lunedì 17 giugno 2013

Ci rifà...



Irish Sun: “Berlusconi indagato in Irlanda per evasione fiscale e riciclaggio

Riciclaggio ed evasione fiscale. E’ questa l’ipotesi per cui Silvio Berlusconi sarebbe finito nel mirino delle autorità irlandesi che hanno aperto un’indagine. A darne notizia è l’Irish Sun che la pubblica in prima pagina (guarda) presentandola come ‘esclusiva mondiale’.
Secondo quanto scrive il quotidiano, le indagini dell’unità speciale investigativa Garda Bureau of Fraud Investigation’s sarebbero partite da una segnalazione della polizia italiana, che avrebbe chiesto agli irlandesi di investigare sulle operazioni dell’ex premier con l’International Financial Services Centre di Dublino, con particolare riferimento al periodo 2005-2007 e per un ammontare di circa 500 milioni di euro. 
Una vicenda che molto probabilmente riguarda i rapporti con la controllata irlandese Mediolanum International Funds. Il sospetto, come aveva già scritto Ilfattoquotidiano.it, è che il gruppo abbia mantenuto su Dublino una quota incongrua dei propri ricavi, così da sottoporli alla mano più leggera del fisco irlandese.
Ma dall’avvocato di Berlusconi, Niccolò Ghedini, arriva la smentita. “La notizia apparsa sull’Irish Sun dell’esistenza di una indagine fiscale in Irlanda per il periodo 2005-2007 nei confronti del Presidente Berlusconi, è certamente frutto di un travisamento e di una erronea informazione. Infatti non consta esservi alcuna indagine sul punto – si legge in una nota – Di certo negli anni scorsi vi era stata una rogatoria dall’Italia in Irlanda in relazione alla vicenda riguardante i diritti cinematografici”, prosegue Ghedini, aggiungendo che, “come è noto per il periodo in questione vi è stata ampia assoluzione sia dal GUP presso il Tribunale di Milano sia dal GUP presso il Tribunale di Roma, decisioni confermate dalla Corte di Cassazione. E’ quindi evidente che non vi può essere alcuna indagine in merito”.
“Null’altro vi è che possa essere ricondotto al Presidente Berlusconi salvo che – continua Ghedini – il giornale non accosti erroneamente al Presidente la vicenda di Banca Mediolanum che ha notoriamente da tempo in corso un contenzioso tributario in Irlanda, che è in corso di risoluzione con un arbitrato fra la stessa Irlanda e l’Italia. E’ ovvio che si procederà in ogni sede giudiziaria – conclude l’avvocato di Berlusconi – per tutelarsi dalla propalazione di notizie false e inesatte”.

domenica 16 giugno 2013

Il governo Letta approva il ‘decreto fare’: “Rilancio dell’economia, grande coesione” - Stefano Feltri

Enrico Letta


Il ministro Flavio Zanonato annuncia il wifi libero: "Non sarà richiesta più l'identificazione personale degli utilizzatori”. Edilizia scolastica: "Cento milioni all'anno". Assunzioni nelle università. "Prima casa non pignorabile se non di lusso". Giustizia civile, "terapia d'urto con smaltimento di 1,2 milioni di pratiche".

Nel giorno del decreto “del fare”; quello che conta è la promessa di non fare del premier Enrico Letta al presidente della Commissione europea, José Barroso, in visita a Roma: “Ho confermato che l’Italia vuole mantenere il 3 per cento nel rapporto tra deficit e Pil come punto di riferimento”. Parole sentite mille volte, ma che in questi giorni assumono un significato non banale: con il Pil che continua a cadere (e che nel 2013 farà -2,4 invece che -1,3 come previsto dal governo), con una parte di Pd e Pdl che spera di evitare l’aumento dell’Iva a luglio anche senza solide coperture e che non si rassegna al ritorno dell’Imu a settembre. In questo contesto, insomma, mantenere il 3 per cento può significare fare un’altra manovra correttiva. E chissà se il governo può sopravvivere a un passaggio del genere. La durata del Consiglio dei ministri di ieri è la dimostrazione di quanto è difficile prendere decisioni economiche in questo contesto così rigido. Letta riunisce i ministri alle 15, partendo da una bozza che pareva definitiva, ma la riunione dura oltre cinque ore. I due temi tabù, quelli che possono far esplodere la maggioranza, non vengono affrontati. Non si parla di Imu, anche se il termine per riformare l’imposta sulla scada non è lontano, il 31 agosto. E non si tocca neppure la questione Iva, il governo cerca di preservare l’illusione che si possa almeno rinviare il passaggio dal 21 al 22 per cento dell’aliquota più alta che scatterà il primo luglio.
Il decreto “del fare”, come lo ha chiamato Letta, non contiene provvedimenti drastici, ma tanti piccoli interventi (80 le misure) che dovrebbero stimolare l’economia. Il dato politico più rilevante riguarda le infrastrutture: per finanziare alcune infrastrutture immediatamente cantierabili (che dovrebbero cioè creare subito posti di lavoro), come la terza linea della metro a Roma, si tolgono risorse alla linea di Alta velocità Torino-Lione e al terzo valico ligure. In totale quasi 2 miliardi, 524 milioni dal Tav. E questo, raccontano, ha irritato molto il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi (Pdl) che aveva difeso l’importanza dell’alta velocità nei giorni scorsi. Lo stesso Lupi, in realtà, cerca di smorzare i toni e nega il “definanziamento”. Semplicemente, dice, le risorse in questo momento non utilizzate per via dello stato di avanzamento dei lavori, vengono messe altrove. Sarà, intanto il Pdl incassa un allentamento delle tecniche di riscossione di Equitalia (con la non pignorabilità per la prima casa). Il Pd si intesta gli interventi per le imprese tramite la Cassa depositi e prestiti e il piano di edilizia scolastica da 100 milioni di euro e la riduzione delle bollette energetiche grazia a un taglio dei sussidi dal 2014.
LE MISURE PRINCIPALI DEL DECRETO
Infrastrutture – Via le risorse al Tav Torino-Lione, al Ponte e al Terzo Valico in Liguria
IL GOVERNO crea un fondo da 2 miliardi di euro “per consentire nell’anno 2013 la continuità dei cantieri in corso, ovvero il perfezionamento degli atti contrattuali finalizzati all’avvio dei lavori”. Così dovrebbe esserci subito un effetto sui posti di lavoro. I soldi vengono recuperati da altre grandi opere: 524 milioni vengono tolti al Tav Torino-Lione, al cui progetto restano soltanto 4 milioni per il 2014. Non è la fine del Tav, ovvio, ma sembra la garanzia che almeno per un altro anno resterà tutto fermo. Altri 50 milioni arrivano dal progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, che mai si farà ma continua ad assorbire risorse, e 773 milioni dal Terzo Valico a Genova (alcuni milioni si recuperano anche tra le pieghe del trattato di amicizia con la Libia di Gheddafi firmato nel 2010). Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi precisa: “Non c’è nessun de-finanziamento nè blocco di grandi opere, c’è un utilizzo temporaneo di risorse già allocate, ma che non verrebbero utilizzate nel breve periodo”. Tradotto: prendiamo i soldi per usarli per cose più utili, ma promettiamo di rimetterli a posto appena possibile. Chissà come.
Energia – Taglio agli incentivi inutili, ma la lobby elettrica limita i danniLA LOBBY dell’energia (con l’associazione Assoelettrica di Chicco Testa) riesce a limitare i danni che potevano arrivare dal decreto. Su un punto il ministro Flavio Zanonato ha mantenuto l’impegno: dal 2014 ci saranno forti risparmi in bolletta perché dal primo gennaio 2014 il Cec (il Costo evitato di combustibile) che è il parametro su cui si calcolano alcuni sussidi ai produttori dipenderà dal prezzo del gas sul mercato (oggi molto basso) e meno da quello del petrolio. Con un risparmio potenziale per i consumatori di 550 milioni di euro. Una novità che, comunque, era già prevista. Sparisce invece la Robin Tax (addizionale Ires del 13 per cento) per i produttori di energie rinnovabili che doveva colpire chi ha ricevuto tanti sussidi in questi anni da creare un eccesso di capacità produttiva. Ma questo intervento, negli effetti un taglio retroattivo degli incentivi, deve essere stato considerato eccessivo dopo la riduzione decisa dall’ex ministro Corrado Passera un anno fa.

Equitalia – Niente esproprio per prime case e capannoni (quasi)
IL GOVERNO impone una linea più morbida a Equitalia. Con il decreto di ieri vengono limitati i poteri di riscossione della società pubblica per quanto riguarda prime case e capannoni: non saranno più espropriabili, a meno che non si tratti di immobili di lusso, palazzi o castelli. Il contribuente però non può contare su una immunità totale: se ha altri debiti, per esempio verso le banche, i creditori diversi dallo Stato potranno comunque avviare l’espropriazione dell’immobile. E nel caso venga messo all’asta, Equitalia ha anche una prelazione sul ricavato. Nel caso di immobili diversi dalla prima casa e dai capannoni industriali, poi, Equitalia può avviare l’esproprio soltanto se il credito supera i 50 mila euro, mentre finora la soglia era fissata molto più in basso, a 20 mila euro. Nel caso della seconda casa la soglia è invece 120 mila. Per quanto riguarda la rateizzazione, il debitore potrà pagare il debito in 120 rate se ha un reddito basso e perde il diritto alla dilazione del pagamento iscritto a ruolo dopo aver saltato il saldo di otto rate consecutive, mentre al momento si perdeva la facoltà dopo soltanto due. Nel caso delle imprese non potrà essere pignorato più di un quinto del patrimonio, “così lo Stato non farà chiudere l’impreesa ”, dice il vicepremier Angelino Alfano (Pdl).

Imprese, subito i prestiti dalla Cdp, finanziamenti in autunno
LO AVEVANO GIÀ SUGGERITO i “saggi” riuniti dal Quirinale prima delle elezioni e lo ha ribadito a ogni occasione il governo Letta: il modo più efficace per far ripartire i prestiti alle piccole e medie imprese è aumentare la dotazione del Fondo centrale di garanzia, uno strumento finanziario che permette di garantire parte del credito chiesto dagli imprenditori alle banche facendo diminuire il rischio del prestito e spingendo quindi le banche a erogare il finanziamento. Il “decreto del fare” prevede la possibilità di coprire con la garanzia del Fondo fino all’80 per cento dell’operazione nel caso di imprese che vantano crediti verso la pubblica amministrazione. Il problema è che il potenziamento del Fondo viene stabilito solo in via di principio, per trovare le risorse bisognerà aspettare la legge di Stabilità in autunno (la ex Finanziaria). Quindi i benefici di questo intervento molto atteso – che con una dotazione di 3 miliardi dovrebbe attivarne 50 di finanziamenti – non si vedrà prima dell’inizio del nuovo anno. Entro 60 giorni il ministero dello Sviluppo e quello dell’Economia fisseranno le regole di accesso al Fondo. Partirà più in fretta il sostegno da 5 miliardi alle imprese che devono acquistare macchinari, assicurato dalla Cassa depositi e prestiti: fino a 2 milioni per ciascuna azienda.

Giustizia civile e Università. Sostegno ai giudici e torna la mediazione obbligatoria
IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA Anna Maria Cancellieri parla di “terapia d’urto”. L’arretrato nella giustizia civile è soprattutto presso le Corti d’appello, lì andranno a lavorare 400 magistrati onorari selezionati tra avvocati e professori, per smaltire le pratiche. In Cassazione andranno 30 nuovi magistrati, per completare il lavoro. Nasce “l’ufficio del giudice”: ci saranno assistenti del giudice nella preparazione delle sentenze per accelerare i tempi. L’obiettivo è smaltire 1,2 milioni di pratiche. Viene riproposta la mediazione obbligatoria, che aveva avuto successo ma poi era stata bloccata dalla Corte costituzionale. Il ministro Cancellieri assicura che quei problemi sono stati risolti e col ritorno della mediazione, si spera, molte cause verranno risolte tra le parti, senza arrivare davanti al giudice. Per quanto riguarda scuola e università, il ministro dell’Istruzione Chiara Carrozza annuncia un piano di edilizia scolastica da 100 milioni e borse di studio per gli studenti meritevoli che vanno a studiare lontano dalla città di residenza. Verranno anche assunti 1500 ricercatori di fascia B..
Le altre misure
“WI-FI LIBERO”
 – Sul piano dell’Agenda digitale e della burocrazia del settore, il ministro Flavio Zanonato ha annunciato il wifi libero. Il provvedimento varato ha “liberalizzato completamente Internet” nel senso che nell’uso in pubblico del “wi-fi non sarà richiesta più l’identificazione personale degli utilizzatori”.
DEBITI PA – Il ministro per la Pubblica amministrazione Giampiero D’Alia ha parlato invece dell’introduzione ”in via sperimentale” di una norma che introduce un indennizzo per il ritardo nei procedimenti e che comporta una responsabilizzazione di tutti i soggetti della pubblica amministrazione”.
ONERI IMPRESE – Vengono diminuiti gli oneri per le imprese, tra i quali alcuni legati alla sicurezza sul lavoro, e questo comporterà risparmi per 450 milioni di euro. 
EDILIZIA SCOLASTICA E RICERCA – Tra i provvedimenti approvati dal cdm ci sono anche norme sull’edilizia scolastica, “un problema enorme: grazie anche all’intervento dell’Inail, abbiamo la possibilità d’accordo di cominciare con 100 milioni di euro per la manuetenzione degli edifici scolastici, un segnale importante anche per rassicurare le famiglie in vista dell’apertura dell’anno scolastico”. Lo ha detto il ministro dell’istruzione Chiara Carrozza nella conferenza stampa a Palazzo Chigi. Il ministro ha poi aggiunto una novità sulle assunzioni: “Si ampliano le facoltà di assumere delle università e degli enti di ricerca per l’anno 2014, elevando dal 20 a 50% il turn-over, ovvero il limite di spesa consentito a rispetto alle cessazioni dell’anno precedente. Con questo provvedimento si libereranno posti per 1500 ordinari e 1500 nuovi ricercatori” di tipo B.  

Sarò volutamente brutale. - Andrea Scanzi



Sarò volutamente brutale: alla stragrande maggioranza dei milioni di italiani che hanno votato M5S, della Gambaro non frega una beata mazza. Come non gliene fregava nulla della querelle-diaria o di tutte le baruffe pallosissime (e dannosissime) tra parlamentari. 
Come ha ricordato ieri Marco Travaglio, nell'ennesimo editoriale che condivido integralmente, la situazione rimane questa: "Sappiamo bene che i neoeletti stanno imparando il mestiere di parlamentari; hanno presentato una ventina di disegni di legge e altri ne stanno preparando; le loro presenze in aula e in commissione superano largamente quelle degli altri gruppi; hanno rinunciato (unici nella storia) al finanziamento pubblico di 42 milioni di euro; hanno avviato (unici nella storia) le pratiche per dichiarare ineleggibile B.; han fatto approvare una mozione per consentire a chi avanza crediti dallo Stato di scalarli dalle caselle esattoriali; hanno appoggiato la proposta del Pd Giachetti per tornare al Mattarellum, ovviamente sabotata dal partito unico Pd-Pdl-Monti; hanno contestato assieme a Sel il golpetto del governo in Senato per aggirare l’articolo 138 della Costituzione.Ma tutto questo i milioni di italiani che s’informano (si fa per dire) dai camerieri del potere non lo sanno. Da quando gli usurpatori hanno osato metter piede nel Palazzo, le guardie del corpo dei partiti e dei loro padroni dipingono M5S come un covo d’incompetenti sfaccendati e teleguidati che passano il tempo a litigare, epurare, espellere, o a parlare di scontrini, mentre Grillo e Casaleggio fanno soldi a palate". 
Ecco il punto: al netto degli errori, che ci sono stati e che chiunque dotato di onestà intellettuale dovrebbe ricordare, il M5S è l'unica (o quasi) forza a combattere certe battaglie. Ma queste battaglie non vengono raccontate da gran parte dei media. Proprio per questo la vicenda Gambaro è esattamente ciò che vogliono casta e stampa; ed è esattamente ciò che non vuole l'elettore M5S. 
Se qualcuno viola le regole, tipo il Folgorato Dalla D'Urso, venga allontanato, come capita ovunque (ma se capita nel Pd non fa notizia). Se qualcuno si sfoga, come la Gambaro, sticazzi: parlatene tra voi, non ha infranto nessuna regola (ha fatto un errore politico, che è cosa diversa). Senza Beppe Grillo il M5S avrebbe preso lo 0.1%, anzi neanche sarebbe mai nato; ma Grillo non può "bannare" chiunque osi criticarlo (è il Parlamento, non un profilo twitter). Se l'è presa per la Gambaro? Le telefoni, la mandi affanculo. Non ce ne frega una beata mazza. Il dissenso esiste e deve esistere. Grillo fa cazzate come tutti. Se ne faccia una ragione.
Basta con questa faida tra yes-(wo)men pedanti e teneri favietti salsati di ritorno ("Movimento Cinque Polli", diceva ieri sempre Travaglio). Più fate così, più regalate gioie a chi vi odia. Se questo scazzo gigantesco vi serve per serrare le fila, bene. Poi però basta. 
Questi harakiri se li può permettere il Pd, che vive di harakiri puntualmente giustificati dai media (e da molti suoi stessi elettori); se li può permettere il Pdl, che non è un partito ma un esercito di Silvio. Se li possono permettere Monti e Lega, che ormai non esistono più. Voi no. Voi non potete permettervelo. 
Siete stati votati per contribuire al cambiamento, non per farci sapere che a Crimi la Gambaro sta sulle palle. Fatevi grandi e smettetela di litigare come all'asilo.


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giovedì 13 giugno 2013

E se il movimento si facesse un proprio referendum interno, lanciando la "stagione della glasnost italica"? - Sergio Di Cori Modigliani



Finita la festa, gabbato lo santo.
Tradotto vuol dire che ci troviamo in una situazione nella quale esistono diversi elementi positivi che possono -e devono- essere sfruttati nella maniera migliore possibile, dato che, adesso che la festa è finita, ci si può rimettere a lavorare. Cioè, tentare di "fare politica".
La festa è stata quella elettorale, diventato unico obiettivo dei partiti, dato che sono tutti appiattiti nel loro essere privi di programmi diversificati, privi di soluzioni adeguate per fronteggiare la crisi, incapaci di essere efficienti, inabilitati e inetti nel riuscire ad affrontare il disagio sociale collettivo. Essendo sia il PD che il PDL auto-referenziali, perchè è nella loro natura e struttura, vivono di elezioni, numeri e cariche il cui fine consiste nel garantire a se stessi la rendita di posizione, derivata dall'occupazione territoriale di una classe di funzionari e burocrati che ha come scopo quello di garantire la sopravvivenza, il lavoro e la tenuta delle famiglie, gruppi, consorterie, lobby, clan, bande, fondazioni, enti, associazioni, liste, che garantiscono ai colossi finanziari internazionali, da una parte, il prosieguo della svendita e l'abbattimento dell'industria italiana, dall'altra la difesa dello status quo, sapendo che l'italiano medio è conservatore e non ama il rischio.
La "festa elettorale" dunque è finita. Ed è venuta fuori la questione della senatrice Gambaro, che risponde a Grillo "io non me ne vado, Grillo mi deve delle scuse ufficiali", evento sul quale venti giorni  fa si sarebbero fiondati dal trampolino pretendendo anche la partecipazione del Washington  Post, mentre invece, adesso, avvicinandosi "la realtà" (toh! che sorpresa: esiste) della imminente tragedia economica che incombe, lasciano perdere.
C'è ben altro in ballo, nelle prossime tre settimane che ci attendono.
La questione posta dalla senatrice Gambaro però resta, e -a mio avviso- è davvero una occasione ghiotta per portare chiarezza, serenità ed entusiasmo democratico all'interno del movimento a cinque stelle.
Al di là dell'attacco personale contro Grillo, la posizione della senatrice Gambaro rivela un sintomo reale.
Che diventa sostanziale e fondamentale.
Eluderlo sarebbe un grave errore.
Perchè va a toccare la spina dorsale della identità del movimento a cinque stelle.
La Gambaro parla del Parlamento come se si trattasse di un luogo ameno all'interno del quale si confrontano opinioni diverse, si promulgano leggi che cambieranno l'Italia, si fanno varare dei provvedimenti tesi a modificare l'assetto funzionale del sistema. Immaginiamo e diamo per scontato che sia in buona fede, chiarendo così che, per poter aspirare a parlare di cambiamento, bisogna prima abbattere gli stereotipi usuali del sistema che si intende abbattere per modificarlo. Diceva Giulio Andreotti che a pensar male la si indovina sempre. Una espressione che viene citata spesso, con una fibrillazione emotiva degna di miglior causa, essendo questa la spina dorsale del cinismo e dell'indifferenza che stanno mettendo in ginocchio la nazione. Va capovolto e lanciato un nuovo mantra: "a pensar bene ci si guadagna sempre" e questo lemma va incorporato da chiunque, senza bisogno di spiegazioni.
Partendo da questo assunto, il sottoscritto dà per scontato che la Gambaro sia in buona fede e che stia rappresentando delle istanze e delle esigenze reali all'interno del movimento che non vanno sottovalutate.
Esistono, in questo momento, due linee, che non sono parallele, bensì perpendicolari.
Questa è la loro geometria politica, ed è per questo che si provoca confusione: nel punto in cui si incontrano la comunicazione svanisce e avviene lo scontro. E' inevitabile, dato che la matematica non è una opinione soggettiva ma segue regole oggettive.
Per poter disinnescare la conflittualità e la confusione, dando quindi l'avvio a un nuovo ed entusiasmante processo di eugenetica interna, è necessario prendere atto dell'esistenza delle perpendicolari, chiudere questo capitolo e passare alle rette parallele, l'unico panorama che consente l'affermazione delle proprie idee e dei propri programmi anche con dissimili e diversi: si viaggia sullo stesso binario.
Le due rette perpendicolari sono, secondo me, le seguenti: una è basata sul principio che "dobbiamo collaborare con il sistema dei partiti vigenti perchè siamo -nei fatti- diventati un partito, approfittando del fatto di essere il primo partito italiano alle elezioni del 25 febbraio e quindi abbassare i toni, pacificare i rapporti, lavorare insieme ad altri esponenti politici facendo fronte comune, dotandosi di strumenti partitici e prendendo atto della nuova condizione". Questa, diciamo che è la Linea A.
Poi c'è la linea B, la quale, invece, sostiene che "noi siamo in contrapposizione al PD e al PDL non perchè abbiamo una ideologia, quanto piuttosto per il fatto che noi -come logica strutturale attuale- siamo un movimento e quindi dinamici (tengo volutamente fuori da questo discorso la contestazione, per così dire politica, a questi due partiti). Data questa natura è impossibile "lavorare insieme ai partiti" a meno che non venga rispettata e salvaguardata la nostra struttura di movimento che, come tale, è  priva di apparato, burocrazia, tecnocrazia centrale perchè privilegia il concetto di comunità collettiva rifiutando la delega di rappresentanza".
La Linea A è, diciamo così "la linea partitica".
La Linea B è, diciamo così "la linea movimentista".
Sono perpendicolari.
Se si va avanti così si finisce come il PD: frantumati senza identità. Il PD è andato a sbattere perchè aveva Bersani che alle 12 diceva "Monti è una risorsa" e poi alle 17 diceva (da un'altra parte e con un altro pubblico) "Monti è una jattura". Alle 12 appariva insieme a Enrico Letta e alle 17, invece, si faceva vedere con Nichi Vendola.
Pensava di essere furbo.
Non aveva capito che l'Italia era cambiata e gli italiani, in un singulto di ritrovato Senso della dignità etico-sociale, avevano deciso che non ne potevano più dei furbi.
Idem per Berlusconi e il PDL. Alle 12 a Varese  si faceva vedere con Maroni e Salvini dicendo "privilegiamo la questione settentrionale" e poi alle 17 con Miccichè e Nitto Palma a Benevento per dire "privilegiamo la questione meridionale".
Un'altra furbata, pensando che o gli italiani sono scemi oppure gli italiani amano i furbi.
La realtà è un'altra.
Gli italiani non sono mai stati scemi e hanno "inventato" il M5s proprio perchè si sono stancati di amare i furbi.
E così hanno penalizzato entrambe le fazioni furbe.

I "furbi" e "gli schietti" sono incompatibili: sono rette perpendicolari.
I "movimentisti" e "i partitici" anche.

E' arrivato, dunque, il momento in cui i 163 eletti nelle file del M5s chiariscano agli 8.880.000 votanti quale delle due soluzioni di retta intendono perseguire.

La posizione della senatrice Gambaro rappresenta la "retta dei partitici" in contrasto con la "retta dei movimentisti".

E lo si evince dal fatto che già si insinuano in rete, in diversi siti, e presso diversi blogger, voci che la sostengono e che insistono per una presa d'atto "che siamo diventati un partito e questo siamo".

E' così?

Abbiamo il diritto di saperlo.
Abbiamo il dovere di chiederlo.
Abbiamo il diritto di pretendere chiarezza priva di ambiguità da parte dei 163 eletti.
Abbiamo il dovere di tirar fuori, ciascuno di noi, idee costruttive per trasformare la perpendicolare in una parallela.

Ecco la mia, di idea, che qui formalizzo:
"I 163 eletti lanciano un referendum tra di loro. E' vietata l'astensione. Vince il principio di democrazia a maggioranza relativa. Si vota il seguente principio: "movimentista o partitista?". L'elezione avviene per nomina alfabetica in streaming. Sono sufficienti 84 voti per far passare una delle due linee. La minoranza accetta di aver perso e si mette a disposizione della maggioranza: questo è il senso della democrazia, così si viaggia in parallelo".

Chi ha votato per il M5s oggi è confuso: ha votato per un movimento e si trova degli eletti che hanno fatto campagna elettorale sostenendo una idea movimentista ma che oggi auspicano la fondazione di un partito.
Queste persone hanno cambiato parere strada facendo? Ma gli elettori hanno il diritto di sapere chi sono e quanti sono coloro che hanno cambiato idea strada facendo, altrimenti si rimane nell'ansia della retta perpendicolare che può incrociarsi in qualunque momento.

Nel caso vinca la retta A, ovvero "quella partitica", allora si passerà ad una fase successiva: trasformazione, modificazione e costituzione del M5s in partito ufficiale con una sua linea politica che dovrà essere chiara, sui diversi argomenti , anche di natura etica, e lì si partirà in rete, attraverso i singoli e molteplici meet up, per elaborare gli strumenti più atti, poichè si prende atto del fatto che è necessario collaborare con i partiti esistenti al fine di trovare una piattaforma comune.

Nel caso vinca la retta B, ovvero "quella movimentista" la fase successiva dovrà chiarire, secondo me, che il M5s è un movimento politico dinamico, dotato di strumenti operativi politicamente efficaci ed efficienti con il dichiarato obiettivo di abbattere il sistema vigente di questi partiti, dando un proprio contributo creativo nelle amministrazioni comunali, provinciali, regionali, parlamentari, su singoli punti che il movimento ritiene utili per venire incontro a esigenze della collettività e non all'interesse dei partiti.

La minoranza perdente si mette a totale disposizione e lavora con entusiasmo per il raggiungimento degli obiettivi della maggioranza, godendo del rispetto di un'idea diversa e del plusvalore che deriva dall'inevitabile apprezzamento nei confronti di chi mostra e dimostra di essere in grado di praticare il senso della democrazia diretta.

Se, tra i 163, c'è qualcuno -nella minoranza- che non intende accettare la vittoria della minoranza, può andare a raggiungere a scelta: A) il gruppo Sel di Vendola (se è di sinistra) oppure B) il gruppo fratelli d'Italia  di La Russa (se è di destra): entrambi hanno la stessa identica struttura, lo stesso linguaggio, la stessa posizione, le stesse parole d'ordine; entrambe queste fazioni hanno fatto campagna elettorale sostenendo lo stesso identico slogan "nè con Monti nè con Berlusconi" ma poichè vivono in uno stato di perdurante confusione furba, hanno scelto di candidarsi con Berlusconi e con chi voleva allearsi a Monti facendo finta di niente: per loro ciò che era importante non era il programma bensì occupare degli scranni in parlamento.
Questa è la realtà dello stato delle cose.

Chi scrive sostene la Linea B, quella movimentista.
Chi scrive è un grande estimatore di Simone Weil, intellettuale di grande caratura, la quale nel 1948 ci regalò un saggio di immemorabile valore nel quale spiegava "perchè i partiti sono morti" e vagheggiava la costituzione degli Stati Uniti d'Europa come una confederazione di movimenti sociali e culturali, gettando i primi semi della "cultura glocal".
Il sottoscritto appartiene a quella tradizione e intende rimanerci fedele.

La confusione della perpendicolare, questa proprio no.
E' il pane quotidiano di chi vuole cancellare il M5s.
Abbiamo bisogno di sapere dai 163 eletti a quale delle due linee rette intendono aderire, nessuno escluso. Per evitare futuri equivoci, ambiguità pericolose.

Sono per l'Azione Parallela e voto la Linea B movimentista.

E voi, che cosa ne pensate?


http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/06/e-se-il-movimento-si-facesse-un-proprio.html

I soldi sporchi di sangue della mafia. - Giorgio Bongiovanni

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Il fallimento della Sicilcassa, la seconda banca della Sicilia, apre un preoccupante scenario che in qualche modo si collega con lo storico rapporto che Stato e mafia hanno da sempre coltivato, tornando indietro fino alle stragi del '92 dove morirono Falcone e Borsellino e a quelle del '93 a Roma, Firenze e Milano, alla strage Chinnici, all'attentato al generale Dalla Chiesa e agli altri delitti eccellenti perpetrati da Cosa nostra.
Lo scandalo, scoppiato nel 1997 e quindi qualche anno dopo la trattativa, è un segno chiarissimo che la mafia ha voluto dare alle istituzioni. Il movente che più ha spinto Cosa nostra a scatenare una guerra contro lo Stato è il timore che quest'ultimo arrivi a confiscare i suoi patrimoni, vera linfa vitale del potere mafioso. Per quieto vivere era quindi indispensabile trovare un accordo: “Facciamo la guerra per poi fare la pace” disse Totò Riina nel corso di una riunione della Cupola ad Enna.
Da parte sua, la mafia siciliana dava la sua disponibilità a compiere il “lavoro sporco” per conto dello Stato-mafia si trattasse di far saltare in aria un'autostrada o mettere a tacere chi veniva percepito come una minaccia. Nel momento in cui, nei primi anni '90, questa pacifica convivenza si incrina, attraversa una fase di crisi e di transizione, ecco che si verifica il fallimento di una delle banche più importanti della Sicilia. Una banca fortemente controllata da Cosa nostra, che vede coinvolti nomi come Gaetano Graci, Cavaliere del Lavoro di Catania ritenuto vicino agli ambienti mafiosi (in particolare al boss Nitto Santapaola) e sospettato persino di essere il mandante dell'uccisione del giornalista Giuseppe Fava. È proprio il gruppo Graci ad aver creato il più grave deficit patrimoniale della Sicilcassa. I liquidatori hanno potuto recuperare solo 194 milioni di euro dei 640 persi. Alcuni di questi si trovano ancora oggi all'estero, intestati agli eredi Graci e quindi intoccabili.
Negli ultimi anni la mafia siciliana ha subito confische patrimoniali del valore di centinaia di milioni di euro. Le forze dell'ordine in Sicilia sono riuscite a mettere le mani su imperi economici nel campo del gas (il sequestro di 48 milioni di euro agli eredi di Ezio Brancato, socio di Gianni Lapis) per non parlare del capitale del valore di ottocento milioni a Michele Aiello, prestanome di Provenzano. Anche il patrimonio del boss latitante Matteo Messina Denaro è stato minato dalle recenti operazioni, come nel caso della confisca di beni nel settore dell'eolico (un miliardo e trecento milioni gestiti dal presunto prestanome di Matteo Messina Denaro, Vito Nicastri), o il sequestro, richiesto dalla Dia di Palermo, dell'azienda turistica Valtur che Messina Denaro gestiva attraverso Carmelo Patti, stretto collaboratore del boss, del valore di cinque miliardi di euro. Resta comunque il fatto che i sequestri compiuti hanno solo scalfito il potere economico che i capimafia di Cosa nostra gestiscono, siano in carcere o ancora latitanti come nel caso del boss di Castelvetrano. Possiamo dire che sono loro i veri padroni della Sicilia dato che gestiscono investimenti, società, traffici di denaro contante investiti in banche italiane e straniere per decine di miliardi di euro, ed esercitano un forte controllo sulla politica e sugli investimenti nell'isola grazie alla complicità di colletti bianchi e prestanome. Una ricchezza tale che rende possibile il ricatto di grossi esponenti della classe dirigente finanziaria e politica italiana.
L'immagine che ci viene dipinta di Cosa nostra è quindi quella di una mafia tutt'altro che debole dal punto di vista economico. Nonostante abbia perso il potere militare che aveva un tempo, si sta riorganizzando anche grazie ai proventi derivati dal traffico di stupefacenti, che fruttano alla mafia siciliana centinaia di milioni di euro l'anno, in società con la 'Ndrangheta, la quale è, senza dubbio, padrona del business della droga in tutto il mondo occidentale.
Un giro d'affari che declassa l'estorsione o la richiesta del pizzo a semplici attività “di contorno”, volte soprattutto a mantenere il controllo del territorio e del tessuto sociale, oltre che per provvedere al mantenimento delle famiglie i cui affiliati si trovano in carcere. Una sorta di “copertura” grazie alla quale diventa più difficile quantificare il reale ammontare dei patrimoni mafiosi, sia per lo Stato che per gli stessi picciotti di Cosa nostra, che dei miliardi accumulati dai boss vedranno solo pochi spiccioli.
La mafia siciliana, così come 'Ndrangheta, Camorra e Sacra Corona Unita, possiede quindi una enorme disponibilità di denaro che muove nelle borse di tutto il mondo, grazie alla quale sarebbe capace, se volesse, di mettere ancora una volta un paese come l'Italia sotto scacco. Può essere questa la ragione del perchè lo Stato voglia convivere con la mafia piuttosto che annientarla? Può essere questa la ragione per la quale tutti i governi italiani del centro destra e sinistra, dal '92 ad oggi, non hanno potuto (per non dire voluto) annientare le organizzazioni criminali mafiose? Ed infine, la trattativa mafia-Stato, condotta in due tempi per conto di uomini di potere tramite  Nicola Mancino prima e Marcello Dell'Utri poi, forse nascondeva un movente tanto spaventoso quanto cruciale per parti dello Stato italiano e centri occulti di potere?
Dopo le stragi di Capaci, via D'Amelio e quelle del '93 a Roma, Firenze e Milano che provocarono morte e distruzione, i giudici e le forze dell'ordine ottennero dei risultati mai raggiunti. La mafia militare, con gli arresti e le condanne di quasi tutti i boss, era in ginocchio, e la Nazione avrebbe dovuto dare il colpo di grazia alla mafia siciliana, ma non lo diede. Lo Stato si ritirò, e il Governo di centro sinistra abbandonò a loro stessi i giudici in trincea, iniziando seriamente a pagare così il prezzo della trattativa. Era pronto un attentato con missili terra aria per il procuratore Caselli, che fortunatamente non venne mai messo in atto. Intanto, il lavoro dei pm antimafia come Scarpinato, Ingroia, Tescaroli, Di Matteo, Gozzo, Teresi ed altri, fu ostacolato da leggi e cavilli burocratici. L'Italia doveva essere salvata dalla bancarotta. Forse la mafia, grazie alla sua immensa liquidità di denaro, ne garantì la permanenza in Europa?
Non sono pensieri partoriti dalle nostre menti deliranti, ma ipotesi logiche e plausibili. Se il patrimonio nazionale delle mafie ammonta ad oltre mille miliardi di euro, se il suo fatturato in nero in Italia è di oltre 150 miliardi di euro l'anno, è logico pensare che la mafia ricatti lo Stato, e che il movente che sta dietro le nostre terribili stragi riguardi la stabilità economica e politica della nazione. Le parole pronunciate da Riina “Facciamo la guerra per poi fare la pace” forse possono tradursi in “Ricattiamo lo Stato e ricordiamogli che lui (lo Stato) sopravvive soprattutto grazie alla Sicilia e ai nostri soldi”. E, se non cede al ricatto, allora scoppieranno bombe. Lo Stato, che oggi è governato da Berlusconi e dalla sinistra, ha ceduto. Ne è una dimostrazione l'intenzione di ammorbidire le pene relative al concorso esterno in associazione mafiosa. Matteo Messina Denaro risulta ancora imprendibile, e la mafia continua ad arricchirsi.
Nell'agenda rossa di Paolo Borsellino è molto probabile che il giudice abbia scritto i nomi dei padroni dell'Italia di oggi, degli assassini del suo amico fraterno Giovanni Falcone, della vera ricchezza della mafia. Borsellino aveva capito che c'era un “gioco grande”, nel quale lui e Falcone erano entrati, dove mafia e Stato-mafia erano diventati una cosa sola, con un potere tale, grazie al denaro investito nelle nuove forze politiche, nelle tv e nelle banche, da superare quello dello Stato-Stato e metterlo così sotto scacco. Potrebbe essere per questo che l'agenda rossa era così pericolosa per lo Stato-mafia, tanto da farla sparire subito dopo la morte di Borsellino?

Blogging Day contro il gioco d'azzardo.



BRESCIA, 41ENNE SUICIDA NELL'AZIENDA DOVELAVORAVA. "MALATO DI GIOCO D'AZZARDO" 

BRESCIA - Un uomo di 41 anni si è ucciso nell'azienda dove lavorava aGussago, in provincia di Brescia.
A scoprire il corpo sono stati i colleghi, entrati nella ditta questa mattina per iniziare una nuova giornata lavorativa.
Secondo una ricostruzione dei carabinieri, l'uomo si è ucciso a causa di una sua dipendenza dal gioco d'azzardo: una vera e propria malattia che lo aveva portato a spendere ingenti somme di denaro.


http://www.leggo.it/NEWS/ITALIA/gussago_suicidio_gioco_d_azzardo/notizie/291564.shtml

http://www.vita.it/noslot/no-slot-la-rete-si-mobilita.html

Già...





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