Contro l’inedia ambientale del governo e in particolare della manovra finanziaria, scende in campo anche un pezzo di Confindustria. Non il vertice nazionale, impegnato con la presidente Emma Marcegaglia a fare lobbing per impedire all’Europa di alzare al 30% l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 al 2020, ma Federambiente che insieme a Fise Assoambiente denuncia come l’Italia rischi un blocco dello sviluppo delle fonti rinnovabili, “oggi già ampiamente sotto la media europea e sempre più lontane dall’obiettivo 17% di energia prodotta previsto per il 2020″.
Le associazioni che rappresentano le imprese pubbliche e private di gestione rifiuti sottolineano in una nota che saranno queste le conseguenze di quanto previsto all’articolo 45 della manovra finanziaria “che stabilisce come il Gestore dei servizi energetici (Gse) non sarà più obbligato a riacquistare i certificati verdi in eccesso rispetto agli obblighi dei produttori”.
“Sino a oggi – ricorda la nota – il Gse era tenuto a ritirare ogni anno i certificati verdi invenduti che eccedevano gli obblighi d’acquisto in capo alle imprese interessate dell’anno precedente a un prezzo certo. Questa misura aveva l’obiettivo di mantenere l’equilibrio nel mercato dei certificati verdi in caso d’eccesso d’offerta, come ora. Il nuovo provvedimento varato, con il venir meno della certezza d’un importo comunque legato al valore storico di mercato, aggrava ulteriormente l’esposizione finanziaria delle imprese che gestiscono impianti di recupero energetico dei rifiuti”.
Anche se la catalogazione dell’energia prodotta dai rifiuti come “rinnovabile” è quanto mai opinabile e andrebbe senz’altro ristretta alla produzione di biogas e pochi altri casi, la protesta di Federambiente e Fise Assoambiente punta l’indice contro l’ostracismo che questo governo mostra nella gestione delle tematiche ambientali.
Il nuovo regime in materia di certificati verdi era già stato duramente contestato infatti da associazioni ambientaliste e produttori di energia da fonti rinnovabili, anche perché, come sottolinea Edoardo Zanchini di Legambiente, “questo provvedimento non avrebbe alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che non sono finanziamenti pubblici ma un meccanismo di mercato che obbliga le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici”.
Ma il problema non si esaurisce qui. Legambiente denuncia infatti inoltre che “le fonti energetiche pulite sono state lasciate in un ‘far west’ normativo; si attendono dal 2003 le ‘Linee guida’ per i progetti da fonti rinnovabili, e non si hanno notizie né degli incentivi in conto energia per il solare fotovoltaico, né della detrazione del 55% per il solare termico”.
Un’inerzia sospetta, che secondo Zanchini “sembra l’ennesima dimostrazione di come il rilancio del nucleare si porti dietro l’abbandono delle fonti rinnovabili”.
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