Fischiato il suo messaggio, il premier resta a casa
Il giornale delle cliniche private di Roma e provincia (Libero, per chi non lo sapesse) dedica al Fatto un garbato titolo ("Sciacalli sull’Aquila") accusandoci di "demolire la ricostruzione con bugie e dati falsi". Replicare a chi si becca circa sette milioni e ottocentomila euro l’anno (dati 2007) di soldi pubblici, cioè nostri e vostri, e poi ci fa la morale perché beneficiamo, come tutti, di una riduzione sulle tariffe postali, è sempre divertente. Diventa spassoso quando l’organo che fu già del partito monarchico che gli veicolava i cospicui fondi statali (cosa non si fa pe’ campà) scrive l’articolo sbagliato nel giorno sbagliato. Se i giornalisti della Real Casa avessero pazientato un giorno (forse) avrebbero potuto prendere nota di alcuni particolari che, diciamo così, stridono con lo struggente titolone dedicato all’"orgoglio" del premier, e cioè: "Vogliono infangare un grande lavoro" (viva il Re).
Le cronache della notte della memoria a L’Aquila parlano infatti di cartelli con su scritto "via gli sciacalli" (ma non si riferivano al Fatto). E della grandinata di fischi che hanno accolto la lettura del messaggio del premier e la lettera del presidente del Senato Schifani, i bravi cronisti di Libero avrebbero sicuramente preso nota. Purtroppo non sapremo mai da quale calorosa accoglienza sarebbe stato accolto l’uomo del "miracolo" in carne e ossa poiché il presidente del Consiglio non si è proprio visto. Sarà stato certamente per la naturale ritrosia del personaggio davanti alle manifestazioni di giubilo in suo onore. O forse perché qualcuno lo ha saggiamente avvertito di starsene lontano perché non era proprio aria per le passerelle trionfali.
La rabbia degli aquilani e delle popolazioni abruzzesi colpite dal sisma di un anno fa ha motivazioni diverse da quelle che i solerti papaveri della Protezione civile hanno messo in giro. Ovvero: gente incontentabile e che non apprezza, appunto, i miracoli del governo. No, è gente stanca di farsi prendere in giro e che non ne può più di essere usata come fondale di cartone per gli spot dell’informazione unica padronale. Lo sanno anch’essi che i miracoli sono impossibili. Che per la ricostruzione ci vorranno anni. Ma avrebbero apprezzato un minimo di onestà e rispetto. Ma questo su Libero (viva il Re) non lo leggeremo mai.
Da il Fatto Quotidiano del 7 aprile
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
mercoledì 7 aprile 2010
L'Aquila, l'impresentabile non si presenta - Antonio Padellaro
Al premier non servono più - Enrico Fierro
Berlusconi salta la notte della memoria
L’Aquila - Viene. No, non viene. Forse parteciperà alla messa delle 4 del mattino a Collemaggio. Notizia falsa pure questa. E’ stata scandita dagli annunci di improbabili arrivi e da smentite più o meno ufficiali, la presenza al primo anniversario del terremoto di Silvio Berlusconi. Ma dietro le quinte dei Palazzi è andata in onda un’altra storia. Berlusconi voleva davvero andare a L’Aquila un anno dopo, essere fisicamente presente, fare il suo bagno di folla e non solo limitarsi a dichiarazioni e interviste, come è stato costretto a fare. Per questo ha telefonato a Gianni Chiodi, il presidente della Regione, per chiedere che aria si respirava nel capoluogo abruzzese nei giorni del ricordo e del dolore. E pare che Chiodi abbia parlato chiaro.
L'aria è brutta, da settimane quello che chiamano il popolo delle carriole ha ridestato l’attenzione dei media sulla ricostruzione. Le macerie rimosse dopo un anno di inerzia totale, le denunce degli intellettuali e dei vari comitati sulle cose che non vanno, il dito puntato sul piano Case e sulle new town. Un colpo duro al terremoto show che il presidente aveva pazientemente costruito in un anno di lavoro. Al premier, però, non sono bastate le parole del governatore. In questi giorni ha letteralmente tormentato Guido Bertolaso. "Voglio sapere le cose come stanno, se è opportuna una mia presenza in Abruzzo". Anche il capo della Protezione civile, che ieri ha promesso la ricostruzione de L’Aquila "entro otto anni", è stato perentorio: tira una pessima aria, meglio aspettare che gli animi si calmino.
Ma che gli animi sono tutt’altro che calmi lo si è visto lunedì a tarda sera durante il Consiglio comunale solenne in ricordo delle vittime del terremoto. Una riunione organizzata come peggio non si poteva, un pessimo esempio della peggiore ritualità politica. Senza alcun rispetto per i morti e per i vivi che non si vogliono rassegnare. Piazza Duomo, tendone. Ore 23. Il presidente del Consiglio comunale apre i lavori facendo un breve discorso e leggendo i nomi dei presenti. La sala rumoreggia, le condizioni sono pessime, cameramen e fotografi fanno da barriera al tavolo dove sono seduti sindaco e assessori. I flash scattano per gli uomini sandwich seduti in prima fila. "Ridateci le carriole”. “Sedicimila nella Case. E gli altri?". Questo c’è scritto sui cartelli che portano appesi al collo. Ospiti d’onore il sindaco di RomaAlemanno, la neogovernatrice Polverini, e Rosy Bindi. Il presidente legge i primi messaggi. Quello del capo dello Stato è subissato di fischi al passaggio sulla Protezione civile e gli interventi nei giorni dell’emergenza. In quei giorni, manda a dire Napolitano agli abruzzesi, il Dipartimento "fu efficacemente diretto". Applaudito, quando il presidente della Repubblica mette il dito nella piaga di una Protezione civile diventata superagenzia organizzatrice di grandi eventi. Il Dipartimento "è chiamato a fronteggiare le calamità naturali e ad esse deve dedicarsi, senza perdersi in altre direzioni di intervento pubblico".
Quindi mai più G8, mai più Giubilei, mai più fameliche "cricche". Si pensi all'emergenza. "E alla prevenzione, perché i nostri morti sono stati uccisi dagli allarmi che non sono stati dati in tempo", urla dalla folla una signora. Gli aquilani hanno capito e battono le mani quando nel messaggio di Napolitano c’è un ringraziamento non formale ai Vigili del fuoco e ai volontari. Fischi, sedie che battono sul pavimento in legno del capannone, quando viene annunciato il messaggio di Schifani. Ci sono microfoni e amplificatori, ma non si percepisce una sola parola del "sentito cordoglio" del presidente del Senato. L’inferno, però, scoppia quando il presidente del Consiglio comunale inizia a leggere il lunghissimo "telegramma" di Silvio Berlusconi. "In un anno siamo stati in grado di far fronte...". Non si fa in tempo ad ascoltare la solita litania di cifre, bilanci, la trita esaltazione del "governo del fare" in una città che porta ancora tutte intatte le ferite di un anno fa, che nel capannone esplode all’unisono un "basta" clamoroso. Una signora anziana apre un ombrello rosso. "Lo faccio per ripararmi dalle cazzate che stanno piovendo". Un uomo sulla cinquantina innalza il suo cartello di "Cittadino senza città". E all’improvviso, senza un ordine impartito, un gesto, un segnale sia pur minimo, la gente presente nel capannone si gira, volta le spalle a sindaci, parlamentari, consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione. Rifiuta in blocco una politica capace solo di parole, di inganni, di promesse non mantenute. Qualcuno rimane seduto, altri non condividono.
E’ il momento più brutto di una bruttissima serata. Peggiorata, se possibile, dall’intervento del senatore Enzo Lombardi. Oggi consigliere comunale, in un lontano passato sindaco democristiano della città, poi senatore. Esordisce male: "Non mi sono preparato un discorso". La gente coglie la mancanza di rispetto e fischia. E il senatore, che chiamavano "Bombardone" per il suo carattere un po’ focoso, getta benzina sul fuoco. "Questa è una città civile, orgogliosa, non fateci vergognare di voi e dei vostri atteggiamenti". Partono selve di fischi, e di "vaffa...". Un ragazzo salta su una sedia, trasforma le mani in un megafono e urla: "Sei tu, sono i politici come te che ci fanno vergognare". Finisce male, con pochi che ascoltano il flebile discorso del sindaco della città Massimo Cialente, del Pd. La sua voce è debole, le sue parole stanche e di maniera. In sala corre voce che voglia passare la mano.
Brutta aria per Berlusconi in una città che un anno dopo si è risvegliata dall'incubo del terremoto e dal sogno della ricostruzione. Una città che nella notte del ricordo si è ritrovata unita a ricordare le 3:34 di un anno fa. Venticinquemila aquilani, venticinquemila fiaccole dietro uno striscione che chiede "Verità e giustizia" per i morti. Un popolo intero dietro le gigantografie dei ragazzi della Casa dello studente. A testa bassa, in una piazza spazzata dal gelo, ad ascoltare i 308 nomi delle vittime del terremoto. Per loro, uniti, chiedono "Verità e giustizia".
Da il Fatto Quotidiano del 7 aprile
martedì 6 aprile 2010
Ad un anno dal terremoto - L'Aquila: è l'ora della verità? - Sandra Amurri
“Lo denuncio per procurato allarme e viene massacrato, fai fare all' Istituto di vulcanologia un comunicato che quello lì domani verrà denunciato e con lui gli organi di stampa che riportano queste notizie” disse Bertolaso parlando al telefono con il suo collaboratore Fabrizio Curcio intercettato dai Ros di Firenze. Sul terreno restano fatti scientificamente provati e ignorati dalla Commissione Grandi Rischi e dalla Protezione Civile. Esattamente come accadde nel 1703 quando il sisma uccise 600 persone nella Chiesa di San Domenico mentre pregavano Sant’Emidio, patrono del terremoto. Anche allora vi furono molte scosse prima di quella fatale ma non esisteva una macchina da guerra governata da super Bertolaso che tutto vede e a tutto provvede.
La Protezione Civile non ha neppure allestito un centro di raccolta non ha offerto pasti caldi coperte alle tante persone che da una settimana dormivano in macchina al gelo limitandosi a dire che non c’era alcun pericolo che il terremoto non si può prevedere. Eppure il silenzio sismico degli ultimi 12 anni a cui erano seguiti eventi che avevano rilasciato energie di quella portata era una prova scientifica che in una zona ad alto grado sismico come quella dell’Aquila sarebbe seguita una scossa di intensità superiore. Ma la commissione Grandi Rischi presieduta da Franco Barberi alla presenza del vice di Bertolaso Bernardo De Berardinis, dal assessore regionale della Protezione Civile, al sindaco de L’Aquila, dal direttore dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia Boschi dal direttore dell’ufficio rischio sismico della Protezione Civile Dolce riunitasi il 31 marzo in meno di un’ora ha sentenziato che non vi erano elementi per decretare lo stato di allerta scambiando l’enorme scarico di energia per un fatto positivo.
Subito dopo la riunione Barberi chiama Bertolaso: “Stiamo rientrando con Chicco da L' Aquila. Mi sembra che quello che dovevamo fare l' abbiamo fatto, compreso quello di dare qualche parola chiara sull' impossibilità di previsione. Quindi sul fatto che questi messaggi che arrivano sono totalmente privi di credibilità e poi anche una valutazione della situazione che, per quello che si può..., mi pare tutto bene”. Bertolaso: “Okay molto bene”.
Tant’è che il 5 aprile dopo le scosse delle 22,30 e quella di mezzanotte e quaranta, alle persone in strada viene detto di tornare a casa, nei loro letti divenuti per molti una tomba. Curcio chiama Bertolaso: “Un po' di spavento, ma niente di che... Una notizia... Me l' hanno data adesso... C' è stata una replica di un 3.9 e adesso di un 3.5 a L' Aquila”. Il 6 aprile otto minuti dopo la devastazione Curcio chiama Bertolaso: “Parlano di un 5.9 a L' Aquila”; Bertolaso: “Sì, va bene”; Curcio: “Non sappiamo la profondità...”; Bertolaso: “Comunque subito tutti in sala operativa”.
Sarebbe bastato informare la popolazione del pericolo dire di prestare attenzione di dormire in auto come fece Giuliani con circa 200 persone che quella notte si sono salvate grazie al fatto che alcune seguivano il suo sito di rilevamento radon e altre lo chiamavano al telefono. Invece a Giuliani è stato impedito di partecipare alla riunione della Commissione Grandi Rischi in quanto la Protezione Civile lo aveva definito un ciarlatano “Se dovesse arrivare quel tal Giuliani non gli fate oltrepassare la soglia” disse Bernardinis il vice di Bertolaso. Stesso trattamento fu riservato al sismologo ricercatore dell’Università de L’Aquila, Antonio Moretti quando si presentò per dare conto dei suoi studi. “Non abbiamo bisogno di altri esperti siamo al completo”. Testimonianze preziose per i magistrati che sarebbero supportate anche da conversazioni intercettate tra Giuliani il sindaco di Sulmona e Barberi. Nel frattempo Giuliani è stato scagionato il suo studio acquisito da un progetto finanziato dagli Stati Uniti con ricercatori giapponesi che verrà presentato il mese prossimo a Vienna. Mentre i membri della Commissione Grandi Rischi sono tutti al loro posto e Bertolaso è diventato l’eroe della ricostruzione. Sotto le macerie quella notte indimenticabile sono rimasti 308 morti e a distanza di un anno il numero è salito a 2000 tra feriti che non ce l’hanno fatta e persone anziane decedute a causa del trauma psicologico. Sergio Bianchi che ha perso il figlio Nicola di 22 anni ha raccontato ai magistrati che Nicola era preoccupato per le scosse ma anche in qualche modo rassicurato dal fatto che l’Università non era stata chiusa e a lui che non vedeva l’ora di laurearsi era sembrato positivo. Bianchi ha scritto una lettera molto dura a Bertolaso che gli ha risposto concludendo: “Ammetto di far parte di una classe politica che ha sbagliato”. Parole forse sfuggite al controllo di un uomo che ogni tanto dimentica, come è accaduto ad Haiti, di essere al servizio di Berlusconi, che dovrà spiegare ai magistrati che hanno acquisito la sua lettera.
da Il Fatto Quotidiano del 6 aprile 2010
http://antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx?id_blog=96578&id_blogdoc=2467146&yy=2010&mm=04&dd=06&title=terremoto_abruzzo_uninchiesta
Uomo-scimmia, ecco l’anello mancante Trovato in Sudafrica uno scheletro di un bimbo di due milioni di anni
ROMA – La scoperta di un ‘anello mancante’ tra l’uomo e le scimmie potrebbe rivoluzionare la comprensione di come ci siamo evoluti. Gli scienziati, infatti, credono che lo scheletro fossilizzato di due milioni di anni di un bambino, in Sudafrica, che sarà mostrato per la prima volta giovedì, è quello di una specie completamente nuova che si trova in una fase intermedia tra i nostri antenati scimmia e l’uomo moderno. Ciò, secondo gli scienziati, potrebbe aiutarci a rompere uno dei grandi misteri del nostro albero evolutivo – esattamente quando l’uomo cominciò a camminare su due piedi.
La scoperta è descritta sull’edizione on-line del Daily Mail. Mentre la maggior parte dei reperti finora trovati sono poco più che sparsi frammenti di ossa e denti, l’ultima scoperta è uno scheletro quasi completo. Le ossa sono state trovate nella grotta Malapa Sterkfontein nella regione del Sudafrica dal professor Lee Berger, dell’ Università di Witwatersrand a Johannesburg. Il professor Phillip Tobias, un antropologo all’università, ha detto che la scoperta è stata ‘meravigliosa ed emozionante”. La scoperta, insieme a una serie di altri fossili in parte completata, potrebbe ora aiutare gli scienziati a capire come i nostri antenati si sono evoluti dall’Australopithecus, presente in Africa circa 3.9 milioni di anni fa all’Homo habilis, la prima specie di tipo umano che apparve intorno 2,5 milioni di anni fa.
Lo scheletro è già stato visitato dal presidente del paese, Jacob Zuma, e si crede appunto che sia un intermedio evolutivo tra queste due specie. Esso comprende un bacino e arti interi che possono rivelare se la nuova specie camminava in posizione verticale o su quattro zampe. Le ossa delle mani potrebbero invece fornire il primo indizio in merito a quando gli esseri umani abbiamo imparato la capacità di tenere i primi attrezzi in pietra. Il dottor Simon Underdown, un esperto di evoluzione della Oxford Brookes University, ha detto: “Questa scoperta può davvero aumentare la nostra comprensione dei nostri primi antenati”.
da ANSA.IT
http://www.vip.it/anello-mancante-tra-uomo-scimmia/
[ITA] Unrepentant: Kevin Annett and Canadas Genocide 1/11
http://aut.blog.excite.it/permalink/509247