domenica 17 aprile 2011

Banca popolare, l’assemblea finisce in rissa Ma l’uomo di Dell’Utri non entra nel Cda.


I 95mila soci sparsi in tutta Italia e collegati con l'istituto di credito modenese hanno assistito a uno spettacolo mai visto: insulti, minacce, tentativi di colluttazione. Alla fine la spunta la lista guidata da Piero Ferrari, figlio del fondatore della casa di Maranello. L'avvocato Samorì - in quota centrodestra - non conquista neppure un posto e sbotta e inveisce: "Questa è un'associazione per delinquere"

Ci ha provato anche quest’anno l’avvocato Gianpiero Samorì a conquistarsi un posto nel Consiglio di amministrazione della modeneseBanca Popolare dell’Emilia Romagna, ma ancora una volta il tentativo è andato evaso. Samorì conquista solo i voti di scarto dei soci (senta diritto di entrare nel consiglio), la maggioranza dei quali va alla Lista n. 1, quella della continuità della gestione bancaria, capeggiata da Piero Ferrari, figlio del vecchio patron della Casa del Cavallino Rampante di Maranello. L’assemblea dei soci, chiamata ad approvare il bilancio ed eleggere i sei consiglieri di amministrazione, ha conosciuto momento di tensione notevoli, dove non sono mancatecolluttazioni fisiche e pesanti accuse e contro-accuse tra i duellanti: l’attuale management da una parte, il cui presidente Ettore Caselli ha annunciato pubblicamente che prenderà “in tutte le sedi opportune i provvedimenti di quello che si è rivelata una degenerazione del diritto di critica; l’avvocato Samorì dall’altra, che sferza accuse di illegittimità e di “reato – dice lo stesso Samorì – di associazione a delinquere”. Samorì che pure di legge ne mastica, non teme querele e si lascia andare ad affermazioni che – per sua stessa ammissione – potrebbero avallare il ricorso alla legge da parte del management bancario per il reato di diffamazione.

Siamo a Modena, dove ha sede la Banca Popolare dell’Emilia Romagna, che con il suo utile di327,4 milioni di euro, vede gran parte dei modenesi se non essere soci, almeno possedere uno dei propri conti correnti bancari. Oggi si riuniva l’assemblea, dove gli oltre 95mila soci sparsi nella penisola (l’assemblea si svolgeva in quattro posti contemporaneamente: Modena, Ravenna, Lamezia Terme e Avellino), votavano e approvavano il bilancio consolidato di gruppo relativo al 2010 e, soprattutto, il rinnovo parziale del Consiglio di amministrazione: sei consiglieri su 18 complessivi.

Ed è proprio su questo punto dell’ordine del giorno che si innesca la battaglia elettorale tra le diverse liste candidate alla poltrona consiliare. Da quattro anni circa l’avvocato Gianpiero Samorì, molto vicino agli ambienti della politica di centrodestra, adiacente ideologicamente al premierBerlusconi e alla famiglia Dell’Utri, tenta invano di accaparrarsi un posto nella banca modenese.

Anche quest’anno il flop è stato assicurato. L’assemblea si conclude con pochi colpi di scena, quanto a risultati: la Lista n.1, quella della continuità della gestione, capeggiata da Piero Ferrari, figlio del Drake, vice clamorosamente con 18.537 voti. Entrano del Consiglio di amministrazione, dunque, Piero Ferrari, Alberto Marri, Giuseppe Lusignani, Fioravante Montanari, Erminio Spallanzani (noto imprenditore metalmeccanico ed editoriale modenese). Il sesto consigliere è invece l’ex magistrato in pensione (è stato a capo della procura di Modena e successivamente di quella di Forlì) Manfredi Luogo, a capo della Lista n. 2 (che ottiene 8074 voti), che rappresenta – questo è stato il suo dire – la base sociale del Sud.

Nessun cambio improvviso di copione, dunque, per la riconferma dei vertici della banca. Ma il canovaccio annuale è stato animato di scene decisamente infuocate. Al momento dell’iscrizione degli interventi dei soci ai lavori assembleari, infatti, Samorì ha fatto iscrivere agli interventi centinaia di soci: 328, che avrebbe dovuto tradursi in 11 ore di lavori assembleari. Ed è così che alcuni dei presenti in fila si sono infuriati, arrivando persino a ricorrere alle mani, con tanto di intervento di forze dell’ordine e servizio di vigilanza, rivendicato dal presidente dell’istituto di credito Ettore Caselli che urlava: “Non siamo allo stadio, che siano identificati ed espulsi”. Erano solo le dieci del mattino, un’ora dopo l’inizio dei lavori. Solo tre ore dopo i soci vicini all’avvocato Samorì hanno dato nuovamente in escandescenza quando il presidente ha sospeso il dibattito “perché gli interventi dei 255 soci ancora prenotati – dice Caselli – impedirebbero il normale svolgimento dell’assemblea”.

Non sono mancate, dunque, né le azioni né le parole, soprattutto da parte della compagna dell’avvocato modenese, che proferiva parola senza remore al suon di “buffoni”, piuttosto che “vergognatevi”.

“Ho una lunga esperienza – ha affermato in conferenza stampa l’amministratore delegato dell’istituto di credito Fabrizio Viola poco dopo che Caselli ha annunciato che la banca si sarebbe difesa in tutte le sedi opportune rispetto all’attacco subito – nelle banche popolari, ma una cosa del genere non mi era mai capitata. La critica è il sale dell’azienda, ma in questo modo la dialettica diventa sterile. Dell’assemblea di oggi, purtroppo non mi rimane niente”.

La controreplica di Samorì non è delle più morbide. “Questa assemblea – dice l’avvocato – è illegittima dall’inizio alla fine e il voto sarà privo di significato. Credo che nella vicenda si sia configurato il reato di associazione a delinquere. Accetterò anche di ricevere una denuncia alla Procura per il reato di diffamazione, ma credo non sia possibile mettere d’accordo e reclutare persone per scalzare il rinnovamento che io ho in mente per questa banca”.

Si addolcisce, invece, quando i risultati arrivano: non entra nemmeno quest’anno in consiglio di amministrazione Samorì, ma con la sua Lista n. 3 passa dai 1.984 dello scorso anno ai 5.001 di oggi, “sintomo – afferma nell’euforia – che la gente comincia a ragionare. Questa è una nuova pagina del secondo tempo di un nuovo libro. Confido nell’intelligenza del presidente Caselli”.

Il gran finale di Samorì, che vede questo giorno come la sua personale vittoria, è l’attacco a Mimmo Guidotti, direttore generale della banca, che ha ricevuto un avviso di fine indagini per il crac Italease per il presunto reato di falso in bilancio.

“Se l’avviso di fine indagine – conclude Samorì – dovesse trasformarsi in una rinvio a giudizio Guidotti dovrà dimettersi”.




Berlusconi: "Magistrati eversivi" L'Anm: "Sdegnati e senza parole"



Il premier: "Il processo breve? Devo essere tutelato dalle toghe" Pd e Idv: ha gettato la maschera.

ROMA
Il presidente del Consiglio dichiara guerra ai magistrati. Prima li definisce «eversori» e chiede una commissione d’inchiesta per accertare se ci sia al loro interno un’associazione a delinquere. Poi avverte: in Parlamento ci sono molti provvedimenti importanti che ora, con la maggioranza che ho, potrò finalmente approvare.

Primo tra tutti: il testo sulla prescrizione breve che lui preferisce chiamare "processo europeo". Già approvato dalla Camera, è ora all’esame del Senato. E per la prima volta Berlusconi ammette: mi serve per poter governare perchè contiene una norma che «forse, forse, potrebbe accorciare la prescrizione di un mio processo». Il processo a cui fa riferimento è quello Mills in cui lui è imputato di corruzione in atti giudiziari. Un procedimento che, nel corso della convention del Pdl a Roma, non esista a definire pura «eversione». «Non esistono parole ed aggettivi nuovi per esprimere lo sconcerto e lo sdegno di fronte a queste affermazioni», replica il Presidente dell’Anm, Luca Palamara.

Il Cavaliere non solo illustra tutta "l’artiglieria pesante" che ha già messo e intende mettere in campo. Ma racconta anche la sua versione dei fatti spiegando, come fossero aneddoti, i processi a suo carico più importanti (anche quello sui diritti Tv). Obiettivo: far capire alla sua genta «come stanno davvero le cose». Lo aveva annunciato nei giorni scorsi, oggi mantiene l’impegno. Dopo aver ribadito quanto le toghe si siano accanite contro di lui in 17 anni («oltre 2000 le udienze») illustra l’intero elenco delle leggi da fare sulla giustizia omettendo però "l’ultima-nata": la norma che il Pdl vuole presentare al testo sul "giudizio abbreviato" che prevede la sospensione del processo nel caso in cui (come per la vicenda Ruby), sia stato sollevato conflitto di attribuzioni.

Il ddl, che ora dovrà essere votato dall’Aula di Palazzo Madama, già contiene un altro tema caldo inserito con l’emendamento di Franco Mugnaì (Pdl): la misura destinata ad allungare ’sine diè i processi consentendo alla difesa di citare i testimoni che vuole. Nella strategia "anti-toghe", il Cavaliere inserisce anche la riforma «epocale» della giustizia (già assegnata alle commissioni I e II della Camera) perché, ribadisce, si deve arrivare a carriere separate, a due Csm e le assoluzioni di primo grado non devono essere più appellabili. Poi ci sono le intercettazioni da fare (adesso c’è anche un ddl di Scilipoti sul tema) è la responsabilità civile dei magistrati. Su questo punto Berlusconi insiste: la gente la vuole perchè i magistrati devono pagare per gli errori commessi. Una conferma al fatto che l’emendamento di Gianluca Pini (Lega) resta nella Comunitaria. Magari modificato, ma resta. Ha un bell’appellarsi adesso il presidente del Senato Renato Schifani alla moderazione e al dialogo tra le forze politiche assicurando che non ci sarà «alcuno scontro con il Capo dello Stato».

Dopo l’intervento del premier, tra poli tira aria da bufera. «È un delirio irresponsabile», commenta il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro, «è lui il vero eversore!». Finalmente «getta la maschera - interviene Leoluca Orlando (Idv) - perché ha ammesso che la prescrizione breve è stata fatta per lui«» Ha perso il controllo, osserva Lorenzo Cesa (Udc). Napolitano «deve intervenire al più presto», è la supplica del leader Idv Antonio Di Pietro. E l’accusa di eversione nei confronti del premier arriva anche dal finiano Italo Bocchino. Sconfiggere il «populismo di destra», incalza il segretario Pd Pierluigi Bersani «è ormai un’esigenza nazionale». Come se non bastasse, a riscaldare il clima ci si mette anche la polemica sui manifesti: «Fuori le Br dalla Procura di Milano». Secondo l’opposizione, il "mandante" sarebbe Berlusconi. Il Guardasigilli Angelino Alfano prende però le distanze: «Non c’è nessuna giustificazione» per la loro affissione. Concorda Maroni: ingiustificato evocare ora le Brigate Rosse.


http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/398193/



"Vi toglieremo la vita. Viva la mafia" Lettera di minacce a Peppe Lumia.


Il messaggio minatorio inviato all'ufficio romano del senatore del Pd, da anni in prima linea per ottenere il riutilizzo del feudo Verbumcaudo

Giuseppe Lumia“Voi ci avete tolto la terra, noi vi toglieremo la vita. Non abbiamo premura, il tempo è nostro amico. Finirà questa attenzione e voi siete soli e morti pezzi di m.. Viva la mafia”. E' il testo della lettera di minacce inviata questa mattina a Giuseppe Lumia. Il messaggio intimidatorio è stato recapitato al senatore del Partito Democratico presso il suo ufficio a Palazzo Madama. Lumia è da anni in prima linea per evitare che il feudo Verbumcaudo - sequestrato da Giovanni Falcone al bossMichele Greco - tornasse in mani mafiose. Per un lungo periodo il feudo Verbumcaudo non fu utilizzato a fini sociali a causa di un'ipoteca. In passato, oltre all'ex presidente della commissione antimafia, anche il sindacalista della Cgil Vincenzo Liarda è stato oggetto di pesanti intimidazioni di matrice mafiosa. A Lumia è immediatamente arrivata la solidarietà dell'europarlamentare di Italia dei Valori Sonia Alfano e di Carlo Vizzini del Pdl. Anche Alessandra Siragusa ha espresso vicinanza a Lumia. ""Non è la prima volta che la mafia cerca di intimidire Lumia - ha detto la deputata del Pd - così come il sindacalista della Cgil, Vincenza Liarda, affinché cessino la loro battaglia per il riuso sociale del feudo Verbumcaudo e sono sicura che Beppe non si lascerà intimidire".

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=187


Milano, perquisizioni della Digos Sequestrati manifesti anti magistrati.




Mentre a Roma il premier paragona la magistratura a una “associazione per delinquere a fini eversivi” (leggi l’articolo), a Milano la Digos si avvicina al commitente dei manifesti apparsi ieri nel capoluogo lombardo, in cui i magistrati vengono accostati alle Br. “Io non ne so nulla. Non li ho neanche visti. Non c’entrano niente con noi. Le Br? Saranno le ‘brutte racchie’”. Così ieri minimizzava il coordinatore regionale del Pdl, il senatore Mario Mantovani.

Dopo aver individuato il tipografo, gli agenti sono risaliti alle società che ne curano la distribuzione e l’affissione: quattro dipendenti sono stati ascoltati, per capire chi ci sia dietro alla firma ‘Associazione dalla parte della Democrazia‘. All’interno di due magazzini perquisiti, gli uomini della Digos hanno trovato e sequestrato i manifesti su cui campeggia in bianco, su sfondo rosso, la scritta ‘Via le Br dalle procure‘, insieme ad altri firmati allo stesso modo. Già a febbraio, la stessa sigla aveva distribuito in città dei grandi cartelloni con la scritta ‘La sovranità popolare è sacra! Silvio resisti, salva la democrazia‘ o ancora ‘La giustizia politica uccide la libertà. Volete cacciare Berlusconi? Prima vincete le elezioni‘.

Secondo quanto si apprende, le perquisizioni sono state condotte anche all’interno di locali ritenuti di pertinenza della stessa associazione, che non ha sede legale né un sito Internet. “I manifesti sono una provocazione”, hanno dichiarato ieri gli autori in una e-mail anonima, senza recapiti o nominativi, “Non accettiamo alcuna strumentalizzazione”.

“Formalmente non c’è ancora nessun indagato”, spiega il dirigente della Digos, Bruno Megale. Ma l’ipotesi di reato è di vilipendio dell’ordine giudiziario. Gli elementi raccolti sono ora al vaglio della procura della Repubblica di Milano.

Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, aveva criticato i manifesti. “Non mi sono piaciuti. Altri manifesti rispondono a un equilibrio, quest’ultimo mi è sembrato eccessivo, anche perché io so cos’erano le Br; contro le Br dovremmo essere tutti, e onestamente lo è stata anche la magistratura”, ha detto. In linea il ministro dell’Interno Roberto Maroni. “E’ una cosa brutta, questi manifesti non mi piacciono affatto, perché lo Stato ha combattuto e sconfitto le Br: stiamo facendo verifiche per vedere chi li ha messi ma credo sia un atto da condannare. Evocare le Br – ha aggiunto Maroni – soprattutto in riferimento a un sistema giudiziario come la Procura di Milano, che avrà tanti difetti, ma è stata duramente colpita dalle Br, non mi pare una cosa molto utile in questa campagna elettorale”.

L’Idv ha puntato il dito contro Berlusconi, “che aveva paragonato l’azione dei magistrati a quella delle Brigate Rosse, il mandante morale di questa vergogna”, ha osservato Massimo Donadi.



sabato 16 aprile 2011

Berlusconi: sottrarre i figli a insegnanti di sinistra. Nostro governo amico delle donne.




Padova - (Adnkronos) - Messaggio delpresidente del Consiglio al convegno promosso dall'Associazione Internazionale delle Mamme: "Gli insegnanti di sinistra nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia". Donadi (Idv): ignobile attacco. Carmassi (Pd): solo retorica e falsità.

Padova, 16 apr. (Adnkronos/Ign) - Silvio Berlusconi elenca tutti i provvedimenti promossi dal suo governo in favore della famiglia e ricorda, tra le altre cose, ''il bonus per la scuola privata'' perché, spiega, ''i genitori possano scegliere liberamente quale educazione dare ai loro figli, e sottrarli a quegli insegnanti di sinistra che nella scuola pubblica inculcano ideologie e valori diversi da quelli della famiglia".

"Mamma vuol dire amore e vita - ha ricordato il premier nel messaggio inviato al convegno promosso oggi a Padova dall'Associazione Internazionale delle Mamme -. E noi, proprio perché vantiamo una cultura che predilige l'amore e rifiuta l'invidia e l'odio, cerchiamo di essere un governo amico delle donne, soprattutto delle mamme. Credo davvero che nessun governo abbia fatto tanti provvedimenti in favore quanto il nostro".

"Abbiamo tutelato la famiglia con il bonus bebè, il piano casa, gli affitti agevolati per le giovani coppia, le riduzione dei costi scolastici e il bonus per la scuola privata'', ha scritto Berlusconi. E ancora il presidente del Consiglio ha ricordato che "abbiamo fatto leggi che puniscono severamente la violenza sessuale, abbiamo introdotto il reato di stalking contro gli 'atti persecutori' contro le donne".

Immediate le reazioni. "Le parole di Berlusconi sulla scuola pubblica sono un ignobile attacco, privo di qualsiasi giustificazione reale. Il capo del governo dovrebbe difendere e valorizzare il pilastro educativo del Paese, non additarlo come esempio negativo", ha detto Massimo Donadi, capogruppo dell'Idv alla Camera.

''Sulla famiglia e sulle donne, solo retorica e falsità. Non so con quale faccia, Berlusconi possa affermare di sostenere e tutelare la maternità quando uno dei primi atti del suo governo è stato quello di cancellare il divieto delle dimissioni in bianco", ha affermato Cecilia Carmassi, responsabile Politiche per la famiglia e terzo settore del Pd.

Per la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni, "mancava solo che dicesse che gli insegnanti della scuola pubblica si mangiano i bambini e avremmo fatto filotto. Queste sono paturnie da gerontocomio che non incantano più nessuno e che si commentano da sole".

Critiche anche dall'Udc. "Un conto - rileva il vicecapogruppo alla Camera, Gian Luca Galletti - sono le barzellette, un conto è la realtà. E la realtà, quella sotto gli occhi di tutti, dice che il 'fattore famiglia' resta la promessa da marinaio più 'epocale' di questo governo, dove il sottosegretario con apposita delega sulla famiglia minaccia ogni giorno di dimettersi salvo poi rientrare nei ranghi".

Di vergognoso attacco "alla scuola pubblica e ai suoi insegnanti che sta portando avanti con puntigliosa costanza il presidente del Consiglio" parla Anna Finocchiaro, presidente del gruppo del Pd del Senato, che aggiunge: "E' indegno di un paese civile e fa il paio con l'attacco alla magistratura e al Parlamento. Direi che questo governo, e soprattutto il suo leader, stanno diventando incompatibili con i principi, i valori e i pilastri della nostra Carta costituzionale''.

''Dire, come ha fatto oggi Berlusconi - prosegue Finocchiaro - che il governo ha dato il bonus per la scuola privata per consentire alle famiglie di tenere i figli lontani dagli insegnanti di sinistra e' un'aberrazione. Per il resto, se c'e' un governo nemico della famiglia e delle donne e' proprio questo: con i tagli agli enti locali e quindi ai servizi e alla scuola pubblica ha praticato politiche attive contro le lavoratrici. Tanto e' vero - conclude Finocchiaro - che la disoccupazione e il tasso di inattivita' delle donne, soprattutto giovani, sono oggi ai massimi storici''.

Ironica il segretario generale della Cgil Susanna Camusso: "Ma lui di che famiglia parla e perché ne parla?''. ''Ha detto che nessun altro governo ha fatto tanto e che è meglio sottrarre i figli agli insegnanti di sinistra'', ha detto Camusso nel suo intervento all'ssemblea dei delegati della confederazione. ''Berlusconi ha perso una nuova occasione per stare zitto'', ha detto Camusso tra gli applausi della platea.





Il presidente della Consulta: ''Ignorante chi contesta le nostre sentenze''.



Vicchio (Firenze) - (Adnkronos/Ign) - Ugo De Siervo: ''La maggioranza non può fare quello che vuole. Si può cambiare la Costituzione, ma per perfezionarla: altra cosa è farla a pezzi''. Poi il monito: ''Chi esercita funzioni pubbliche deve essere persona onorevole''

Vicchio (Firenze), 16 apr. (Adnkronos/Ign) - "Alcuni parlamentari hanno detto: 'Chi sono questi quindici signori che hanno osato togliere di mezzo quello che è stato voluto da centinaia di parlamentari?'. Questa è una obiezione da ignorante". Lo ha detto il presidente della Corte Costituzionale, Ugo De Siervo, tenendo una lezione agli studenti al teatro di Vicchio (Firenze), in occasione dell'inaugurazione del sentiero della Costituzione a Barbiana, per iniziativa della fondazione Don Milani. "Questi parlamentari dovrebbero invece chiedersi - ha osservato De Siervo - come mai le loro leggi vengono bocciate dalla Corte, perché fanno leggi incostituzionali".

Dal presidente della Consulta è arrivato anche un monito sulle modifiche alla Carta. "Non può, chi è momentaneamente in maggioranza, fare quello che vuole - ha avvertito - Si può cambiare la Costituzione, ma per perfezionarla: altra cosa è farla a pezzi". "La Costituzione è già stata cambiata quattro volte, ed è falso dire che passa il tempo e bisogna rinnovarla - ha proseguito De Siervo - l'ultimo cambiamento, lo voglio ricordare, è stato respinto da un referendum nel 2006. Ciò vuol dire 'andiamoci piano'".

"La classe politica a volte sembra mordere un po' il freno, sembrano cavalli imbizzarriti - ha poi aggiunto - Questo in parte è inevitabile, perché se si è fatta una legge e la Corte Costituzionale la respinge, questo dà fastidio. Ma provare fastidio e dire che bisogna togliere di mezzo la Corte Costituzionale, sono due cose molto diverse". Quindi l'esortazione a tornare ''a dare spazio agli organi di garanzia e a fare cultura, perché la Costituzione viene svuotata anche dai cattivi costumi''.

De Siervo ha parlato anche di chi esercita funzioni pubbliche. ''Deve essere una persona onorevole'' ha detto. ''C'è un articolo che è stato riscoperto ultimamente - ha spiegato citando l'articolo 54 della Costituzione - Io ho insegnato Costituzione per tanti anni e non era così considerato. Quell'articolo dice che 'i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore'".

Le reazioni del centrodestra non si sono fatte attendere, a partire dal capogruppo del Pdl al Senato,Maurizio Gasparri. ''Evidenzio anche alle massime autorità dello Stato il comportamento incredibile di De Siervo - dichiara Gasparri - che ha usato la sua breve presidenza della Corte Costituzionale, conseguita per la assurda prassi 'todos caballeros' - cioè tutti presidenti alla Consulta anche per poco pur di moltiplicare i fruitori di costosi benefici a vita - per svolgere un ruolo da militante e polemista politico. Forse vuole aggiungere un seggio parlamentare agli altri suoi copiosi proventi". "Comunque - aggiunge - i giusti richiami alla classe politica saranno più significativi se riguarderanno chi dovrebbe essere il custode della legalità e non il campione della faziosità''.

A stretto giro la replica del portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. ''Il senatore Gasparri conferma la propria allergia alla legalità costituzionale e considera come il suo dante causa i garanti della Carta, dal Capo dello Stato al presidente della Consulta, una presenza fastidiosa - afferma Orlando - Gasparri si rassegni: esiste, per fortuna, un'Italia che fa il proprio dovere con coerenza e che svolge le pubbliche funzioni con disciplina e onore, come prevede l'articolo 54 della Costituzione. Quella stessa Costituzione che l'attuale maggioranza raccogliticcia vorrebbe stravolgere''.

La controreplica è arrivata da Francesco Casoli, vicecapogruppo del Pdl al Senato: "Dimmi chi ti difende e ti dirò chi sei. La pronta difesa di De Siervo da parte dell'onorevole Orlando conferma pienamente le parole del capogruppo Gasparri. Il ruolo di presidente della Consulta imporrebbe un atteggiamento più istituzionale e senza militanza". ''Quando poi Orlando ci vuole dare lezioni di legalità e rispetto della Costituzione - aggiunge - francamente si sfiora il ridicolo. Anche l'articolo 68 è un articolo della Carta. Ma di quello guarda caso a Orlando, De Siervo e compagni, così come ai vertici della Procura di Milano, sembra non interessare nulla''.

''Francamente non è da oggi che De Siervo esagera - dichiara il presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto - Sembra non un presidente della Corte Costituzionale ma un dirigente politico in servizio permanente effettivo''.

A intervenire è anche Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario del Pdl al Senato: "Siamo certi - dice - che al presidente De Siervo non sfuggirà la sostanziale differenza tra una maggioranza che talvolta ha criticato qualche sentenza della Corte Costituzionale ma rigorosamente l'ha sempre rispettata, e alcuni pm che si ergono a paladini della legalità ma poi calpestano i pronunciamenti di uno dei massimi organi di garanzia del nostro Paese".

Al presidente della Consulta risponde inoltre il ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta: ''E' ignorante, certo, chi si chiede chi sono e da dove vengono i 15 membri della Corte, come sottolinea De Siervo, ma non è da meno chi intima ai parlamentari di fare leggi diverse affinché la Corte non le bocci".




Il Tar boccia la Gelmini: “Illegittimi i tagli agli organici”. Ora il governo deve rimediare. - di Augusto Pozzoli



Nuova bocciatura per il ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini: il Tar del Lazio ha dichiarato illegittimi i tagli degli organici delle scuole attuati dal 2009 ad oggi. Si calcola che siano almeno 67mila cattedre. La sentenza accoglie un ricorso presentato dalla Cgil scuola e una serie di gruppi di scuole e di genitori.

Un brutto colpo non solo per la Gelmini, ma per l’intero governo che a questo punto sarebbe chiamato a ripristinare i posti cancellati rinunciando in tal modo ai risparmi di bilancio programmati. Il Tribunale amministrativo (sentenza 3251 depositata il 14 aprile 2011) ha ritenuto che il ministero dell’Istruzione, prima di disporre la determinazione degli organici, avrebbe dovuto seguire la procedura indicata dall’art. 22 della legge 448/2001 che prevede la previa consultazione delle Commissioni parlamentari, anziché avvalersi, come avvenuto, delle successive indicazioni contenute nell’art. 64 della legge 133/2008 sulla razionalizzazione del sistema di istruzione.

Un chiaro vizio di forma, dunque, che ha portato ora all’annullamento dei decreti interministeriali con i quali sono stati determinati gli organici dei docenti per i primi due anni scolastici del triennio di tagli disposti nell’estate 2008 dalla legge 133 sulla riforma del sistema di istruzione. E ora sono in gioco addirittura le due finanziarie che su questi risparmi facevano conto in maniera determinante. Che cosa succederà ora? Difficile fare previsioni, ma è certo che la posta in gioco è talmente alta che il governo dovrà ricorrere a qualche provvedimento eccezionale per rimediare. Resta in ogni modo il dato della disinvoltura con cui la Gelmini ha operato la sua riforma dimenticando il rispetto delle più elementari regole da seguire. In questo caso poi la regola che secondo il Tar è stata violata prevede di consultare le commissioni parlamentari prima di pendere decisioni così radicali che tanto incidono sul sistema scolastico nazionale. In pratica, una semplice indicazione per la gestione democratica della scuola.