Rappresentazione grafica delle collisioni che hanno portato alla scoperta del bosone di Higgs (fonte: Lucas Taylor/CERN)
Banco di prova per analizzare grandissime quantità di dati.
Quasi 5 anni dopo il Cern di Ginevra, un computer quantistico ha riscoperto il bosone di Higgs, la particella grazie alla quale esiste la massa. Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature, è una prova di principio che prepara il terreno a un futuro in cui le macchine potranno essere in prima fila nell'analisi di grandissime quantità di dati.
L'esperimento si deve al gruppo del California Institute of Technology (Caltech) guidato da Maria Spiropulu, mentre il computer quantistico è quello realizzata dall'azienda D-Wave. La macchina ha imparato a riconoscere e a distinguere i segnali generati dal decadimento delle particelle, seguendo cioè una strada analoga a quella percorsa al Cern dalle centinaia di ricercatori degli esperimenti Atlas e Cms, condotti nel più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc).
Non si tratta di una semplice imitazione né di una competizione fra l'uomo e la macchina, ma di preparare la strada a un futuro in cui i dati scientifici saranno così numerosi che avere a disposizione la potenza e la velocità dei computer quantistici potrà "fare la differenza" nella ricerca. Per Maria Spiropulu, che ha partecipato all'esperimento Cms, l'obiettivo era proprio mettere alla prova una macchina così potente: "volevo vedere se riusciva a risolvere un problema che conosco bene, come quello del bosone di Higgs".
Il futuro nel quale le macchine potranno lavorare accanto ai ricercatori è ancora piuttosto lontano, ma i risultati potrebbero avere un impatto importante anche in discipline diverse dalla fisica, come le scienze della Terra e la bioinformatica.
L'esperimento si deve al gruppo del California Institute of Technology (Caltech) guidato da Maria Spiropulu, mentre il computer quantistico è quello realizzata dall'azienda D-Wave. La macchina ha imparato a riconoscere e a distinguere i segnali generati dal decadimento delle particelle, seguendo cioè una strada analoga a quella percorsa al Cern dalle centinaia di ricercatori degli esperimenti Atlas e Cms, condotti nel più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (Lhc).
Non si tratta di una semplice imitazione né di una competizione fra l'uomo e la macchina, ma di preparare la strada a un futuro in cui i dati scientifici saranno così numerosi che avere a disposizione la potenza e la velocità dei computer quantistici potrà "fare la differenza" nella ricerca. Per Maria Spiropulu, che ha partecipato all'esperimento Cms, l'obiettivo era proprio mettere alla prova una macchina così potente: "volevo vedere se riusciva a risolvere un problema che conosco bene, come quello del bosone di Higgs".
Il futuro nel quale le macchine potranno lavorare accanto ai ricercatori è ancora piuttosto lontano, ma i risultati potrebbero avere un impatto importante anche in discipline diverse dalla fisica, come le scienze della Terra e la bioinformatica.