamente in favore dei colleghi lavoratori, ma secondo le vostre direttive; 
Ho capito che la politica è, per voi, unicamente un trampolino di lancio per accedere alla lotteria del potere.
Mi avete fatto perdere la voglia di combattere perchè ho capito che anche la giustizia protegge - per colpa di leggi prive di logica ed etica che voi avete creato ed applicato per proteggere voi stessi - chi non agisce lealmente e colpisce chi fa il proprio dovere.
Ho capito che il mio voto non valeva nulla quando le Persone alle quali ho dato la mia fiducia hanno stravinto le elezioni, ma sono state esautorate nel giro di poco tempo perchè chi detiene il potere, cioè voi, avete ordinato alla disinformazione di ridicolizzare e gettare discredito sul loro ottimo operato.
Sono incazzatissima!

Io ho un vantaggio, però, rispetto a voi, ho la coscienza pulita, ho imparato a difendermi da sola, penso con la mia testa, non devo ringraziare nessuno, sono LIBERA!
Voi lo siete?
Cetta

"Fallisce un’azienda? Ci rimette lo Stato" - Milena Gabanelli e Fabrizio Massaro



È un numero talmente enorme che si fa fatica a raffigurarlo: 105,7 miliardi di euro. Sono i crediti che il Fisco non è ancora riuscito ad incassare dalle società fallite o in amministrazioni straordinarie ancora in corso. Parliamo di imposte sui redditi, Iva, ritenute d’ acconto, contributi previdenziali, tasse locali ecc. I dati dell’ Agenzia delle Entrate sono impietosi. Su 161,7 miliardi di euro di domande di ammissione al passivo, finora il Fisco ha recuperato appena 2,6 miliardi, ovvero l’ 1,6%. Praticamente niente.
Sono cifre che riguardano un numero molto grande di imprese: ogni anno ne saltano circa 13-15 mila. Fra queste ci sono quelle che nascondono la crisi spostando in avanti l’insolvenza sperando di farcela. In nove casi su dieci il dissesto si aggrava. Secondo l’esperienza dei magistrati fallimentari sono le situazioni meno gravi, perché l’ intento non è di frodare i creditori, e inoltre non rappresentano la maggior parte dei crediti fiscali.
C’è poi una seconda tipologia di imprese che vanno male: sono quelle nelle quali gli imprenditori o gli amministratori allungano i tempi per svuotare l’ azienda di quello che è rimasto. È un fenomeno più grave perché spesso non versano l’Iva, vendono immobili e macchinari utilizzando prestanome per nascondere le responsabilità. Si arriva così alla bancarotta per distrazione, che si lascia dietro crediti a carico dei fornitori, delle banche e del Fisco.
Negli ultimi anni però si sta ingigantendo il dissesto di impresa di «terzo tipo», quello più destabilizzante per l’ economia. «Sono società costituite apposta per durare uno-due anni, pianificando il non pagamento di imposte e contributi previdenziali», spiega Roberto Fontana, sostituto procuratore nel dipartimento Crisi d’ impresa della Procura di Milano. Si tratta in particolare di cooperative o piccole srl, che si aggiudicano a basso costo contratti di appalto o subappalto e che spariscono in poco tempo. È un fenomeno diffuso in alcuni settori produttivi, nelle attività di servizi, ma soprattutto nella logistica.
Lo schema è sempre lo stesso: il committente, spesso un soggetto internazionale, affida gran parte della gestione delle merci a società esterne, che a loro volta si affidano a piccole società, a cooperative, spesso con l’ interposizione fittizia di un consorzio. Queste società di solito non hanno mezzi propri, perché glieli mette a disposizione il committente. Di fatto, gestiscono solo la manodopera, hanno pochissimo capitale, ma assumono molti dipendenti che operano anche in violazione delle norme sul lavoro. Il loro scopo è quello di portare a casa appalti sottocosto.
Come fanno a stare in piedi? Fin dal primo giorno di attività non versano l’ Iva e non pagano le ritenute d’ acconto e i contributi previdenziali ai dipendenti. Dopo uno-due anni i lavoratori – spesso extracomunitari – vengono licenziati e riassunti da una nuova coop, gestita dagli stessi amministratori (a loro volta, spesso, dei prestanome), che lavora per lo stesso committente. E ricomincia la giostra.
Un caso emblematico è quello di Ceva Logistics. Lo scorso maggio la sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto un’ inedita «amministrazione giudiziaria» di uno degli stabilimenti di «Ceva Logistics Italia srl», divisione italiana del colosso quotato a Zurigo e con 7 miliardi di fatturato in 170 Paesi per 58.000 impiegati. Nel mirino i rapporti con Premium Net, un consorzio di cooperative che operava a Pavia: gestiva la distribuzione dei libri per le principali case editrici.
Solo che dietro al consorzio, scrivono i giudici, si nascondeva un «sistematico sfruttamento di lavoratori, con straordinari imposti sotto minaccia di licenziamento, retribuzione difforme dalle ore davvero lavorate (anche 11), e omesso versamento di contributi». Il committente Ceva è coinvolto perché secondo i giudici avrebbe dovuto sapere che i prezzi praticati erano troppo bassi per operare nella legalità. Allarmi simili sono stati sollevati di recente sull’ Ortomercato di Milano, e anche altre società della logistica oggi sono indagate.
Il risultato è la distruzione del sistema della concorrenza, perché falsando il mercato vengono espulse le imprese che rispettano le regole. A terra restano lavoratori non pagati e domina il caporalato, mentre sulle spalle dei cittadini gravano i miliardi di euro sottratti all’erario e alla previdenza. È un sistema che trascina verso il basso stipendi e diritti dei lavoratori, e che tutti noi contribuiamo a tenere in piedi quando acquistiamo online senza pagare la spedizione.
Pensando pure di fare un buon affare. Per dare un’ idea dell’ ampiezza: nella logistica il fatturato nazionale è di 32 miliardi di euro, il 40% è concentrato in Lombardia. Mentre nella sola area di Milano, per quel che riguarda i debiti di tutte le società fallite verso enti previdenziali, dipendenti, fornitori, banche, si è passati dai 25 miliardi del 2015 agli oltre 40 miliardi del 2018.
La risposta dello Stato è inadeguata e inefficiente, perché arriva anni dopo con l’ avviso di accertamento dell’ Agenzia delle Entrate e poi con la procedura esecutiva. Ma a quel punto attivi da aggredire non ce ne sono più e diventa anche difficile individuare chi sono i veri responsabili.
«Invece queste società bisogna farle fallire subito, per contenere i danni e perseguire efficacemente i colpevoli. Questo perché dei 105 miliardi che mancano, l’ 80% derivano proprio dai dissesti del secondo e terzo tipo» dichiara il sostituto procuratore Fontana. Mentre qualche settimana fa il procuratore della Repubblica di Milano, Francesco Greco, ad un convegno a porte chiuse ha spiegato la folle evasione dell’ Iva con un paradosso: «È come se ci fosse stato un patto tra imprese e Stato che diceva: anziché in banca, finanziatevi non versando l’ Iva, che poi è una tassa europea. Sono 35 miliardi ogni anno, e una grossa fetta solo a Milano».
Su questi numeri incidono anche le cartiere: società fantasma che nascono solo per fare fatture false e frodare l’ Iva. Per contrastare il fenomeno in Procura si utilizza molto la norma che punisce il fallimento «come conseguenza di operazioni dolose (223 comma 2 della Legge Fallimentare)». Una norma che invece non è molto applicata nelle altre Procure italiane. Anche qui, insomma, un modello Milano si impone.
A livello nazionale invece è stato varato da poco il nuovo codice delle crisi d’ impresa.
Da gennaio tutte le società con almeno 4 milioni di fatturato devono dotarsi di un sindaco unico che deve sollecitare l’ impresa a prendere tutte le iniziative necessarie a salvarsi, a cominciare da un accordo stragiudiziale con i creditori. Ma le norme più efficaci saranno in vigore solo dal 15 agosto 2020: sono quelle relative agli «strumenti di allerta».
Prevedono un intervento degli organismi di controllo non appena l’ azienda dia i primi segni di squilibrio finanziario, patrimoniale o di cassa. La segnalazione potrà avvenire anche dall’Inps e dalla stessa Agenzia delle Entrate, che però è notoriamente sottorganico. Ci vorrà qualche anno per capire se il nuovo sistema servirà a contenere le truffe a danno del Fisco. Nel frattempo l’ Erario continuerà ad accumulare crediti inesigibili, e il debito pubblico aumenterà.

lunedì 16 dicembre 2019

Clima: delusione alla Cop25, rinvio sul nodo centrale del mercato di carbonio.



COP25 UN Climate Change Conference continues in Madrid. (ansa)

Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.

Fumata nera per la Cop 25 di Madrid che, nonostante i tempi supplementari, si è chiusa senza un'intesa sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi sulla regolazione globale del mercato del carbonio, il nodo più difficile da sciogliere.   
Delusione, dunque, di molti Paesi alla Conferenza su questo punto dell'agenda dei lavori. Se ne dovrebbe riparlare a Bonn nel giugno 2020.
 L'unico punto positivo l'obbligo per i Paesi ricchi di indicare di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Per il via libera al documento finale, si è riunita la plenaria dei 196 Paesi più l'Ue per il via libera al documento finale.
La Cop25 a Madrid è stata la più lunga fra tutte le edizioni con due giorni extra. Hanno vinto i Paesi vulnerabili (quelli che rischiano di sparire come le piccole isole del Pacifico) rispetto a quelli ricchi sul punto dell'Ambizione: cioè, entro l'anno prossimo questi ultimi dovranno indicare (sarà un obbligo e non un'opzione) di quanto aumenteranno gli impegni per tagliare i gas serra. Il 2020, quindi, si propstetta cruciale per salvare l'accordo di Parigi.
A parlare di fallimento sia Greta sia lo stesso segretario generale dell'Onu Antonio Guterres.  
"Sembra che la Cop25 di Madrid stia fallendo. La scienza è chiara, ma la si sta ignorando. Qualunque cosa accada non ci arrenderemo mai. Abbiamo solo appena iniziato", scrive su Twitter l'attivista Greta Thunberg. 
Guterres si è setto "deluso" dai risultati della conferenza, affermando che "la comunità internazionale ha perso una opportunità importante per mostrare maggiore ambizione" nell'affrontare la crisi dei cambiamenti climatici. "Non dobbiamo arrenderci, e io non mi arrenderò", ha concluso.
Va all'attacco Greenpeace. Secondo l'associazione,  i progressi che ci si auspicava emergessero dalla COP25 sono stati "ancora una volta compromessi dagli interessi delle compagnie dei combustibili fossili e di quelle imprese che vedono in un accordo multilaterale contro l'emergenza climatica una minaccia per i loro margini di profitto". "Durante questo meeting - sottolinea - la porta è stata letteralmente chiusa a valori e fatti, mentre la società civile e gli scienziati che chiedevano la lotta all'emergenza climatica venivano addirittura temporaneamente esclusi dalla COP25. Invece, i politici si sono scontrati sull'Articolo 6 relativo allo schema del commercio delle quote di carbonio, una minaccia per i diritti dei popoli indigeni nonché un'etichetta di prezzo sulla natura. Ad eccezione dei rappresentanti dei Paesi più vulnerabili, i leader politici non hanno mostrato alcun impegno a ridurre le emissioni, chiaramente non comprendendo la minaccia esistenziale della crisi climatica".
I governi "devono ripensare completamente il modo con cui conducono queste trattative, perché l'esito di questa COP è totalmente inaccettabile", dichiara Jennifer Morgan, direttrice esecutiva di Greenpeace International. C'era necessità, afferma ancora, "di decisioni che rispondessero alle sollecitazioni lanciate dalle nuove generazioni, che avessero la scienza come punto di riferimento, che riconoscessero l'urgenza e dichiarassero l'emergenza climatica. Anche per l'irresponsabile debolezza della presidenza cilena, Paesi come Brasile e Arabia Saudita hanno invece fatto muro, vendendo accordi sul carbonio e travolgendo scienziati e società civile".
L'accordo di Parigi "potrebbe essere stato vittima di una manciata di potenti 'economie del carbonio'. Da questa COP è tuttavia emerso che ci sono alcune forze positive al lavoro: la High Ambition Coalition durante questa settimana ha offerto un'ancora di salvezza, e i piccoli Stati insulari - conclude l'associazione - si stanno rafforzando di giorno in giorno, mantenendo vivo l'accordo di Parigi".

Manovra, Mattarella ha firmato. Niente tagli alle pensioni d’oro. - Marco Rogari e Gianni Trovati

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Il capo dello Stato Sergio Mattarella ha firmato l'autorizzazione alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio. Esce in extremis dalla manovra la tassa sulla pesca sportiva. Sul filo di lana sale invece sul treno del provvedimento un rifinanziamento da tre milioni per il fondo destinato alle politiche migratorie. A differenza del taglio alle pensioni d’oro, che non è riuscito a farsi largo nel testo ma che dovrebbe rientrare attraverso un emendamento nel corso dell’iter parlamentare.

Sale dal 30% all’80% il taglio ai fondi extra-sanità e welfare per le Regioni che entro 6 mesi non aboliranno i vitalizi. Salta l’articolo dedicato al fondo per la famiglia ma lo stanziamento da 100 milioni, assicurano fonti ministeriali, è nei rifinanziamenti scritti nella seconda sezione della legge di bilancio. Sono queste le ultime novità del testo bollinato dalla Ragioneria generale dello Stato per l’invio al Quirinale e firmato in serata dal capo dello Stato.

I due fondi per pensioni e reddito di cittadinanza.
I 108 articoli arrivati al Colle confermano insomma l’impianto sostanziale della manovra. E in particolare il fatto che per il momento su riforma delle pensioni e reddito di cittadinanza, le due misure chiave del contratto di governo, ci si limita a due fondi. Le regole sono affidate a disegni di legge collegati che dovranno rispettare i tetti di spesa fissati dalla manovra. Anzi: le eventuali economie rispetto agli stanziamenti «possono essere» redistribuite fra pensioni e reddito, ma portanno essere dedicate anche ad altri scopi. Per esempio un freno al deficit in caso di problemi.

Ora, dopo la firma del presidente Mattarella, il testo approderà alla Camera con le tabelle sui saldi di bilancio. Il primo passo sarà rappresentato dagli eventuali stralci di norme considerate ordinamentali, e quindi fuori linea rispetto alle regole imposte dalla riforma della contabilità. Poi si passerà al merito con il primo tour di audizioni e l’esame in commissione Bilancio, che non sarà breve. Il testo arriverà in Aula a Montecitorio fra il 29 e il 30 novembre.

Niente taglio alle pensioni d’oro.
Sulle “pensioni d’oro”, l’ultima ipotesi di modifica circolata era quella di un contributo di solidarietà articolato in tre fasce: tra 90 e 120mila euro (6% di prelievo), 120-160mila euro (12%), oltre i 160mila euro (18%). Il taglio alle pensioni d’oro avrebbe potuto garantire risparmi compresi tra i 200 e i 300 milioni l’anno. La decisione di non procedere al taglio sarebbe stata determinata dai rischi di incostituzionalità della norma.

Pensioni d’oro potrebbero rientrare con un emendamento.
Secondo fonti di governo del M5S la norma sulle pensioni d'oro sarà introdotta in commissione durante l'esame della legge di bilancio. Su questo ci sarebbe l'accordo con la Lega. Il taglio escluderà le pensioni maturate con il sistema contributivo e le casse complementari. Riguarderà solo gli assegni a partire dai 90 mila euro.

https://www.ilsole24ore.com/art/manovra-mattarella-ha-firmato-niente-tagli-pensioni-d-oro-AEv7MrYG?fbclid=IwAR06gpc5pe99qM4ZnlQBQYbSRPamUhaUP7-00eHkyaivs1T9SQPS9Fbr7Ok&refresh_ce=1

Incassavano la pensione di persone morte, 37 denunciati.

Incassavano la pensione di persone morte, 37 denunciati

Danno 3mln a Inps,in un caso preso per 23 anni indennizzo guerra.


Hanno preso per anni la pensione di parenti morti. In un caso per ben 23 anni un figlio ha incassato quella di guerra di un genitore morto. Per questo 37 persone sono state denunciate all'autorità giudiziaria dai finanzieri del Comando Provinciale di Roma: continuando a percepire mensilmente, dopo il decesso degli aventi diritto, la pensione, l'assegno sociale, l'indennità di accompagnamento o la pensione "di guerra", a seconda dei casi, avrebbero causato un danno di 3 milioni per le casse dell'Inps e del ministero dell'Economia e delle Finanze.
Il Nucleo Speciale Spesa Pubblica e Repressione Frodi Comunitarie della Guardia di Finanza, dopo aver acquisito dall'Inps e dal Ministero dell'Economia i nominativi di titolari di pensione, aveva avviato il loro monitoraggio "a tappeto", incrociando tali informazioni con quelle contenute nelle banche dati disponibili, al fine di verificare l'eventuale decesso dell'avente diritto e possibili casi di percezione dell'emolumento da parte di terze persone.
In seguito agli approfondimenti eseguiti "sul campo", le Fiamme Gialle, avvalendosi della collaborazione delle sedi locali dell'istituto di previdenza e della Ragioneria Territoriale dello Stato di Roma, hanno scoperto i 37 casi di indebita percezione di prestazioni previdenziali e assistenziali, denunciando i responsabili, a vario titolo, per i reati di indebita percezione di erogazioni pubbliche a seguito di dichiarazioni mendaci e di truffa aggravata ai danni dello Stato.
In numerosi casi, l'autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro delle somme giacenti sui conti correnti, fino a concorrenza del credito vantato, mentre l'Inps e la Ragioneria Territoriale dello Stato hanno subito sospeso l'erogazione dei trattamenti. Spiccano, tra le altre, le posizioni di una donna deceduta nel 1991, la cui nipote, fino al 2017, si era appropriata illecitamente di oltre 300.000 euro, nonché di un professionista che non aveva comunicato la morte del genitore avvenuta nel 1993 continuando fino al 2016 ad incassare dal ministero dell'Economia e delle Finanze la pensione "di guerra" del padre per oltre 267.000 euro.

http://www.ansa.it/lazio/notizie/2019/12/14/incassavano-pensione-di-persone-morte_0bfb5694-2f07-4f3f-8b09-641c898dfc40.html