http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=352370#1
Sempre pronto a difendere l'indifendibile, sempre prono davanti al suo idolo.
Con quella faccia da pesce lesso in salamoia, abbronzato sul verdognolo, bilioso.
E' uno pseudo giornalista rampante.................fino a quando non cade il suo idolo!
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 21 maggio 2009
Nuncesecrede!
Scandalo intercettazioni: le straordinarie rivelazione di Tavoroli su Telecom e servizi
22 Luglio 2008 - Democrazia
A leggere i giornali, e qualche anticipazione del documento che annuncerà oggi la chiusura delle indagini del pubblico ministero di Milano, l’affaire Telecom sembra essersi sgonfiato come un budino malfatto. Più o meno, si sostiene che fossero all’opera, in Telecom, soltanto un mascalzone (Giuliano Tavaroli) e un paio di suoi amici d’infanzia (Emanuele Cipriani, un investigatore privato, e Marco Mancini, il capo del controspionaggio del Sismi). La combriccola voleva lucrare un po’ di denaro per far bella vita e una serena vecchiaia. I “mascalzoni” avrebbero abusato dell’ingenuità di Marco Tronchetti Provera (presidente) e di Carlo Buora (amministratore delegato). Tutto qui.
L’affaire Telecom è stato dunque, secondo quest’interpretazione, soltanto un bluff mediatico-giudiziario utilizzato (o, per alcuni avventurosi osservatori, organizzato) da circoli politici per sottrarre al “povero” Tronchetti la società di telecomunicazioni.
La ricostruzione è minimalista. Evita di prendere in esame, anche soltanto con approssimazione, la sequenza dei fatti accertati (a cominciare dalla raccolta di migliaia di dossier illegali); la loro pericolosità; i protagonisti (alcuni mai nemmeno nominati); un multiforme network di potere che condiziona ancora oggi un’imprenditoria debole senza capitali e una politica fragile senza legittimità: imprenditoria e politica sorrette, protette o minacciate - secondo convenienza - da alcune burocrazie della sicurezza. È nelle pieghe di questi deficit e contraddizioni italiani che è fiorito l’affaire, uno scandalo che nessuno - a quanto pare - ha voglia di affrontare. Vedremo se lo farà la prudente magistratura di Milano.
continua su:
http://www.ilbenecomune.net/2008/scandalo-intercettazioni-le-straordinarie-rivelazione-di-tavoroli-su-telecom-e-servizi/
22 Luglio 2008 - Democrazia
A leggere i giornali, e qualche anticipazione del documento che annuncerà oggi la chiusura delle indagini del pubblico ministero di Milano, l’affaire Telecom sembra essersi sgonfiato come un budino malfatto. Più o meno, si sostiene che fossero all’opera, in Telecom, soltanto un mascalzone (Giuliano Tavaroli) e un paio di suoi amici d’infanzia (Emanuele Cipriani, un investigatore privato, e Marco Mancini, il capo del controspionaggio del Sismi). La combriccola voleva lucrare un po’ di denaro per far bella vita e una serena vecchiaia. I “mascalzoni” avrebbero abusato dell’ingenuità di Marco Tronchetti Provera (presidente) e di Carlo Buora (amministratore delegato). Tutto qui.
L’affaire Telecom è stato dunque, secondo quest’interpretazione, soltanto un bluff mediatico-giudiziario utilizzato (o, per alcuni avventurosi osservatori, organizzato) da circoli politici per sottrarre al “povero” Tronchetti la società di telecomunicazioni.
La ricostruzione è minimalista. Evita di prendere in esame, anche soltanto con approssimazione, la sequenza dei fatti accertati (a cominciare dalla raccolta di migliaia di dossier illegali); la loro pericolosità; i protagonisti (alcuni mai nemmeno nominati); un multiforme network di potere che condiziona ancora oggi un’imprenditoria debole senza capitali e una politica fragile senza legittimità: imprenditoria e politica sorrette, protette o minacciate - secondo convenienza - da alcune burocrazie della sicurezza. È nelle pieghe di questi deficit e contraddizioni italiani che è fiorito l’affaire, uno scandalo che nessuno - a quanto pare - ha voglia di affrontare. Vedremo se lo farà la prudente magistratura di Milano.
continua su:
http://www.ilbenecomune.net/2008/scandalo-intercettazioni-le-straordinarie-rivelazione-di-tavoroli-su-telecom-e-servizi/
Garparri Maurizio - Tanto per sapere.
Maurizio Gasparri, ex ministro delle Telecomunicazioni, e gli affari telefonici con Israele.
http://www.axnet.it/forum/maurizio-gasparri-direttore-t77496.html?s=52f4df4678774fb9e48d462bead11a8b&s=995f197ed8e5e3b6563f51de12faf989&
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1986¶metro=politica
http://www.telit.com/files/communication/51369dc283e58f4a70c177b79c13b028.pdf
http://www.telit.com/en/about/investor-relations/press-releases.php
http://www.axnet.it/forum/maurizio-gasparri-direttore-t77496.html?s=52f4df4678774fb9e48d462bead11a8b&s=995f197ed8e5e3b6563f51de12faf989&
http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1986¶metro=politica
http://www.telit.com/files/communication/51369dc283e58f4a70c177b79c13b028.pdf
http://www.telit.com/en/about/investor-relations/press-releases.php
Discorso di Pericle agli ateniesi - 461 A.C.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.Qui ad Atene noi facciamo così.
Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.
Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.
Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.
Qui ad Atene noi facciamo così.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.
Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.
E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versalità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.Qui ad Atene noi facciamo così.
Pericle - Discorso agli Ateniesi, 461 a.C.
mercoledì 20 maggio 2009
Caso Abu Omar.
Abu Omar: giudice, no a Prodi e Berlusconi testi MILANO - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il suo predecessore, Romano Prodi, non testimonieranno nel processo per il sequestro dell'ex imam di Milano Abu Omar. Lo ha deciso il giudice di Milano Oscar Magi che ha ritenuto superflue le testimonianze dei due uomini politici e dei funzionari del Sismi ancora da sentire, alla luce della sentenza della Corte costituzionale la quale ha stabilito i limiti entro i quali possono essere poste le domande. Secondo il giudice i testi esclusi avrebbero dovuto deporre su tematiche coperto da segreto di Stato. (ansa)
Ecco uno dei tantissimi motivi per cui le verità non salteranno mai fuori: il segreto di stato. Siamo un popolo ignorante per colpa della pseudo politica.
Ecco uno dei tantissimi motivi per cui le verità non salteranno mai fuori: il segreto di stato. Siamo un popolo ignorante per colpa della pseudo politica.
Da non credersi.............
MILLS: IDV, NUOVA LEGGE AD PERSONAM
Li Gotti, Berlusconi non si accontenta del lodo Alfano
(ANSA) - ROMA, 20 MAG - Il sen.Luigi Li Gotti (Idv) annuncia l'arrivo di ''una nuova legge ad personam''. Berlusconi - dice - non si accontenta del lodo Alfano''. ''C'e' una proposta di legge del Governo - afferma - per cancellare, nella parte che interessa a Berlusconi, l'art.238 bis Cpp, ossia la possibilita' di utilizzare una sentenza emessa in un diverso processo. Il premier vuole scongiurare la possibilita' che nel suo processo, quando verra' portato in giudizio, venga utilizzata quale prova la sentenza Mills''.
Li Gotti, Berlusconi non si accontenta del lodo Alfano
(ANSA) - ROMA, 20 MAG - Il sen.Luigi Li Gotti (Idv) annuncia l'arrivo di ''una nuova legge ad personam''. Berlusconi - dice - non si accontenta del lodo Alfano''. ''C'e' una proposta di legge del Governo - afferma - per cancellare, nella parte che interessa a Berlusconi, l'art.238 bis Cpp, ossia la possibilita' di utilizzare una sentenza emessa in un diverso processo. Il premier vuole scongiurare la possibilita' che nel suo processo, quando verra' portato in giudizio, venga utilizzata quale prova la sentenza Mills''.
Processo Mills, l'opposizione attacca - Berlusconi: "Riferirò in Parlamento"
Il premier: una sentenza scandalosa. Pd-Idv-Udc: «Rinunci al lodo Alfano»
ROMASilvio Berlusconi incassa e rilancia: le motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano sul caso Mills lo indicano come «corruttore», le opposizioni gli chiedono di rinunciare all’immunità garantita dal lodo Alfano, ma lui parla di «sentenza scandalosa» e annuncia: andrò in Parlamento a dire «cosa penso dei giudici». Al fianco del premier, compatta, si schiera la maggioranza parlamentare. Nelle aule di Camera e Senato si accende un polemico dibattito. Antonello Soro, presidente dei deputati del Pd, chiede al premier di tutelare «l’onore del nostro Paese e anche il suo rinunciando alla tutela del Lodo Alfano». Se non si farà processare resterà «un’ombra grave, di sospetto, di condanna possibile nei confronti di un uomo che rappresenta nel mondo tutti gli italiani». Reazioni dal Pdl: il deputato Giuseppe Consolo dice di «provare una pena profonda per quanto sta accadendo in quest’Aula». Il capogruppo Fabrizio Cicchitto accusa: «L’opposizione cavalca solo l’antiberlusconismo e ritorna all’uso politico della giustizia». Al Senato, dove il vicecapogruppo Pd Luigi Zanda ammonisce il premier a riferire «immediatamente» alle Camere, Lega e Pdl polemizzano con i giudici. Per Maurizio Gasparri (Pdl) «c’è chi fa campagna elettorale con i comizi, c’è chi la fa con la pubblicazione tempestiva delle sentenze», mentre il leghista Federico Bricolo commenta: la sentenza «va in qualche modo a delegittimare anche l’attività della magistratura». Spazza il terreno da ogni equivoco Niccolò Ghedini (Pdl), ascoltato consigliere giuridico del premier: Berlusconi non rinuncerà all’immunità, altrimenti «per un anno anzichè stare a governare dovrebbe stare in aula a difendersi». Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, scrive sul suo sito che «Silvio Berlusconi deve dimettersi poiché non è degno di rappresentare lo Stato ed il popolo italiano». Dello stesso tenore («Berlusconi rinunci al lodo Alfano o si dimetta») i commenti dei partiti di sinistra, Pdci e Prc, mentre per Angelo Bonelli dei Verdi, con il lodo Alfano Berlusconi fa tornare l’Italia al «sistema feudale». Pier Ferdinando Casini apprezza, invece, l’intenzione di riferire alle Camere manifestata dal premier: «È un gesto di responsabilità istituzionale importante», dice il leader dell’Udc. Gelido invece Pier Luigi Bersani del Pd: «Se Berlusconi viene in Parlamento per propinarci il solito spot si risparmi pure il viaggio». In serata prende la parola dall’Aquila lo stesso Berlusconi: su di me, accusa, «sono state scritte cose inventate di sana pianta». Poi annuncia: «Alla Camera dirò quello che penso su certi giudici». La sentenza, a suo giudizio, è «semplicemente scandalosa, contraria alla realtà. Non c’è stato nessun versamento a Mills», dice. «Quando il processo riprenderà, non esito a dire che ci sarà un’assoluzione assoluta». Quanto agli effetti politici della sentenza, «dovrò certamente fare uno sforzo - spiega - per far passare la realtà sul piano internazionale. Il danno lo sapremo riparare, ma certamente c’è stato». Un danno che però, garantisce il premier, non tocca i sondaggi: «Non c’è stato nessuno scostamento nell’indice di gradimento eccezionale che gli italiani conferiscono al primo ministro che è del 74,8%. Era del 75,1% ma un meno 0,3 non significa nulla». A Franceschini non interessa: Berlusconi «venga in Parlamento, ma venga a dire: "io rinuncio ai privilegi del lodo Alfano e mi sottopongo a un giudizio come tutti i normali cittadini"». La sentenza «dimostra - aggiunge il leader del Pd - in modo purtroppo incontestabile il coinvolgimento del presidente del Consiglio e dimostra allo stesso modo che la legge Alfano è stata fatta apposta per sottrarlo al giudizio a cui sono sottoposti tutti gli italiani». «È un pò come se si fosse entrati nell’aula di un tribunale a staccare dal muro la scritta "la legge è uguale per tutti", la scritta che impone la nostra Costituzione. Penso che l’unico modo di riattaccare quel cartello sia che Berlusconi venga in Parlamento a dire «rinuncio ai privilegi del Lodo Alfano».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200905articoli/43882girata.asp
ROMASilvio Berlusconi incassa e rilancia: le motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano sul caso Mills lo indicano come «corruttore», le opposizioni gli chiedono di rinunciare all’immunità garantita dal lodo Alfano, ma lui parla di «sentenza scandalosa» e annuncia: andrò in Parlamento a dire «cosa penso dei giudici». Al fianco del premier, compatta, si schiera la maggioranza parlamentare. Nelle aule di Camera e Senato si accende un polemico dibattito. Antonello Soro, presidente dei deputati del Pd, chiede al premier di tutelare «l’onore del nostro Paese e anche il suo rinunciando alla tutela del Lodo Alfano». Se non si farà processare resterà «un’ombra grave, di sospetto, di condanna possibile nei confronti di un uomo che rappresenta nel mondo tutti gli italiani». Reazioni dal Pdl: il deputato Giuseppe Consolo dice di «provare una pena profonda per quanto sta accadendo in quest’Aula». Il capogruppo Fabrizio Cicchitto accusa: «L’opposizione cavalca solo l’antiberlusconismo e ritorna all’uso politico della giustizia». Al Senato, dove il vicecapogruppo Pd Luigi Zanda ammonisce il premier a riferire «immediatamente» alle Camere, Lega e Pdl polemizzano con i giudici. Per Maurizio Gasparri (Pdl) «c’è chi fa campagna elettorale con i comizi, c’è chi la fa con la pubblicazione tempestiva delle sentenze», mentre il leghista Federico Bricolo commenta: la sentenza «va in qualche modo a delegittimare anche l’attività della magistratura». Spazza il terreno da ogni equivoco Niccolò Ghedini (Pdl), ascoltato consigliere giuridico del premier: Berlusconi non rinuncerà all’immunità, altrimenti «per un anno anzichè stare a governare dovrebbe stare in aula a difendersi». Antonio Di Pietro, leader dell’Idv, scrive sul suo sito che «Silvio Berlusconi deve dimettersi poiché non è degno di rappresentare lo Stato ed il popolo italiano». Dello stesso tenore («Berlusconi rinunci al lodo Alfano o si dimetta») i commenti dei partiti di sinistra, Pdci e Prc, mentre per Angelo Bonelli dei Verdi, con il lodo Alfano Berlusconi fa tornare l’Italia al «sistema feudale». Pier Ferdinando Casini apprezza, invece, l’intenzione di riferire alle Camere manifestata dal premier: «È un gesto di responsabilità istituzionale importante», dice il leader dell’Udc. Gelido invece Pier Luigi Bersani del Pd: «Se Berlusconi viene in Parlamento per propinarci il solito spot si risparmi pure il viaggio». In serata prende la parola dall’Aquila lo stesso Berlusconi: su di me, accusa, «sono state scritte cose inventate di sana pianta». Poi annuncia: «Alla Camera dirò quello che penso su certi giudici». La sentenza, a suo giudizio, è «semplicemente scandalosa, contraria alla realtà. Non c’è stato nessun versamento a Mills», dice. «Quando il processo riprenderà, non esito a dire che ci sarà un’assoluzione assoluta». Quanto agli effetti politici della sentenza, «dovrò certamente fare uno sforzo - spiega - per far passare la realtà sul piano internazionale. Il danno lo sapremo riparare, ma certamente c’è stato». Un danno che però, garantisce il premier, non tocca i sondaggi: «Non c’è stato nessuno scostamento nell’indice di gradimento eccezionale che gli italiani conferiscono al primo ministro che è del 74,8%. Era del 75,1% ma un meno 0,3 non significa nulla». A Franceschini non interessa: Berlusconi «venga in Parlamento, ma venga a dire: "io rinuncio ai privilegi del lodo Alfano e mi sottopongo a un giudizio come tutti i normali cittadini"». La sentenza «dimostra - aggiunge il leader del Pd - in modo purtroppo incontestabile il coinvolgimento del presidente del Consiglio e dimostra allo stesso modo che la legge Alfano è stata fatta apposta per sottrarlo al giudizio a cui sono sottoposti tutti gli italiani». «È un pò come se si fosse entrati nell’aula di un tribunale a staccare dal muro la scritta "la legge è uguale per tutti", la scritta che impone la nostra Costituzione. Penso che l’unico modo di riattaccare quel cartello sia che Berlusconi venga in Parlamento a dire «rinuncio ai privilegi del Lodo Alfano».
http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/politica/200905articoli/43882girata.asp
Iscriviti a:
Post (Atom)