Estratto da uno strato di roccia, il piccolo cranio risulta lievemente schiacciato rispetto alle sue dimensioni naturali. Fotografia per gentile concessione di Isaiah Nengo, Leakey Foundation
Il fossile, venuto alla luce in Kenya, si è conservato in maniera eccezionale: è stato attribuito a Nyanzapithecus alesi, una nuova specie di scimmia antropomorfa.
Più di 13 milioni di anni fa, nell'attuale Kenya settentrionale, un cucciolo di scimmia antropomorfa morì in una lussureggiante foresta e il suo corpo fu ricoperto dalle ceneri di un'eruzione vulcanica che si verificò nelle vicinanze.
Milioni di anni dopo, gli scienziati hanno rinvenuto il suo cranio - che fra quelli dello stesso tipo finora ritrovati è quello che si è conservato nel modo migliore - avendo così l'incredibile opportunità di iniziare a conoscere le prime fasi dell'evoluzione delle scimmie antropomorfe.
"Per anni siamo stati alla ricerca di fossili di scimmie antropomorfe, è la prima volta che ritroviamo un cranio completo", spiega Isaiah Nengo, antropologo del De Anza College di Cupertino, autore della scoperta, in parte finanziata da una borsa di studio della National Geographic Society.
Grosso modo della dimensione di un limone, il cranio appartiene a una nuova specie di antica scimmia antropomorfa, Nyanzapithecus alesi. Alcune delle sue caratteristiche sono simili a quelle delle attuali scimmie che vivono nel Vecchio Mondo, mentre il volto ricorda in modo sorprendente gli odierni cuccioli di gibbone.
Milioni di anni dopo, gli scienziati hanno rinvenuto il suo cranio - che fra quelli dello stesso tipo finora ritrovati è quello che si è conservato nel modo migliore - avendo così l'incredibile opportunità di iniziare a conoscere le prime fasi dell'evoluzione delle scimmie antropomorfe.
"Per anni siamo stati alla ricerca di fossili di scimmie antropomorfe, è la prima volta che ritroviamo un cranio completo", spiega Isaiah Nengo, antropologo del De Anza College di Cupertino, autore della scoperta, in parte finanziata da una borsa di studio della National Geographic Society.
Grosso modo della dimensione di un limone, il cranio appartiene a una nuova specie di antica scimmia antropomorfa, Nyanzapithecus alesi. Alcune delle sue caratteristiche sono simili a quelle delle attuali scimmie che vivono nel Vecchio Mondo, mentre il volto ricorda in modo sorprendente gli odierni cuccioli di gibbone.
Inoltre, come spiega il team di ricerca in uno studio pubblicato su Nature, la scoperta di N. alesi permetterà di approfondire lo studio del cervello delle antiche scimmie. Con una capacità di circa 103 millilitri, la cavità cranica di N. alesi era grande più del doppio rispetto a quella che caratterizzava altre scimmie del tempo che vivevano nel Vecchio Mondo.
E la scatola cranica rimasta intatta, che ha conservato tracce della superficie esterna del cervello, contiene anche i denti permanenti non erotti del cucciolo di scimmia.
Pausa sigaretta fortunata
Dopo essersi differenziati dagli antenati delle scimmie che vivevano nel Vecchio Mondo fra 25 e 28 milioni di anni fa, le scimmie antropomorfe si diversificarono verso la metà del Miocene. Tuttavia, molte di quelle linee di discendenza scomparvero circa 7 milioni di anni fa in seguito a un improvviso cambiamento climatico. Le grandi scimmie attuali e gli esseri umani discendono da una delle linee di discendenza delle scimmie antropomorfe del Miocene.
Tuttavia, i particolari di questa storia evolutiva sono rimasti oscuri, in parte perché le antiche scimmie antropomorfe vivevano nelle foreste pluviali, che raramente offrono condizioni favorevoli alla fossilizzazione. Fino al ritrovamento di N. alesi: prima di allora, era stato rinvenuto solo un altro cranio di scimmia antropomorfa del Miocene con la scatola cranica - o neurocranio - intatta.
"Spesso, quando non rinveniamo il cranio, troviamo le mascelle, il viso e talvolta l'inizio dell'osso frontale", afferma Brenda Benefit, antropologa dell'Università statale del Nuovo Messico, che ha revisionato lo studio prima della pubblicazione. "È davvero molto raro ritrovare un neurocranio intatto".
La scoperta di N. alesi è avvenuta grazie a una buona dose di determinazione e a un incredibile colpo di fortuna. I Leakey, famiglia di eminenti paleoantropologi, avevano precedentemente effettuato degli scavi nel sito di Napudet, nel nord del Kenya. Quando Nengo, nel 2013, ne ha preso la direzione, in pochi nutrivano grandi speranze nel ritrovamento di reperti significativi.
Ma un giorno agli inizi del 2014, un assistente agli scavi, John Ekusi, si allontanò dagli altri ricercatori per fumare una sigaretta. Gli altri membri del gruppo lo osservavano perplessi da lontano: dopo pochi minuti, Ekusi iniziò a girare intorno a un oggetto sul terreno che aveva catturato la sua attenzione.
Ekusi disse ai colleghi che forse aveva scoperto la testa del femore di un elefante, indicando la superficie smussata di un osso che spuntava dalla roccia. Un esame più approfondito rivelò una scoperta ancora più rara: un piccolo cranio di scimmia antropomorfa, solo lievemente schiacciato rispetto alle sue proporzioni naturali. Gli studiosi si lanciarono in una danza gioiosa.
Con l'avvicinarsi della notte, tuttavia, i ricercatori furono costretti a riseppellire il cranio e attendere la mattina seguente per estrarlo. "Nessuno riuscì a dormire quella notte, ne sono certo", racconta Nengo.
Nella testa della scimmia
La datazione dello strato di sedimento intorno al fossile ha permesso al gruppo di ricerca di stabilire che il cranio della scimmia antropomorfa era vecchio 13 milioni di anni. Tuttavia, nonostante l'incredibile conservazione del cranio, l'esame iniziale del fossile preparato non è riuscito a svelare a quale primate appartenesse il cranio.
Per determinarlo, Nengo e i colleghi avevano bisogno di osservare i suoi denti permanenti, non ancora erotti. Dunque, hanno portato il fossile allo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, in Francia, dove i tecnici lo hanno sottoposto a raggi X ad alta potenza, che hanno permesso di osservare il cranio senza danneggiarlo.
Grazie alle scansioni, il team di ricercatori guidato da Nengo è riuscito a ottenere le ricostruzioni tridimensionali dei denti. La loro forma peculiare ha consentito di attribuire senza alcun dubbio il cranio al genere Nyanzapithecus, un gruppo fratello estinto di gibboni, grandi scimmie antropomorfe ed esseri umani.
"Se non avessero utilizzato la radiazione di sincrotone non sarebbero mai arrivati a tale conclusione", dichiara Benefit. "È un miracolo della tecnologia moderna".
Adesso che N. alesi è stato scoperto, Nengo si concentrerà su nuovi aspetti del fossile. Lo studioso e i suoi colleghi presto analizzeranno le tracce del cervello all'interno del cranio. Stanno inoltre ritornando a studiare l'orecchio interno dell'animale, che si è conservato perfettamente, e si stanno dedicando alla ricostruzione dell'aspetto di N. alesi.
Nengo prevede inoltre di ritornare a Napudet, per individuare altri fossili nell'antica roccia.
"Questo è il progetto. Restano ancora cose interessanti da fare", conclude.
E la scatola cranica rimasta intatta, che ha conservato tracce della superficie esterna del cervello, contiene anche i denti permanenti non erotti del cucciolo di scimmia.
Pausa sigaretta fortunata
Dopo essersi differenziati dagli antenati delle scimmie che vivevano nel Vecchio Mondo fra 25 e 28 milioni di anni fa, le scimmie antropomorfe si diversificarono verso la metà del Miocene. Tuttavia, molte di quelle linee di discendenza scomparvero circa 7 milioni di anni fa in seguito a un improvviso cambiamento climatico. Le grandi scimmie attuali e gli esseri umani discendono da una delle linee di discendenza delle scimmie antropomorfe del Miocene.
Tuttavia, i particolari di questa storia evolutiva sono rimasti oscuri, in parte perché le antiche scimmie antropomorfe vivevano nelle foreste pluviali, che raramente offrono condizioni favorevoli alla fossilizzazione. Fino al ritrovamento di N. alesi: prima di allora, era stato rinvenuto solo un altro cranio di scimmia antropomorfa del Miocene con la scatola cranica - o neurocranio - intatta.
"Spesso, quando non rinveniamo il cranio, troviamo le mascelle, il viso e talvolta l'inizio dell'osso frontale", afferma Brenda Benefit, antropologa dell'Università statale del Nuovo Messico, che ha revisionato lo studio prima della pubblicazione. "È davvero molto raro ritrovare un neurocranio intatto".
La scoperta di N. alesi è avvenuta grazie a una buona dose di determinazione e a un incredibile colpo di fortuna. I Leakey, famiglia di eminenti paleoantropologi, avevano precedentemente effettuato degli scavi nel sito di Napudet, nel nord del Kenya. Quando Nengo, nel 2013, ne ha preso la direzione, in pochi nutrivano grandi speranze nel ritrovamento di reperti significativi.
Ma un giorno agli inizi del 2014, un assistente agli scavi, John Ekusi, si allontanò dagli altri ricercatori per fumare una sigaretta. Gli altri membri del gruppo lo osservavano perplessi da lontano: dopo pochi minuti, Ekusi iniziò a girare intorno a un oggetto sul terreno che aveva catturato la sua attenzione.
Ekusi disse ai colleghi che forse aveva scoperto la testa del femore di un elefante, indicando la superficie smussata di un osso che spuntava dalla roccia. Un esame più approfondito rivelò una scoperta ancora più rara: un piccolo cranio di scimmia antropomorfa, solo lievemente schiacciato rispetto alle sue proporzioni naturali. Gli studiosi si lanciarono in una danza gioiosa.
Con l'avvicinarsi della notte, tuttavia, i ricercatori furono costretti a riseppellire il cranio e attendere la mattina seguente per estrarlo. "Nessuno riuscì a dormire quella notte, ne sono certo", racconta Nengo.
Nella testa della scimmia
La datazione dello strato di sedimento intorno al fossile ha permesso al gruppo di ricerca di stabilire che il cranio della scimmia antropomorfa era vecchio 13 milioni di anni. Tuttavia, nonostante l'incredibile conservazione del cranio, l'esame iniziale del fossile preparato non è riuscito a svelare a quale primate appartenesse il cranio.
Per determinarlo, Nengo e i colleghi avevano bisogno di osservare i suoi denti permanenti, non ancora erotti. Dunque, hanno portato il fossile allo European Synchrotron Radiation Facility di Grenoble, in Francia, dove i tecnici lo hanno sottoposto a raggi X ad alta potenza, che hanno permesso di osservare il cranio senza danneggiarlo.
Grazie alle scansioni, il team di ricercatori guidato da Nengo è riuscito a ottenere le ricostruzioni tridimensionali dei denti. La loro forma peculiare ha consentito di attribuire senza alcun dubbio il cranio al genere Nyanzapithecus, un gruppo fratello estinto di gibboni, grandi scimmie antropomorfe ed esseri umani.
"Se non avessero utilizzato la radiazione di sincrotone non sarebbero mai arrivati a tale conclusione", dichiara Benefit. "È un miracolo della tecnologia moderna".
Adesso che N. alesi è stato scoperto, Nengo si concentrerà su nuovi aspetti del fossile. Lo studioso e i suoi colleghi presto analizzeranno le tracce del cervello all'interno del cranio. Stanno inoltre ritornando a studiare l'orecchio interno dell'animale, che si è conservato perfettamente, e si stanno dedicando alla ricostruzione dell'aspetto di N. alesi.
Nengo prevede inoltre di ritornare a Napudet, per individuare altri fossili nell'antica roccia.
"Questo è il progetto. Restano ancora cose interessanti da fare", conclude.