mercoledì 10 settembre 2014

Pinotti: «Se bisognerà bombardare, non ci tireremo indietro.» - Alessandra Costante

Genova - «Nel caso in cui l’intervento dei nostri aerei servisse a difendere civili indifesi, non mi sentirei in difficoltà a dire di sì. Nessuno però me lo ha mai chiesto». Alla Festa dell’Unità di Genova il ministro della Difesa, Roberta Pinotti affronta il tema della crisi in Iraq e Siria, la minaccia dell’Is contro la popolazione civile, le violenze contro le minoranze etniche. Circoscrive l’attuale intervento dell’Italia, chiamata a fornire armi leggere e munizioni ai curdi, «quando ho riferito in Parlamento ho spiegato tutto, ho dato anche il numero preciso delle munizioni perché su questi argomenti c’è sempre il sospetto di troppa segretezza», e nell’intervista condotta dal vice direttore responsabile del Secolo XIX, Alessandro Cassinis, si spinge fino a immaginare la reazione del Paese, la sua reazione di ministro, di fronte ad un’ipotetica escalation della crisi.
«Non c’è stata nessuna richiesta né di fornire basi aeree né di bombardare. Nel recente vertice ci hanno chiesto invece che cosa potevamo mettere a disposizione. Peraltro il primo a dire all’Italia che gli aiuti umanitari non erano sufficienti, che i curdi avevano bisogno di potersi difendere, è stato il vice ministro agli esteri Lapo Pistelli: era a Erbil e vide quello che stava accadendo». Nel salone delle compere di Palazzo San Giorgio, Roberta Pinotti parla di difesa e di guerra sotto gli occhi di un gruppetto di pacifisti genovesi confinati in un angolo con le loro bandiere arcobaleno e gli slogan contro gli F35, guardati a vista dagli uomini della sicurezza. E’ per la loro silenziosa manifestazione, che qualcuno pensava che potesse essere molto più pericolosa, che l’intervento del ministro Pinotti è stato spostato tra le mura antiche di palazzo San Giorgio. «È un grande dolore non poter parlare nella mia città e alla gente della festa come ho sempre fatto» dice lei.
La spending review e il programma di armamento degli F35 si tengono per mano nei discorsi della Pinotti. Certo il suo ministero, come tutti gli altri sarà chiamato a partecipare alla riduzione della spesa, «abbiamo già tagliato 400 milioni per contribuire al bonus degli 80 euro: siamo stati i primi» e le forze armate passeranno «entro il 2024 da 186 mila a 150 mila uomini», ma uno sforzo ulteriore dovrà ancora essere fatto. Ma non a casaccio. Lo dirà il “libro bianco” dove si potrà ancora abbattere la scure del risparmio, «perché come stanno dimostrando le crisi di questo momento, di difesa c’è bisogno» e l’unico modo per ridurne i costi sarebbe quello di arrivare (ma non è un obiettivo né facile né veloce) «alla difesa europea». Così anche il programma degli F35, oggi quasi sospeso, dipende dal “libro bianco”, anche se almeno sei aerei saranno prodotti «perché c’è un’azienda di Foligno, la Oma, che ha 400 dipendenti e ha investito 20 milioni di euro nell’ala al carbonio e ha bisogno di quei sei velivoli per dimostrare a Olanda e Israele di saperli costruire».
Un occhio al Medio Oriente, l’altro all’Ucraina e alla Russia. L'intenzione è dare segnali forti a Putin, far capire che l’Alleanza atlantica c’è e questo è il senso dell’esercitazione «programmata due anni fa», ma senza fare azioni di ritorno alla guerra fredda «come sarebbe una base fissa della Nato nei paesi baltici, come richiesto dalla Polonia e dalla stessa Ucraina». Ma in tutto questo l’Italia non fornirà armi all’Ucraina, «smentisco quella notizia nata su Facebook».
Ma la Pinotti è a Genova, a casa sua. E la Festa dell’Unità è anche il momento per togliersi qualche sasso dalle scarpe. In autunno ci saranno le primarie per la Regione, poi si andrà a votare e lei, il ministro della Difesa, dice, se ne starà fuori. Per il momento fa l’osservatrice da Roma, poi deciderà se e con chi schierarsi, «ma un mio impegno sul territorio non ci sarà». Già perché con Genova e la Liguria, con «il fuoco amico» del Pd, ha ancora un conto aperto. «Alle primarie per Genova arrivai terza e fu un dolore». Ma il dolore più grande le venne dalle chiacchiere di corridoio, «da quelli che dicevano che avevo ripiegato su Genova perché a Roma non avevo più spazi, ero considerata una scarpa vecchia». E ora, che la «storia ha dimostrato il contrario», Roberta Pinotti non tornerà più sui suoi passi. Come si dice nella sua Sampierdarena, «aemu za dätu», «resto a Roma a fare quello per cui mi sono preparata».

Idiota!
Credi che quando noi, poveri esseri umani vessati e tartassati da voi e dai vostri padroni, saremo tutti morti tu potrai godere della vita eterna e degli agi che ti circondano?
Se hai accettato di essere una serva del potere, quando noi schiavi saremo tutti morti tu diventerai schiava al posto nostro!
Dovrai fare tutto ciò che abbiamo fatto noi per te e i tuoi padroni!
Prima di aprire bocca e darle vento, metti in moto il cervello, usalo almeno per salvaguardare te stessa!

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