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sabato 14 gennaio 2012
Alcoa, azienda conferma chiusura Sardegna.
ROMA (Reuters) - Il colosso mondiale dell'alluminio Alcoa ha confermato oggi l'intenzione di avviare le procedure di mobilità per l'impianto sardo di Portovesme, rifiutanto una proposta di mediazione del ministero dello Sviluppo economico.
"Il governo ha tentato una mediazione chiedendo ad Alcoa di ritirare le procedure di mobilità (per oltre 500 dipendenti), mentre si cercano soluzioni per mantenere la continuità della produzione, ma l'azienda ha rifiutato", ha detto ai cronisti Fabio Enne, della Cisl del Sulcis, aggiungendo che il governo prevede di riconvocare le parti entro una decina di giorni.
Il rifiuto di Alcoa, ha detto una nota del ministero per lo Sviluppo economico, "appare inspiegabile", anche perché il governo si era detto disponibile ad avviare un confronto, anche a livello europeo, per l'eventuale proroga dello sconto sulla bolletta energetica dello stabilimento in vigore dal 2010.
"Il Ministero solleciterà nei prossimi giorni l'azienda a riconsiderare la scelta operata e ad attivare un percorso di gestione della vertenza condiviso con istituzioni e sindacati", prosegue la nota.
Dal canto suo Alcoa ha affermato di aver apprezzato "l'opportunità" del vertice di oggi, aggiungendo però che è disponibile "fin da subito ad avviare le consultazioni nell'ambito della procedura di mobilità e parteciperà attivamente e costruttivamente per individuare le soluzioni più appropriate per le persone coinvolte e la comunità".
"Non possiamo accettare un rinvio, abbiamo rifiutato la proposta di posticipare l'inizio della procedura di mobilità", ha detto oggi a Reuters Alessandro Profili, responsabile per gli affari europei di Alcoa, aggiungendo che gli alti costi dell'elettricità non rappresentano l'unica ragione per chiudere lo stabilimento di Portovesme, uno dei più costosi del gruppo.
Profili ha detto inoltre che Alcoa non intende chiudere l'altro stabilimento che ha in Italia, quello di Fusina, vicino a Venezia, che è ben integrato nel gruppo.
"A Fusina non succederà nulla", ha detto.
Nei giorni scorsi l'azienda ha annunciato la chiusura dell'impianto sardo e di almeno un altro in Spagna citando gli alti costi energetici e i bassi prezzi dell'alluminio.
L'azienda ha già beneficiato negli anni passati di aiuti dal governo sotto forma di sconti sulle tariffe energetiche, considerati dalla Corte europea di giustizia aiuti di stato illeggittimi, e quantificati in circa 295 milioni di euro.
Secondo stime di settore, nel solo 2011 le riduzioni tariffarie che hanno avvantaggiato Alcoa e altre aziende a forte impatto energetico sono costate circa 80 milioni di euro ai contribuenti italiani.
Vincenzo Scudiere della Cgil ha parlato di "irresponsabilità totale dell'azienda" e ha detto che ora "si tratta di definire quali sono le azioni che il sindacato metterà in campo" per evitare la chiusura del'impianto.
Secondo i sindacati, la decisione della Alcoa mette a rischio 1.500 posti di lavoro, compresi quelli dell'indotto.
"Un atteggiamento irragionevole, di cui prendo atto con sgomento", detto il presidente della Regione Sardegna Ugo Cappellacci, dopo la riunione di oggi, in un comunicato.
"Le regole del gioco non sono solo quelle dei mercati finanziari, ma anche quelle che impongo di fare impresa nel rispetto delle ricadute in termini economici e sociali nel territorio. Non voglio pensare che a Pittsburgh (sede di Alcoa) queste regole di natura etica siano diverse da quelle che vigono in Italia".
(Massimiliano Di Giorgio, Svetlana Kovalyova)
Cancellavano le tasse degli amici: maxi truffa all’Agenzia delle Entrate.
Entravano nel sistema usando sempre lo stesso nome, quello di uno dei tre.
E cancellavano le cartelle esattoriali dei contribuenti. Pratiche mai pagate che sparivano dal sistema. Per sempre. Come se non fossero mai esistite. Uno scherzetto che è costato all’Erario oltre 2 milioni di euro e che ha coinvolto le pratiche di 125 contribuenti. Per questo il gip Donatella Pavone ha sospeso dal servizio tre dipendenti dell’agenzia delle entrate, ufficio Roma 6 Via Canton, con l’accusa di frode informatica e sostituzione di persona. Una misura cautelare che il gip ha ritenuto necessaria perchè i tre indagati, due uomini e una donna, sono ancora in servizio presso l’agenzia.
L’inchiesta, affidata ai finanzieri del nucleo speciale spesa pubblica e repressione frodi comunitarie è coordinata dal p.m. Eugenio Albamonte, è iniziata per una denuncia di due dirigenti dello stesso ufficio. Nelle pratiche c’era qualcosa che non andava, i conti non tornavano.
E’ iniziato così un minuzioso lavoro di ricerca tra computer e pratiche che ha inchiodato i tre.
Che, usando la password di uno di loro e organizzandosi in modo da cancellare le cartelle nel giorno in cui lui non era al lavoro (fornendogli cosi la giustificazione a cui i magistrati non hanno creduto di un furto di password) hanno sottratto al fisco oltre 1 milione e 700 mila euro per l’anno 2004 e quasi 600 mila euro per il 2005. Gli indagati, davanti al giudice, hanno negato ogni addebito, ma le prove sono secondo l’accusa, schiaccianti.
Impossibile dire ora, ma le indagini sono ancora in corso, se i contribuenti sapessero di quel giochetto, se ne abbiano usufruito consapevolmente, magari a fronte di qualche mazzetta.
O se, invece, siano completamente ignari e magari il tutto sia stato organizzato dagli studi di consulenza a cui si erano affidati: tutte le pratiche cancellate sono riconducibili a tre o quattro uffici. Nonostante il sospetto sia fortissimo, gli investigatori non sono riusciti a dimostrare il pagamento di mazzette.
Così come al momento ancora non sono stati scoperti altri eventuali dipendenti che facessero parte della banda. Anche se stando al gip, non è escluso che ci fossero altri complici che, però, non sono stati identificati.
Una cosa è certa: consapevoli o no, i contribuenti che hanno usufruito delle cancellazioni, ora dovranno pagare.
S&P: Spagna e Italia tra i paesi più a rischio.
Berlino - (Adnkronos/Dpa) - L'agenzia di rating Usa: ''C'è un 40% di possibilità di recessione nella zona euro''. Abi: ''S&P irresponsabile''. L'Italia scivola a BBB+. La Francia perde la tripla AAA. Il capo dello Stato: ''All''Europa serve unità politica e vera unione economica''. Fornero: ''Sberla S&P rallenta recupero'' .Vaciago: ''Da S&P una provocazione''. Le azioni sul rating italiano. A Parigi tutti contro Sarkozy
Berlino, 14 gen. (Adnkronos/Dpa) - Spagna e Italia sono tra i Paesi più vulnerabili ai rischi sistemici, con la possibilità di un "immediato peggioramento" della situazione economica. E' quanto dichiara Moritz Kraemer, managing director di S&P per il debito sovrano dell'Europa, a commento delle decisioni di ridurre il rating.
S&P ieri ha infatti declassato il debito di nove paesi europei, tra cui Francia e Austria, che sono stati spogliati dei loro pregiati rating di altissimo livello, la tripla A.
L'agenzia di rating americana ha confermato oggi di ritenere che vi sia un 40 per cento di possibilità di recessione nella zona euro, la cui economia potrebbe contrarsi fino all'1,5 per cento quest'anno."Prevediamo una recessione con una probabilità del 40 per cento per quest'anno", ha spiegato il managing director di S&P Moritz Kraemer. "Questo potrebbe portare ad una contrazione dell'economia della zona euro di circa l'1,5 per cento."L'agenzia ha avvertito i paesi della zona euro che i loro sforzi per combattere la crisi del debito sono troppo concentrati sulla riduzione del debito.L'agenzia di rating ha elogiato la risposta flessibile della Banca centrale europea, che ha impedito il deterioramento della crisi del debito sovrano. ''La Bce è stata in grado di dare almeno una risposta con le sue misure'', ha detto Kraemer.I politici, al contrario, non offrono risposte "alle crescenti sfide poste dalla crisi", ha aggiunto. Poco prima di Natale, la Bce ha immesso sul mercato quasi 500.000 milioni di euro in prestiti a tre anni. La misura mira a prevenire una carenza di liquidità e incoraggiare i prestiti alle imprese e alle famiglie.
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Nave Costa naufraga al Giglio: tre morti, 50 non rintracciati.
PORTO SANTO STEFANO (Reuters) - Almeno tre persone sono morte e circa altre 40 sono rimaste ferite mentre i soccorritori stanno cercando eventuali dispersi dopo che una nave da crociera della Costa, con oltre 4.000 persone a bordo, ha urtato uno scoglio, inclinandosi su un fianco e affondando parzialmente al largo dell'isola del Giglio.
Tra i feriti, due sono in gravi condizioni - una donna, membro dell'equipaggio, è stata ricoverata a Siena con un trauma spinale e un'altra persona a Grosseto con un trauma cranico - e 21 sono stati ricoverati per ipotermia e traumi.
Il prefetto di Grosseto Giuseppe Linardi ha detto che al momento "non sono state rintracciate circa 50 persone" spiegando che per avere un dato più preciso "si aspetta di ricevere gli elenchi delle persone identificate a Porto Santo Stefano per poi confrontarlo con quello dei passeggeri".
Sulla vicenda sono state aperte due inchieste, una penale e una amministrativa mentre secondo la Guardia costiera all'origine del naufragio potrebbe esserci un errore umano o la rottura della strumentazione di bordo.
Parlando di eventuali dispersi, Linardi ha detto che "è un problema che dovremmo risolvere nelle prossime ore, si tratta di un'operazione complessa".
"E' difficile perché la nave è enorme", ha aggiunto Luca Cari dei vigili del fuoco precisando che l'imbarcazione è adagiata su un fianco e probabilmente non si inabisserà ulteriormente.
Dalle fotografie si può vedere una vasto squarcio su un fianco della nave, la Costa Concordia che ha una stazza di 114.500 tonnellate.
Sulla vicenda la procura di Grosseto ha aperto un'inchiesta per naufragio, disastro e omicidio colposo, come riferito da fonti giudiziarie. Mentre un'inchiesta amministrativa è stata aperta dalla capitaneria di porto.
"E' molto prematuro fare ipotesi sulla causa disastro", ha detto a Reuters un funzionario della Guardia costiera di Livorno aggiungendo che le due ipotesi più pausibili sono l'errore umano o la rottura della strumentazione.
La Guardia costiera insieme ai magistrati di Grosseto ha sentito sia il comandante che gli ufficiali a bordo della nave.
I passeggeri hanno raccontato del panico scoppiato a bordo e hanno riferito di alcune persone che si gettavano in mare dalla nave che si inabissava.
"Ci stavamo sedendo per la cena e abbiamo sentito questo boato. Credo che abbia urtato degli scogli. Si è diffuso il panico, coi tavoli che si sono rovesciati, i bicchieri per aria mentre noi raggiungevamo i ponti per indossare i giubbotti salva-gente", ha raccontato ai microfoni di SkyTg24 una dei passeggeri, Maria Parmegiano.
Diversi passeggeri hanno criticato il modo in cui si è cercato di far fronte all'emergenza.
MISURE ANTI-INQUINAMENTO
Intanto dei tecnici stanno anche predisponendo delle paratie anti-inquinamento per evitare che il carburante a bordo della nave si riversi in mare, dato che l'incidente è avvenuto all'interno della riserva naturale dell'Arcipelago toscano.
Tuttavia il sindaco del comune dell'Isola del Giglio, Sergio Ortelli, ha escluso in una nota che si sia verificato al momento alcun sversamento di carburante nelle acque della zona.
Molti dei 3.200 passeggeri e dei 1.023 membri dell'equipaggio sono stati portati a terra a Porto Santo Stefano per poi essere aiutati in scuole, chiese e altri edifici pubblici.
Al momento non si riesce ad accedere al sito Web della Costa Crociere, che ha sede a Genova, probabilmente per l'alto numero di contatti richiesti anche se la società ha attivato una helpline dedicata. Costa fa sapere che collaborerà con le autorità.
Si crede che la maggior parte delle persone a bordo siano italiane anche se è probabile che ci siano passeggeri di altre nazionalità.
- hanno collaborato Philip Pullella e James Mackenzie a Roma -- Sul sito www.reuters.it le altre notizie Reuters in italiano. Le top news anche su www.twitter.com/reuters_italia
Da italiana, faccio un esame di coscienza...
L'Italia declassata, declassata anche la Francia.
La finanza non si fa prendere in giro dalle manovre "velina", ma valuta i risultati.
E i risultati dell'ultima manovra del governo italiano sono evidenti, non è cambiato nulla, anzi, è peggiorato il potere economico degli italiani che saranno costretti a rimettere in circolazione ciò che avevano risparmiato e messo da parte.
Il nuovo governo, in balia della vecchia maggioranza parlamentare, non rassicura, anzi...
Napolitano avrebbe dovuto sciogliere le camere.
Chi comanda è la maggioranza in Parlamento, la stessa maggioranza che ci ha portato sull'orlo della recessione e che ha negato l'arresto di Cosentino.
E se si dovesse andare alla nuove elezioni con l'attuale legge elettorale, la stessa maggioranza tornerebbe al potere, basterebbe che a fare fronte comune fossero PdL, Lega e Radicali.
Siamo messi molto male, sarebbe il caso di incominciare a pensare come e cosa fare per riprendere in mano la situazione se non vogliamo fare la stessa fine della Grecia.
venerdì 13 gennaio 2012
Auto blu, arrivano i primi tagli Governo: “risparmi per la spesa pubblica”
Presentato un decreto dal ministro della Funzione pubblica Patroni Griffi che prevede una stretta per Enti locali e Istituzionali. Monti lo ha trasmesso oggi al Tar in ottemperanza a un'ordinanza del 2011.
Giro di vite del governo sulle auto blu destinati agli organi costituzionali e agli enti locali con l’obiettivo di “conseguire risparmi significativi”. Con un decreto del presidente del Consiglio, presentato dal ministro Patroni Griffi, il governo ottempera ad una ordinanza del Tar che chiedeva di intervenire in merito.
“Il Presidente del Consiglio MarioMonti – si legge in una nota pubblicata da palazzo Chigi – ha inviato oggi al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) un Decreto del Presidente del Consiglio sull’utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni. Il presente decreto, su proposta di Filippo Patroni Griffi, Ministro senza portafoglio per la pubblica amministrazione e la semplificazione, mira ad ottemperare all’ordinanza del Tar n. 4139 del 10 novembre 2011 che chiedeva il riesame del precedente decreto del 3 agosto 2011 in relazione all’esclusione dalla sua applicazione degli Organi costituzionali, delle Regioni e gli enti locali, nonché delle amministrazioni che utilizzano non più di una autovettura di servizio (art. 1, comma 2, del precedente DPCM)”.
“Inoltre – prosegue la nota diffusa da palazzo Chigi – il presente decreto modifica il precedente laddove esso impone l’utilizzo alternativo dei mezzi di trasporto pubblico solo quando ne venga assicurata “uguale efficacia”. Infine viene eliminata la norma che concede alle amministrazioni un termine di trenta giorni per la comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica dell’acquisto o della presa in possesso di un’autovettura. Il Governo ritiene che le modifiche introdotte permetteranno di conseguire risparmi significativi nella spesa pubblica per le autovetture di servizio e di rappresentanza”.
“Il Presidente del Consiglio MarioMonti – si legge in una nota pubblicata da palazzo Chigi – ha inviato oggi al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) un Decreto del Presidente del Consiglio sull’utilizzo delle autovetture di servizio e di rappresentanza da parte delle pubbliche amministrazioni. Il presente decreto, su proposta di Filippo Patroni Griffi, Ministro senza portafoglio per la pubblica amministrazione e la semplificazione, mira ad ottemperare all’ordinanza del Tar n. 4139 del 10 novembre 2011 che chiedeva il riesame del precedente decreto del 3 agosto 2011 in relazione all’esclusione dalla sua applicazione degli Organi costituzionali, delle Regioni e gli enti locali, nonché delle amministrazioni che utilizzano non più di una autovettura di servizio (art. 1, comma 2, del precedente DPCM)”.
“Inoltre – prosegue la nota diffusa da palazzo Chigi – il presente decreto modifica il precedente laddove esso impone l’utilizzo alternativo dei mezzi di trasporto pubblico solo quando ne venga assicurata “uguale efficacia”. Infine viene eliminata la norma che concede alle amministrazioni un termine di trenta giorni per la comunicazione al Dipartimento della funzione pubblica dell’acquisto o della presa in possesso di un’autovettura. Il Governo ritiene che le modifiche introdotte permetteranno di conseguire risparmi significativi nella spesa pubblica per le autovetture di servizio e di rappresentanza”.
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