Dopo la "bocciatura parziale" della Corte, ripartono i tre processi al premier. Ma le possibilità che si riesca ad arrivare a una sentenza definitiva sono bassissime. Al massimo rischia una condanna in primo grado
Via libera ai processi. Fino alla prescrizione. Tecnicamente si tratta in parte di una bocciatura (incostituzionalità parziale) e in parte di una riscrittura (sentenza interpretativa) della legge Alfano, ma in pratica il verdetto di oggi è chiarissimo: Silvio Berlusconi ha perso anche il nuovo scudo anti-processi.
Dopo la decisione della Corte Costituzionale, infatti, Silvio Berlusconi resta imputato a Milano in tre giudizi: corruzione del testimone David Mills, appropriazione indebita e frode fiscale nell'acquisto dei diritti tv di Mediaset, altre frodi fiscali con la società Mediatrade. Il premier potrà continuare a chiedere di rinviare la singola udienza, sia per i motivi validi per i normali cittadini (ad esempio una malattia seria), sia per comprovate ragioni istituzionali, come un consiglio dei ministri o un vertice internazionale: la novità è che, dopo il verdetto di oggi, i giudici del tribunale riacquistano la possibilità di controllare e valutare, come succede in tutti gli altri processi, se la giustificazione presentata dall'imputato rappresenti davvero un «assoluto impedimento» a comparire in tribunale.
In particolare il capo del governo non può più "auto-certificare" il proprio impedimento e far così saltare automaticamente il processo addirittura per sei mesi (come prevedevano i commi di legge ora dichiarati incostituzionali) ,ma deve convincere i giudici che è davvero necessario rinviare l'udienza. Tenendo conto dell'andamento passato dei processi a Berlusconi, è prevedibile che in ciascuna delle prossime udienze si apriranno nuovi scontri tra accusa e difesa, con ampio spiegamento di eccezioni, cavilli, ordinanze e ricorsi.
Dei tre processi in corso a Milano, il più preoccupante per Berlusconi è il dibattimento di primo grado che lo vede accusato di aver corrotto, con una tangente di almeno 600 mila dollari, il testimone David Mills, l'avvocato inglese che creò le società offshore dove finivano i fondi neri della Fininvest (oltre un miliardo di euro, come documentano le sentenze definitive). Condannato in primo e secondo grado, Mills è stato salvato in Cassazione dalla legge berlusconiana (la ex Cirielli del 2005) che ha dimezzato i tempi della prescrizione, cioè il termine massimo di punibilità del reato: la stessa Suprema Corte, nelle motivazioni, ha però riconfermato la colpevolezza di Mills.
Il processo a Berlusconi, per la stessa presunta corruzione, era stato sospeso dal lodo Alfano, poi dichiarato incostituzionale. Di conseguenza, si era fermata anche la prescrizione, che comunque è solo rinviata: tra circa un anno scatterà anche per il premier. Per arrivare a una condanna definitiva, quindi, bisognerebbe che nei prossimi dodici mesi si concludessero tutti e tre i gradi di giudizio: è molto difficile che questo accada. Il vero interrogativo è se i giudici riusciranno, prima della prescrizione, ad emettere almeno la sentenza di primo grado.
La prescrizione incombe anche sugli altri due processi: per le presunte frodi fiscali di Mediaset, non si ancora chiuso il dibattimento di primo grado, che era partito nel 2006; mentre l'affare Mediatrade è ancora fermo all'udienza preliminare.
A favore della prescrizione gioca anche la regola che impone di far ripartire da zero l'intero processo in caso di cambiamento (o trasferimento) anche di un solo giudice. Per la corruzione di Mills, il problema riguarda solo uno dei tre giudici, che è stato trasferito in appello, ma potrebbe essere autorizzato a concludere quel processo. Nel caso dei diritti tv Mediaset, invece, è a rischio l'intero collegio. E anche in questo caso, entro la fine del prossimo anno sarebbe comunque tutto prescritto.
Il rischio di una condanna definitiva di Berlusconi resta dunque molto basso. Ma le tre leggi salva-premier, benché dichiarate tutte incostituzionali (prima il lodo Schifani, poi la legge Alfano e ora il legittimo impedimento) hanno comunque raggiunto il risultato politico di evitare a Berlusconi, almeno per ora, una condanna anche solo di primo grado.
La legge bocciata oggi dalla Corte costituzionale (numero 51 del 2010) era peraltro una cosiddetta «legge ponte», destinata a restare in vigore solo per 18 mesi: a conti fatti, avrebbe comunque perso efficacia nell'ottobre prossimo. Entro quella data, il Parlamento dovrebbe varare un nuovo scudo processuale, ma questa volta con una legge costituzionale, che richiede una maggioranza molto solida, procedure più rigorose e tempi più lunghi.