Sono 125 i comuni lombardi delle province di Brescia e di Sondrio consociati all’Ass. Comi. Conf., associazione dei comuni di confine che raggruppa 454 municipi secessionisti diLombardia, Piemonte e Veneto che sostengono di essere penalizzati. A volte poche centinaia di metri li dividono da un paradiso di possibilità offerte dalle province autonome di Trento e Bolzano, dalle regioni a statuto speciale come Valle d’Aosta e Friuli o dalla civilissima Svizzera.
“Noi ci sentiamo un po’ libici, per restare attuali. Di qua la Libia, di là l’Italia”, scherza, ma non troppo, il presidente Marco Scalvini. Così, dal 2001, ventisette comuni hanno approvato con un referendum la secessione. E altri venti hanno presentato richiesta tra novembre e dicembre dello scorso anno. Anche dove la popolazione si è già espressa, manca ancora il sigillo della Camera, così i comuni restano nel limbo. “Beh, capisco che il Veneto non voglia perdere Cortina d’Ampezzo…”, commenta Scalvini. E il vicino Formigoni è così corso ai ripari, per evitare che i suoi di impianti sciistici passino in altre mani. Oppure Bagolino, in provincia di Brescia, con il suo carnevale tra i più attrattivi dell’arco alpino. Per non dire delle eccellenze gastronomiche delle valli lombarde. Una questione di orgoglio, ma anche di business. Che coinvolge innanzitutto i 13 comuni associati direttamente confinanti con la provincia autonoma di Trento. Per arrivare al numero di 125, vanno poi aggiunti i comuni di seconda fascia: i vicini dei confinanti, coinvolti di riflesso.
Così il governatore ha deciso di aggiungere 80 milioni di euro agli altrettanti messi a disposizione dalle province autonome di Trento e Bolzano, 40 ciascuno. “Questo fondo – ha dichiarato Formigoni – rappresenta un segnale di grande importanza nei confronti di una parte così rilevante del territorio italiano e lombardo così ricca di eccellenze naturali e ambientali”. Le risorse sono rivolte a quei comuni che vedranno approvati i propri progetti, da presentare entro il 30 giugno. Progetti però “strutturali”, precisano dall’associazione. Una definizione ambigua che per i secessionisti potrebbe cambiare tutto. E lasciarli ugualmente scontenti.
“Tu governatore non puoi dire a me, sindaco, dove devo mettere i soldi”. E’ indignato, Scavini, per come sono state fatte le cose. Ai comuni non interessano strade e ponti – interventi strutturali appunto – ma fondi per far sentire meno penalizzati nella vita quotidiana i propri cittadini. “Poniamo che un abitante di Bagolino voglia costruire, che so, un hotel e abbia 250 mila euro. – fa un esempio pratico il presidente dell’Ass. Comi. Conf. – In Lombardia può realizzare al massimo una struttura da 350 mila euro, a Trento un bell’albergo da 1 milione di euro, perché gli si garantisce il 75 per cento a fondo perduto per iniziative alberghiere o commerciali”. Per non parlare della pressione fiscale, i trasporti pubblici e le scuole. E’ questo che i sindaci dei comuni secessionisti mettono sul piatto per restare. Un fondo autogestito. Formigoni non dev’essere stato abbastanza attento: altro che investimenti ‘strutturali’.
Che alla regione Lombardia abbiano fatto male i conti? “Secondo me sanno già cosa ci devono fare con questi soldi, dove metterli” è l’idea di Scavini. Se per il governatore lombardo gli 80 milioni di euro sono il prezzo delle “zone di alto pregio ambientale”, come le ha definite, per le province autonome sono un investimento. Come la strada statale 45 bis del bresciano. “Potrebbe collegare le province di Brescia a Madonna di Campiglio, ma si è fermata 25 chilometri prima del confine con il Trentino. – spiega Scavini – Adesso loro vorrebbero prolungarla, ma a noi non interessa”. Per Formigoni, quindi, secessione non ancora scampata.