13 aprile 2010
Egregio dottor Bruno Vespa,
sono Giusi Pitari, la cittadina aquilana che la sua redazione ha ripetutamente chiamato il 5 aprile in serata e poi il giorno successivo, in mattinata.
Lo scopo delle telefonate era quello di avermi ospite in trasmissione, quella speciale del 6 aprile sera, la giornata del lutto cittadino.
Ho declinato l’invito proprio perché non ritenevo opportuno, nel giorno del lutto, partecipare ad una trasmissione che non sapeva di lutto né di commemorazione, come ho potuto capire quando le sue collaboratrici mi hanno spiegato della presenza di Bertolaso, Chiodi e Cialente. Immagino che lei mi abbia cercato a seguito dell’articolo apparso sul Corriere della Sera che mi definiva “leader” delle carriole. La stampa e l’informazione, in generale, possono fare grandi danni: io non sono il leader delle carriole, perché quel movimento spontaneo ha un solo leader: L’Aquila.
Ad ogni modo, dopo aver seguito la trasmissione credo di aver capito che il suo intento era quello di decapitare il movimento, ma non sarebbe riuscito ugualmente, perché L’Aquila, la mia città è sempre lì, viva, grazie a tutti i cittadini che con carriole o senza carriole, la sognano, la guardano, la ricordano, la amano.
Ricordo perfettamente, e proprio poche ore fa ho rivisto il video, la sua immagine accanto a Bertolaso, dentro un autobus, in giro per L’Aquila, mentre illustravate a tutta L’Italia una delle tante bugie dette a proposito del centro storico e cioè che era di nuovo fruibile agli aquilani che, infatti, potevano vedere di nuovo Piazza Duomo, il Corso, Piazza San Bernardino e il Castello. Era giugno, e le vie riaperte erano effettivamente quelle, con la precisazione che Piazza Duomo era solo per metà aperta, così come il Corso, Piazza san Bernardino non fu neanche accessibile per passarci il Capodanno, e intorno al Castello non si poteva girare per intero.
Così già a giugno si doveva pensare che le case per gli aquilani erano in costruzione e il centro era di nuovo fruibile. Lei, che è aquilano, non può non sapere che il Centro dell’Aquila è grande, grandissimo (170 ettari) e che tutti i centri della città territorio erano ancora completamente inagibili. Invece ha accettato di dar luogo ad una farsa dannosissima per la città.
Ma non è tutto. Durante le telefonate che ho ricevuto tra il 5 e il 6 di aprile, le sue collaboratrici insistevano molto per avermi in trasmissione e, quando ho detto loro “sarà per la prossima volta”, mi è stato risposto: “E’ un’occasione unica, perché si riparlerà dell’Aquila il prossimo anno”. La ringrazio molto per l’attenzione che dedica ad una città capoluogo distrutta ma, data l’informazione che lei fa, è meglio che non ne parli più. Mai più.
Nella trasmissione del 6 aprile, non c’è stato cordoglio, né messaggi di solidarietà ai famigliari delle vittime, cosa che gli aquilani hanno dimostrato di saper fare bene, rimanendo in silenzio per molte ore attraverso la città (quel pezzettino di centro storico aperto, sempre lo stesso) per rendere onore ai loro angeli. La sua trasmissione è riuscita, forse, a spaccare la città, quel piccolo nucleo di socializzazione e di condivisionefinalmente sorto dopo mesi di dolore e solitudine è stato smembrato, spero non irreversibilmente, dalla strumentalizzazione che lei ha fatto di quei cittadini coraggiosi e ingenui che lei è riuscito a convincere ad apparire in un processo alle intenzioni degno di chi della informazione fa strumento politico.
Non si è stupito affatto che un masterplan per la città dell’Aquila sia un segreto, come se lei considerasse normale che chi vive in una città, non debba sapere cosa è in progetto, affidandosi a chi neanche dice quali nomi ci siano dietro il progetto.
Qualcuno ha chiamato il movimento spontaneo nato in città “Popolo delle carriole” e siccome le parole sono importanti, con questa definizione se ne è connotata sin dall’inizio la derivazione politica e quella sociale. Cosicché in molti hanno potuto dire che la rinascita dipende dalla borghesia e non dal popolo. Mi piacerebbe sapere se lei sa chi sono i cittadini che la domenica si incontrano. Certamente no, altrimenti li avrebbe difesi.
Dopo mesi di emarginazione, L’Aquila si ritrova in centro, si parla, si discute, si ride, si toccano le proprie spoglie e lei parla di container.
Lo sa lei che a L’Aquila c’è chi dorme nei container? Chi? Gli studenti universitari, caro Vespa, quelli che lei pensa siano a posto. Quelli sono eroi, perché per studiare non pagano le tasse, ma al contempo pagano un altissimo tributo, quello di viaggiare e non avere null’altro che le aule dove si fa lezione. Poche parole per i 55 studenti morti, specie sulle responsabilità, del mancato allarme.
Inutile girarci intorno, il terremoto dell’Aquila è stato un gran successo e nessuno lo deve rovinare.
Neanche una città che muore.
Giusi Pitari
Tratto da: 6aprile2009.it