Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
martedì 10 luglio 2012
Diffondiamo....
E' una vergogna!
E pensare che c'è un Papa che indossa abiti griffati e collane d'oro, che ci sono uomini padroni del mondo che possiedono un patrimonio immane che non potranno mai utilizzare durante l'arco della loro pur longeva vita!
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=427988990557257&set=a.151846374838188.28298.151564358199723&type=1&theater
Franz Kafka.
E qui in Italia ne abbiamo a bizzeffe
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Mills: definitiva prescrizione Berlusconi. - Francesca Brunati
E' diventata definitiva la sentenza con cui lo scorso 25 febbraio i giudici di Milano hanno prosciolto per prescrizione Silvio Berlusconi accusato di corruzione in atti giudiziari per il caso Mills. Nessuna delle parti, né accusa né difesa, ha proposto ricorso in appello e, poiché i termini per impugnare sono scaduti oggi, il provvedimento di 'non luogo a procedere' è passato in giudicato. "Era ora", si è limitato a commentare Niccolò Ghedini. Si chiude così, per l'ex premier, un processo che è durato, tra una sospensione e l'altra, cinque anni. Un processo in cui la sua posizione è stata stralciata in attesa che la Cassazione si pronunciasse sul lodo Alfano e che ha visto, invece, l'avvocato inglese incassare una condanna a quattro anni e mezzo di carcere in primo e secondo grado per poi essere, nel 2010, anche lui 'salvato' per prescrizione dalla Suprema Corte, che comunque non ha negato le sue responsabilità. L'ex capo del Governo era accusato di aver corrotto Mills, considerato l'architetto del sistema off-shore di Fininvest, con un 'regalo' di 600 mila dollari in cambio di testimonianze reticenti ai processi milanesi per le tangenti alla Gdf e All Iberian. Per lui il pm Fabio De Pasquale aveva chiesto una condanna a 3 anni e 8 mesi di reclusione.
Richiesta avanzata lo scorso 15 febbraio, proprio il giorno in cui, secondo i calcoli del presidente del collegio della decima sezione penale del Tribunale Francesca Vitale - che comunque ha ritenuto non ci fossero le condizioni per una piena assoluzione di Berlusconi - il reato era già stato cancellato dal colpo di spugna della prescrizione. Non così per la Procura: ci sarebbe stato ancora tempo o fino al 3 maggio, qualora il reato fosse stato commesso l'11 novembre del '99, o fino alla meta' di questo mese nel caso in cui il reato fosse stato commesso il 29 febbraio 2000. E proprio per la scure della prescrizione il dibattimento, negli ultimi mesi, ha subito un'accelerata: un calendario fitto di udienze da una parte e dall'altra l'interminabile interrogatorio - ha occupato giorni interi- del legale inglese che, a differenza di quanto era accaduto nel processo dove era imputato, in quello a carico dell'ex premier ha deciso, in videoconferenza da Londra, di presentarsi davanti a Tribunale.
Una partita, insomma, che si è giocata sul filo del rasoio, a cui si è aggiunta una dichiarazione di ricusazione dei giudici proposta da Berlusconi il 27 gennaio e respinta il 23 febbraio. Una mossa, come ha scritto Francesca Vitale nelle sue motivazioni che "ha costituito l'ostacolo finale alla tempestiva definizione, almeno in primo grado, del processo". In più, ha sottolineato, ha contributo la decisione del collegio che giudicò solo Mills, poiché quando entrò in vigore il lodo Alfano, separò la posizione del legale inglese da quella dell'allora Presidente del Consiglio - 'congelando' così il procedimento per il leader del Pdl - con "una scelta le cui ragioni, al di là della motivazione formale, restano sinceramente oscure". E non solo: il magistrato ha attribuito anche una dose di responsabilità alla Procura e all'ufficio gip dovute alla "lunghezza delle indagini" e, per esempio, al "tempo intercorso tra il rinvio a giudizio (decreto del 30 ottobre 2006) e la data della prima udienza (13 marzo 2007), vale a dire quattro mesi e mezzo dopo".
Il melanoma inganna il sistema immunitario.
È stato identificato da un team di ricercatori italiani il meccanismo con cui il più temuto e pericoloso cancro della pelle – il melanoma – inganna il sistema immunitario. La naturale difesa dell’organismo viene elusa dal tumore che così può proliferare.
A Genova, nei Laboratori diretti da Lorenzo Moretta e Maria Cristina Mingari, si è dunque fatta una scoperta fondamentale che ha suscitato notevole interesse nella comunità scientifica internazionale, tanto che ha visto la pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica Cancer Research. La scoperta, ora, potrà portare a sperimentazioni cliniche mirate al ripristino delle difese immunitarie compromesse dall’opportunista tumore della pelle.
Il team guidato dalla dottoressa Gabriella Pietra ha appurato come avviene che il melanoma sia in grado di sfuggire al controllo del sistema immunitario e in particolare delle cellule “Natural killer” (o NK) e i linfociti T.
Il sistema di elusione dell’attacco da parte delle cellule preposte al controllo delle infezioni e degli attacchi all’organismo permette alle cellule tumorali di sopravvivere e poi diffondersi nel corpo. Questo sistema d’invasione è messo in atto per mezzo di sostanze chiamate PGE-2 e kinurenina, prodotte dalle cellule del melanoma, che quando vengono a contatto le cellule NK hanno il potere di disarmarle. Forti dunque della mancata offensiva da parte dei soldati interni in difesa dell’organismo, le armate distruttive del cancro hanno il via libera nell’invadere il corpo.
Vista così, lo studio potrebbe far emergere una situazione senza speranza, tuttavia in questo caso può accadere l’esatto contrario, ecco perché la scoperta è così importante. Sapendo pertanto come agisce il melanoma è possibile controbattere il meccanismo. Per esempio, dai test condotti in laboratorio dai ricercatori, si è visto come l’utilizzo di alcuni farmaci che bloccano la PGE-2 o l’enzima che produce la kinurenina (IDO), permetta alle cellule NK di “recuperare le armi” e di uccidere le cellule del tumore.
Grazie ai ricercatori italiani si apre così una nuova via di intervento e speranza nella lotta di questo pericoloso e sempre più diffuso cancro delle pelle.
[lm&sdp]
A Genova, nei Laboratori diretti da Lorenzo Moretta e Maria Cristina Mingari, si è dunque fatta una scoperta fondamentale che ha suscitato notevole interesse nella comunità scientifica internazionale, tanto che ha visto la pubblicazione sulla prestigiosa rivista scientifica Cancer Research. La scoperta, ora, potrà portare a sperimentazioni cliniche mirate al ripristino delle difese immunitarie compromesse dall’opportunista tumore della pelle.
Il team guidato dalla dottoressa Gabriella Pietra ha appurato come avviene che il melanoma sia in grado di sfuggire al controllo del sistema immunitario e in particolare delle cellule “Natural killer” (o NK) e i linfociti T.
Il sistema di elusione dell’attacco da parte delle cellule preposte al controllo delle infezioni e degli attacchi all’organismo permette alle cellule tumorali di sopravvivere e poi diffondersi nel corpo. Questo sistema d’invasione è messo in atto per mezzo di sostanze chiamate PGE-2 e kinurenina, prodotte dalle cellule del melanoma, che quando vengono a contatto le cellule NK hanno il potere di disarmarle. Forti dunque della mancata offensiva da parte dei soldati interni in difesa dell’organismo, le armate distruttive del cancro hanno il via libera nell’invadere il corpo.
Vista così, lo studio potrebbe far emergere una situazione senza speranza, tuttavia in questo caso può accadere l’esatto contrario, ecco perché la scoperta è così importante. Sapendo pertanto come agisce il melanoma è possibile controbattere il meccanismo. Per esempio, dai test condotti in laboratorio dai ricercatori, si è visto come l’utilizzo di alcuni farmaci che bloccano la PGE-2 o l’enzima che produce la kinurenina (IDO), permetta alle cellule NK di “recuperare le armi” e di uccidere le cellule del tumore.
Grazie ai ricercatori italiani si apre così una nuova via di intervento e speranza nella lotta di questo pericoloso e sempre più diffuso cancro delle pelle.
[lm&sdp]
lunedì 9 luglio 2012
Muore mentre lavora, forse choc da caldo.
Salma alla morgue per l'autopsia, sequestrato macchinario.
(ANSA) - GENOVA, 9 LUG - Un operaio di 39 anni e' morto nel pomeriggio dopo un malore sul luogo di lavoro in un capannone dell'azienda Atena, una ditta che produce carpenteria metallica, a Genova Voltri. Secondo prime informazioni, l'operaio stava lavorando quando ha perso i sensi. L'uomo e' morto poco dopo.
Non e' escluso uno choc da caldo, sono in corso accertamenti. Il pm ha disposto il trasferimento della salma all' obitorio dove sara' eseguita l'autopsia. Sequestrato il macchinario utilizzato dall'operaio.
Non e' escluso uno choc da caldo, sono in corso accertamenti. Il pm ha disposto il trasferimento della salma all' obitorio dove sara' eseguita l'autopsia. Sequestrato il macchinario utilizzato dall'operaio.
'No a chirurgia estetica per sindrome down'.
Pubblicato parere comitato bioetica: non si realizza beneficio per persona.
Giorgia, a 5 anni, aveva già subito diversi interventi di chirurgia estetica per 'cancellare' i tratti della sindrome di Down da cui è affetta, mentre i genitori di Ophelia, di soli due anni, si erano detti pronti a farla operare una volta compiuti i 18 anni. Nel 2008, questi due casi suscitarono grande scalpore in Gran Bretagna, aprendo un dibattito che continua ancora oggi. Ma ricorrere alla chirurgia per soli fini estetici sui bambini Down è eticamente giustificabile? No secondo il Comitato nazionale di bioetica (Cnb), che ha pubblicato un parere proprio su tale questione.
Il fenomeno, affermano associazioni ed esperti, è tuttavia difficile da fotografare, dal momento che non esistono stime ufficiali. Il tema però ha accesso il dibattito, in primo luogo tra le associazioni, che sottolineano come l'accettazione sociale dei 'Down' non passi certamente dal solo aspetto fisico. Netta la posizione del Cnb espressa nel parere su 'Aspetti bioetici della chirurgia estetica e ricostruttiva': Il Cnb "non ritiene lecita la chirurgia estetica su bambini o adulti incapaci con sindrome di Down, finalizzata alla conformazione a canoni sociali di 'normalità', specie se con un carattere invasivo e doloroso, considerato anche che con questi interventi difficilmente si realizza un beneficio per la persona".
Per gli interventi sui minori e incapaci, afferma ancora il Comitato, devono esserci "limiti alla liceità, a meno che tali interventi non rispondano al loro esclusivo interesse oggettivo sotto il profilo della salute, tenuto in particolare conto dell'età adolescenziale. Va anche garantita - rileva il Cnb - una protezione dei minori vietando forme di pubblicità e di servizi televisivi che provochino il rifiuto della propria immagine". Questi interventi "non hanno alcun tipo di giustificazione e, ad ogni modo, in Italia sono pochissimi", afferma la coordinatrice nazionale dell'Associazione italiana persone Down, Anna Contardi, commentando con "grande favore" il parere del Cnb. "Come associazione - afferma - siamo assolutamente contrari a questo tipo di interventi, a meno che non vi siano ovviamente motivazioni di tipo medico-sanitario. Infatti, non esiste alcuna prova che un'operazione di chirurgia estetica migliori l'accettazione che la persona o il bambino Down ha di sé.
Al contrario, alcune ricerche dimostrano come il mutamento d'aspetto spesso sia controproducente". Ciò perché, spiega Contardi, "la riconoscibilità della patologia in vari casi aiuta la presa di coscienza circa la propria identità da parte della persona Down, e allo stesso tempo promuove relazioni e comportamenti di aiuto da parte degli altri". Conferma che il fenomeno non è riscontrabile, almeno ufficialmente, in Italia, anche il chirurgo Giulio Basoccu, responsabile della Divisione di Chirurgia Plastica, Estetica e Ricostruttiva dell'Istituto Neurotraumatologico Italiano (Ini) e membro della Società italiana di chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica (Sicpre): "Questi tipo di interventi ci lascia molto perplessi, anche perché l'esigenza di mutare aspetto parte in realtà - commenta - dai familiari e non dal soggetto Down coinvolto".
«Diesel cancerogeno», il Codacons: sequestrare tutti i veicoli
MILANO - «La notizia dei giorni scorsi, secondo la quale, per l'Organizzazione Mondiale della Sanità, i gas di scarico dei motori diesel causano certamente il tumore ai polmoni negli essere umani, ha indotto il Codacons a presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Milano per chiedere il sequestro di tutti i veicoli diesel esistenti sul territorio della città di Milano e provincia». Lo annuncia la stessa associazione che nell'esposto, già depositato, scrive: «si chiede, inoltre, che il Procuratore della Repubblica adito voglia accertare il pericolo che la libera disponibilità dei veicoli diesel possa aggravare o protrarre le conseguenze di cui in narrativa e, quindi, voglia ordinare il sequestro preventivo ex artt. 321 c.p.p. di tutti i veicoli alimentati a diesel presenti sul territorio della città di Milano e provincia».
«L'associazione di consumatori chiede anche alla Procura di »accertare la responsabilità del Sindaco pro tempore di Milano e del Presidente della Lombardia per le ipotesi di violazione di legge che si evincono in narrativa«, in particolare rispetto ai reati di omissione di atti d'ufficio (328 c.p.) e getto pericoloso di cose (674 c.p.). La decisione del Codacons di presentare un nuovo esposto» deriva dalle conclusioni a cui è giunta il 12 giugno u.s. l'Oms. In precedenza, infatti, i gas di scarico dei diesel erano definiti solo «probabilmente» cancerogeni.
La mancanza di una prova certa della correlazione tra smog e patologie aveva reso difficile in questi anni poter procedere penalmente nei confronti dei sindaci e dei presidenti di regione eventualmente inadempienti. Ma ora questo studio apre nuovi scenari e rende possibile procedere con maggior successo sia per il reato di getto pericolose di cose che per quello di omissione d'atti d'ufficio. Oggi, infatti, come ha dichiarato il presidente del Circ Christopher Portier, «le prove scientifiche sono inconfutabili e le conclusioni del gruppo di lavoro sono state unanimi: le emanazioni dei motori diesel causano il tumore del polmone».
Per questo i gas di scarico sono stati classificati nel «gruppo 1», quello appunto delle sostanze cancerogene certe, mentre in precedenza erano annoverati nel «gruppo 2» delle sostanze «probabilmente» cancerogene per l'uomo. "La prova inconfutabile del legame tra i gas di scarico dei motori diesel e la diffusione del cancro rende necessario un intervento straordinario da parte della Procura, a tutela della salute dei cittadini. Da qui la richiesta di sequestro dei veicoli diesel, dato che sono una fonte di morte certa" ha dichiarato il presidente del Codacons, Marco Maria Donzelli.
«L'associazione di consumatori chiede anche alla Procura di »accertare la responsabilità del Sindaco pro tempore di Milano e del Presidente della Lombardia per le ipotesi di violazione di legge che si evincono in narrativa«, in particolare rispetto ai reati di omissione di atti d'ufficio (328 c.p.) e getto pericoloso di cose (674 c.p.). La decisione del Codacons di presentare un nuovo esposto» deriva dalle conclusioni a cui è giunta il 12 giugno u.s. l'Oms. In precedenza, infatti, i gas di scarico dei diesel erano definiti solo «probabilmente» cancerogeni.
La mancanza di una prova certa della correlazione tra smog e patologie aveva reso difficile in questi anni poter procedere penalmente nei confronti dei sindaci e dei presidenti di regione eventualmente inadempienti. Ma ora questo studio apre nuovi scenari e rende possibile procedere con maggior successo sia per il reato di getto pericolose di cose che per quello di omissione d'atti d'ufficio. Oggi, infatti, come ha dichiarato il presidente del Circ Christopher Portier, «le prove scientifiche sono inconfutabili e le conclusioni del gruppo di lavoro sono state unanimi: le emanazioni dei motori diesel causano il tumore del polmone».
Per questo i gas di scarico sono stati classificati nel «gruppo 1», quello appunto delle sostanze cancerogene certe, mentre in precedenza erano annoverati nel «gruppo 2» delle sostanze «probabilmente» cancerogene per l'uomo. "La prova inconfutabile del legame tra i gas di scarico dei motori diesel e la diffusione del cancro rende necessario un intervento straordinario da parte della Procura, a tutela della salute dei cittadini. Da qui la richiesta di sequestro dei veicoli diesel, dato che sono una fonte di morte certa" ha dichiarato il presidente del Codacons, Marco Maria Donzelli.
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