domenica 21 aprile 2013

Siamo formiche.




Grillo è un fomentatore....dicono i mass-media.
Quali sono gli episodi che portano i mass-media ad affermare questa cosa?
Ho cercato nella memoria, ho cercato nella rete...nulla.
E' aggressivo a parole? E chi non lo sarebbe oggi con ciò a cui ci sottopongono?
Ma poi, è solo lui l'aggressivo? Ogni giorno ci tocca leggere o ascoltare affermazioni di inaudita violenza pronunciate da personaggi che "stallano" in politica da tempo immemorabile, ma nessuno ci fa caso, fino a farci pensare: vabbè, lo ha detto Tizio, lo ha detto Caio, li conosciamo...
Mai una parola di sdegno da parte dei giornali, dei tg, del Capo dello Stato.
Ma stanno attenti a tutto ciò che esce dalla bocca di Grillo, con l'autorizzazione ad utilizzare la "funzione della libera interpretazione".
Esecrabile.
La realtà, quella che vediamo noi che abbiamo aperto gli occhi, è che siamo entrati nell'era della peggiore dittatura e ce ne sentiamo imprigionati: impotenti, messi all'angolo, emarginati.
Il nostro parere, ciò che ci "permettono di esprimere" secondo una loro interpretazione di democrazia, non vale nulla e non c'è nulla di peggio che gridare senza essere ascoltati.
Quando non vengono riconosciuti i diritti ma solo i doveri non si può parlare di democrazia.
Quando ci "impongono" di esercitare un nostro diritto, quello del voto, e poi non ne tengono conto, non hanno fatto altro che annullarci, annichilirci, distruggerci psicologicamente.
Se non avessero bisogno di noi che produciamo ricchezza, probabilmente, ci ucciderebbero tutti.

Siamo formiche se non riusciamo a ribellarci e riprenderci la nostra dignità.


Cetta.

Napolitanobis, tira una brutta aria qua fuori. - Biagio Simonetta


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Non sono in grado di giudicare la rielezione di Giorgio Napolitano. Non sono un politologo, né un grande elettore. E le passioni coltivate – o forse le ossessioni – mi hanno portato a essere un fanatico di storie criminali, non di politica.
Però ho sperato veramente che il mio Paese potesse essere rappresentato da Stefano Rodotà. Ho voluto crederci. Illudermi, al di là dei partiti o dei movimento. E’ andata male, ma è stato bello. Perché l’Italia, quella delle piazze, ha dimostrato di avere ancora una coscienza civile. Ed è un gran risultato dopo un ventennio culturalmente devastante, in questo Paese messo in ginocchio dalla distruzione socio-culturale imposta dal berlusconismo.
Ora, da italiano, sono tremendamente preoccupato. Tira una brutta aria, qua fuori. La stessa aria che i partiti sembrano non percepire. Ogni giorno in Italia ci sono 2000 nuovi disoccupati. Giovani, ma anche cinquantenni. Italiani senza più sogni, persone che fino a ieri si nascondevano nella normalità dei giorni: il panettiere dove compravi il pane, l’impiegato che trovavi dietro allo sportello, il maestro di tennis che voleva che cambiassi impugnatura, il barista che ti serviva il cappuccino ogni mattina, l’estetista di tua moglie, quell’anziano signore che parcheggiava la sua auto sempre vicina alla tua, il pizzaiolo che era tornato dal Nord per vivere nella sua Calabria, il giornalista che incontravi la domenica allo stadio, il meccanico al quale portavi lo scooter di tuo figlio, il fruttivendolo che aveva sempre gli occhi gonfi perché la sveglia all’alba lo distruggeva. Sono loro i nuovi poveri. Siamo noi.
Dai sempre troppo pochi libri letti nella mia vita ho imparato che un popolo che ha fame è un popolo irrazionale. O forse tremendamente lucido. Tira una brutta aria qua fuori. Tira una brutta aria.
Buona fortuna Italia.

sabato 20 aprile 2013

Balcone multiuso - Napoli



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Napolitano, re Giorgio



Ha firmato il legittimo impedimento.
Ha firmato il Lodo Alfano.
Ha firmato la legge salva-liste del PdL (Regionali Lazio).
Ha firmato la finanziaria che raddoppiava l’Iva a Sky.
Ha firmato lo scudo fiscale.
Ha firmato le norme razziali e anti-rom di Maroni.
Ha permesso a Berlusconi, nel 2010 (durante la prima crisi), di ricompattare la maggioranza attraverso la compravendita di parlamentari.
Ha impedito il ritorno al voto nel 2011 consengandoci nelle mani degli speculatori.
Ha nominato un presidente del Consiglio imposto dall’Europa, avvallando tutte le sue contro-riforme sociali.

Ha accettato, anche se con riserva, la nomina di Saverio Romano, sotto accusa per associazione mafiosa e corruzione, a ministro dell'agricoltura.

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Un uomo di parola...che vale appena un giorno.



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I veri motivi della crisi.



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Non voleva licenziare nessuno, si uccide di notte gettandosi nel laghetto della villa. - Romano Zaghet


Firmino Santarossa e la sede della sua azienda a Prata di Pordenone


Telecamere hanno ripreso gli ultimi minuti di vita di Santarossa. Previsti un centinaio di licenziamenti, fabbriche chiuse per lutto.

PORDENONE - Un centinaio di dipendenti da mandare a casa, magari anche l’anziano operaio con il quale era solito scambiare quattro chiacchiere o quello che aveva visto crescere in un paese dove ci si conosce tutti. Un pensiero fisso che era diventato un fardello troppo pesante da portare, soprattutto per un imprenditore "vecchio stampo" come Fermo (Firmino) Santarossa.

Ha deciso di togliersi la vita gettandosi nel laghetto del grande giardino che circonda la villa di via Oderzo a Prata di Pordenone. Senza testimoni, senza lasciare un biglietto, senza disturbare nessuno. A trovare il corpo ormai senza vita è stata la moglie Graziella Bianchin, che si era addormentata col marito accanto. Dalle telecamere esterne della villa sono state registrate le immagini dell’imprenditore di 73 anni che esce di casa dal balcone della camera intorno alle 4 del mattino per dirigersi verso il laghetto, recintato con una rete alta un’ottantina di centimetri. 

Il dolore che non trova parole, la telefonata ai carabinieri di Prata e la notizia che si diffonde in un batter d’occhio nel paese dove dagli anni Settanta Firmino Santarossa, assieme al fratello Mario, ha mosso i primi passi nel mondo dell’imprenditoria per poi dare vita a un colosso che dà lavoro a circa seicento persone, che con l’indotto arrivano a mille.

La morte arriva anche in fabbrica e ferma tutto: chiudono per lutto gli stabilimenti del gruppo Santarossa a Prata, Caneva e Mansuè, in provincia di Treviso che producono cucine, soggiorni, camere da letto, antine e arredamenti per navi. Un gruppo che, come tanti altri in questo momento difficile, sta accusando qualche problema. Proprio queste difficoltà da tempo preoccupavano molto Firmino. 

Ma la situazione di difficoltà del gruppo Santarossa - a detta anche del sindacato -, vista la solidità della società presenta tutte le caratteristiche per essere gestita senza ripercussioni occupazionali drammatiche. Il colosso di Prata è certamente coinvolto in un rallentamento produttivo, ma la situazione è decisamente migliore rispetto a molte altre aziende del distretto mobiliero. Ma quella riorganizzazione - legata anche a una tensione finanziaria sulla filiera dei pagamenti da parte di alcuni clienti - che dovrebbe riguardare meno di un centinaio di addetti non era stata accettata dal vecchio timoniere dell’impresa.

La famiglia si è chiusa nel dolore. Da Unindustria arrivano le parole del presidente Michelangelo Agrusti: «Siamo consapevoli che la situazione dell’economia provinciale è di una gravità inaudita. È il momento di rafforzare le prospettive di rilancio e salvaguardia dei posti di lavoro».