TAGLI AI DIRIGENTI. Il populismo si osserva nelle riduzioni degli stipendi degli alti dirigenti della Pubblica amministrazione dei manager pubblici. C’è anche un dato politico che non dispiacerà all’opposizione: la Protezione civile viene di fatto commissariata. I grandi eventi tornano ad essere soltanto le catastrofi e quelli non prevedibili, a comandare sulla gestione sarà adesso il Tesoro e non più Palazzo Chigi, cioè Tremonti invece di Berlusconi e Gianni Letta. Sparisce anche la Difesa spa (che doveva snellire i rapporti del ministero in appalti e uso delle risorse), si rinuncia a rifinanziare le regioni commissariate per la spesa sanitaria e si tagliano i trasferimenti agli enti locali che sforeranno il Patto di stabilità nel 2010 (saranno moltissimi). Ricompare una misura ad alto rischio di incostituzionalità: si rendono nulli i decreti ingiuntivi e i pignoramenti verso le Asl delle regioni commissariate reintroducendo una norma che lo stesso governo, nella persona del ministro della Giustizia Angelino Alfano, aveva bocciato nel 2007 alla Regione Campania che aveva provveduto con propria legge regionale. E questo sarà un problema per le imprese che non riescono a farsi pagare dalla sanità regionale. Si finisce con un taglio lineare (cioè non mirato a una riduzione delle risorse complessive) dell’8 per cento di alcune spese dei ministeri.
I CONTI. Più che una manovra all’altezza delle aspettative della Commissione europea e dei mercati finanziari sembra lo specchio della disperazione di una classe dirigente che non vuole ancora prendere del tutto atto della realtà e dei sacrifici necessari, quindi della necessità di un nuovo patto sociale. Per la prima volta nella storia delle manovre finanziarie non si conoscono i risparmi associati ad ogni misura, probabilmente perché il conto finale non è ancora stato fatto davvero e, sommando quello che già si conosce, si arriverà a stento a 20 miliardi di euro. Ne mancano quindi ancora almeno altri otto per arrivare vicino a quella che sarebbe la vera necessità per il solo 2011. Mentre infatti il governo continua a mantenere le sue previsioni di crescita per il 2011 all’1,4 per cento, le maggiori banche e istituzioni internazionali hanno abbassato le stime all’1,1 per cento per il prossimo biennio, riportando la lancetta dell’ammanco a 40 miliardi per due anni.
NUOVI CONDONI. Si capisce quindi perché in questi giorni si moltiplicano le voci di nuove misure straordinarie per aumentare il gettito che nel 2009 aveva retto solo grazie allo scudo fiscale. Le idee sono le solite: condoni edilizi, condoni fiscali per le imprese e via dicendo. Nessuna misura strutturale, nessun intervento per ridurre in modo permanente le spese nei prossimi anni. Si brancola nel buio con le mani in avanti sperando di non essere investiti da una crisi finanziaria che si avvicina a tutta forza. Chi sembra più consapevole del pericolo è proprio Tremonti che con i suoi scarni comunicati e le ripetute minacce di dimissioni, sapientemente fatte filtrare ai giornali, sembra oramai l’unico in grado di cambiare la rotta politica della manovra e del governo. Dopo le anticipazioni della manovra, Berlusconi ha subito smentito non il documento, ma i suoi effetti: “Non metteremo le mani nelle tasche degli italiani, ma cercheremo con ogni mezzo di combattere le spese eccessive e naturalmente l’evasione fiscale”. Ma il ministro del Tesoro è consapevole che i mercati concederanno una tregua di sei-dieci mesi ai titoli del debito pubblico italiano per poi verificare l’efficacia della manovra e la consistenza della ripresa economica. Tremonti sa anche che entrambi questi dati rischiano di essere negativi e che a quel punto sarà in evitabile una resa dei conti nel governo e nel paese. Il calcolo di sostenibilità ci dice che servono 60 miliardi in tre anni di minori spese (strutturali) o di maggiori entrate (anche queste strutturali), che il nostro tenore di vita dovrà abbassarsi del 20 per cento ed assomigliare, anche in termini di prezzi al consumo e degli immobili a quello della Germania. La manovra estiva è solo l’inizio.
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Il governo risparmia sugli invalidi di Caterina Perniconida Il Fatto Quotidiano del 23 maggio 2010