domenica 4 ottobre 2009

La storia del Lodo Mondadori

Dalla fine degli anni Ottanta la Fininvest di Silvio Berlusconi acquisisce progressivamente quote della Arnoldo Mondadori Editore.
Nel 1988, acquistando le azioni di Leonardo Mondadori, Fininvest dichiara che da quel momento in poi prenderà un ruolo di primo piano nella gestione della società editoriale.
L'editrice, quindi, è in mano a tre soggetti, la Fininvest di Silvio Berlusconi, la CIR di Carlo De Benedetti e la famiglia Formenton (gli eredi di Arnoldo Mondadori).
De Benedetti non approva la volontà di Berlusconi di amministrare personalmente la società e stipula un'alleanza con la famiglia Formenton, che decide di vendere a De Benedetti le sue azioni entro il 30 gennaio 1991.

Ma nel novembre 1989 la famiglia Formenton cambia idea e si schiera dalla parte di Berlusconi, consentendogli di insediarsi come nuovo presidente della compagnia il 25 gennaio 1990; De Benedetti protesta, forte dell'accordo scritto stabilito pochi mesi prima con i Formenton, ma i vari schieramenti non trovano un accordo soddisfacente per tutti e decidono quindi unanimemente di ricorrere ad un lodo arbitrale.

I tre arbitri sono scelti di comune accordo da De Benedetti, i Formenton e la Corte di Cassazione. Il 20 giugno 1990 si ha il primo verdetto: l'accordo tra De Benedetti e i Formenton è ancora valido a tutti gli effetti, le azioni Mondadori devono tornare alla CIR. Silvio Berlusconi, allora, lascia la presidenza Mondadori e i suoi dirigenti Fininvest lo imitano, venendo rimpiazzati da quelli dell'ingegner De Benedetti (Carlo Caracciolo, Antonio Coppi e Corrado Passera).
Ma Berlusconi e i Formenton non gettano la spugna: impugnano il lodo arbitrale davanti alla Corte di Appello di Roma, che stabilisce che ad occuparsi del caso sarà la I sezione civile, presieduta da Arnaldo Valente e con giudice relatore Vittorio Metta.
Il 14 gennaio del 1991 si chiude la camera di consiglio e la sentenza viene depositata e resa pubblica il 24 gennaio, cioè 10 giorni dopo la chiusura della camera di consiglio. La sentenza annulla il precedente verdetto del lodo arbitrale e consegna nuovamente le azioni della Mondadori in mano alla Fininvest di Berlusconi.

Ma direttori e dipendenti di alcuni giornali si ribellano al nuovo proprietario; nella vicenda interviene l'allora presidente del consiglio Giulio Andreotti che convoca le parti e le invita a trovare un accordo di transazione: è così che "la Repubblica", "L'Espresso" e alcuni giornali periodici locali tornano alla CIR, mentre "Panorama", "Epoca" e tutto il resto della Mondadori restano alla Fininvest, che riceve anche 365 miliardi di lire di conguaglio.

Nel 1995, in seguito ad alcune dichiarazioni di Stefania Ariosto, antiquaria milanese vicina agli ambienti di Forza Italia, la magistratura inizia a indagare sulla genuinità della sentenza della Corte di Appello di Roma.
Stefania Ariosto dichiara che sia il giudice Arnaldo Valente che il giudice Vittorio Metta erano amici intimi di Cesare Previti e frequentavano la sua casa.
Inoltre la Ariosto testimoniò di aver sentito Previti parlare di tangenti a giudici romani.
Il pool di giudici milanesi si mise in moto e riuscì a rintracciare dei sospetti movimenti di denaro che andavano dalla Fininvest ai conti esteri degli avvocati Fininvest – fra i quali Cesare Previti - e da questi arrivarono al giudice Metta.
Cesare Previti parlò di quelle somme definendole come ricompensa per semplici servizi e prestazioni professionali che in qualità di avvocato di Finivest egli avrebbe svolto.
Il giudice si difese asserendo di aver ricevuto una importante somma di denaro in eredità.
Il 19 giugno 2000 il gup di Milano Rosario Lupo proscioglie dall'accusa di concorso in corruzione «perché il fatto non sussiste» Silvio Berlusconi, gli avvocati Cesare Previti, Attilio Pacifico e Giovanni Acampora e il giudice romano Vittorio Metta.
Il 26 settembre la Procura di Milano impugna il proscioglimento.
Il 25 giugno 2001 la quinta sezione della Corte d'Appello di Milano emette la sentenza sul ricorso e proscioglie Silvio Berlusconi per intervenuta prescrizione, perché i fatti contestatigli risalgono al 1991, mentre rinvia a giudizio Previti, Pacifico, Acampora e Metta, tutti accusati di concorso in corruzione in atti giudiziari.
Il proscioglimento di Berlusconi viene confermato dalla Cassazione il 17 novembre 2001.
A gennaio 2002 il processo Lodo Mondadori é riunito a quello Imi-Sir.

La Corte di Cassazione nel luglio 2007 ha stabilito la condanna di Previti, Pacifico e Acampora a 1 anno e 6 mesi di reclusione, mentre Vittorio Metta a 1 anno e 9 mesi.

Oggi il Tribunale di Milano ha emesso la sentenza nella causa civile promossa dalla società Cir contro Fininvest, condannata a pagare 375 milioni di euro come risarcimento al danno causato dalla corruzione giudiziaria nella vicenda.
Cir ha diritto anche al risarcimento da parte di Fininvest dei danni non patrimoniali, la cui liquidazione «è riservata ad altro giudizio». (Rielaborazione da Wikipedia)

http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Italia/2009/10/lodo-mondadori-storia.shtml?uuid=af719a78-b036-11de-8481-cd283fb0b2c0&DocRulesView=Libero

sabato 3 ottobre 2009

Annozero, pronta la puntata



Il prossimo appuntamento
P. FESTUCCIA, G. SALVAGGIUOLO
D opo Patrizia D’Addario, Massimo Ciancimino. È questo il prossimo colpo a cui starebbe lavorando Michele Santoro per la puntata di Annozero di giovedì prossimo. Dopo l’istruttoria aperta dal governo sulla prima puntata e le polemiche che hanno preceduto (e seguiranno) la seconda con Patrizia D’Addario, il fuoco sul programma di Raidue non è destinato a cessare. È Sandro Ruotolo, fedelissimo braccio destro di Santoro, che sta lavorando da tempo a un’inchiesta sulle stragi mafiose degli anni 1992-1993. Lo ha annunciato lo stesso Santoro, nei suoi monologhi iniziali in entrambe le puntate della trasmissione. Una settimana fa, Ruotolo era a Palermo. Ieri nello studio di Annozero, appositamente inquadrato dalle telecamere mentre Santoro spiegava ai telespettatori che non mandare in onda la D’Addario sarebbe stato un segnale di resa. La domanda retorica di Santoro ai telespettatori suonava così: se oggi non trasmetto l’intervista alla D’Addario e rompo l’argine della libertà d’informazione, come potrò tra una settimana farvi vedere l’inchiesta di Ruotolo su mafia e politica? E infatti Santoro intende non solo trasmetterla, ma corredarla con un ospite d’eccezione: Massimo Ciancimino, protagonista delle più recenti e scottanti indagini nelle procure di mezza Italia sui rapporti tra mafia e apparati dello Stato. Figlio di Vito, il sindaco democristiano del «sacco di Palermo» condannato per mafia e morto nel 2002, Massimo è stato a sua volta condannato in primo grado a 5 anni e 8 mesi di carcere per riciclaggio dei soldi del padre. Poi ha cominciato a fare rivelazioni che sono ora all’attenzione di numerose procure. Con le sue rivelazioni, Ciancimino sta dando impulso a nuovi approfondimenti investigativi che rimettono in discussione le verità giudiziarie sulle stragi dell’inizio degli anni ‘90 (in primis quella di via D’Amelio che uccise Paolo Borsellino e gli agenti della scorta) e riaprono il capitolo dei rapporti e delle trattative tra Stato e mafia. Lo staff di Santoro ha avviato i contatti con gli avvocati di Ciancimino per garantirsi la sua presenza in studio, ma una risposta definitiva ancora non ci sarebbe. Nei prossimi giorni la vicenda dovrebbe definirsi. In ogni caso, gli inviati di Annozero avrebbero già registrato una serie di interviste: a Michele Riccio, colonnello dei carabinieri in pensione che ora accusa i suoi ex colleghi di aver impedito la cattura di Bernardo Provenzano nel 1995, ma anche allo stesso Ciancimino, che parla di tutti gli argomenti su cui stanno indagando i pubblici ministeri. E quindi: il presunto ruolo dei servizi segreti nelle stragi dell’inizio degli anni ‘90; la trattativa avviata dai capimafia con apparati dello Stato per sancire una tregua rispetto alla strategia stragista con le richieste contenute in un «papello». Più in generale, tutti i rapporti tra Cosa nostra e la politica. In questo ambito, dalle rivelazioni di Ciancimino spunta Berlusconi. Tutto nasce in seguito al ritrovamento fra le carte sequestrate allo stesso Ciancimino di una lettera del boss Bernardo Provenzano indirizzata al Cavaliere. Secondo gli inquirenti il padrino chiedeva nel 1994 «all’onorevole Berlusconi», tramite l’ex sindaco Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri, di mettere a disposizione di Cosa nostra una sua rete televisiva.Il boss corleonese prometteva anche appoggi politici, e minacciava di morte il figlio di Berlusconi se non avesse accolto la richiesta. I giudici del processo d’appello a Dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa (in primo grado è stato condannato a nove anni) non hanno ammesso la deposizione di Ciancimino. L’intervista ad Annozero andrebbe in onda nel pieno della requisitoria in quel processo e due giorni dopo l’apertura della camera di consiglio della Corte costituzionale sul lodo Alfano, che fa da scudo giudiziario al premier.


Beppe Grillo e l'istruzione.



PROGRAMMA ISTRUZIONE:

- abolizione della legge Gelmini- diffusione obbligatoria di Internet nelle scuole con l’accesso per gli studenti

- graduale abolizione dei libri di scuola stampati, e quindi la loro gratuità, con l’accessibilità via Internet in formato digitale

- insegnamento obbligatorio della lingua inglese dall’asilo

- abolizione del valore legale dei titoli di studio

- risorse finanziarie dello Stato erogate solo alla scuola pubblica

- valutazione dei docenti universitari da parte degli studenti

- insegnamento gratuito della lingua italiana per gli stranieri(obbligatorio in caso di richiesta di cittadinanza)

- accesso pubblico via Internet alle lezioni universitarie

- investimenti nella ricerca universitaria- insegnamento a distanza via Internet- integrazione Università/Aziende

- sviluppo strutture di accoglienza degli studenti

Ed io aggiungo obbligo dello studio dell'educazione civica e del latino.

http://www.beppegrillo.it/2009/10/primarie_dei_ci_13.html

Messina 2009.




Siamo nel 2009, ma nulla è cambiato, tutto come sempre.

Disastri su disastri firmati dall'incuria e dal menefreghismo dell'uomo.

18 i morti dell'incuria dell'uomo.

Una catasrofe annunciata.

giovedì 1 ottobre 2009

Abruzzo


Il campo di nessuno sono una dozzina di tende che si fanno compagnia, strette l’una all’altra, in un piazzale che è diventato una discarica, tra brande e cartoni, materassi e barattoli. Tende dove abitano ancora la famiglia indigente, la signora disabile, il tossicodipendente, i paria del terremoto. Il campo di nessuno è quel che resta della tendopoli di piazza d’Armi – il simbolo dell’emergenza: più di 2500 sfollati presenti, per mesi l’antenna di ogni malessere e di ogni collegamento tivù –, smantellata in gran fretta un mese fa, con foglio di via per i residenti, spediti altrove. Verso camere d’albergo e provvisori appartamenti, lontani anche cento chilometri, in attesa del nuovo alloggiamento, quando e se verrà: tutto dipenderà dagli ultimi controlli sul censimento, dalla lista di collocazione, dall’alfabeto (A, casa agibile; B, che necessita lavori; C, maggiori lavori; E, inagibile; F, irraggiungibile) della propria abitabilità. Perché, sei mesi dopo, il futuro è una questione di lettere. E di numeri: 30mila persone da sistemare, di cui 9mila ancora in tenda tra i campi ufficiali, quelli chiusi a metà e l’anarchia di chi l’ha montata davanti a casa sua.

Scarica la prima parte della Silvio Story

E i soldi, all’improvviso, tanti, a fiumi, piovvero dal cielo.
Anzi dal soffitto, un soffitto buio, oscuro.
Nanni Moretti ne Il Caimano racconta così, nel 2006, l’origine della fortuna di Silvio Berlusconi. La verità è che nessuna delle sedici inchieste giudiziarie avviate, per lo più dal 1994 in poi, nei suoi confronti - reati in parte archiviati, per lo più prescritti o cancellati da aministia - è mai riuscita ad accertare chi c’era dietro le finanziarie svizzere che tra gli anni Sessanta e Settanta hanno concesso al giovane imprenditore accessi illimitati al credito, a fideiussioni e a garanzie bancarie.
È questo il nulla da cui emerge l’uomo del miracolo italiano. La Silvio Story va a ripercorrere gli anni dalle origini fino alla discesa in campo, alla nascita di Forza Italia. Ritrova Berlusconi ragazzino, lo segue negli anni del boom edilizio, quando diventa Sua Residenza prima ancora che Sua Emittenza. Mette gli occhi nei segreti della Banca Rasini finita poi al centro di inchieste sul riciclaggio di denari di Cosa Nostra. Racconta il gioco delle matrioske delle finanziarie svizzere, un labirinto senza uscita. Osserva il suo rapporto con le donne, con la prima moglie e poi con Veronica. A Berlusconi è sempre piaciuto fare il gallo e il macho. E vantarsene. Ognuno di noi ha attitudini congenite: lui è sempre stato attirato dalla bugia perché le immagini sono più importanti dei fatti, e il fine ha sempre giustificato i mezzi, truccare concessioni edilizie, aggirare norme, farsele fare su misura come accadde per le tivù. Ecco le prime otto puntate della Silvio Story. Accanto alla biografia non autorizzata, un’intervista, un intervento di autore, un’analisi, illuminerà un aspetto della story.

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http://www.unita.it/news/italia/89024/scarica_la_prima_parte_della_silvio_story

http://cerca.unita.it/?key=silvio+story&first=1&orderby=1&dbt=arc

Gli evasori fiscali hanno un nuovo inno: “Meno male che il Pd c’è!”

di Alessandro Robecchi, da alessandrorobecchi.it

Un sincero ringraziamento al Partito democratico e ai suoi leader che lottano per la segreteria è venuto ieri sera da mafiosi, evasori fiscali, riciclatori di denaro, appassionati del falso in bilancio e delinquenti vari che per anni hanno sottratto soldi al fisco e dunque ai cittadini italiani.

Ieri alla camera si votavano le eccezioni di costituzionalità del famoso Scudo Fiscale di Tremonti, un condono tombale per evasori fiscali che hanno accumulato all’estero oltre 300 miliardi di euro.

Il Pd ha urlato, ha strepitato, si è opposto con tutte le sue forze. Ha scritto cose terribili sul suo sito, come per esempio che nello Scudo Fiscale c’è l’impunità per il falso in bilancio, che "Mediolanum già ne approfitta".

Sul sito del Pd ieri c’era un titolo che parlava chiaro: "Evasori e mafiosi, ecco chi ci guadagna con Tremonti". Coraggiosi, eh? Il segretario Franceschini ieri ha tuonato: "E’ uno schiaffo a tutti gli italiani onesti!".
Bravo! Purtroppo, la mozione sulla incostituzionalità dello Scudo non è passata. La mozione è stata battuta con 267 no, 215 sì e 3 astenuti.
Sarebbe bastato che i deputati del Pd fossero andati a votare.
Non tutti, ma qualcuno in più.

Erano invece assenti in 59, più di uno su quattro ha deciso che aveva di meglio da fare che combattere mafiosi e evasori.
Il Pd ha dunque oggettivamente regalato lo Scudo Fiscale al governo Berlusconi.

Bersani? Non c’era. D’Alema? Non c’era. Franceschini? Non c’era. Di fatto una vera e propria astensione: assente il 27 per cento del partito, complicità sufficiente a far passare la truffa dello Scudo Fiscale (che si poteva agevolmente bloccare per sempre) su cui oggi si vota la fiducia.

La base del Pd, ammesso che ci sia ancora una base, fa incetta di sacchetti per il vomito.

Gli evasori fiscali, invece ringraziano sentitamente e ieri sera hanno posto una targa che ricorda la luminosa giornata del Partito democratico e il suo prezioso apporto alla giustizia in Italia.

http://temi.repubblica.it/micromega-online/gli-evasori-fiscali-hanno-un-nuovo-inno-%e2%80%9cmeno-male-che-il-pd-c%e2%80%99e%e2%80%9d/